θ: The Time is gone. , Carmela A. Black, Sir Just, Mya, Niko Domenic, Jane Read

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• Sir Just •
view post Posted on 28/11/2012, 23:03







Ce l'aveva fatta.


Voci concitate alle sue spalle, primini che singhiozzavano di gioia, gli sguardi certamente poco cordiali degli Auror inchiodati sulla nuca.


Ce l'aveva fatta.


Il rumore della botola che si apriva. Un cunicolo nero, una proposta assai poco allettante. La risposta positiva di chi avrebbe dovuto negare.




Soli.

Erano soli.
Da quel momento, non si illudeva di avere speranze, fuori da quel posto.
Il prezzo che Dippett esigeva era molto, molto caro. Scaricava la responsabilità su di lui. Random lo capì, e insieme a quello tutto gli parve chiaro. Era una sorta di vendetta del quadro per i suoi toni troppo osatori, una mossa degna del più abile giocatore di scacchi. Abbassò la testa, e sorrise. Con quella risposta, l'astuto uomo si garantiva una protezione degna di un primo ministro, e tuttavia mostrando loro la flebile luce della Salvezza se li toglieva dai piedi, li faceva uscire, come avevano chiesto.
Erano passati in attimi di Paura troppo bui per non prenderla, quella Luce: se anche Random avesse detto di non accettare, il resto del gruppo gli avrebbe dato contro, senza guardare ai precedenti. Erano stupidi, erano tanti. Random si sentì come un governatore che, pur sapendo dove la barca dello stato sta andando a naufragare, non vira per seguire i desideri di un popolo troppo ottuso per vedere aldilà di un palmo dal proprio naso. "Hai vinto, Dippett." Un sorriso mesto sul volto, per far capire all'astuto personaggio del quadro che aveva capito quello che stava facendo. I ragazzetti non avrebbero capito che senza quegli idioti del Ministero, che sebbene stupidi erano tra loro quelli che più eccellevano nelle Arti Magiche, andavano incontro a morte certa. Ma questo non poteva certamente dirlo, ora che si era buttato in quello stupido ruolo da conduttore. Doveva assecondare i loro desideri, le loro paure, le loro emozioni. E le loro emozioni puntavano fuori da lì.
Si stavano buttando contro la Tempesta a testa bassa.
"Vado io per prima."
La voce di Mya lo trasse dai suoi tristi pensieri, e senza che potesse far nulla, la ragazza era già avanti, già aveva imboccato il cunicolo. Random tese la mano, incerto, come a voler dire di fermarsi alla ragazzina undicenne che aveva incontrato in quel corridoio del Terzo Piano. Il suo sguardo superò le sue stesse dita tese, incontrò gli occhi di Mya, e il suo corpo.

Quello che vide lo stupì enormemente.

Davanti a lui non c'era nessuna ragazzina undicenne dalle forme acerbe e il carattere scontroso. Mya, constatò con orrore, era grande. Molto, troppo grande. Un pallido viso su un corpo snello e nervoso, frutto di anni di duro allenamento nel Quidditch. Uno sguardo venato di Paura, ma che nascondeva un'intrinseca voglia di andare lontano, più in alto di chiunque altro. La Volontà, una Volontà che mai aveva conosciuto come propria, bruciava in quegli occhi. I pallidi ricami che si era tessuto sugli occhi caddero, mentre improvvisamente comprendeva. "...nulla, vai. Ti sono dietro. Voglio in fondo al gruppo un over 16, i primini stiano nel mezzo, non fate confusione." Comprendeva che il Destino di Mya era volare, superare tutto e tutti, come già faceva da un bel po'. Aveva finito di scappare, aveva messo su delle piume forti, in grado di resistere alla Tempesta. Si morse tra canino e molare il labbro inferiore, rimase a guardarla ancora solo un attimo, quindi si inoltrò nel buio. Oh, ma in realtà sapeva perché non voleva che andasse. Era un motivo talmente egoista, a pensarci su! Possibile che pensasse, come sempre, solo a se stesso?
Se Mya Volava nell'aria, come un rapace, lui Strisciava sulla terra, come un rettile. C'era netta contrapposizione tra chi aveva scelto di buttarsi incontro al pericolo per il puro piacere di vederlo in faccia, e chi aveva invece deciso di restare aggrappato al fango.

*...perché, in fondo, so benissimo che quando cerco di non farti Volare, non lo faccio per te...*

Pensiero inespresso, morto nel fango ancor prima di poter aprire le ali.
Seguì Mya all'interno del nero cunicolo.





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Comincio a capire che un lungo lavoro non è sempre sinonimo di buon lavoro.
Ben arrivata, Mya! Consideralo un regalo di benvenuto.


Edited by • Sir Just • - 28/11/2012, 23:23
 
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view post Posted on 29/11/2012, 01:45
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ravenclaw

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Era andata.
Il compromesso era stato fatto.
La sicurezza di Dippet o meglio della sua crosta/quadro in cambio di quella dei ragazzi,privati di quegli Auror che la Preside tanto si era preoccupata di affiancarli.
Ora il passaggio si apriva davanti a loro occhi.
Non era grandissimo,anzi era proprio un piccolo cunicolo.
Vi sarebbero potuti entrare solo a carponi.
Mya era appena entrata,circodata da un tacito assenzo del gresto della comitiva.
Quanto coraggio.
O quanta voglia di farla finita lì.
Di non dover più pensare a cosa fare nella scuola,ma solo di essere fuori da lì.
Random ormai prese le redini del gruppo,diede ordine su come formare il gruppetto che avrebbe varcato l' oscuro cunicolo,nonchè loro via di fuga.
Niko,si guardò intorno sconfortato per qualche secondo.
Perchè quella sgradevole sensazione di sentirsi sempre leggermente fuori posto da certe situazioni?Odiava quello che stava accadendo.
Presidi defunti che barattavano vite umane per la loro sicurezza e scene di egoismo puro.Solo tornaconti.
Ma non doveva essere " tutti maghi uniti contro un oscuro pericolo" ?
Uno sbuffettio da parte sua,concluse quella centrifuga di pensieri.
Non poteva essere tutto nero,ci sarebbe stata ancora luce in qualche modo.
Lo doveva a quello che gli avevano insegnato a casa.
- Vai Jane,entra te,mettiti nel mezzo..-
disse rivolgendo lo sguardo alla compagna di casa..
- la chiudo io la fila...-
concluse ,spostandosi di lato,per lasciarla passare,accennandole un rimasuglio di sorriso.
Ci sarebbe stata ancora luce prima dell' oscurità.


 
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view post Posted on 29/11/2012, 15:59
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JANE READ - CORVONERO


Il Tassorosso sembrava essere riuscito ad attirare l'attenzione dell'ex Preside egoista: sarebbe stato da complimentarsi con lui. La riuscita del suo intento sembrava quasi essere una prova a sostegno dell'idea che i cinque studenti di Hogwarts sarebbero riusciti ad uscire dal castello anche senza l'aiuto dei due Auror incapaci, che - probabilmente chiamati in causa dall'evidenza di non essere capaci di gestire la situazione - fecero arretrare il giovane.
Presuntuosi, oltre che incapaci. Come diamine erano riusciti a passare tutte le prove per esercitare quella professione?!
La corvonero alzò lo sguardo verso il quadro, distogliendo la mente dai pensieri sempre più ostili verso quell'istituzione del Ministero della Magia: il paffuto Preside camminava avanti e indietro nella sua tela, pensierioso.
Stava davvero pensando se aiutarli o meno? Era uno scherzo?
Il suo stupore verso il cinismo del vecchio cresceva secondo dopo secondo.
"- Ammesso che io voglia aiutarvi, pensi che questo sia il modo di effettuar richiesta del mio ausilio? Tuttavia...E SIA! Potrete accedere alla galleria che vi condurrà all'esterno. Ma concederò l'accesso solo a questo gruppo di studenti. Niente Auror...Questi ultimi dovranno preoccuparsi di mettere in salvo il mio Dipinto. se ciò non dovesse avvenire, all'uscita della galleria, non troverete altro se non un accesso serrato. E resterete incastrati...Per sempre.
Tante vite salvate in cambio di una degna protezione alla mia incolumità. -"
Stava scherzando? In una situazione diversa la corvonero forse sarebbe scoppiata a ridere.
Accettava di aiutarli, ma a costo di salvare se stesso. E come? Tenendo con sè i due Auror incapaci e lasciando soli i ragazzi: non sapeva che così non faceva altro che un grosso favore agli studenti.
Liberandoli dalla presenza dei due funzionari del Ministero permetteva loro di agire come volevano e secondo le loro capacità, come del resto avevano fatto fino a quel momento, ma senza trascinarsi dietro il peso morto e l'autorità inutile dei due Maghi.
Metteva in pericolo la sua tela nella convinzione di salvarsi: i casi ironici della vita.
Ma il Destino avrebbe permesso a Jane e ai suoi compagni di salvarsi e di uscire dal castello?
Urla. Urla ancora più forti e numerose cominciarono ad udirsi al Piano Terra di Hogwarts: cosa stava accadendo? E da dove provenivano?
La situazione stava precipitando, come se fosse possibile che peggiorasse ancora.
Gli Auror si decisero a rispondere.
"- D'accordo. Noi resteremo qui e presidieremo il Piano Terra affinchè niente e nessuno violi la zona e...Il Dipinto...In cambio Lei conceda ai ragazzi di uscire da questo Inferno. -"
Finalmente si erano decisi.
La corvonero osservò il dipinto spostarsi a sinistra, lasciando intravedere un tunnel stretto e buio.
Immediatamente il ricordo di un cunicolo sottoterra all'interno della Foresta Proibita fece la sua comparsa nella mente della ragazzina: buio, freddo, angusto. Soffocante.
Forse la corvonero ancora non si era resa conto di soffrire di una leggera claustrofobia.
O forse sì?
Un brivido le corse lungo la schiena mentre osservava quel buco nero: davvero aveva così paura?
"- Vado io per prima -"
La ragazza Tassorosso, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, stupì tutti con il suo coraggio: Jane si voltò a guardarla.
Coraggio: la corvonero fino a quel momento era convinta che si trattasse di una qualità esclusiva dei Grifondoro. Evidentemente no.
La ragazza si abbassò ed entrò nel cunicolo: si poteva procedere solo a carponi.
La paura si fece sentire ancora di più, mentre l'ennesimo brivido cercava di scuotere la corvonero: la sensazione di soffocamento ricomparve per alcuni attimi.
"- ...nulla, vai. Ti sono dietro. Voglio in fondo al gruppo un over 16, i primini stiano nel mezzo, non fate confusione. -"
Il Tassorosso che aveva permesso che tutto accadesse parlò: un over 16 in fondo al gruppo? Probabilmente si riferiva alla Serpeverde, dato che sia lei che Niko avevano 15 anni.
"Primini". Le diede quasi fastidio essere chiamata così, eppure era la semplice verità.
Guardò il ragazzo seguire la compagna di casata. E ora a chi toccava?
"- Vai Jane,entra te,mettiti nel mezzo.. -"
La voce gentile di Niko la distolse per alcuni attimi dalla paura: gentile e premuroso, come sempre.
Cercò di dimostrargli la sua gratitudine con un sorriso, tanto debole quanto tirato: in quel momento non riusciva a fare di meglio.
Osservò il tunnel: quel buio la spaventava, terribilmente.
Eppure l'idea che Niko fosse dietro di lei in parte la tranquillizzava, era un amico di cui fidarsi.

