- ancora uno sforzo -
Le tempie bruciavano come infiammate.
- ancora uno sforzo -
Lo sentiva, il Suo animo che tentava di uscire, dal profondo, come un rigurgito involontario. Doveva resistere.
- ancora uno sforzo -
Un bruciore intenso alla pupilla sinistra. Era iniziato.
"Hugh..."Si. Eccola lì, la sua fedele compagna, che al suo minimo tentennare provava ad uscire. Lo sapeva, in fondo, sapeva che si stava spingendo troppo "oltre", che le magie che continuava a castare contro quelle bestie erano troppe e troppo potenti perché continuasse a controllare ancora per molto il suo potere magico. A riprova di ciò, ecco il monito della lucertola: anche senza vederla, percepiva distintamente come la pupilla sinistra fosse... diversa. E intuiva come: se qualcuno avesse avuto la fortuna di vederlo in faccia in quei momenti, si sarebbe subito reso conto di come questa fosse decisamente più longilinea e sottile della collega destra. Si, il terribile lascito del mostro sopito nel suo petto, quella potente magia con la quale si era condannato a convivere. No, non sarebbe rimasta a dormire per molto. E, non appena si fosse svegliata, v'erano grandi probabilità che allora lui, lui sarebbe rimasto a dormire per sempre. Le eco degli incanti lanciati dagli imperterriti e testardi ragazzi, che avevano comunque preferito la battaglia alla vile ritirata, gli risuonavano nelle orecchie, la Terra stessa tremava sotto i loro incantesimi, lasciando che quelle creature cadessero come birilli.
*Si*
Era il suo momento. Non potè che ringraziare mentalmente la prontezza e l'audacia di Mya, raccogliere le forze, mandare la creatura che controllava con la bacchetta a schiantarsi contro una sua simile, distruggendole entrambe. Era ormai sullo stipite della porta, con l'intero campo di battaglia sotto gli occhi. Poteva farcela?
Poteva. Doveva.
Per la seconda volta la bacchetta descrisse un ampio cerchio in senso orario, dinanzi al suo stesso corpo, come a voler appunto racchiudere l'intera scena che gli si presentava alle scompagnate pupille sotto il suo Dominio, sotto la sua Magia. Doveva ignorare la creatura che premeva per uscire, ignorare il bruciore che ora invadeva anche l'occhio destro. Doveva concentrarsi, escludere qualsiasi interferenza esterna, entrare in armonia con l'elemento che si prestava a piegare, come un sovrano comprensivo, ma deciso. E poi, il secondo movimento: la bacchetta si alzò, dal basso, fino a metà del petto del giovane, la presunta altezza dell'evocazione, non eccessiva, giacché non era quello a cui puntava.
Si: le sue radici non puntavano al cielo, non si ergevano sopra gli altri, ma li incatenavano a terra e si arrampicavano sopra i loro corpi, soffocandoli. Al secondo gesto seguì un terzo, sua personale inventiva, una sorta di spazzata completa del campo di battaglia con la fragile stecca di Tasso, quasi a voler rimarcare il concetto di estensione della Magia. Era fatta.
"Repsi Genitum: Extremo."
Si, Extremo: la Fine. Quella che gli sarebbe corsa incontro a braccia aperte, dato l'enorme dispendio di energie al quale si stava per sottoporre. Voleva che ogni singola creatura, tra quelle cadute a terra, venisse saldamente assicurata al suolo da non meno di tre robuste radici. Le sue Catene, si. Ancora e per sempre.
Erano in suo potere.