»Dicono basti un pensiero., »Horus

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view post Posted on 20/12/2012, 15:37
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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No non sono sola.
E, sì, ho un baby-sitter. <3


»Niahndra Alistine
Si era appoggiata svogliatamente alla parete, il respiro ormai regolarizzato e lo sguardo vacuo rivolto al terreno fino a che il tempo non perse il suo effettivo valore, distraendola e facendo sì che il Tassorosso giungesse senza essere udito.
« Ehi. » Rispose automaticamente al saluto, alzando gli occhi da quella macchia sul pavimento che tanto aveva attirato la sua attenzione e vedendosi costretta a piegare la testa un poco all'indietro, visti i trenta centimetri buoni con cui la sovrastava. *Ehi? E chi è, tuo fratello?* Bel colpo. S'incominciava bene, non era il tipo da considerare troppo le "buone maniere" o da far caso alle apparenze, come le chiamava lei; tuttavia ebbe modo di pentirsene un poco, probabilmente non era stato l'approccio migliore da utilizzare con un ragazzo che comunque le aveva sempre incusso un certo disagio e che era pur sempre il suo Prefetto. Strano a dirsi, ma ancora non aveva capito come prenderlo e questo la irritava, facendola sentire quasi in difetto.
  Scosse la testa, dubitava che qualcun altro si sarebbe fatto vivo e difatti Horus si avviò vero l'ingresso, desideroso - probabilmente - di sbrigare al più presto la faccenda; nulla in contrario, tutt'altro, era un impegno che Nia voleva svolgere il più rapidamente - e nel modo più indolore - possibile, così da tornarsene al Castello con la coscienza a posto.
« Gentilissimo. » Non riuscì a nascondere del tutto, come invece avrebbe voluto, quella vaga nota di ironia e sperò che passasse inosservata mentre sgusciava frettolosamente fuori dal portone; l'aveva sempre incuriosita e divertita quell'etichetta che il rosso pareva non poter evitare, sebbene ad un primo impatto le avesse causato solo e soltanto fastidio: ma, sospettava, che in quell'occasione fosse stata più colpa del suo orgoglio momentaneamente ferito. Come se mai lo avrebbe ammesso.
  Una folata particolarmente fredda la investì in pieno prima che potesse alzare il bavero della giacca e nasconderci il mento, l'inverno era decisamente alle porte e nonostante le nocche screpolate e le temperature non propriamente invitanti, si rese conto di attenderlo con febbrile impazienza; il fuoco accesso, caldo e scoppiettante, le tazze fumanti accompagnate da biscotti al cioccolato, le coperte pesanti ed avvolgenti, ma soprattutto i vestiti: strati e strati di indumenti che si sommavano alle barriere già naturalmente innalzate riducendo al minimo ogni possibile contatto con l'esterno, nel modo più assoluto.
*Tu hai qualche problema.* Dodici anni ci erano voluti ma alla fine ci era arrivata. *Meglio tardi che mai.* Chissà magari il suo cervello aveva una qualche sorta di danno irreparabile, qualcosa di inevitabilmente sbagliato; ma alla fine, che differenza faceva? Era paura, pura e semplice paura; la diffidenza di chi si era già scottato e adesso si teneva alla larga dalle fiamme. Ma, si rese conto, oramai quel dannatissimo timore era quasi confortevole, un appiglio a cui fare affidamento, come un monito eternamente valido.
  Sospirò debolmente, alla fine era diventato il suo tratto distintivo, e immediatamente il fiato si condensò in nuvolette leggere; perché diamine si fosse imbarcata in quella situazione, adesso le sembrava un mistero, pura follia. Camminava con la speranza che un'illuminazione improvvisa la folgorasse, fornendole la soluzione ai suoi problemi; effettivamente per giusto mezzo secondo aveva valutato la possibilità di chiedere ad Horus un consiglio, parere, dritta o qualunque altra cosa potesse aiutarla in quel momento ma soppresse l'idea all'istante. D'altra parte, poverino, era costretto a farle da balia per quel paio d'ore - o anche meno, si augurava - tanto valeva sfruttarlo fino in fondo, no?
*Fammi pensare... No.* La sensazione di essere costantemente seguita e controllata era totalmente nuova e, per quanto stesse decisamente esagerando la questione, cozzava irrimediabilmente con la sua continua ricerca di indipendenza.
  Il Villaggio di Hogsmeade era, appunto, un villaggio costruito tutt'attorno alla strada principale, High Street, su cui si affacciavano le insegne più disparate e di tanto in tanto anche i tetti paglierini di qualche cottage, ma la cosa che più le metteva allegria, erano i rami smeraldini dei sempreverde agghindati con tante tantissime candele che riuscivano a rischiarare un poco quella fredda via. Le parevano tante minuscole lucciole e rendevano l'atmosfera un tantino più accogliente; dovevano essere incantate, si disse, per resistere alle folate di vento che quasi ad intervalli regolari sferzavano chiunque fosse così coraggioso da avventurarsi all'esterno.
Una leggera tensione permeava i muscoli della piccola Tassina, facendo sì che ogni movimento compiuto fosse estremamente misurato e cauto, quasi temesse di finire sopra una mina pronta ad esplodere; in realtà non era mai stata una ragazzina di compagnia, preferiva di gran lunga il silenzio o, più semplicemente, aveva finito per adattarsi, in quanto le sue capacità di attaccare discorso erano parecchio scarse. Alla fine, mica era obbligata a parlare, no? Fece saettare lo sguardo qua e là, osservando le vetrine dei negozi decorate a festa e lasciò che le immagini degli oggetti esposti si imprimessero nella sua mente giusto un istante, sufficiente a decidere se bocciarli o meno, prima di farli finire nel dimenticatoio; magari Leah poteva farsi bastare un pensiero.
*Comodo, ma con cosa lo incarti poi?* E quell'ultima, tristissima considerazione distrusse ciò che rimaneva delle sue speranze.
©ode by •Sbiru
 
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view post Posted on 21/12/2012, 20:31
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Un brivido freddo percorse la schiena del ragazzo che si strinse maggiormente nel suo mantello. Lasciò che il portone si richiudesse dietro di sé dopo che lui e Niahndra furono usciti e mentre scendeva le scale tirò fuori dalla tasca i suoi amati guanti di pelle. L'idea di essere così sensibile al freddo lo irritava, soprattutto quando intaccava le mani, screpolandogliele e rendendole simile a quelle di un vecchio con l'artrosi. *Tutta salute!*
Ma ormai mancava poco, troppo poco al ritorno a casa e le sue mani dovevano giungere perfettamente sane. Senza malattie senili, possibilmente, visto che l'unica cosa che poteva fare per sua madre era suonare. Come ogni anno, del resto. E sperare che la melodia del suo pianoforte arrivasse in qualche modo anche a suo padre. Horus sospirò e l'eco del suo respiro sembrò rimbalzare su Niahndra che sospirò a sua volta. Il Prefetto la osservò rapidamente e poi tornò a guardare fisso davanti a sé. Quello si prospettava una gita all'insegna del silenzio, non c'erano dubbi. Si strinse nelle spalle —lui non era certo un tipo gioviale— e continuò a percorrere il vialetto del Castello, in direzione del cancello. Il vento scompigliava i capelli e faceva rabbrividire i corpi, ma non appena giunsero alla via principale di Hogsmeade, illuminata e decorata a festa, il freddo sembrò passare in secondo piano. Horus osservò distrattamente le vetrine dei negozi imbandite di ghirlande e finta neve che cadeva giù, un profumo di dolci nell'aria, mentre persone infagottate cariche di pacchetti, e allegre famigliole sfrecciavano per le strade. Poco davanti a loro, proprio un padre e una madre tentavano di far desistere il loro chiassoso figlioletto da una vetrina piena di leccornie. L'apoteosi di ciò che Horus detestava: rumore, dolci e famigliole.
Ma sapeva bene che, dentro di sé, era quello che desiderava.