- Grazie.. -
Ringraziò il giovane, per poi fare un respiro profondo.
Il buio era lì che attendeva di inghiottirla: ma dopo il buio c'è sempre la luce, no?
Strinse la bacchetta nella mano destra, ed entrò nel cunicolo.
Ne sarebbero mai usciti vivi?


 
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view post Posted on 29/11/2012, 17:35
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Adepto di Lord Voldemort

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"E Luce fu…E fu sera e fu mattina: Primo Giorno."

Soli.
Soli nell’umida oscurità.

In fila.
Ordinati come piccoli soldatini manovrati da volontà superiore.

Paura.
Regina, unica sovrana inviolabile.

Un gruppo eterogeneo di studenti avanzava lungo cunicolo oscuro nella speranza di riveder la luce e di trovare via d’uscita e salvezza respirando aria di libertà.
La via era angusta.
I fanciulli dovevano assumere posizioni poco agevoli.
Era freddo. Brividi percorrevano i loro giovani corpi. Era forse colpa della stagione autunnale oppure…Il Terrore.
Il percorso sembrava non trovare mai fine. L’avanzare lento ed inesorabile lasciava spazio a pensieri e riflessioni. Tutti avevano qualcosa, qualcuno a cui rivolgere la propria attenzione, il ricordo, il richiamo mentale.
Un ultimo spiraglio di speranza? Un estremo saluto a ciò che si amava?
Il buio era unica certezza del momento, unico mezzo attraverso il quale comprendere di appartenere ancora alla braccia non più sicure del castello.
Ma oramai, nemmeno le certezze e le difese della tanto generosa madre Hogwarts erano sicure. Tutto si sgretolava dinanzi agli occhi ed ai cuori di giovani ragazzi consapevoli forse di andare incontro alla Fine.
Volontà e Fato avevano crudelmente deciso che l’avanzata verso l’Ultimo Respiro, l’Ultimo Alito di Vita fosse spontaneo, volontario.

Avanzavano ed in lontananza vedevano un cerchio di luce.
Si avvicinavano. L’uscita era prossima. Le romantiche riflessioni volgevano ora verso un’unica domanda.
Qual era la meta? Dove si sarebbero trovati una volta usciti dal tunnel?

Ed infine…Ecco la superficie. Un ginocchio, poi l’altro e…Carponi, toccavano il suolo.
Un suolo in pietra, uno spazio chiuso ma arioso e luminoso. Il sole permeava dalle vetrate, pronto ad accoglierli; erano giunti nel cortile della Torre dell’Orologio.
Dalle finestre della stanza si vedevano tracce di vermigli frammenti sul cortile in pietra. Erano “lacrime”, tracce del pericolo che il cielo aveva loro donato pochi minuti prima quando tutto, tutto era accaduto.
Le pupille dilatate a causa dell’oscuro percorso, faticavano ad adattarsi alla potente luce del giorno.
Ma erano liberi. Uno ad uno, uscivano dal tunnel e riabbracciavano la vita…O la Morte.

Un attimo…
Accadde in un attimo…

Uno studente del primo anno, estratto dalla mischia, veniva sballottato in aria da lungo braccio disumano, un braccio il cui proprietario non si riusciva ad individuare. Arto troppo lungo e nerboruto, possente, mostruoso, per essere umano. Aveva trovato accesso da una vetrata della stanza ed ora conduceva all’esterno il piccolo, indifeso corpo del ragazzino.

Eccola…Un’ ombra innanzi a loro…Una creatura…Due…Una decina.

Il fanciullo appena catturato veniva sbattuto con veemenza sul suolo come fosse piccolo martello pneumatico…Lo sventurato aveva già perso i sensi…L’urto e la stretta diabolica lo avevano ucciso. Giaceva ora inerme sul prato. Un cortile in pietra, con un loculo centrale ornato da varie piante rampicanti e un pozzo ormai chiuso, e corridoi laterali.

Un attimo…Pochi secondi e un piccolo fanciullo aveva visto ed assaporato l’orrenda realtà: la morte.

Umanoidi tozzi e dal volto inespresso, privo di occhi e orecchie, avanzava verso di loro. Labbra e bocca si muovevano convulse chiudendo e aprendo le proprie fauci come a voler fagocitare qualsiasi cosa. Le braccia non eran altro che lunghi arti terminanti con mani possenti, enormi, dita affusolate, acuminate come lance affilate. Non eran fatti di carne ed umanità…Essi parean del color della terra e della roccia, o forse fango. Impossibile comprenderne la consistenza. Due creature sembravano cambiare forma passo dopo passo, divenendo prima bassi e tozzi, poi assurdamente longilinei ed esili. Ma continuavano ad avanzare. Allungavano le braccia per afferrarli…

Eccoli…
Arrivano….



La data del prossimo masteraggio è fissata per martedì 4 dicembre: se per allora non avrete postato, i vostri pg verranno trattati come png e mossi di conseguenza, a meno che non abbiate avvisato il Master (me) tramite mp. Cercate, in ogni caso, di essere puntuali, la regolarità dei turni giocherà un ruolo fondamentale.


