| Boccheggiò per un attimo, nel disperato tentativo di recuperare tutto l'ossigeno che aveva sputato fuori con violenza mentre proclamava l'incanto; i polmoni bruciavano flebilmente, così come gli occhi che riflettevano la miriade di lampi colorati che vennero scagliati quasi nel medesimo istante. Pareva quasi bello vederli così, simili ad un innocuo spettacolo pirotecnico, di quelli che aveva visto solo rarissime volte da dietro il vetro della camera angusta che condivideva con una dozzina di ragazzine - Prima; ma la realtà non poteva essere più terribile e letale. Un rumore sordo si propagò con violenza scuotendola fin nelle interiora e con sbigottimento si rese conto del corrimano che saltava e delle pietre smosse nei pressi del mostro che era appena finito disintegrato per mano della Corvonero - così deduceva dalla maglia - più grande; l'essere che invece aveva appena incassato il suo di colpo, venne sbalzato all'indietro con forza come aveva sperato appena prima di essere sbattuto rudemente a terra da qualcun altro. Non ebbe il tempo di ritenersi soddisfatta, non poteva permettersi di trastullarsi in simili vanità; strinse i pugni per arrestare quell'assurdo tremore che controllava le sue braccia e un rivolo di sudore le rigò la guancia appena prima di essere strappato via a forza dalle dita della ragazzina; aveva lo stomaco in subbuglio, il cuore che batteva così forte da dolerle e la testa che stranamente pareva andare come mai prima di allora. Assurdamente aveva recuperato quella lucidità che la contraddistingueva e la sua mente formulava pensieri su pensieri ad una velocità che non credeva possibile; ogni attimo pareva dilatarsi, estendersi all'infinito per darle modo di recepire ogni singolo particolare e valutare tutto nell'insieme. Si sentiva fiacca e in forze allo stesso tempo, in grado di combattere una tigre a mani nude e vulnerabile perfino contro una folata di vento; era quello l'effetto della paura? Quel binomio sconcertante di potere e pericolo che l'avvolgeva in spire fameliche e ammalianti; se era così, ben venga la paura. Era una sensazione inebriante, totalmente nuova ed eccitante, e per un attimo ne ebbe timore; i suoi sensi si erano acuiti notevolmente, vero, ma questa nuova condizione esigeva un pegno da pagare e Nia temeva fosse il controllo, cosa che non poteva assolutamente perdere. Ci pensò il Fato a rimetterla in riga e farla tornare coi piedi in terra; qualcosa oscurò per un momento la luce, proiettando un ombra gelida su di lei, come il brivido che le corse lungo la schiena madida; la bocca si spalancò nuovamente in un muto grido di stupore mentre l'enorme creatura fangosa avanzava inesorabilmente fino a che, senza preavviso, scattò in avanti con uno schiocco intuibile della mascella. La Tassina sbalzò all'indietro per lo sorpresa, i muscoli tesi allo spasimo e il petto ansante ma prima che potesse comprendere ciò che stava succedendo, una morsa le attanagliò lo stomaco e le iridi cerulee si spalancarono su quello spettacolo raccapricciante: l'Auror dalla chioma indomabile venne colpito con violenza inaudita e scaraventato malamente sui gradini, proprio sotto di lei. Nonostante il tumulto non le avesse dato la possibilità di sentirlo, le orecchie registrarono comunque il rumore tipico delle ossa in frantumi e ancora una volta si ritrovò ad odiare la sua fervida immaginazione; quella volta però era tutto maledettamente reale. Quel corpo possente che le era parso pieno di vita fino a qualche istante prima, carico di energia repressa, adesso sembrava soltanto un involucro vuoto e inutile; era l'unica cosa certa in quel putiferio, non si muoveva più. Deglutì pesantemente, la bocca che si richiudeva di scatto e i denti che cozzarono fra loro; la presa sulla bacchetta che si faceva man mano più difficile e scivolosa, la speranza che iniziava a scemare ad un ritmo forsennato dal suo animo. Non ce l'avrebbero mai fatta, adesso che quello che pareva il leader dell'allegra combriccola se ne era andato definitivamente. *Scomparso, come tutti.