*Bugiardo, bugiardo!*
Sotto al mantello il ragazzo strinse il pugno e si costrinse a guardare oltre, serrando la mascella. Ma neanche a farlo apposta ecco entrare in collisione con i suoi occhi un'altra entry della sua lista nera. Una fantastica coppietta che, mano nella mano, passeggiava gioconda e felice; la ragazza indicava una vetrina, lo sguardo che brillava, mentre il ragazzo scuoteva il capo ridendo.

Lei aveva degli splendidi occhi viola e lunghi capelli, un'espressione buffa e contrariata sul viso mentre si stringeva al braccio del ragazzo dai capelli rossi che, sorridendo, si chinava a sfiorarle la guancia con un bacio.

*... Che caz... * Scioccato da quella vista, Horus chiuse rapidamente gli occhi, il cuore che aveva subito un'improvvisa accelerazione, rischiando di espatriare dalla cassa toracica. Quando li riaprì la coppietta era tornata quella di prima.
*Oddio sto impazzendo, sto impazzendo... forse sono ancora in tempo per inventarmi una scusa e andare a vomitare in un angolo.* pensò nauseato. Ma ormai il danno era fatto. Lei era di nuovo apparsa tra i suoi pensieri, quella maledetta. Mya credeva al Natale? Forse doveva farle un regalo? Ma cosa?
"Ehi, hai una ragazza vicino. Chiedi consiglio a lei!" bisbigliò la sua voce interiore e, con la coda dell'occhio, Horus sbirciò Niahndra che sembrava presa da chissà quali pensieri.

*Ma anche no...* sputò l'orgoglio. No, non poteva fare un regalo a Mya e soprattutto non poteva chiedere alla fanciulla che aveva di fianco. Come minimo gli avrebbe rifilato una ginocchiata sugli stinchi, visto il tipino. Eppure, si chiese, come diamine faceva ad avere quella forza d'animo? Dove la nascondeva in quel corpicino? Nel riflesso di una vetrina, Horus osservò Niahndra sovrapponendola al se stesso undicenne. Lei, in confronto, sembrava molto più matura di lui, piccolo e indifeso e soprattutto
*Debole. Non che tu sia cambiato tanto, eh, Ra?*
In ogni caso, tutto in lei sembrava comunicargli un'ostilità nei suoi confronti non indifferente e per tutta risposta, Horus si sentiva incuriosito da quella figurina.
*Perché ho sempre a che fare con ragazze simili?*
Si fermò, scacciando quei pensieri in un angolino della mente, tornando presente ai suoi doveri.
« C'è qualche posto in cui devi andare di preciso? Hogsmeade non è molto grande, ma ci sono molti negozi nascosti nelle viette. Altrimenti, possiamo continuare a passeggiare senza una meta precisa, dimmi tu.»
Alla fine da qualche parte dovevano pur cominciare. A partire dal dialogo.

 
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view post Posted on 2/1/2013, 01:23
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»Niahndra Alistine
Le mani corsero a ripararsi all'interno delle calde e invitanti tasche laterali e il collo si incassò ancora di più nelle spalle beneficiando del tepore offerto dalla pesante sciarpa che intelligentemente aveva deciso di indossare mentre uno spasimo non indifferente le scuoteva la schiena. *Brr.* Wow, era stata decisamente un'ottima idea quella di avventurarsi incautamente fuori dalle sicure mura del Castello; trovata brillante come al solito e tutto solo per la sua dannatissima pigrizia. Ma tanto, oramai, era inutile stare lì a maledirsi sulla base di "se" e di altri "ma" e lei detestava sprecare energie a vuoto, specie per compiangersi; alla fine non era questo gran problema, no? Con ogni probabilità stava ingigantendo la cosa nella sua piccola e limitata testolina, si sarebbe rivelato decisamente più fruttuoso per lei concentrarsi invece sulla sua ricerca, cimentarsi in quella divertente e del tutto nuova attività, chissà che alla fine non si sarebbe divertita. *Discorso d'incoraggiamento: fatto. Adesso?* Insomma, un passo per volta. Magari l'intera faccenda sarebbe apparsa più gestibile, se presa a pillole.
L'ennesima folata di vento che oltre a portare freddo, recava con sé anche la deliziosa fragranza di dolci speziati la indusse a voltare la testa nella direzione da cui proveniva quel soave profumo:
Madama Piediburro, recitava l'insegna, un nome che non le era del tutto ignoto - se non errava, ricordava di una romantica fanciulla in Sala Comune che vantava qualche fantomatico "appuntamento" avuto proprio lì - e che le fece rimescolare tutto lo stomaco; l'habitat naturale per il diabete o la carie e non certo per colpa delle crostate sopraffine che venivano continuamente sfornate. Arricciò velocemente il naso, spostando la sua concentrazione su altro adesso che la porta d'ingresso si era richiusa, ostacolando definitivamente la corrente profumata e tentatrice; buffo, per un attimo quell'aroma l'aveva persino allettata portandola a chiedersi una volta di più perché mai se ne tenesse così alla larga - metaforicamente parlando -, perché si ostinasse a rinchiudersi nella sua campana di cristallo, costruita su misura nel corso degli anni. Una protezione, si era sempre detta, uno scudo che - sapeva - difficilmente sarebbe crollato sotto colpi esterni, ma che si stava sfortunatamente rivelando non proprio infallibile contro i tarli interni, come aveva recentemente avuto modo di scoprire; una minuscola scheggia che pulsava inosservata in profondità, un seme a cui non aveva mai prestato attenzione ma che implacabile affondava le sue nere radici, si ancorava al suo animo logorandola e sfinendola. Era stata quasi sul punto di cedervi, di lasciarsi avviluppare da quella malia suadente, quel balsamo benefico che con tanto ardore le veniva offerto: ammaliante e insidioso, al pari dell'incantevole canto delle sirene, ma perdio, non si sarebbe fatta raggirare in quel modo, nessun naufragio fra aguzzi scogli era in programma.
Ci era voluto poco perché ai lati positivi si contrapponessero i ben più numerosi difetti, tuttavia non era abbastanza per placare quella lotta interna ma finché fosse rimasta lì dentro, finché fosse riuscita ad arginarla, recluderla in quell'angusto spazio beh, poteva sperare di annientarla; per questo si imponeva costantemente di non abbassare le difese anche a costo di risultare paranoica o estremamente diffidente, non lo era dopotutto? Poco importava anche ciò che altri potevano pensare di lei, non era sua abitudine curarsene più di tanto.
« C'è qualche posto in cui devi andare di preciso? » Come? Ecco, l'aveva fatto un'altra volta; perché si perdeva sempre fra i suoi millemila battibecchi con sé stessa? Sbatté un paio di volte gli occhi riscuotendosi dal torpore e volgendo la sua attenzione sul Prefetto, se non altro decidendo di interrompere quel silenzio aveva anche messo fine ad un penoso giro di pensieri e fu quello a renderla più bendisposta del solito, almeno per qualche minuto; non appena Horus finì di parlare sul viso di lei si dipinse un'espressione colpevole. *Beccata.* Non era mai stata ad Hogsmeade o, più in generale, a fare compere in tutta allegria con il preciso intento di trovare qualcosa da regalare a qualcuno; situazione imbarazzante, ma non avrebbe permesso al rossore di affiorare sulle guance se non per il freddo. « A dire il vero... » Rilassò di botto le spalle sbuffando tutta l'aria che i suoi polmoni erano riusciti a trattenere. « .. non ne ho la più pallida idea. » Odiava girare a vuoto quando aveva un compito da portare a termine, anche se - a dirla tutta - non era obbligata a trovare qualcosa per forza, no? *Aha, non scappare.* Ormai era in ballo.
« Sono uscita col pensiero di fare un regalo, ma - *Non ne sono più tanto convinta.* - in tutta sincerità, non ho neanche un'idea di base. » Semplicemente aveva agito senza riflettere, ancora una volta; se avesse ponderato meglio la cosa...
Scrutò attentamente il volto del ragazzo, cauta, per tentare di cogliere anche il minimo accenno di fastidio; capiva che stare dietro ad una ragazzina in una giornata del genere senza per di più una meta precisa, poteva risultare.. beh, irritante. Decise di osare e dimostrare spirito di iniziativa.
*Sì, come no.* Alla fine, che avrebbe potuto fare? Lasciarla lì?
« Direi di vagare sperduti per un po', magari mi viene qualcosa in mente. » *Se non è un problema.*
Ma questo non lo disse.
©ode by •Sbiru
 