Edited by † Titulari Statera † - 30/11/2012, 17:21
 
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view post Posted on 4/12/2012, 16:28
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Dopo aver poggiato il palmo a terra il primo passo era sembrato infinito. Un attimo per capire che aveva fatto il passo decisivo, la scelta, da cui bene o male non sarebbe tornata indietro. Un attimo per ritrovare se stessa all'interno del caos frenetico che aveva invaso testa e cuore. Un attimo per sapere che l'unica strada che le era in fondo concessa era unica. Ancora una volta seguiva diligentemente le fila del fato, senza potersi opporre. Quella natura e quel corpo la opprimevano irrimediabilmente, lo odiava. La pavimentazione che componeva lo stretto passaggio era fredda e umida e del terriccio le rimaneva irrimediabilmente tra le dita.
Il secondo passo avvenne con più naturalezza, quasi la sua fosse una smania di correre avanti, fuori, sfuggire al fato prima che potesse ghermirla nel più profondo. E i passi si susseguivano, mentre altri ragazzi la imitavano inoltrandosi nel buio cunicolo. Brividi freddi le percorrevano le braccia, mentre certa e spedita proseguiva verso lo spiraglio di luce che si avvertiva sul fondo del corridoio. Cosa c'era davvero là fuori? Erano ore che se lo domandava. Da quando era stato dato l'annuncio di evacuazione nella sala grande, ogni attimo era stato buono per porsi delle domande. Ma ovviamente nessuna di queste aveva trovato una degna risposta, se non ipotesi fantasiose e articolate.
* Qualunque cosa sia, non mi tirerò indietro *
Sorrise soddisfatta di quel suo ego convinto, prima di sobbalzare vistosamente sbattendo la testa contro il basso soffitto. Qualcosa le aveva sfiorato la caviglia, e prima che Mya se ne rendesse conto il suo cuore aveva perso diversi colpi. Girando la testa quello che vide fu solamente l'espressione incerta di un ragazzino avvolto dalla penombra. * Certo Jill, qualunque cosa...*
-Scu...scusa -
Mya lo identificò come un ragazzino di corvonero, che aveva visto poco prima nell'atrio del primo piano. Capelli castani sempre curati, ora a causa dell'angusto spazio e dell'umidità prendevano una vita propria, occhi scuri e profondi incastonati in un viso pallido e emaciato. Sembrava incerto e cauto, quasi sfiduciato verso il gruppo o verso la vita stessa. Cosa provava davvero lui? E loro tutti?
Non era mai stata brava a capire le persone, ne tantomeno ad immedesimarsi nel prossimo.
Conforto. Sostegno. Compassione. Davvero l'essere umano aveva bisogno di queste cose?
Eppure qualcuno lo aveva fatto con lei.
- Figurati, proseguiamo e..fate attenzione – disse rivolgendosi al gruppo - qui ci sono delle pietre più sporgenti, se vi ferite alle mani non sarete nemmeno in grado di tenere in mano la bacchetta -
Detto questo riprese il cammino, accelerando il passo, mentre l'euforia e l'incontenibile desiderio di libertà iniziava a prendere il sopravvento. Sempre più veloce, sempre più avanti. *Arrivo...*
- E-ehi aspettaci, forse per voi tassi è facile vivere sottoterra, ma per noi...-
Il viso di Mya voltato di colpo, fece arrestare il breve sproloquio del ragazzino alle sue spalle. Non ci volevano anche le discussioni infra-casate, le odiava fino al midollo.
- Non esistono cose "facili" piccoletto, le cose difficili sono difficili per tutti, allo stesso identico modo.- * Ma forse chi è abituato a sentirsi dire che volerà "sempre" e "comunque" questo non può capirlo *
Si voltò un'ultima volta, decisa a non accettare più altri schiamazzi o discussioni, oramai i suoi occhi non vedevano altro che il fascio di luce bianca che iniziava a diventare sempre più forte man mano che si avvicinava. Un altro passo e una luce bianco-rossastra le invase le iridi, colorandole di un più naturale azzurro e lasciandola disorientata e accecata al tempo stesso. Per tutto il tunnel aveva continuato a tenere gli occhi fissi sulla luce del fondo, non permettendo all'occhio di abituarsi all'ambiente. Ancora non vedeva con chiarezza, ma l'ambiente in cui erano finiti sembrava una stanza chiusa delimitata da alte vetrate da cui entrava una luce intensa. Sul davanti sembrava esserci una grossa macchia marrone e nera, forse una porta o un grosso armadio. Appena fuori dal cunicolo si spostò sulla destra, lasciando agli altri la possibilità di divincolarsi dall'angusto passaggio. Si stropicciò gli occhi con la mano sinistra, lasciandosi diversi segni di terriccio sulle guance.
Ne approfittò per controllare le condizioni fisiche, lo aveva preso di abitudine. Dopo ogni partita o duello aveva imparato che un buon controllo del corpo partiva dalla conoscenza dei propri limiti.Il polso sinistro si era graffiato in più punti, ma non sembravano esserci escoriazioni o roba simile. La testa invece formicolava ancora per il colpo preso poco prima. Nel frattempo tutti sembravano essere riusciti ad uscire dal pertugio, chi ancora più impaurito, chi entusiasta della fuga riuscita.

Quando fu Random ad uscire, Mya lo afferrò per un braccio portandolo vicino a sè, come nel timore di perderlo di vista. Ma prima che potesse dirgli anche una sola parola, un forte scoppio fece trasalire l'intero gruppo. Una vetrata in frantumi disperdeva i suoi pezzi in ogni dove, infranta da quella che sembrava una lunga protuberanza nera, che rapida come un lampo era piombata loro addosso senza lasciargli il tempo di realizzare cosa fosse. Un grido. Poi veloce come era arrivata la protuberanza si ritrasse, tornando all'esterno e trascinando con sè uno dei ragazzini. Il respiro si mozzò, mentre gli occhi si allargavano increduli. La mano stretta in quella del compagno, sembrò diventare di pietra trasmettendo quella sensazione all'intero corpo.
Non aveva più gambe, ne forza, ne lucidità per comprendere ciò che era accaduto. Era tutto vero, ed era iniziato.
*Io...io...cosa...perchè le gambe n-non si muovono?*
Gli occhi ancora fissi sulla vetrata distrutta, oltre la quale si scorgeva quella mostruosità agitarsi freneticamente. Tra le sue spire, come fazzoletto inerme, quel corpicino veniva sbattuto ripetutamente al suolo. Qualcosa si incrinò nel suo profondo, gli occhi sembravano bruciarle come non mai. Li strinse forte, portandosi le mani alla testa per cercare di scacciare l'eco di quelle grida, e gridò a sua volta.
*Jill cosa pensavi che fosse un gioco, una partita di cui conoscevi le regole e come sovverchiarle? -
Nuove grida, accerchiarono la sua, facendole aprire gli occhi. Terrore.
Scoprì cosa volesse dire per la prima volta. L'istinto la portò ad indietreggiare, sbattendo come fine ultimo alla parete della stanza, imitata da molti studenti più piccoli, terrorizzati e urlanti. Una schiera di ombre deformi avanzava verso di loro. Non avevano fisionomia e così come non avevano espressione, sembravano non possedere anima o emotività alcuna. Cosa erano? E cosa volevano da loro? Morte?
Pensava di essere preparata, pronta, capace e decisa, ma si scoprì solo stupida e tremante. Così umana e fragile. Una natura dalla quale capiva di non potere realmente fuggire.

*Vivi da falco e muori da umana...bella conclusione. Dove sono le tue ali stupida ragazzina? Le hai raccolte attorno al corpo per il freddo? ...I-io...Non farmelo ripetere, ti ho mostrato la via perchè tu imparassi a guardare oltre il limite umano, ma quello che ho trovato in te era già quanto di più vasto potesse esserci. ....m-ma le gambe non si muovono, io..cosa... E allora vola... *
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Mya poggiò una mano al muro e si risollevò, con la testa bassa e i denti digrignati. Come aveva potuto dimenticarlo? Come aveva potuto permettersi una simile patetica scena? Il gruppo di ragazzini era nel panico, tranne alcuni soggetti che sembravano più decisi e coscienti della situazione. Era una situazione strana persino per lei.
Non c'era nulla di certo in una situazione come quella, solo la morte.
*Beh, se proprio devo morire lo farò ad ali dispiegate, giusto?*
Il falco annuì.
Fece scivolare la bacchetta dalla manica e la strinse nel palmo della mano destra. Era fredda e silenziosa come non lo era mai stata, la cosa la destabilizzò non poco.
- Random pensa al ragazzino che è stato trascinato fuori..e fai attenzione ti prego - Con uno scatto si allontanò dal compagno e si frappose a scudo tra i ragazzini e l'orribile visione. Le braccia tese parallelamente al pavimento.
Era una situazione nuova, inspiegabile persino per lei, che aveva vissuto un'intera vita ignorando il prossimo. Le ali, le stava dispiegando, immaginarie si aprivano oltre le sue spalle, più grandi e forti che mai. Le ali che aveva sempre usato per scappare, per volare via, ora si aprivano per proteggere qualcuno.
*Domani te ne pentirai...ahahha...domani, già...me ne pentirò sicuramente*
Ciò che poteva fare, l'avrebbe fatto. Non si sarebbe tirata indietro, né avrebbe abbassato la testa. Voleva guardare dritto in volto il pericolo, lo scherno, la vergogna e la morte stessa, se questa aveva meritato.

^-...aspettami...-^

*Forse farò un po' tardi...*
Sorrise.

 
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• Sir Just •
view post Posted on 4/12/2012, 17:38







*...No, non lo faccio per te...*



E, forte di quella consapevolezza, proseguì, strusciando, nell'oscurità. Provò una stranissima sensazione di deja vù nel gattonare in quel cunicolo, quel buco terroso, fortemente inclinato e fetente di umidità, appiattendosi nel tentativo di non urtare il soffitto, scrutando nel buio alla ricerca di pericoli, se mai ve ne fossero stati. Era una lucertola. Quante volte l'aveva già fatto? Strisciare era la sua specialità. Non che ne andasse fiero, ma era nella sua Natura, un istinto innegabile, dal quale non poteva scappare: i pesci del mare nuotavano, gli uccelli del cielo volavano. Lui si nascondeva, infimo, scappava. Gli venne una terribile voglia di sibilare, per tracciare le scie chimiche nell'aria, invisibili particelle, che soltanto lui poteva percepire. Ma non era il momento. Continuò a strisciare. Battè la testa, un unghia gli si spezzò malamente, le ginocchia e la schiena presero a dolere. Ma continuò. E, quando vide la luce, non potè che tirare un mentale sospiro di sollievo, che non concesse però al corpo; il pericolo incombeva ancora, ne era conscio, eppure quella luce aveva un che di rassicurante, faceva credere che fossero già liberi...
Mentre invece, erano ancora schiavi. Schiavi della paura, di quella situazione. Pensò a cosa avrebbe potuto fare se fosse stato fuori pericolo, altrove, senza preoccupazioni. Pensò a come avrebbe potuto perdere tutto questo. Gli sarebbe dispiaciuto, se non altro. Era davvero il momento di aprire la bocca, lasciare scappare la Vita?

*Sempre così positivo, un ragazzo così simpatico...*

Ma era oramai alla fine del cunicolo, era tempo di lasciare i caldi mari dei pensieri, e sbarcare sulla fredda spiaggia della Realtà. Gattonò fino all'estremità del tunnel, si fece passare le gambe davanti, malgrado il poco spazio a disposizione, e sbucò all'aperto. Ci mise un attimo a capire dove era, era stato in quella scuola abbastanza tempo da conoscerne, se non i passaggi segreti, quantomeno i luoghi più comuni. Non aveva mai sospettato dell'esistenza di quel cunicolo proprio lì, nel pianoterra della Torre dell'Orologio.

