Stava per voltarsi per far strada alla giovane Auror quando il Caposcuola percepì con la coda dell’occhio che quest’ultima si era mossa per avvicinarsi, infrangendo in pochi secondi quella sorta di bolla, quello spazio vitale, che negli anni si era creato. Vero era il fatto che lui stesso, poco prima, se n’era infischiato nel minacciare con la bacchetta l’intruso ma, in quel caso, si trattava di un dovere di primaria importanza. La sua pelle vibrò sotto la divisa scossa dal vento, come una sorta di allarme fisiologico; i suoi occhi vennero sgranati, i muscoli si contrassero, ritraendosi e i denti si strinsero con forza. In quell’attimo, Patrick si sentì profondamente violato, quasi oltraggiato, tanto che il suo sguardo si perse nella vacua penombra circostante e il suo udito non prestò la minima attenzione della maga. Patrick avvertì le sue gambe vibrare e prudere, vittime dell’effetto dell’adrenalina che dai surreni si era rapidamente diffusa lungo le arterie. Da quella fastidiosa sensazione partì l’impulso di stringere la bacchetta, sollevarla e schiantare l’auror, come il più infido dei mangiamorte. Avvertì il fiato della ragazza sullo stretto colletto della camicia e temette di impazzire, mosse convulsamente le spalle per liberare quel brivido che gli era risalito dalle gambe, espirò lentamente col naso: sapeva che stava per perdere il controllo. All’improvviso la chioma bionda sparì dalla vista del Corvonero, scivolando alle sue spalle comportandosi come quella serpe che la ragazza si era dimostrata essere. Odiava sentire il calore del suo corpo, odiava sentire i suoi vestiti a contatto con i suoi, si sentiva sporco, contaminato da un’entità esteriore da cui di solito si teneva alla larga. E tutto ciò non dipendeva da Hope anzi, molti uomini sarebbe stati contenti di trovarsi tra le grinfie di quella donna, ma non Patrick Swan. Detestava sentirsi in trappola, detestava perdere il controllo di se stesso, dello spazio, degli altri. L’Auror avrebbe quindi avuto la vittoria di quell’assurdo quanto grottesco duello se solo avesse saputo tacere, se solo si fosse risparmiata dallo sfidare il Corvonero sul piano della dialettica, abbandonando il suo punto debole, quello fisico, in favore di quello di forza. La mente del ragazzo distorse in un attimo la dimensione temporale in cui erano immersi tanto che alle sue orecchie le parole della giovane parvero essere pronunciate molto lentamente. Uno per uno, ogni singolo termine venne analizzato come le cifre di un codice complesso da decriptare, ridonando al Corvonero la orza per ribellarsi e rispondere a tono. La sua espressione, persa nel vuoto, ridivenne immediatamente viva, i suoi occhi tornarono a brillare della scintilla che fin poco tempo prima li abitava, il suo sorriso, da gentile e disponibile divenne sarcastico e severo. Incurante della bacchetta che premeva sul suo collo e sicuro che in ogni caso non ci sarebbe stata alcuna possibilità di subire alcun danno, il Caposcuola rimase immobile, lasciando che si muovessero solo le sue labbra.
«Quindi ora capisco tutto, è per questo che dei Mangiamorte sono liberi di minacciare gli studenti di Hogwarts! D’altronde gli Auror del Ministero sono così impegnati a fare i gradassi con gli studenti che si lasciano sfuggire i criminali da sotto i baffi.»
Con espressione intensa, tagliente e cinica si girò velocemente verso la ragazza tanto da sfiorarne con la bocca la fronte.
«Colpitemi se ne avete il coraggio! Che aspettate, potrei essere anche io al servizio dell’Oscuro Signore per quanto vi è dato sapere. E si, ho proprio detto le parole Oscuro e Signore, come sono soliti appellarlo i seguaci del male. Per questo forse dovrei essere punito, o sbaglio? Non preoccupatevi per me, so benissimo da chi devo difendermi.»
Sfidò la ragazza con un freddo ardore, conscio di mancare di rispetto ad un pubblico ufficiale ma ferito nell’orgoglio e nell’animo.
«Per inciso, un Mangiamorte non avrebbe mai aspettato che fossi io a metterlo alle strette, non avrebbe mai provato paura, bensì si sarebbe nutrito del mio timore, individuandolo laddove voi non ne siete capaci. Ora, se volete, possiamo lasciarci alle spalle questo triste siparietto, e lasciatemi che vi conduca dal Ministro, oppure potrei raccontarle di come i suoi Auror perdano tempo a giocare a guardia e ladri con degli studenti. Con permesso.»
Probabilmente Hope sarebbe rimasta scossa dalle parole del Corvonero, dopotutto quanti studenti potevano parlare così apertamente di Voldemort e dei suoi seguaci. Patrick in fondo non era uno studente come gli altri, si era trovato a partecipare in prima persona nella lotta tra bene e male, forse la ragazza ne sarebbe rimasta piacevolmente colpito o, in caso contrario, si sarebbe sentita profondamente umiliata.