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view post Posted on 3/1/2013, 18:09
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Volava, volava. Iniziava anche a sentir freddo, lassù. Ma, si sa, era questo l'incarico del Gufo della Gazzetta del Profeta: portare a termine le consegne del giorno affinchè nessuno potesse permettersi di definirlo pigro. O, almeno, lui la prendeva così, sul piano personale!
Tra le zampe teneva stretta una copia del giornale fresca di stampa.
Anche quel giorno, non vedeva l'ora di rientrare in sede per potere attingere ad una buona dose di cibo.
Poi, per lui, effettuare le consegne era un po' un onore, soprattutto i destinatari erano gli studenti residenti ad Hogwarts: gli piaceva lanciare occhiate di superiorità agli altri gufi, animali personali dei ragazzini, non rivestiti di una carica importante come la sua. Lui era il Gufo ufficiale della Gazzetta del Profeta, insomma!
Immerso fra i suoi pensieri arrivò a destinazione. Due consegne in una volta, fantastico! Lasciò cadere la copia esattamente fra le mani dei destinatari per poi volare via, pronto ad portare a termine altre consegne.
*Ah, che onore!* continuava a pensare...



Per Horus e Niahndra, ovviamente sono due copie.

Dentro un bar della Londra magica, due giovani tedesche hanno rilasciato la loro intervista alla Gazzetta del Profeta.
E' stato appurato come, effettivamente, il Club dei Duellanti londinese sia un valido punto di riferimento per i duellanti stranieri. Infatti, conosciuto all'estero come un centro nel quale si sono formati maghi e streghe di grande prestigio, si tratta, a detta delle due intervistate, anche di un metodo per dare voce alle proprie ambizioni lavorative tramite una valida formazione magica, confrontandosi con duellanti di varia potenza magica.
Trattasi inoltre di metodo di formazione magica che può fornire i suoi frutti, come rilasciato dalle due sorelle tedesche.
Come nel loro caso, può capitare che ci si trovi in situazioni nelle quali le nozioni apprese al Club tramite l'esperienza pratica, possano rivelarsi decisamente utili.
La fama internazionale del Club è alimentata da quello che può essere definito un circolo vizioso.
Infatti, capita spesso che i duellanti stranieri chiamino a sé amici e parenti, in modo che anche loro possano usufruire del Club.
Palese dimostrazione è il fatto che le due tedesche abbiano dichiarato di aver duellato più volte anche contro stranieri di varie nazionalità. Secondo una stima approssimata, gli inglesi al Club ammonterebbero a circa ¾ dei duellanti totali. Di facile intuizione è quindi il dato che ben un quarto dei duellanti sia straniero!
Il Club londinese ha sfornato un discreto numero di campioni stranieri, ragion per cui riteniamo che ognuno di noi dovrebbe essere fiero di non dover viaggiare verso un altro Stato per raggiungere il Club dei Duellanti di Londra. Cosa, infatti, che sono costretti a fare i duellanti stranieri, la cui opinione sulla struttura è, a detta delle due tedesche, molto positiva.
Perciò, quando andiamo al Club dei Duellanti londinese ed incontriamo uno straniero, rivolgiamogli un sorriso: anche grazie a lui il Club è molto famoso e prestigioso ed è un punto di riferimento per gran parte dell'Europa e, chissà, forse anche per altri continenti.


Luna Evans, Corvonero

 
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view post Posted on 17/1/2013, 17:15
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Di solito chi si recava ad Hogsmeade per la prima volta lo faceva proprio perché non ci era mai stato e desiderava visitarla e scoprire che negozi ci fossero. Quindi per quale oscuro motivo Niahndra doveva sapere in che posto andare se non c'era mai andata?
*Bravo Ra, ti chiamano volpe. L'irritazione lo punse come una spina in mezzo ad un mare di bambagia. Un paragone più stupido, probabilmente, non poteva esserci. Ma fortunatamente la Tassina sembrò non farci caso, ignorando la possibilità di ricordargli l'ovvietà, e sbuffando dichiarò ciò che Horus avrebbe dovuto immaginare. Zero: nessun obiettivo. L'idea, tuttavia, che poco prima l'aveva colto tornò a galla all'affermazione della ragazza riguardo il regalo. Se anche lei doveva fare un dono, perché lui doveva essere da meno? Non era mica una debolezza.
In fondo, sì, poteva sempre giustificarlo come uno scambio equivalente. Mya non gli aveva regalato la scopa?

*Ma cosa? Me la sono sudata a suon di graffi, lividi e contusioni... e quasi non mi ha spiaccicato a terra, quella brutta...*
« Sì certo, tanto è ancora presto. » rispose affabile, trovando come scusa per fermare il flusso di —pericolosi— pensieri il semplice aprir bocca.
Ma quella fulminea risposta bastò decisamente a poco. Senza avere un luogo da raggiungere e senza ulteriori distrazioni come inutili e frivoli discorsi, la cappa di silenzio si palesò nuovamente tra i due e il dilemma interiore tornò a presentarsi. Horus continuò a camminare, seguendo distrattamente la fanciulla e osservando cocciutamente a terra.
Volendo porre l'ipotesi di voler seguire l'esempio di Niahndra e dedicarsi ad un regalo, cosa diamine le avrebbe potuto prendere? Cose da ragazza come fiocchi, fiocchettini, vestiti e stupidaggini simili era improbabile. Quando si sforzava di vedere Mya come una ragazza, la immaginava sempre vestita come un uovo di Pasqua, tanto la femminilità non era proprio una caratteristica della Tassorosso. A quel pensiero un sorriso involontario si delineò sul suo volto e prima che qualcuno potesse trovare inquietante quel ghigno, Horus affondò come meglio poteva il viso nella sciarpa. Ogni tanto lanciava un'occhiata alle vetrine, ma nessuna illuminazione divina sembrava cogliere né lui, né la ragazza che accompagnava. Un'accoppiata vincente, senza dubbio.

*No basta, io glielo chiedo*
Teso come una corda di violino, il giovane si arrese all'evidenza. Non aveva idee su cosa diamine regalare a Mya. Indagare sul PERCHÉ doveva farle un regalo ancora rimaneva avvolto nel mistero, ma doveva pur trovare un indizio, una qualsiasi cosa. E Niahndra, sfortunatamente, era l'unica a portata di risposta.
« Sen... argh!» Come toccasana per i suoi nervi a fior di pelle, ecco che qualcosa sembrò piovere dal cielo proprio davanti al suo naso ed Horus fece un passo indietro per la sorpresa. Si accorse di un battito d'ali sopra le loro teste e il Prefetto allungò una mano giusto in tempo di afferrare in extremis la copia del giornale prima che si bagnasse nella neve.
« Che tempismo... » borbottò. Diede una veloce scorsa al titolo principale, ma si limitò poi ad arrotolare la Gazzetta. In Sala Comune, al calduccio, avrebbe potuto leggerlo con calma. Anche se la notizia riguardante il Club dei Duellanti gli faceva tornare alla mente il primo duello che aveva dovuto affrontare che aveva visto la dipartita del suo sfidante dopo neanche dieci minuti. Puah, neanche la soddisfazione di azzerarlo per bene.
In ogni caso, ormai aveva iniziato a parlare e nascondersi dietro un giornale, nonostante la tentazione fosse forte, non era il caso. Quindi, tornando a guardare Niahndra, Horus si schiarì la voce, cercando di assumere un tono di non-chalance.