Si trattava di una costruzione immensa, un grandissimo torrione a più piani, molto simile a una chiesa d'altri tempi, che prendeva il suo nome dal grande orologio bianco, che da secoli scandiva il tempo lì a Hogwarts. Alla sua destra riconobbe le scale che portavano ai piani superiori della torre, un intrico di passerelle di legno piccole e pericolanti, luogo perfetto per le coppiette in amore nei primi mesi di primavera, o per i primini intenti in pratiche fantasticamente illegali e proibite, almeno ai loro occhi. Per i primi due anni era stato spesso in quel posto. Gli piaceva guardare gli altri dall'alto, esplorare con lo sguardo i territori limitrofi ad Hogwarts, ascoltare l'assordante battito dell'orologio, simile ad un enorme cuore, che scandiva il Tempo di quel castello.
Pensò che, se ci fosse stato un dopo, avrebbe dovuto passarci più tempo.
Quel pensiero lo rattristì.

A riportarlo al presente fu una stretta, uno strattone improvviso da quella che con stupore riconobbe come Mya, appena ripresosi dalle sue malinconie. Aveva voglia di sorridere vagamente a quel gesto, ma non lo fece. Capiva come la situazione non lo permettesse. A buon ragione. Perché un attimo dopo, un singolo attimo dopo, il mondo venne stravolto. Un attimo che più avrebbe dimenticato. Un fragore di vetri rotti l'unico avviso prima dell'atroce spettacolo. Si volse, atterrito, la mano corse a cercare la bacchetta, improvvisamente goffa. E prima che potesse prendere la preziosa arma, e modificare il Fato conformandolo al suo volere, quel che doveva succedere successe. Un ragazzino, nient'altro che un ragazzino. Random vide la Paura, la Folle Paura nei suoi occhi, un attimo prima che venisse trascinato fuori dalla finestra tra le urla e i pianti. Un secondo, un solo secondo, e il suo corpo sparì dietro la finestra, nel cortile di fronte. Le urla provenienti da fuori cessarono.



TheTime1









Per lui non ci sarebbe stato un domani.

E non era che il primo.











Sentì il terrore impadronirsi del suo corpo. Morto, era morto. La mano di Mya si irrigidì nella sua, mentre l'alone della Morte incombente scendeva su tutti loro, terribile presagio. Fino ad un secondo prima parlava con loro, camminava tra loro, faceva i compiti e si comportava, magari, bene. Aspettava di tornare a casa, di raccontare a mamma e papà quanto fosse bella Hogwarts, e di quegli strani uomini che erano venuti a prenderli. Avevano detto loro di non preoccuparsi, avevano detto. La settimana prima aveva preso un "Eccellente" al compito di Storia della Magia. Aveva conosciuto una ragazza, era carina. La sera la guardava di nascosto, dal tavolo dei Corvonero. Lei era una Serpeverde. Ma non era cattiva come si diceva di loro.








TheTime2





Giaceva.

Straziato.

Immobile.

Gli occhi.

I suoi occhi.

Aperti.

Vuoti.

Morti.














"No..."


E il suo corpo fu quello di suo zio, anni prima, straziato da un banale coltellaccio da cucina. E l'aveva ucciso lui. E poi quello di una bestia, un'enorme animale simile ad una tigre, trafitta da una misteriosa spada lucente. E l'aveva uccisa lui.

"No..."


Si mosse, come un automa, le parole di Mya che gli rimbombavano nel cervello, sorde. Non le sentiva. Trascinò un piede, poi l'altro, abbandonò la mano della ragazza. E il mondo fu più freddo. Freddo come la pelle. La pelle di un Morto. Un passo, un altro passo, più veloce, fino a raggiungere l'apertura che dava sul cortile.
E li vide.
Mostruosi, inumani, famelici. Proseguivano, avanzavano, puntavano a loro. Avevano fame.
Fame di Vita.

La bacchetta si alzò senza che ricordasse di averla presa, di averla estratta. E improvvisamente puntava a uno di loro, a uno di quei mostri. Dovevano andare via. Pensò questo. Pensò che non c'era ragione perché fossero in quel posto. In quel momento. Un ultimo sguardo agli occhi del ragazzino, e capì. Era morto. Anche lui, dentro, era morto. E allora non c'era ragione. Non c'era ragione perché continuassero.






"Avada Kedavra."






Le due parole di morte uscirono quasi spontanee. Parole che da bambino pronunciava, anche se storpiate, ridendo. Un gioco, uno scherzo, la più banale formula babbana, il rimedio per ogni cosa, la felicità. Morte. La Morte era il rimedio? Era la felicità?
No.
La morte era il silenzio. Il silenzio imposto di chi non voleva sentire, non voleva vedere. E lui non voleva. Non voleva vedere quegli occhi, più penetranti ora che in vita, che gli scrutavano l'anima. Non voleva vedere le guance pallide, il sangue sul volto, per terra, dappertutto. Dovevano sparire. Dovevano andarsene.


Dovevano Morire.







 
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view post Posted on 4/12/2012, 18:39
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JANE READ - CORVONERO


Silenzio. Respiri affannati. Silenzio. Urla attutite. Silenzio. Urla nella mente.
Il Tempo sembrava rallentato, ogni secondo si dilatava e durava ore: quel percorso sotterraneo appariva infinitamente lungo nella mente della Corvonero.
Non era abituata al buio: passava la maggior parte del suo tempo nella Torre dei Corvonero, oppure in Giardino. Amava la luce, gli spazi aperti.
Se non fosse stata smistata nei Corvonero ma in una casata con la Sala Comune nei Sotterranei, non sapeva come avrebbe fatto: forse si sarebbe abituata. O forse no?
Sicuramente i Tassorosso e la Serpeverde in gruppo con lei erano più affini al buio: lo fece notare anche un compagno di gruppo, non appena la ragazza in testa iniziò ad accelerare.
In effetti si muoveva agilmente e cominciò ad essere un'impresa reggere il suo passo: Jane cominciava ad avere mal di testa con tutto quel buio, le ginocchia continuamente a contatto con pietre sporgenti iniziavano a farle male. Le nocche della mano destra, nella quale stringeva la bacchetta che non aveva intenzione di mettere in tasca per nessuna ragione al mondo, erano rosse e piene di graffi. I muscoli della schiena cominciavano a stancarsi a forza di stare a carponi. Ogni tanto veniva scossa da un brivido di freddo, che scendeva improvviso lungo la sua schiena: l'umidità entrava nelle ossa, facendo avvertire sempre di più il freddo penetrante del cunicolo.
Inoltre il senso di soffocamento, messo inizialmente a tacere prima di entrare nel tunnel, passo dopo passo riaffiorava nel suo animo: una morsa nel petto, sempre più forte, un peso che le mozzava il respiro e raddoppiava gli sforzi necessari per proseguire. Ogni movimento sembrava costarle la gran parte del suo autocontrollo: se avesse perso la concentrazione per un solo istante si sarebbe bloccata lì e sarebbe stato alquanto difficile farla continuare.
Provò a focalizzare i suoi pensieri sul solo movimento dell'avanzare: mano destra, mano sinistra, mano destra, mano sinistra.
Ma non funzionava: era davvero buio e poteva solo intravedere le sue mani davanti a lei.
Cambiò tattica, pensando ad altro.
Di nuovo udì delle urla, attutite dalla roccia.
Il pensiero corse agli studenti ancora dentro il castello: pensò a Jane Evans. Dove si trovava l'amica Tassorosso in quel momento? Anche la sua Passaporta non aveva funzionato?
Pensò a Jessica, che coraggiosa come non mai si era proposta per difendere il castello: stava già combattendo? Stava ancora combattendo?
Pensò a Lucas: probabilmente sarebbe riuscito a cavarsela grazie ai suoi amici Mangiamorte.
No, non funzionava nemmeno pensare ad altro: era impossibile non prendere in considerazione l'idea che tutte le persone a cui teneva erano a rischio. Non poteva - anzi, non voleva - pensare che sarebbero potute morire.
No, non doveva.
L'ennesimo brivido le scosse il corpo, facendola rallentare: strinse i denti. Non poteva fermarsi lì.