* Come loro, nel giro di qualche minuto; forse avrebbero potuto resistere addirittura per un' ora, poco più, ma alla fine sarebbero capitombolati anche loro adesso che non c'era più nessuno a gestirli. Non potevano continuare in quel modo, scagliando attacchi su attacchi alla rinfusa, serviva un piano, un'idea; un po' di sana organizzazione che traesse il meglio da quella massa di giovani stolti armati di bacchetta. Ma non riuscì a concretizzare il pensiero, lo smarrimento era troppo grande, la paura che prima si era manifestata in tutta la sua malia suadente, adesso era esplosa in tutta la sua terrificante grandezza e suo malgrado Nia si scoprì di avere un insano bisogno di fare pipì. *Smetti.* Non ci riusciva, le prospettive più rosee si erano infrante nel giro di un secondo, lasciandole un vuoto spaventoso dentro man mano riempito da un sentimento nuovo e logorante: disperazione. La stessa di chi non ha più nulla da perdere, che parte sconfitto e che continua a muoversi e reagire per pura inerzia ma senza uno scopo preciso; e così lei, si mosse involontariamente, guidata da un bisogno primordiale, qualcosa a cui non poteva opporsi e che non sapeva spiegare. Rinsaldò la presa, gli occhi che pizzicavano gonfi di lacrime a cui non avrebbe dato sfogo, ma la rabbia, pulsante e rossa, quella non sarebbe svaporata da sola; doveva indirizzarla, darle uno sfogo, usufruirne fino a che non si fosse accasciata al suolo, inerme. L'arto destro scattò verso l'alto, risoluto, e iniziò a scendere tracciando una linea verticale per poi virare verso destra procedendo orizzontalmente e senza interrompersi come a voler disegnare una grande "L" immaginaria: nessun pensiero molesto, solo la ferrea volontà di colpire. « Decàdo! » Un grido si elevò fra su gli altri, esortando molti di loro ad attaccare nuovamente con tenacia e violenza, ma erano come il battito d'ali di un passerotto che volava incontro alla tempesta; prima o poi quelle ossicine fragili si sarebbero spezzate, inesorabilmente. A meno che non avessero trovato una soluzione per tempo, qualcosa che desse loro una marcia in più per quanto piccola e inutile che fosse; erano troppi, non sarebbero mai riusciti a gestirli tutti insieme, era impensabile. *Dividerli.* Sì, dovevano dividerli, mettere in condizione di poter attaccare solo uno per volta così che avessero tutto il tempo per colpirli e concentrarsi su un unico obiettivo; al momento per quanto i loro colpi stessero andando a segno, non erano altro che energia sprecata: attacchi sporadici che non avrebbero mai influenzato sensibilmente le schiere nemiche. Fu difficile riprendere pieno possesso del proprio corpo, fu come risalire un fiume contro corrente, sfiancante e dannatamente difficile; però doveva farlo, era spinta dal puro e semplice istinto di sopravvivenza, l'istinto, il lato bestiale celato in ogni uomo. Era giovane, maledizione, troppo per morire lì, in quel frangente. La testa scattò di lato, in cerca di qualche volto noto, sperava di trovare la bronzo-blu maggiorenne in quella ressa, probabilmente era accanto a lei. *Yolanda.* Le ricordò il cervello, come se quell'informazione recepita per caso potesse essere di una qualche utilità. La trovò, poco dietro di lei e subito si spinse nella sua direzione con uno sguardo disperato e il cipiglio concentrato di chi sa cosa sta facendo; voleva afferrarle il braccio per palesarla la sua presenza, strattonarlo con forza per indurla ad ascoltare una piccola primina. « Dobbiamo.. dobbiamo dividerli in qualche modo! » Fu un urlo angosciato, seguito da una supplica celata nei suoi occhi azzurrini; doveva ascoltarla. Sperò che la ragazza capisse ciò che intendeva dire, non avevano certo il tempo di mettersi lì a discutere, né Nia era nella condizione di relazionarsi civilmente. « Se continuano ad attaccarci in massa, soccomberemo! » |