« Gufo a parte, stavo dicendo... Anche io devo, teoricamente, fare un regalo, ma non ho idee. Qui intorno non è che ci sia molto. Credo che a livello di "utilità" ci sia un negozio di uhm penso scherzi, Bibliomagic e Mielandia. Quindi... tu in quale di questi tre luoghi andresti? »
I nomi dei negozi gli erano saltati nella mente a caso, totalmente a caso. Certo Niahndra non era Mya, ma a livello di carattere forse non erano poi così opposte. Sicuramente era più vicina Alistine che la Evans, ecco. Basarsi sulla risposta della giovane dunque poteva non esser poi così fuorviante.
Tuttavia più sentiva risuonare la sua domanda nell'eco della sua testa, più si sentiva inevitabilmente deficiente e l'idea di sotterrarsi sempre più prossima. Cercò di distogliere lo sguardo dagli occhi della fanciulla, concentrandosi per non arrossire come un idiota e osservare distrattamente la zona.

*Uno scambio equivalente, è uno scambio equivalente, uno schifossissimo SCAMBIO.*
« Magari può essere utile anche a te... per trovare il regalo che devi fare, intendo. » Aggiunse poi, tentando di rimediare e giustificare il danno fatto.

 
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view post Posted on 28/1/2013, 15:32
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»Niahndra Alistine
Chissà cosa si era aspettata di trovare fra i lineamenti del suo volto: scherno, rabbia, fastidio? Come se avesse davvero fatto qualcosa di male, con la sua ignoranza. Sapeva che era un pensiero stupido, quello, ma non poteva evitare di comportarsi con cautela quando si trattava di Horus e pochi altri; forse per via dell'autorevolezza che emanava e che l'aveva colpita sin dal primo incontro - non molto soft; invidiava la sua sicurezza, che fosse veritiera o meno, quel comportamento da "So qual'è il mio posto e sono a mio agio" che lei invece non era mai riuscita a sentire suo; un pesce fuor d'acqua, ecco cosa sembrava lei.
Ostentava un controllo che in realtà non possedeva e ad ogni recita rischiava di far dissolvere in mille pezzi quella parte che si era creata su misura per sé; già, magari era quello a turbarla, a farla sentire in difetto qualunque cosa facesse o dicesse. Per quanto si sforzasse di tenere il passo, di organizzarsi, di impegnarsi, tutti parevano costantemente avanti a lei, lontani e irraggiungibili. Era mai possibile?
Aveva sempre creduto di essere abbastanza in gamba, non brillante certo, ma di sapere il fatto suo e invece.. da quando era arrivata ad Hogwarts - per quanto non desiderasse altro posto in cui stare - quelle certezze si erano pian piano dissipate nel nulla; confrontarsi era una cosa che le piaceva ma mai avrebbe immaginato di trarne tanta sfiducia. Era qualcosa che non sopportava, non era mai stata il tipo di persona che si rincantucciava in un angolo a frignare sulle proprie sfortune, eppure era proprio quello che adesso rischiava di fare; quasi patetico, per il suo modo di pensare, di essere.
La verità era che ancora si ostinava a serbare parte della sua infantilità, temeva di mettersi alla prova, di crescere preferendo trovare rifugio nelle confortevoli mura della puerilità; la verità era che aveva paura di impegnarsi, di dare fondo alle sue energie per scoprire i propri limiti. Era così semplice crogiolarsi nella consapevolezza di non aver dato il massimo, nell'interrogativo che andava a formarsi nella mente: "se mi fossi impegnata davvero, avrei potuto farcela?"
Dare il meglio di sé, invece, non lasciava spazio ad interrogativi: o riuscivi oppure no.
E malgrado le apparenze, lei non aveva la forza per strappare via quel velo di incertezza e trovarsi faccia a faccia con la nuda realtà, non ancora.
Una breve occhiata al ragazzo, come per accertarsi che il tono gentile corrispondesse alla sua espressione; nessun aiuto da parte sua, non che si fosse mai aspettata qualcosa eh, ma un po' ci sperava: di sicuro doveva avere più esperienza di lei. E invece nulla, la conversazione cadde nuovamente nel silenzio, interrotto soltanto dai brevi respiri o da qualche sassolino calciato; si prospettava un lungo lungo pomeriggio e a peggiorare le cose, lei proprio non sapeva da che parte guardare.
Solitamente il silenzio non le pesava, anzi, lo preferiva alle chiacchiere nella maggioranza dei casi e non era quello a crearle disagio però non avrebbe saputo dire lo stesso di Horus; strano, non le era mai parso parecchio loquace, ma allora cos'era quell'aria da martire? Solo uno stupido fraintendimento? E perché diamine se ne preoccupava tanto?
Dopotutto a ben pensarci, non era obbligata ad intrattenere conversazione anche se quella mancanza di argomenti poteva apparire sconcertante; diamine, facevano parte della stessa Casa, della stessa Squadra addirittura e tuttavia, si rese conto, mai e poi mai avevano avuto l'occasione - o l'interesse - di interagire ulteriormente; beh, lei ci aveva messo il suo, non lo negava, ma più si accorgeva di quanto poco avesse approfondito le sue conoscenze, limitandosi perciò allo stretto indispensabile, più rimaneva sconcertata di sé stessa. Davvero riusciva ad allontanare le persone così bene? In fin dei conti, non aveva fatto altro in vita sua. E l'aveva fatto anche con...
« Sen... argh! » Sgranò gli occhi riportando immediatamente l'attenzione su Horus, il collo girato nella sua direzione e una fitta che le comprimeva lo stomaco. *Cosa cavolo..?* Stonk. Qualcosa di non meglio definito le picchiò direttamente sul capo col sonoro addirittura. « Ahi. » Sbuffò, lasciando che quello che poi si rivelò essere un articolo della Gazzetta a cui era abbonata, le scivolasse fra le mani; possibile che nonostante tutto i suoi riflessi non collaborassero mai in pubblico?
Imitò il ragazzo, dando una breve scorsa ai titoli principali e adocchiando la firma in fondo alle righe: dove l'aveva già sentito? Scrollò le spalle, rinunciando totalmente al suo proposito di riappacificazione col proprio cervello e tornò a guardare il rosso aspettando che riprendesse il discorso.
Aveva l'aria di essere qualcosa di serio e per un attimo credette ci avesse ripensato, in proposito alla giratina a scavolo per Hogsmeade; forse sarebbe stato ben più credibile di ciò che le disse dopo, ma innegabilmente meno utile. Forse.
"Tu in quale dei tre luoghi andresti?" Un guizzo di incomprensione le balenò nello sguardo prima che potesse metterlo a tacere; c'era stato un cambiamento, lo percepiva distintamente, la sensazione di disagio che non le apparteneva si tramutò in qualcos'altro di più definito, una sfumatura senza valore che però le aveva stuzzicato qualcosa all'interno della sua benedetta testa. Neanche cinque minuti prima le aveva suggerito due opzioni, una scelta che lei doveva compiere, come se effettivamente Horus fosse lì solo in via ufficiale, per accompagnarla, ma per il resto avrebbe potuto benissimo comportarsi come se fosse stata sola; adesso invece, l'uso dei verbi era cambiato, una differenza sottile e insignificante per chi - al contrario di lei - non si curava molto di ogni minimo gesto, variazione, espressione altrui e lei ebbe la netta sensazione che questa volta dovesse scegliere non per sé, bensì per lui. In fondo, la domanda non era stata "Dove vuoi andare?".
*Te ne rendi conto da sola, vero? Della follia di questi pensieri.* Probabilmente, concentrata com'era su queste improbabili macchinazioni, doveva aver fissato il ragazzo con più insistenza di quella desiderata perché si voltò dall'altra parte.
*Uhm, bel colpo Nia.* Scosse la testa tornando a soppesare un attimo le varie opzioni che le aveva offerto, potevano rappresentare un buon punto d'inizio per la sua.. loro disperata ricerca.
« Scherzi? Non so.... Leah, hai presente? » Disse come se ciò potesse giustificare lo stato pietoso in cui si trovava. « Direi di iniziare da Bibliomagic e se proprio dovesse rivelarsi un fiasco totale, puntiamo sui dolcetti. » Insomma, a chi non piacevano le api frizzole? Era abbastanza sicura che Leah non amasse leggere libri, quanto più viverne le avventure, però avrebbe potuto trovare qualcosa di interessante e in più, doveva ammetterlo, quel negozio di libri l'aveva sempre un poco allettata. « Piuttosto, non te l'ho chiesto - Si sgridò mentalmente per essere stata così "egocentrica" - oltre al "teorico" regalo, hai da fare qualcosa di specifico? » Ci teneva, tutto sommato, a non sembrare una tipa che si disinteressava completamente delle "necessità" altrui, anzi già solo il fatto di trovarsi lì per un suo mero bisogno era abbastanza da metterla in difficoltà.
©ode by •Sbiru