*Stupida! Sei davvero così debole?*
Sì, lo era: poteva rispondere tranquillamente con un'affermazione alla domanda acida della sua coscienza.
Era inutile girarci intorno: era debole tanto fisicamente quanto debolmente.
Nel giro di pochi minuti, se non fossero usciti da quel tunnel, era destinata a diventare un peso per il gruppo. L'avrebbero lasciata lì?
Non potevano permettersi rallentamenti, ne andava delle loro stesse vite.
Si costrinse a continuare ad avanzare.
Passarono alcuni minuti - o erano attimi? Ore? Non lo sapeva più. - e finalmente la Speranza.
Un cerchio di luce, in lontananza.
Tutti, istintivamente, acceleravano: nessuno sembrava voler rimanere un solo istante in più all'interno di quel tunnel.
Non appena riuscì ad uscire respirò profondamente: alzò gli occhi, strizzandoli a causa del forte cambiamento di luminosità. Un cortile, ampio, arioso ma chiuso, costituito da alte vetrate. Per terra, frammenti color rubino: i resti della barriera di protezione che poco prima aveva visto incrinarsi e crollare come una sottile lastra di vetro.
Erano nel cortile della Torre dell'Orologio. Ancora non erano fuori dal castello.
Non fece in tempo a fare altre considerazioni: un rumore di vetri infranti e un urlo la costrinsero a voltarsi.
La visione che si presentò davanti ai suoi occhi era la rappresentazione di quello che il Fato aveva in serbo per loro: la Morte.
Un braccio, anzi un arto dato che il proprietario non era sicuramente umano, enorme e possente aveva rotto una delle vetrate e senza dare agli studenti il tempo di reagire aveva afferrato uno di loro.
Un ragazzino, piccolo: era uno studente del primo anno, arrivato da poco ad Hogwarts.
Non fece nemmeno in tempo ad urlare: l'arto che lo aveva afferrato lo sbattè a terra. Una volta, due volte.
Una marionetta in mano ad un burattinaio. Una bambola che una bambina sbatte a terra per un capriccio.
No, era un essere umano. Era solo un ragazzino.
Ed era morto.
Lì, accasciato a terra, non più un movimento, gli occhi senza vita fissavano vuoti un punto indefinito.
Era morto, e presto sarebbero morti anche loro.
Si udirono delle urla: Jane non si era accorta, ma un grido era uscito anche dalla sua gola.
I suoi occhi, spalancati, guardavano con orrore e pietà il corpo dello studente.
Era la prima volta che si trovava così vicina alla Morte: la prima volta che la guardava in faccia mentre le sorrideva, sarcastica, pronta a prendere anche lei e i suoi compagni in breve tempo.
Davvero si sarebbe lasciata prendere così facilmente?
Era come paralizzata: la mente cercava di restare attenta e pronta a reagire, mentre il corpo non rispondeva. La debolezza psicologica stava prendendo il sopravvento su quella fisica.
Ma doveva reagire. O voleva prendere parte al gruppo di corpi inermi che presto avrebbero costituito una macabra decorazione di quel cortile?
Davvero si arrendeva così facilmente?
Altre urla la fecero voltare.
Non erano soli, e l'ennesima conferma avanzava verso di loro: esseri dalla parvenza umana, color fango. Volti inespressivi, niente occhi nè orecchie. Le loro bocche mordendo l'aria, i lunghi arti robusti protesi verso di loro, le mani enormi dalle dita simili a spuntoni affilati.
Volevano loro, e li avrebbero presi senza tanta fatica.
Due creature di quel gruppo di strani essere continuavano a cambiare forma: alti, bassi. magri, tozzi. Il tutto continuando ad avanzare.
Cercò di recuperare il controllo delle sue gambe, e iniziò ad arretrare verso il muro dove il resto della compagnia sembrava essersi riunita, in compagnia di altri studenti che evidentemente si erano ritrovati lì insieme a loro.
La schiera di mostri avanzava.
E il terrore bloccava la corvonero.
Sapeva di dover reagire, era cosciente del fatto che non poteva arrendersi così facilmente.
Di nuovo lo sguardo scivolò verso il corpo dello studente morto: presto gli avrebbe fatto compagnia se non si decideva a fare qualcosa.
"- Avada Kedavra. -"
Sobbalzò, quasi risvegliandosi dal torpore ghiacciato della paura: il Tassorosso che era in gruppo con lei si era deciso ad reagire. Ma mai avrebbe immaginato con un tale ardore. E follia, probabilmente: come poteva conoscere quell'incantesimo tanto potente quanto funesto? Come poteva essere in grado di compiere un incantesimo in grado di far morire qualsiasi essere vivente?
Non era un incanto che si imparava all'interno del castello: evidentemente frequentava compagnie poco affidabili. E forse aveva anche la vaga idea di quale fosse precisamente tale compagnia.
Cercò di non pensarci, se voleva sopravvivere doveva seguire l'esempio del ragazzo e reagire: poco importava di che incantesimo avrebbero utilizzato gli altri se avrebbe consentito di uscire vivi da quel posto.
Tornò con lo sguardo verso le creature: avanzavano, inarrestabili, passo dopo passo.
Guardò la loro pelle grigio-fango: di che cosa erano fatti?
Erano fragili?
Lo avrebbe scoperto.
Strinse la bacchetta e allungò il braccio, puntandolo verso la parte di terreno che da lì a pochi istanti sarebbe stato calpestato dalle creature. Voleva rallentarle.
Fece un respiro profondo, cercando di concentrarsi nonostante la paura.

- Lapsus! -
La voce sicura, forte: nel pronunciare l'incanto il polso della mano destra compì un movimento deciso dall'interno verso l'esterno.
Sarebbe riuscita a rendere scivoloso parte del terreno?


 
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view post Posted on 5/12/2012, 16:46
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"L'uomo muore sempre prima di essere completamente nato."

Pensieri, riflessioni, speranze disattese, paura del domani, incertezza del presente.
La lunga via oscura aveva permesso alle giovani menti di celarsi nel proprio mondo interiore alla disperata ricerca di una risposta del proprio essere.

Eppure, il Tempo avanzava inesorabile e si avvicinava il momento della Fine.

Ed essi, benchè ripudiassero tale possibilità, erano consci di correre incontro alla fine.

Fine.
Ultimo alito di vita sempre rinnegato ma unica certezza dell’Essere.
Essa poteva avere mille immagini e molteplici volti: terrore, malattia, istante improvviso…Creature diaboliche, desiderose solo di fagocitare vita.

Eccoli…Innanzi a loro, separati solo dalle vetrate della sala di ingresso del Piano terra della Torre dell’Orologio, una decina di creature abominevoli e massicce, dagli arti superiori terribilmente lunghi e minacciosi, avanzava e si insinuava con le braccia all’interno della stanza.

Uscire!
Dovevano uscire dal quella piccola trappola avente dimensione circolare di diametro di quattro metri circa. Piccole cavie dentro una gabbia, in attesa di essere prelevate da “padrone” sadico e desideroso di sangue.

Terrore.
Desiderio di fuga, brama di confondersi con l’ocra parete opposta alle vetrate, nella speranza che le sadiche mani non li raggiungessero.
Vi era tempo tuttavia per un gesto protettivo e di conforto tra due concasati Tassorosso, legati da Fato e Tragedia: una fanciulla del cielo, un ragazzo della terra, entrambi figli di cosmo perfetto capace di conferire equilibrio ed unica origine al Tutto.

Vana Speranza.
Il Male era vicino e già sfiorava abiti, desideroso di strappare lembi di pelle.
Due studentesse, la fanciulla Tassorosso e la studentessa Corvonero, animate di coraggio o forse rassegnate all’idea di dovere combattere per avere salva la vita, si dimostravano pronte ad attaccare.
La studentessa Corvonero evocò con successo l’incanto Lapsus al fine di rendere la superficie prossima al passaggio delle bestie, scivolosa e pertanto instabile.
Nel contempo il giovane Tassorosso evocava la Morte.
Un Avada Kedavra ben castato, conosciuto, ammaliante, terrificante, trovava il petto di una Creatura che già si apprestava ad invadere la stanza penetrando dalle vetrate.

Attesa.

Stupore.

Delusione.

Disperazione.

L’anatema aveva arrestato il Mostro.
Quest’ultimo, rimasto immobile per qualche secondo, aveva preso a traballare ed aveva ritirato le lunghe braccia a sé come per raccogliere le ultime forze rimaste e morire integro…Invece…la Bestiolina avanzava ancora, forse stordita o aggredita dal violento anatema.
Ma era viva…

Quale nemico avevano innanzi? Quale divino essere poteva disporre di esercito imbattibile?

Alcuni mostri scivolarono calpestando il suolo poco prima soggetto ad incantesimo della giovane Corvonero. Ma tre creature, le due longilinee ed una particolarmente bassa e tozza, rimaste nelle retrovie, raggiungevano con lunghe braccia due studenti Serpeverde e…La giovane studentessa Tassorosso, coraggiosa ex prefetta di casata.
Il lungo braccio del mostro tozzo e basso la prendeva per il polso e la stava trascinando verso l’uscita attraverso la vetrata. In egual maniera i due studenti Serpeverde sembravano dover subire medesima fine…

Pericolo…



Aprimi!
La data del prossimo masteraggio è fissata per lunedì 10 dicembre: se per allora non avrete postato, i vostri pg verranno trattati come png e mossi di conseguenza, a meno che non abbiate avvisato il Master (me) tramite mp. Cercate, in ogni caso, di essere puntuali, la regolarità dei turni giocherà un ruolo fondamentale.

png

Ecco una piccola piantina rudimentale al fine di farvi comprendere le attuali postazioni. I Rombi rappresentano studenti png. La Creatura nera con corpo rosso, è il mostro attaccato da Random. E’ ancora vivo.
La distanza tra gli studenti e le creature, come vedete, è ristretta. Le lunghe braccia possono raggiungervi. Mya e due studenti png sono stati catturati. Le lunghe braccia vogliono tirarli fuori dalla stanza. Mi auguro li aiutiate a liberarsi dalla morsa!
Non ho rappresentato il giovane png morto per ovvie ragioni.


Golem colpito dall’Avada Kedavra: è un tantino disorientato ma vivo e vegeto.
Pc: 90
Equilibrium: 80/100% (- 20)
Ripresa: 0%

 
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view post Posted on 8/12/2012, 16:12
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Tremavano.
Le gambe tremavano. Se ne era resa conto solo fermandosi in piedi, con le braccia tese.
Forse era il pavimento ad essere instabile, la terra aveva deciso di burlarsi ulteriormente di loro. Oppure era il freddo che entrava dalle vetrate infrante? Tra tutte le possibilità il suo orgoglio aveva deciso di escludere la paura.
Se anche la mente accettava quell'idea non sarebbe stata più in grado di gestire il suo corpo, permettendo a quell'opprimente sensazione di paralizzarla completamente.

Un'anima forte risiede in un corpo forte ed una mente forte.

Determinazione si mescolava all'irrequietezza, ma non aveva timore di non vedere il domani. Non aveva mai vissuto facendoci troppo affidamento, sul domani, e in quella situazione nulla cambiava. Doveva solo mettere nuovamente un piede davanti all'altro, e continuare.
Oltre le vetrate gli strani esseri continuavano ad agitarsi e neppure l'incanto di Random sembrava riuscire a fermarli. Avada Kedavra. La pronuncia di quell'incantesimo le aveva procurato un ulteriore brivido sulla pelle, ma Mya non era riuscita a comprendere se fosse euforia o semplice terrore. Era certa di non aver studiato nulla di simile, eppure quella sensazione indefinita le era arrivata sotto la pelle come una stilettata.
- Ahhhhhhhhhhhhh! - Un gridò dalle retrovie la fece tornare vigile, giusto in tempo per vedere diversi tentacoli entrare senza indugio dalle alte finestre. Due serpeverde vennero presi e trascinati verso le mura di perimetro, con la chiara intenzione di stanarli tutti. La bacchetta si sollevò decisa, ma prima ancora che potesse brandirla un nuovo tentacolo la afferrava al polso e la strattonava in avanti. Mya cercò di fare forza sulle gambe per non farsi trascinare a terra, là dove sarebbe stata ancora più impossibilitata al movimento. Ma più si dimenava più faticava a reggersi in piedi, i suoi piedi scivolavano sul pavimento senza alcun freno. I due ragazzini ormai erano prossimi alle finestre e presto sarebbero stati fatti prigionieri come lo studente di poco prima.
* No, muoviti*
Fortunatamente la bacchetta era nel polso libero, doveva agire in fretta o non ne avrebbe più avuto il tempo.
- Random! - Gridò, cercando di richiamare l'attenzione del compagno, facendo un cenno del capo verso sinistra e indicando gli altri sventurati. Avevano bisogno di cooperare in una simile situazione, erano tutti sulla medesima barca. E affondare sembrava fin troppo facile. Poi velocemente portò il braccio all'indietro, caricando il colpo, per poi farlo saettare velocemente in avanti tenendolo vicino alla vita. Ora la bacchetta puntava direttamente alla schifosa massa mefitica che l'aveva avvinta pochi attimi prima. Nel flusso magico Mya avvertiva chiaramente tutto il ripugno e il disprezzo più totale.
- Depulso! -
Doveva liberarsene, avere maggiore spazio di manovra. Non sapeva ancora come muoversi, ma era chiaro come l'unica scelta che avevano per sopravvivere fosse abbatterli, in un modo o nell'altro. O perlomeno rallentarli o distrarli, per permettere ai molti di fuggire.
* Fuggire...ma dove? C'è un luogo sicuro a Hogwarts? Dove saranno gli altri? Non pensare Jill, ora la tua mente deve restare lucida. *
Con un ultimo guizzo cercò di girare il polso, affondando le dita nella materia che sembrava comporre la scura protuberanza. Se l'incantesimo avesse avuto effetto avrebbe potuto trattenere una parte di quei mostri, per capire almeno contro cosa stavano combattendo.
Ma questo pensiero non le stava davvero rimbalzando nella testa, era solo istinto e caparbietà, a muovere quel piccolo, ma determinato corpo.
 
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• Sir Just •
view post Posted on 10/12/2012, 14:44








E il dito di Morte si allungò dalla bacchetta di Tasso, spezzando l'aria, cercando la Vita che gli era stato ordinato di portare via. Percorse i pochi metri rapidamente, incontrò il corpo della creatura, vi si spezzò contro in un lampo verde, che si riflesse sugli occhi grigi del ragazzo. Aveva ucciso. Come quelle bestie avevano ucciso il ragazzo, lui aveva ucciso una di loro, nel disperato tentativo di far giustizia: e al loro livello si abbassava, bestia tra le bestie, e si sentì immondo nel riverbero verdastro, lordo di morte, e di sangue, benché non ne fosse stata versata una stilla. Ma la luce scomparve, e con essa ogni speranza: la bestia si muoveva. Attaccata alla vita come un infante al seno materno, si sbilanciava, si sformava, e riprendeva il suo incedere, minimamente offesa.



TheTime4



Ed ebbe paura. Scomparsa la furia omicida che lo aveva accecato, ci fu solo quella. Era sicuro di aver desiderato, in quel momento, la Morte della bestia con tutto il cuore, con tutta la Volontà, e di aver pronunciato correttamente le parole di Morte che gli erano state insegnate. Ma già il Passato diventava remoto, e uno spaventoso Futuro si faceva prossimo, digrignando i denti delle bestie, allungando le loro propaggini verso le loro vite, tentando di strapparle, dilaniarle, fare a pezzi i loro corpi. Non ce n'era un motivo. Solo l'uomo uccideva per divertimento o per aperta ostilità: le bestie e gli animali, magici o non, lo facevano solo per profitto personale, e mai rischiavano la vita se non di fronte a un'evidente necessità. Ma loro no. Loro si muovevano, loro uccidevano, loro li attaccavano senza preamboli, senza esitare. Non avevano occhi per esprimere i propri sentimenti, o piangere la propria rabbia, o la propria disperazione. E, non trovando quegli occhi, gli stessi che ora la paura gli sbarrava, Random fu sicuro che quegli esseri non appartenevano al loro mondo. Non erano vive.

"Random!"


E tantomeno erano Morte, giacché si muovevano, e agivano. Cosa erano? Cosa li spingeva a fare quel che facevano? Che interesse provavano nell'uccidere quei bambini inoffensivi, nell'assaltare quel freddo castello inospitale?
Desideravano? Cosa desideravano? Cosa volevano? C'era motivo di ucciderle?
Chi poteva dire chi fosse destinato a vivere e chi a morire? Con che diritto loro, umani, dotati di coscienza, potevano togliere la...
No. Non c'era vita in quei corpi. Ed era questo che doveva ricordare. E, come loro avanzavano, in virtù di una loro e propria motivazione, anche lui doveva combattere per la sua.

*Io voglio...*

"Ci sono."


Lui voleva. Ed era, ed esisteva, per quel che voleva. La bacchetta si mosse rapida, di nuovo nell'aria, e malgrado le sue parole fossero state tremanti, la Paura era sparita. E la bacchetta andò a indicare, rapida, il tentacolo che teneva stretto il più prossimo dei ragazzi, subito dopo Mya. Si, Mya voleva, ed erano i suoi occhi decisi a dirlo, occhi pieni di paura, ma una paura consapevole, una paura naturale; e anche il ragazzo dopo di lei voleva. Tutti loro volevano qualcosa. Tutti loro erano chiamati a mostrare la valenza dei propri desideri. La bacchetta aggiustò la mira.

*...Sectumsempra.*

E il primo sarebbe andato a quella propaggine, saldamente attaccata a quel ragazzo e ai suoi sogni, pronta a incatenarli definitivamente e buttarli nell'oblio. Sogni che avrebbero potuto volare, se quel ragazzo non fosse morto. Non era giusto, questo?
E la bacchetta cambiò tiro, e andò a puntare la bestia fuori dalla porta, già colpita e mai morta, che nel suo lento incedere portava avanti il proprio credo. E il secondo sarebbe stato per lei, distruttrice dei Sogni. E non ve n'era un motivo, se non la legge naturale che diceva che il forte ammazza il debole, e cammina sui suoi desideri per innalzarsi. E chi era lui per non rispettare quella legge?

*...io voglio che volino...*

E un fendente, e due, mirati a quel corpo immondo, che distruggessero la pelle e le ossa, che spezzassero le catene, e gli mostrassero se veramente c'era della Vita sotto a quelle corazze che chiamavano "corpi". Voleva vederla volare, si, quella Vita. Voleva vedere le motivazioni che ad essa erano aggrappate.

*Oggi colui che Desidera con più forza ucciderà, e il debole tornerà alla Terra, a seminare la propria Volontà in attesa che cresca...*

Random pensò.
E fu sicuro, con tutto il suo cuore e tutto il suo animo, che quel giorno avrebbe ucciso.





Chiedo scusa per il ritardo. Spiego il post, che potrebbe risultare poco chiaro: ho considerato il Sectumsempra come un attacco a più riprese, e quindi l'ho diretto verso due obbiettivi differenti; indicando il tentacolo, Random vuole un taglio netto sullo stesso, che lo stacchi o blocchi, mentre puntandolo verso la creatura ed eseguendo dei fendenti nell'aria vuole ferite più estese sul corpo della creatura. Spero non sia PP, nel caso chiedo il master di avvertirmi, e modificherò, per quanto il tempo me lo permetta.

 
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view post Posted on 10/12/2012, 22:31
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JANE READ - CORVONERO


Incredibilmente, ce la fece.
L'incantesimo andò a segno facendo scivolare alcune delle creature che avanzavano verso di loro. Ma non bastò.
Tre di loro, le due più alte e longilinee e una bassa e tozza, tra le ultime nel folto gruppo di mostri, rimasero in piedi. E reagirono, come era prevedibile.
I loro lunghi arti, con le 'dita' affilate e pronte a lacerare l'epidermide del gruppo di studenti, si mossero: uno di loro prese la Tassorosso per un polso.
La Corvonero guardò la ragazza reagire, ma due urla in successione la costrinsero a distrarsi: due studenti Serpeverde, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra, avevano appena subito la stessa sorte e venivano trascinati verso la vetrata.
Gli sguardi atterriti dei due ragazzi si volsero verso la giovane, che nonostante la grande vicinanza sembrava essere stata risparmiata per il momento: andavano liberati il più in fretta possibile prima che facessero la stessa fine del primino che giaceva poco distante, esanime.
I due Tassorosso si stavano aiutando a vicenda: la conoscenza sembrava giocare a loro favore. Era chiaro che si fidavano una dell'altra.
Del resto, l'amicizia non poteva essere una difesa in quella 'battaglia'?
L'unione fa la forza, era un dato di fatto. E uniti dovevano reagire.
Si voltò, cercando l'unico volto conosciuto in quel gruppo di persone: Niko.
Da sola non sarebbe mai riuscita a liberare entrambi gli studenti: non era nemmeno sicura di riuscirne a liberarne solamente uno!