Edited by •Sbiru - 23/3/2013, 14:33
 
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view post Posted on 19/2/2013, 19:32
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Per lunghissimi istanti (che poi tanto lunghi non erano) Horus si maledì mentalmente per la domanda idiota appena posta. Niahndra si era voltata verso di lui e lo scrutava con un'espressione indecifrabile sul viso. Aveva posto un quesito tanto stupido? Beh, a risentirlo, Horus non poteva dar torto alla ragazza se stesse pensando che lui fosse un po' scemo. Che motivazione era "dove preferiresti andare"? Non era poi tanto utile, altrimenti si sarebbero mossi prima, si rimproverò. Ma scemenza o meno, la Tassina mantenne un dignitoso silenzio su quel punto e si voltò, proferendo infine parola.
La sua scelta era caduta sul negozio di libri per, guarda un po', Leah. Non proprio il Ghirigoro, ma sempre libri erano. Eppure, Horus, non la vedeva una scelta tanto azzeccata. O no? Il Prefetto rimase un secondo in silenzio, rimuginando tra sé e sé, portandosi una mano sul mento. Aveva ben presente chi fosse la ragazza, ovviamente. La nuova Prefetta nonché battitrice della Squadra. Una ragazza allegra, su quello non c'era dubbio.

*Anche troppo...*
Il completo opposto di lui. Quindi, cosa mai poteva piacere ad una ragazza così estroversa?
Possibile che lui ignorasse così tanto gli altri da non sapere praticamente nulla dei suoi compagni?

*Bella roba, tre anni qui e zero conoscenze approfondite... due casi a parte. Un record.*
Horus si lasciò sfuggire un lungo sospiro, lasciando scivolare la mano lungo un fianco.
« Mmm qui ci sarebbe Bibliomagic che in quanto a titoli di libri non è malaccio.. Però... se devo esser sincero, Leah mi sembra una ragazza piuttosto affabile no? Magari è più una tipa da dolci che da libri? » esordì dopo la presunta e dettagliata riflessione. In teoria era un pensiero piuttosto sciocco, dettato più da una vaga impressione a "pelle" che da una conoscenza approfondita della persona.
E per quanto riguardava Mya? Anche lei era l'opposto di Leah, quindi come potevano andare bene dei dolci per lei? Poteva azzardarsi a chiedere un consiglio a Niahndra? Il suo sguardo si posò per un attimo sul profilo della fanciulla, mentre indeciso Horus si mordicchiava un labbro.
Neanche gli Dei potevano conoscere la difficoltà di una tale decisione.
Represse l'ennesimo sospiro e si voltò nuovamente. No, meglio di no. Mya si sarebbe fatta andar bene dei dolci, ecco. Tanto fra libri —di cui ignorava il genere preferito dalla ragazza— e cianfrusaglie —assolutamente no, non era un tipo così allegrotto— sembrava la scelta più adatta.

« Va bene, non ne ho idea, ma credo che i dolci piacciano a tutti. Io sono un caso a parte, ma di solito alle ragazze piacciono. O almeno credo, non ne so molto... » concluse poi, ridacchiando nervoso e passandosi una mano tra i capelli, sfinitissimo da quei pensieri.
*Mamma mia, un espertone di ragazza, oh.*
Un parto, proprio.
« Piuttosto, non te l'ho chiesto oltre al "teorico" regalo, hai da fare qualcosa di specifico? »
« Oltre al regalo, dici? »
Prima di rispondere alla domanda, Horus indugiò un istante. Era partito decisamente di malumore. E si era anche scordato del consueto controllo giù, al Piano Terra, ritrovandosi poi a correre per le scale e sperando che non vi fosse nessuno in attesa di quell'uscita fuori porta. Dire che doveva fare qualcosa di specifico sarebbe stato mentire, magari per non farla sentire in colpa vista la natura della domanda. Eppure perché avrebbe dovuto dirle una bugia?
Scrutò ancora per un istante il viso della giovane e poi alzò lo sguardo verso l'alto, distratto da un'improvvisa ventata che gli scompigliò i capelli. Nonostante non fosse eccessivamente tardi, il sole era ormai sulla via del tramonto. Il cielo, in alto, era di un profondo blu notte e all'orizzonte sfumava in uno splendido blu elettrico. Venere brillava, annunciando l'arrivo della notte.
L'aria fresca gli accarezzava le guance, appena arrossate dal freddo, spazzando via la cappa di pesantezza che fino a quel momento l'aveva avvolto. Ma sì, si disse, che importava se era dovuto uscire? Se in quel momento si fosse trovato ancora in Sala Comune, avrebbe dovuto fare i conti con il senso di inadeguatezza che ormai lo pervadeva in continuazione. A furia di vivere chiuso nel Castello vi si era abituato, docile, e solo in quei rari momenti in cui usciva si rendeva conto di quanto quei pensieri pesassero sulle sue spalle.