- Niko! Aiutami! -
Due semplici parole: non avevano tempo, dovevano affrettarsi a liberarli e uscire dal cortile interno.
Si augurò che nel frattempo gli altri studenti provassero ad scappare o - i più anziani - quantomeno ad aiutarli. Ma come poteva prevedere come avrebbero agito?
Nei momenti di panico e paura ognuno tende a pensare per sè. L'istinto di sopravvivenza ha sempre la meglio sull'onore.
Ma in qualche modo, Jane doveva far capire a se stessa che da sola non sarebbe sopravvissuta, e che l'egoismo andava lasciato da parte. Se mai fosse riuscita a liberare i due Serpeverde, probabilmente sarebbe stata a sua volta aiutata una volta finita in un pericolo peggiore. Perchè ne era certa, prima o poi sarebbe accaduto qualcosa pure a lei.
Era solo l'inizio della lotta per la sopravvivenza, e la fine non era ancora concepibile.
Ma allora, come agire?
Osservò meglio il potente arto che stringeva il ragazzo alla sua sinistra: era potente, forte. Non conosceva un incanto abbastanza efficace per ferire il mostro o per evocare qualcosa che lo danneggiasse.
Ancora una volta si dimostrava inutile nella sua ignoranza.
Ma era davvero un impedimento?
Osservò la 'mano' che aveva afferrato lo studente: forse se sollecitata nel modo corretto avrebbe lasciato la presa. O forse no.
Ma valeva la pena tentare.

- Copriti il volto! -
Urlò l'avvertimento al giovane, poi alzò la bacchetta.
Doveva lasciare la paura alle sue spalle, come poco prima, e concentrarsi.
Allungò il braccio, senza stenderlo, in direzione dell'arto, cercando di focalizzare lo sguardo su quella specie di 'mano' che stringeva il Serpeverde.
Immaginò nella sua mentre una scia di api comparire poco dopo la pronuncia della formula e dirigersi verso la 'mano' del mostro per riempirla di punture.
Poteva farcela? Doveva.

- Apis! -
Scandì la formula con voce decisa, cercando di non far scivolare via dalla mente l'immagine dello sciame di api.
Voleva riuscire nel suo intento. Non avrebbe accettato da se stessa un fallimento.


 
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view post Posted on 11/12/2012, 11:15
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"La terra non appartiene all'uomo,
e' l'uomo che appartiene alla terra
e tutte le cose sono collegate
come il sangue di una famiglia."


Paura.
L’aria ne era satura, Si percepiva il suo acre odore. La pelle veniva da essa sfiorata lasciando dietro il suo passaggio brivido e tremore.

Vita.
Cos’era la vita? Non era forse volontà ed azione? Sentimento e percezione? Istinto e vulnerabilità?

Eppure le creature malefiche, intente e desiderose di sangue e morte, parevano non essere vulnerabili: esse possedevano volontà ed agivano. Esse percepivano l’attacco ma…sembravano non soffrire, non provavano sentimento alcuno…

Mentre tre studenti rischiavano di essere risucchiati dalla perfida volontà di distruzione delle creature immonde innanzi a loro, un ragazzo, il giovane Tassorosso, cominciava a nutrire sano dubbio in merito a natura ed origine di cotanta fiera violenza. Quale essere sarebbe mai sopravvissuto all’anatema che uccide senza nemmeno avere necessità di difendersi o di schivare colpo mortale?

La fanciulla Tassorosso, evocato con successo l’incanto depulso, scongiurava un futuro nefasto ed una morte certa.
Il braccio freddo, gelido della bestia si ritirava battuto da astuzia e non da violenza.
Nel contempo la voce della ragazza, la richiesta esplicita ed implicita di aiuto, raggiungeva il concasato che, deciso a studiare il nemico per annientarlo, evocava incanto spietato ed astuto destinandolo, con agile movimento a due bersagli.
Se da un lato egli riusciva a salvare il piccolo Serpeverde recidendo il braccio del mostro, dall’altro conferiva al “personale nemico”, ovvero la creatura che aveva osato sopravvivere all’anatema che uccide, ferita al ventre impietosa, netta.
Il taglio quasi squarciava un corpo che sembrava ora essere colto da spasmi e convulsioni capaci di generare continui mutamenti nella forma della creatura prima bassa e tozza, poi longilinea e flebile.

Sul pavimento giaceva non un braccio o un arto, ma terra e roccia…

"Polvere sei, Polvere ritornerai."

Il secondo fanciullo Serpeverde, nonostante il coraggioso tentativo della piccola Corvonero, veniva invece strappato alla vita, stretto in morsa mortale e dilaniato in quella stessa stanza, come reciso a metà da arma letale…Lo sciame d’api era vano…

Sangue…

Morte.

Scempio.

Il braccio omicida, ancora non soddisfatto, mirava alla piccola Corvonero.
Pochi centimetri e l’avrebbe raggiunta.



png
La data del prossimo masteraggio è fissata per sabato 15 dicembre: se per allora non avrete postato, i vostri pg verranno trattati come png e mossi di conseguenza, a meno che non abbiate avvisato il Master (me) tramite mp. Cercate, in ogni caso, di essere puntuali, la regolarità dei turni giocherà un ruolo fondamentale.


Golem colpito dall’Avada Kedavra e dal sectumsempra: è completamente instabile ed in continua mutazione. Basso e tozzo, poi longilineo e sottile come giovane tronco d’albero.
Pc: 70/90 (- 20)
Equilibrium: 55/100% (- 25)
Ripresa: 0%

Golem al quale è stata recisa parte del braccio.
Pc: 55/70 (- 15)
Equilibrium: 80/100% (- 20)
Ripresa: 0%

Per terra c'è il braccio reciso: terra e roccia.
Attenzione Jane. Un braccio si sta avvicinando a te.

 
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view post Posted on 14/12/2012, 23:24
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Fredda essenza.
Questa la sensazione che la giovane tassorosso avvertì sulla pelle, non appena il mostruoso tentacolo aveva mollato la presa sul suo polso. Un'essenza che le era rimasta tra le esili dita, come piccoli frammenti di terra e schegge di roccia. Terra. Quale creatura magica era composta di quell'elemento tanto naturale? E a patto che si trattasse di vere creature, cosa volevano da loro se non la morte? Non sembravano possedere animo o intelletto, non gioivano per l'assassinio ne gridavano per il dolore provato. Avanzavano senza ripensamento alcuno, uccidevano senza reale interesse, agivano come non vi fosse altro scopo per loro che disseminare la morte. Erano vuoti, come delle bambole incantate.
E qualcuno doveva di certo aver dato loro la vita.
Ma più che domandarsi chi vi fosse all'altro capo di quella matassa, al momento a Mya interessavano quei pochi, inutili, metri. Tra il mattonato e le vetrate infrante, tra il portone e il cortile, tra la vita e la morte. A che serviva pensare al traguardo, se il suo piede non riusciva ad avanzare di un solo passo?
Un secondo schiocco infranse l'aria e la tassorosso vide un tentacolo venire tranciato via dal suo corpo finendo in terra. Il ragazzino serpeverde, ormai libero, prese ad indietreggiare tremando visibilmente, mentre l'altro compagno venne brutalmente sollevato a mezz'aria.
La scena che Mya vide le riempì gli occhi e invase la mente, come un incubo perpetuo da cui non sarebbe più riuscita a risvegliarsi. Un corpo schiacciato, dilaniato orribilmente, fragile come solo una foglia d'autunno poteva essere. Cadeva dal ramo, concluso il suo tempo e attendeva a terra il sopraggiungere della neve, fredda come la morte. Ma che tempo poteva aver avuto quel fanciullo? La primavera tiepida, assonnata e speranzosa che viveva in lui, veniva spazzata via dal gelo mortale di un omicidio.
Sangue.
Grondava da ogni parte di quel piccolo corpo, ormai immobile.
Sangue.
Fiumi ne sarebbero presto scorsi lungo le colline, avrebbero imbrattato le mura del castello, macchiato forse anche il cielo. E Mya, per la prima volta, provò l'agghiacciante sensazione di aver incontrato la Morte in persona. Era lì davanti, poggiata al portone dell'inferno li attendeva tutti. Ghignava beffarda, ricolma di superiorità. La catena che li teneva legati alla Terra era dunque lei, sadica e meravigliosa, era sempre stata Lei. Come aveva fatto a non capirlo prima? Era terrificante, paralizzava le gambe e annebbiava la mente, i pensieri, disintegrava i sogni e schiacciava la realtà. Ed era tutto ciò da cui Mya aveva sempre cercato di liberarsi, ma ora che ne vedeva la forza capiva che essere vissuta nel limbo dorato di suo padre l'aveva resa debole.
*No, non può accadere...qualcosa che non posso controllare, non l'accetto. Non ho potuto fare niente, non ho potuto proteggerlo...Alza la testa Jill, guardala, è questa la realtà*
E quando i suoi occhi viola incontrarono quelli ormai vacui e spenti del ragazzino a terra, un flash le si presentò davanti agli occhi. La tassorosso sbarrò gli occhi e il corpo ebbe un sussulto.
Un corpo a terra, rosso sangue e rosso fuoco si mescolavano attorno al bianco viso di quel ragazzo, il ghiaccio stupendo di quegli occhi che diventava vetro opaco e inespressivo. Un corpo a terra, immobile e fermo come una roccia, persino troppo pesante per volare via. *Lui...no!*
Il corpo prese a tremare visibilmente, la bacchetta vibrava nella sua mano destra e la fasciatura al polso sinistro prese a sfilacciarsi in più punti, come divorata da un fuoco invisibile. *Fuggirai da essa ora che l'hai compresa nella sua essenza più pura?*
La fiamma divampò in un attimo, seguendo perfettamente la linea della cicatrice rossastra. La furia, la rabbia, la perdita di controllo, avevano messo in subbuglio il flusso magico. Come quando era piccola, incapace di gestire la magia, allo stesso modo ora veniva scossa dall'interno da quel flusso anomalo.
Nel frattempo il tentacolo assassino si era messo nuovamente in movimento, ed ora mirava alla ragazza corvonero. L'avrebbe presa, avrebbe visto altro sangue, avrebbe permesso alla Morte di rimuovere un'altra pedina dalla scacchiera?
Senza pensarci due volte la bacchetta saettò rapida in direzione del tentacolo, che ora vedeva chiaramente protendersi orizzontalmente nella stanza nel tentativo di fare una nuova vittima.
*Non finchè io respiro dentro questa stanza, stupido ammasso di terraccia... *
Tutto il calore sprigionato sul braccio sinistro, misto al dolore della carne irritata le allontanava ogni pensiero inutile. Quel dolore la rendeva più viva e lucida che mai.
Quelle mostruosità sembravano infatti immuni agli attacchi fisici. E allora sarebbe bastato rendere quella loro forza inutile, negandogli la possibilità di toccarli, di sfiorare loro un solo capello.
- Verto Tenuis!! -
La bacchetta che inizialmente aveva puntato al vertice del tentacolo, venne trascinata con forza e decisione verso destra, ripercorrendo tutto l'arto dell'infido essere. Se non poteva distruggerli, li avrebbe resi inoffensivi. E nel frattempo avrebbe trovato il modo di disintegrarli fino alla polvere.
Senza pietà.
Stavolta sentiva di non averne per nessuno.