« No, non ho nulla da fare. Ma ammetto... » disse abbassando il viso nuovamente verso la sua interlocutrice e accennando un sorriso « Che uscire un po' mi ci voleva. Non so te, ma a volte mi sento soffocare dentro al Castello... Compiti, pensieri e responsabilità alla lunga assomigliano più a delle sbarre o a dei pesi che ad altro. A volte basta solo un po' d'aria fresca a spazzarle via e a farti sentire un po' meglio. Quindi la ricerca dei regali, da parte di entrambi, è stata provvidenziale per farmi smuovere un po' e lasciarmi alle spalle queste stupide inquietudini... »
Tacque un istante, riascoltando mentalmente il suono delle sue parole e corrugando le sopracciglia. Ma che diamine gli era saltato in mente? Che bisogno c'era di dare tutte quelle informazioni? Ma più che altro cosa importava alla fanciulla? Già doveva stare attento a come si rivolgeva a lei, se si metteva a raccontare anche i cavoli suoi, oltre al fatto che era un tabù, chissà che opinione si sarebbe fatta Niahndra.
*E vai giù di egocentrismo, Ra.*
« Beh, va bene. Sto decisamente delirando » disse agitando una mano « Non farci caso, non voglio certo incupirti con i miei stupidi pensieri. Piuttosto, aggiudicato per Mielandia? »

 
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view post Posted on 23/3/2013, 16:23
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»Niahndra Alistine
Perché ogni volta doveva lasciarsi invischiare in scene così... patetiche? Neanche stesse camminando su tizzoni ardenti, diamine, dove era finita la sua battuta pronta?Davvero stava permettendo ad altri di metterla a disagio?
Sì.
E la cosa non poteva non innervosirla ulteriormente, vero che il senso di inadeguatezza non l'abbandonava mai eppure solitamente riusciva a gestirlo; o magari era stata semplicemente più fortunata perché erano sempre gli altri a portare avanti la conversazione, forzata o meno che fosse. Ciò nonostante, infame, come spesso capitava, traeva forza dall'imbarazzo altrui; debole e codarda, si sentiva un po' più al sicuro quando comprendeva infine di non essere l'unica a trovarsi in una posizione scomoda. Meschino, ma faceva parte di lei: non tutto è rose e fiori - ma anche se lo fosse, bisognerebbe tener comunque conto delle spine - e per non lasciarsi annullare miseramente, inconsciamente o meno, avrebbe fatto questo ed altro.
Una sorta di vendetta contro chi era riuscito ad impacciarla.
Ciò nonostante non si espresse verbalmente, non aveva bisogno di fare la "spaccona", ciò che contava era che si sentisse lei, personalmente, un po' meno in difetto.
*Proprio una personcina matura, neh?* Al diavolo.
Si concentrò invece su quel che aveva da dire il Prefetto, confermando - guarda un po' strano - quello che già aveva pensato riguardo Leah; certo si stava rivelando più difficile del previsto.
Però, poi, in che senso "tipa da dolci"? Cioè, finché si era affabili andava bene? E i libri erano da persone irritabili? O magari ancora una volta aveva capito fischi per fiaschi; però cercò di tenere a mente quelle parole sperando di trovarci chi sa quale formula per scovare regali futuri.
« Ci stavo appunto pensando... - Sollevò un po' le sopracciglia - probabilmente non me lo lancerebbe dietro solo per cortesia. » Si stava appunto convincendo che l'opzione migliore fosse puntare sui dolci, che il ragazzo smontò un'altra volta le sue certezze; *Campione olimpico*, cos'era, lo faceva per sport? Era frustrante oltretutto, visto che stava sudando sette camicie per quel maledettissimo impegno; si protese un po' per decifrare quel farfuglio di parole. *Okok. Dolci. Subito, immediatamente.* Cancellò dal suo viso ogni traccia di confusione che il comportamento di Horus aveva generato, non sapendo bene come reagire; spiazzata certo, ma da una parte persino delusa poiché aveva quasi creduto che potesse esserle di qualche aiuto, dall'altra quell'incertezza aveva contribuito a renderlo un po' più "umano" ai suoi occhi.
Non sapeva per quale motivo, tuttavia aveva sempre creduto di essere l'unica a farsi costanti complessi, a rimuginare per ore e ore, a costruire realtà alternative che cambiavano in base ad ogni "se" ed ogni "ma" che di volta in volta la sua mente creava; possibile che fosse sempre lei la problematica dai mille dubbi? Era arrivata a credere che, sì, effettivamente era una sua "prerogativa", ingenuamente si era lasciata sempre ammaliare dalle apparenze, proprio lei che detestava rimanere in superficie. E Horus le stava dimostrando, volontariamente o meno, che si stava sbagliando e anche di grosso; pian piano confermava le parole che la stessa Tosca tempo addietro aveva cercato di farle capire: nessuno è invulnerabile.
Quindi, si ritrovò a pensare, non era lei "il pesce fuor d'acqua", non l'unica, almeno; probabilmente doveva smettere di "osannare" chi le stava intorno, eppure i successi che attribuiva loro erano tangibili, reali, non se li era inventati sul momento.
*Ti si friggerà il cervello.*
Approfittò della pausa di silenzio post-monologo per meditare su quanto le avesse appena detto, era stupita di tanta schiettezza del tutto improvvisa; quasi le parole fossero uscite più per riflesso incondizionato che per reale intenzione.
Strinse un po' nelle spalle.
« Sai, ho sempre pensato che quello fosse esattamente il tuo, ambiente. Voglio dire, è strano sentirti parlare così, ecco, credevo.. - Credeva cosa? Aveva davvero l'intenzione di vuotare il sacco? Solo allora si accorse del peso che le gravava sullo stomaco, premeva per uscire, e lei desiderava liberarsene, poco male che davanti a lei ci fosse un completo sconosciuto, un Prefetto o Sua Maestà la Regina. Ridacchiò. - ..di essere l'unica a sentirmi un po' braccata e quando capita cerco di isolarmi un po', solo che il mio cervello a quel punto tende a sovraccaricarsi e .. e poi basta. Andiamo, va'. » *Che forse è meglio.* Mosse qualche passo per sbollire un poco quella sorta di imbarazzo, per poi rendersi conto di quanto fosse perfettamente inutile. « Mmh, ok, ho perso l'orientamento. » Non sapeva se ridere, piangere o fare entrambe le cose contemporaneamente.
©ode by •Sbiru

Ce l'ho fatta. Scusa l'attesa ç.ç
 
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view post Posted on 7/9/2013, 19:50
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OK BASTA SCUSA SONO IL PEGGIO DEL PEGGIO DA ORA IN POI MUOVERO' IL CIAPETE.
Per farmi perdonare...CLICCHETE ... e spero di non aver toppato.


Inquadrare Niahndra Alistine era incredibilmente complicato.
E per inquadrare non s'intende certo mettersi d'impegno e voler pretendere di capire una persona, quanto più cercare di capire se la tua interlocutrice pensa che sei scemo oppure no. Inutile ripetere che il primo approccio era stato quello che era stato. Mai Horus avrebbe detto che un giorno si sarebbe ritrovato a gironzolare con lei ad Hogsmeade, cercando di svicolare il plateale e visibilissimo imbarazzo che, in fin dei conti, lambiva i due ragazzi come il vento fresco accarezzava le loro teste. E se la forza di quella fanciulla con la sua risposta pronta che spesso aveva avuto modo di notare anche sul Campo di Quidditch, fino a quel momento era stata una costante, quasi fosse una solida corazza, ora, osservandola parlare e ridacchiare sommessamente, sentendo quelle parole che, nonostante fossero state pronunciate per la prima volta da Niahndra, alle orecchie del giovane risuonavano così familiari, Horus dovette cominciare a credere che in fin dei conti loro due avevano ben più cose in comune di quanto preventivato. Il Prefetto piegò leggermente il capo, corrugando le sopracciglia, valutando il discorso della ragazza, mentre questa, forse colta da un moto di imbarazzo o magari pentendosi della sua ultima rivelazione, avanzava qualche passo in avanti spronandosi —e spronandolo— a proseguire verso la meta, lasciandolo indietro di poco.
Gli occhi di Horus si posarono sulla neve a terra, osservando le impronte di lei, senza guardarle realmente. Quante volte si era sentito inadeguato per quel ruolo, quante volte aveva creduto, semplicemente, di non essere adatto, che non gli confacesse e che tutto, invece di farlo sentire lusingato, sembrava rivoltarsi un po' come una belva in grado di braccarlo e saltargli sulla schiena, schiacciandolo? Eppure, ora, ecco una quasi-sconosciuta che candidamente sfatava quelle convinzioni. Perché avrebbe dovuto essere "il suo ambiente?"
Scrollò le spalle, cercando di scacciare quei pensieri ed incamminandosi anche lui dietro Niahndra, eppure, quei dannati pensieri si rincorrevano nella testa confusamente, cercando di recuperare l'inizio di quella matassa.
Ma Horus non si rese conto che camminare senza comprendere dove i nostri piedi ci portano, quando la testa è altrove, era una cosa piuttosto stupida da fare. Per poco non si schiantò contro Niahndra che, arrestatasi, si guardava intorno dichiarando perso l'orientamento —e come biasimarla. I dannati vicoletti di Hogsmeade, soprattutto se al buio e col nevischio, lo traevano ancora in inganno. Il Tassorosso si riprese giusto in tempo, censurando un'imprecazione contro sé stesso e fermandosi di botto anche lui, evitando l'impatto.
Ma sì, si disse, cercando di scacciare l'ennesimo rimuginamento, forse doveva lasciar perdere e concentrarsi sull'uscita.

« Uhm... credo che Mielandia sia da questa parte... »disse con voce roca dal freddo, puntando un dito guantato verso una svolta alla loro destra. La stradina principale si apriva su un piccolo incrocio, in mezzo al quale un vecchio cartello di legno indicava i vari negozi presenti nelle direzioni. Ma la scarsa luce e la neve incrostata sulle frecce non permetteva una visuale umana e rendeva complicato leggere le indicazioni. Tuttavia, a destra, dove altre casupole e negozietti continuavano lungo la strada, si intravedevano i tetti conici innevati di Mielandia; quella particolare architettura stonava con i tetti più squadrati degli altri luoghi, divenendo così un particolare che il Tassino aveva imparato a riconoscere.
Horus, dunque, s'incamminò per quella via, avvolgendosi meglio la sciarpa sul collo. Sentiva come qualcosa premergli sulla gola, qualcosa che rendeva la voce roca e lo stomaco pesante. E per quanto il ragazzo avesse voluto attribuirlo al freddo, non poteva negare che quel groppo altro non era che un pensiero che smaniava dalla voglia di uscire. Sbuffò, maledicendosi per l'incapacità di ignorare certi discorsi e prima ancora di rendersene conto, la sua voce aveva colmato il silenzio.

« Tornando a prima... » Esordì piano, continuando a camminare lentamente, guardando davanti a sé e scorrendo rapido con lo sguardo le vetrine per controllare il loro percorso . « Devo dire che non mi aspettavo di esser reputato "nel mio ambiente"... Non lo capisco, a dirla tutta. Forse perché sono un tipo che sembra studioso o avvezzo alle responsabilità, non so. Ma poiché spesso questi sono pensieri altrui che spesso mi trovo costretto a seguire, capita anche a me, di sentirmi braccato. Ora che c'è questa spilla, ancor di più. » Distrattamente, passò un dito sulla spilla appuntata sul mantello. Per quante volte l'aveva sfiorata, incredulo o meno, poteva indovinarne le incisioni persino in quel momento con la mano pesantemente guantata ed insensibile. « Se mi hanno dato questa carica è perché forse la pensano come te. Il fatto è che non lo capisco. Sono una persona solitaria, non ho mai preso iniziative e figuriamoci responsabilità che vadano al di fuori della mia persona. » Tacque un secondo, incurvando le labbra ironicamente. Bel quadretto. « Un egoista in pratica, ahah! Tuttavia... quando ho ricevuto questa spilla ho ricevuto responsabilità e compiti che sembrano braccarmi più che mai. L'ho detto, no? » Horus si voltò verso la fanciulla, sorridendole nella penombra della stradina. Una vocina dentro di sé lo intimava a fermarsi, dichiarando che stava decisamente esponendosi troppo. Ma, ormai, era come cercare di fermare un cavallo in piena corsa o una tempesta in procinto di liberare i propri fulmini e la propria elettricità. Impossibile. « L'esser braccati è come avere sulle proprie spalle dei pesi e delle sbarre che ci impediscono di muoverci, anche se ci si intestardisce di essere abbastanza forti da non sopperire. Il fatto è... che quello sarebbe sopravvivere poiché la gran maggior parte di quel senso di inadeguatezza proviene da noi stessi e dalle idee che noi stessi ci facciamo. Credo che l'unico modo per non sentirsi braccati è riuscire a sopportare quel peso non rimanendo piegati, ma rialzandosi. Mantenendo la schiena eretta, imparando a sostenere quel peso con la giusta forza di volontà. In questo modo impareremmo a non essere schiacciati da dubbi e paure. E a questo punto diventerebbe una sorta di sfida contro se stessi, per dimostrare a noi stessi di saperci sollevare da quel peso, anziché trascinarci. Per questo ho accettato l'incarico, per dimostrare a me stesso che in fin dei conti imparerò a non farmi braccare da niente e nessuno. Nemmeno da me e dalle mie stupide paranoie. Forse è per questo che il Cappello Parlante ci ha Smistati a Tassorosso? Per l'impegno che dobbiamo mostrare nel lasciarci indietro i nostri pregiudizi che, in fin dei conti, non sono altro che la cosa che più ci intrappola? » Senza rendersene conto, aveva rallentato il passo così tanto da fermarsi in mezzo alla stradina. Horus si riscosse, stupendosi persino della piega che quel dannato discorso aveva preso, scoprendo tuttavia che il groppo alla gola era sparito.
*Stupido freddo, alla fine non c'entravi nu---hu--hu...*
« ETCIU'! » L'unica cosa che poté fare, invece che sopprimere il dannato starnuto, fu portarsi le mani alla bocca e piegarsi leggermente in avanti.
*APPUNTO.*
Forse il freddo gli aveva davvero gelato il cervello.
« Ecco. Voleva essere una puntualizzazione. O forse era il segno che sto straparlando e che è ora che io ci dia un taglio. » Ridacchiò, imbarazzato e aumentando il passo. Il peso delle sue parole continuava a rincorrerlo, nonostante tutto. E sebbene una parte di sé si sentisse estremamente in colpa (più verso se stesso, forse),per essersene uscito a quel modo e aver coinvolto Niahndra nelle sue stupide elucubrazioni, l'altra si sentiva incredibilmente soddisfatta per aver finalmente ritrovato il filo perduto, neanche fosse stato Teseo col filo di Arianna. Riusciva a capire, forse, ora più che mai, come uscire da quella gabbia che lui stesso si era posto davanti e, in fin dei conti, poteva anche spiegarsi cosa ci faceva a Tassorosso. Se in un primo momento si era sentito inadeguato lì, tra di loro, ora poteva dire che ci si trovava a pennello.
Nel frattempo, in ogni caso, camminando lenti o meno, la stradina, ritornata diritta, proseguiva ancora di qualche metro e, in fondo, cominciava ad intravedersi l'insegna del negozio agognato.

« Oh ci siamo quasi... » Mormorò, sospirando appena. La cosa più pesante da sopportare, cominciò a pensare Horus, in quel momento, era l'imbarazzo. E la consapevolezza di aver rivelato tanto. Anche troppo, persino a se stesso. E chissà perché quel peso sulle spalle, nonostante tutto, sembrava ora più leggero del solito.