Postillina: il fuoco sul polso sinistro non ha alcun potere o qualità particolare, quindi non è considerabile un aiuto/supporto o quant'altro. Quella sul polso di Mya è una cicatrice di una bruciatura magica, quindi diciamo che è molto sensibile ai suoi sbalzi emotivi, ma niente più. Più che una vera fiamma è come se la cicatrice fosse tornata allo stato originario, più simile a una lingua di lava che alla fiamma vera xD
Ci tenevo alla precisazione, perchè non penso di averla descritta bene .__.
 
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view post Posted on 15/12/2012, 12:24
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JANE READ - CORVONERO


Rosso sangue.
Non riusciva a vedere altro se non quello: sangue, il sangue del Serpeverde che lei non era riuscita a salvare. Il sangue del ragazzo che era stato dilaniato dalla forza mostruosa di quel braccio perchè lei non era stata in grado di reagire. Perchè lei era troppo debole per farlo.
Era colpa sua, solamente colpa di Jane: quel ragazzo non avrebbe più visto la sua famiglia. Non sarebbe più cresciuto, non si sarebbe mai diplomato ad Hogwarts. Non avrebbe più provato emozioni, non avrebbe più provato la gioia di cavalcare un manico di scopa. Non avrebbe più riso con i suoi amici, non si sarebbe più divertito, non avrebbe mai amato qualcuno.
Morte.
Rideva malvagia nella mente della corvonero: i Suoi piani si stavano avverando, tutto andava come aveva previsto. Ora sarebbe toccato anche a loro: Jane poteva quasi vederla da lontano, le sorrideva e la invitava ad avanzare verso di Lei con la mano scheletrica. La falce era già lì, pronta a recidere il filo della sua vita. Le terza delle tre Parche avrebbe agito in fretta: un taglio secco, veloce. Indolore? Probabilmente no.
E presto avrebbe fatto compagnia al ragazzo morto: osservò impotente l'enorme arto che lo gettava a terra, una bambola con cui una bambina si era stufata di giocare.
E ora il nuovo gioco era la corvonero, perchè l'arto si stava muovendo verso di lei.
Sarebbe morta, ora ne era certa.
Non conosceva incantesimi abbastanza potenti per contrastare la forza del mostro, non era abbastanza forte. Non ce l'avrebbe fatta.
Doveva forse rassegnarsi? Probabile.

*Sei più stupida di quanto pensassi.*
La voce acide della sua coscienza risuonò nella sua mente.
Sì, era stupida. Stupida e inutile.
Morendo avrebbe permesso agli altri di scappare. O no?
Il suo poteva essere un sacrificio o un'azione inutile?
No.
Lei non sarebbe morta. Non voleva morire.
Del resto, chi avrebbe accolto a braccia aperte la Morte?
Non poteva crollare così facilmente.
Doveva lottare. Per se stessa, ma anche per le persone a cui voleva bene.
Non voleva darla vinta a quel 'dio' che si stava prendendo gioco degli studenti di Hogwarts.

*Pensa, stupida, ragiona!*
Cosa avrebbe potuto fare?
Doveva scappare, allontanarsi dall'arto omicida, distraendolo.
Un'idea, sciocca, le passò per la mente.
Più veloce che potè, alzò la bacchetta.

- Fumos! -
Pronunciò la formula, poi fece ruotare il polso in senso orario, spostando nel frattempo la bacchetta da sinistra a destra, davanti a sè: voleva far apparire una nuvola di fumo per nasconderla. Poteva immaginarla nella sua mente, densa e scura.
Nel frattempo, indietreggiò velocemente.
Scappare era da codardi, morire da martiri: non c'erano alternative.


 
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• Sir Just •
view post Posted on 15/12/2012, 14:55







E la magia gli percorse il braccio, divenne Realtà per mezzo della sua bacchetta, e strumento di morte contro le bestie. E la propaggine fu a terra, il ragazzo libero.
Quella era la Vita.
E il corpo del mostro orribilmente squarciato, sebbene non vi fosse una stilla di sangue che uscisse da quelle membra, nel baluginio nerastro della lama eterea.
Quella era la Morte.
O forse no, sebbene questo avesse sperato: l'avversario per un attimo sembro incespicare su se stesso, come sul punto di sciogliersi, ma ecco che un attimo dopo riprendeva l'avanzata, mutevole, orrorifico. Stava morendo? Stava soffrendo? O era semplicemente un'astuzia architettata ai loro danni? Di certo, l'effetto sulla psiche del nostro fu notevole.

*...Immortali...*

Proprio quello, parevano. Il cervello avrebbe voluto correre ai cassetti della memoria, percorrendoli a velocità folle nel tentativo di recuperare qualche informazione adatta alla terribile situazione. Mostri che non potevano morire? Da dove... da dove uscivano? Come era ciò possibile? Come li poteva neutralizzare? Un breve sguardo dietro di lui, mentre i canini si serravano facendo sanguinare le labbra screpolate: il resto del gruppo era inerte, completamente incapace di fronte a quella situazione. Topi in trappola, ecco cosa erano... E lui e Mya non sarebbero mai bastati, in due, contro quell'assurda armata. Eppure, due volte aveva tentato di abbattere quelle creature, con i peggiori incanti oscuri che gli fossero venuti in mente in quei momenti di disperazione, due volte aveva fallito miseramente.
Non riusciva a volare.
Era fermo, ancorato a terra.
Non si sarebbe smosso di lì.
Ma... Si, poteva funzionare. Si girò rapidamente e gridò al resto del gruppo.

"Tornate indietro, veloci. Qui..."


Ma l'attenzione fu deviata dalle bestie in rapido avvicinamento. Decise che quanto detto bastava: superato lo sgomento iniziale, quei ragazzini si sarebbero decisi, forse, a scappare. E al diavolo il quadro, e le sue follie.

*...sono ancorato a terra...*

La bacchetta si mosse rapida, richiamando a raccolta tutto il potere magico del quale il ragazzo disponeva. Si, la Madre Terra lo aveva inchiodato a sé, impedendone la fuga. E, se l'aveva fatto, c'era qualche motivo. O erano solo le sue ali, assenti o incapaci di aprirsi? Ma il cielo...

*...ma se afferrandoli posso ancorarli a me, e impedire che raggiungano coloro che volano...*

Il cielo, in ogni caso, era precluso ai rettili della terra. Loro strisciavano sul ventre. Loro mangiavano la polvere. Loro si avviluppavano alle gambe degli alti, trascinandoli verso il suolo, nel tentativo di arrampicarsi sui loro corpi. Solo per vedere il cielo...

*...allora... Repsi Genitum.*

Si. Le catene, le catene che tenevano fermo lui, sarebbero andate a materializzarsi sotto forma di radici, catturando quei mostri privi di senno. Uno, due, tre giri dello spesso rampicante, attorno alle gambe del bestio già ferito, stritolandolo, in modo che non riuscisse a scappare assottigliandosi come continuamente faceva. Trattenuti, fermi, la fuga dei ragazzi sarebbe stata semplicissima. Sarebbe rimasto lui, che di ali non ne aveva.

"...è Off Limits."


E le catene.
Le dannate, amate catene.
Per sempre.








[SPOILER][/SPOILER]
 
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57 replies since 7/11/2012, 12:05   1291 views
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