 
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view post Posted on 1/12/2013, 00:00
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Pardon, l'immagine (graditissima come detto) mi aveva un attimino tanti attimini tolto la facoltà di mettere in croce più di tre parole *//*

»Niahndra Alistine
« Uhm... credo che Mielandia sia da questa parte... »
Lo seguì senza dire niente; probabilmente se qualcuno le avesse raccontato in precedenza ciò che sarebbe successo quel giorno, Niahndra avrebbe riso di gusto: non tanto per l'improbabilità delle sue reazioni quanto per le circostanze.
*Perché, cosa c'è di così strano?* Già, cosa? Come minimo, la metà dei problemi che si stava facendo in quel momento era unicamente frutto di fantasie personali, prive di qualsiasi fondamento; l'ostinazione di continuare a crogiolarsi nel passato, fare i conti non con sé, non con la persona che l'accompagnava, bensì con due figure astratte che avevano preso vita solamente nella sua testa ma che niente avevano da spartire con la realtà.
*Scusa?*
Dopotutto, dovette ammettere, il disorientamento che quelle strade sconosciute provocavano era nullo in confronto a quello che invece si era insediato in pianta stabile nella sua testa continuando a martellare, rimbombare, complicarsi sempre di più; non riusciva a smettere di pensare, entrava in paranoia tentando di valutare ogni opzione, di captare ogni pensiero, di prevedere azioni e reazioni eppure alla fine, ogni volta, senza alcuna eccezione, si rendeva conto che ambiva ad un controllo ben superiore a quello che invece poteva esercitare lei.
Era quel
bisogno dunque ad incatenarla? Quella necessità che non le permetteva di districarsi come meglio voleva, di affrontare le cose con maggiore sicurezza, che rivestiva i suoi gesti di un'immancabile falsità? Aveva sempre tentato di essere il marionettista senza mai accorgersi d'esser la marionetta?
O se ne era accorta, ma codarda ed ipocrita aveva fatto finta di nulla preferendo invece rintanarsi al calduccio di quella apparente sicurezza? Perché essere guidati è così semplice,
basta lasciarsi andare, annullare la propria volontà; la vera paura era mostrarsi indipendente, determinata, manipolatrice quasi.
Mostrarsi e fallire.
Forse non aveva fatto altro che vivere - se vita si poteva chiamare quella di un parassita inerme ed indolente - riparata all'ombra delle bugie che continuava a raccontarsi e ripetersi, schermi innalzati non per l'esterno come aveva sempre voluto far - farsi - credere bensì per l'interno decisamente più minaccioso e letale di qualsiasi cosa avrebbe potuto trovare fuori; rannicchiata all'interno della sua mente chiusa a pugno, inerte agli stimoli, continuava raccontarsi favole a crearsi un mondo che esisteva solo e soltanto nella sua testa. Una falsa Niahndra, un'altra lei, sebbene per essere effettivamente "un'altra" avrebbe dovuto somigliarle almeno in qualcosa e invece non condividevano che l'immagine estetica, forse neanche visto che la figura idealizzata aveva decisamente qualche centimetro in più; una Niahndra che non aveva niente da spartire con quella spaurita bambina che si nascondeva lì sotto, pavida, incapace di ammettere che quell'apparente forza fosse del tutto fasulla.
Idealizzava gli altri, idealizzava se stessa; per questo tornare alla realtà a sprazzi discontinui aveva lo stesso intenso dolore di uno schiaffo in pieno volto. La guancia offesa che formicola per l'impatto, il sonoro
ciaff nelle orecchie che sovrasta il resto, il rossore non solo sulla gota ma anche davanti agli occhi, rabbia frustrazione ed umiliazione.
La soluzione era così vicina e così ovvia che la Alistine si malediceva per la sua codardia, poiché era questo l'unico ostacolo che si frapponeva tra quel piccolo esserino dalle ossa di colibrì ed il mondo esterno, quello vero, rude e dannatamente imperdibile.
Eccolo lì il suo senso di inadeguatezza, descritto e immortalato con precisione chirurgica, per sempre fissato in quell'immagine in bianco e nero di sbarre e pesi, immagini dalle parole del suo accompagnatore; faceva uno strano effetto sentirne parlare, imbarazzante avrebbe detto, ma era tale la sorpresa di non scoprirsi l'unica - quanta superbia in un pensiero solo - che le remore si scioglievano come neve al sole. Basta preoccuparsi di quel che gli altri pensano di noi, basta comportarsi sempre e solo in relazione a quel che gli altri potrebbero dire o fraintendere, basta anche tentare di dominare tutto.
"Mantenendo la schiena eretta, imparando a sostenere quel peso con la giusta forza di volontà." Messa così sembrava fattibile, quasi facile e se da una parte questo la invogliava a trovarla davvero questa forza di volontà - e non solo quella brutta copia che aveva sempre utilizzato - animata all'idea della liberazione subito dopo, alla fine di quelle continue minacce, di quella perenne sensazione di trovarsi sulle spine, dall'altra il prezzo si stagliava sempre più nitido e terribile nella sua mente.
Horus, volontariamente o meno, le stava fornendo la soluzione, a quanto pare era lei a non essere disposta ad avvalersene.
Quando le domande iniziarono a diventare abbastanza da poter chiedere una risposta, il momento di riflessione venne bruscamente interrotto da uno starnuto e l'atmosfera s'alleggerì appena un po'; lei nascose un sorriso dietro il bavero della giacca coprendo inoltre la smorfia con un rapido gesto delle dita per sbarazzarsi dei capelli sugli occhi.

« O forse era il segno che sto straparlando e che è ora che io ci dia un taglio. »
Nono.
*Non smettere di parlare.* Poco mancò che corresse per ricoprire la distanza in seguito al cambio di velocità repentino del ragazzo, visto che qualche secondo prima si erano fermati lì in mezzo.
« Uh aspetta. » Immaginava che adesso fosse il suo turno, lo sentiva nonostante non vi fosse alcun accordo, alcuno schema da seguire. Un segreto per un segreto, o qualcosa del genere no?
Non bastava ascoltare per convincersi, occorreva anche prendere parola, riuscire a concretizzare pensieri e sensazioni poiché una volta verbalizzati di certo non avrebbero più fatto così paura.
« Cioè credo che tu abbia ragione. Forse è questo il motivo per cui ce l'hai appuntata sul petto; forse ci stai riuscendo.. ad alzarti intendo, a non sprofondare. » Rimase un attimo in silenzio con lo sguardo di chi è appena giunto ad una conclusione sconcertante. « Quindi teoricamente quello stesso peso che tanto gravava ti ha permesso di guadagnare qualche spanna in più. » Metaforicamente parlando. « Come se ogni cosa aspettasse solo il momento giusto per andare a posto. »
Aveva continuato a portare avanti il suo d'esempio, trovando inconsciamente più semplice elaborare il tutto con un certo distaccamento dalla propria persona almeno a parole, dato che nella sua mente aveva ben chiaro a chi si stesse riferendo.
Annuì quando le fu detto che la meta era ormai prossima, ormai aveva smesso di tentare di orientarsi e non prestava grande attenzione alle strade o ai passanti ma si scoprì decisamente bisognosa di zuccheri in quel momento e per un attimo la visione dell'ipotetica espressione di Leah davanti a quelle prelibatezze la distolse dai suoi interrogativi, ciò nonostante dopo la tregua istantanea tornarono all'assalto più feroci di prima; non voleva che il silenzio tornasse a gravare, non ora che si trovava così vicina alla sua soluzione.
« Però non è strano che altri vedano cose diverse in noi? Non dovremmo, se non proprio sapere tutto, essere comunque migliori conoscitori di noi stessi? E invece il più delle volte, l'hai detto anche tu, c'è una tale discrepanza da lasciarmi allibita.
Paranoie, limiti personali e tutto, certo. Ma devono pur avere un fondamento, non nascono così a caso; eppure spesso queste diverse descrizioni danno luogo a persone totalmente differenti. A cosa dovrei dar credito?
»
Poteva uno escludere l'altro oppure erano tanto complessi da poter far facilmente convivere due individui estranei e familiari?
©ode by •Sbiru
 
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