Avvolto dal silenzio della notte, Privata

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~Hope™
view post Posted on 25/1/2013, 08:28





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Probabilmente per qualsiasi altro mago o strega le 9 di sera potevano rappresentare un orario non consono per andare in giro. Hope tuttavia rinchiusa nel suo piccolo ufficio al Ministero della Magia, presso il Quartier Generale degli Auror, aveva decisamente perso la cognizione del tempo; tra scartoffie, moduli da completare, verbali da compilare non aveva avuto modo di guardare l’orologio ne tantomeno il sole che da un bel po’ aveva deciso di lasciar spazio al bagliore delle luci nella città di Londra. Numerosi dubbi affliggevano la sua mente e la priorità in quel momento era cercare il Ministro e riuscire a parlarne con lei. Il silenzio che proveniva da dietro la porta del suo ufficio trasportò i pensieri della giovane auror verso i corridoi deserti di Hogwarts, li probabilmente avrebbe avuto modo di parlare con Camille e perché no, bere un buon tè caldo nel suo ufficio. Senza esitare ulteriormente si sollevò rapida dalla sedia della scrivania e raggiunse il suo impermeabile, immobile sul portabiti, lo infilò ed uscì. Il senso di nausea che accompagnava ogni smaterializzazione non era mutato con il passare del tempo, mantenne gli occhi chiusi, tuttavia l’olfatto le confermò di aver raggiunto la sua meta, così come i recettori termici del volto che andarono a scontrarsi con il freddo fungente del posto. Aprì gli occhi e dinnanzi a se andò a delinearsi il profilo del castello, luminoso, quasi abbagliante, nel buio della sera. La ragazza mosse i primi passi seguendo la strada che dritta giungeva all’ingresso del castello passando per il giardino. Con le mani afferrò i lembi dell’impermeabile stringendoli a se, l’inverno era ormai arrivato e il freddo non dava tregua a chi come lei prestava poca attenzione all’abbigliamento, gli stivali alti fino alla caviglia riparavano in parte le gambe, insieme ai pesanti pantaloni di pelle marrone, tuttavia la camicia che sfiorava il tronco non era certo l’ideale e i brividi che iniziarono a percorrerle il corpo ne erano la prova. Tuttavia il lungo impermeabile riusciva a darle un po’ di tepore, stretto com’era dalle mani sottili della ragazza. Ad ogni passo i lunghi capelli biondi le affollavano il viso e Hope era costretta a scostarli per liberare la vista *Dovrò decidermi a tagliarli* pensò fra se mentre i passi si fecero più pesanti e rumorosi andando a calpestare le antiche pietre del castello di Hogwarts. L’ingresso sembrava ormai deserto, evidentemente la Sala Grande era stata già liberata da un petto e gli studenti erano già tornati nelle loro sale comuni; quel pensiero le fece appoggiare un piede indietro, per la prima volta, da quando aveva lasciato il suo ufficio, balenò nella mente di Hope l’idea di aver scelto un orario inopportuno per cercare il Ministro. Si portò le mani nelle tasche ed osservò perplessa l’immensità di quella sala. Il silenzio regnava sovrano in quella parte del castello, solitamente rumorosa e colma di studenti di tutte le età; la mente di Hope tornò indietro nel tempo a quando anche lei indossava la divisa di quella scuola, con il simbolo dorato dei Grifondoro disegnato sul petto. Prese a girare su se stessa restando ferma nello stesso punto e cercando di cogliere più dettagli possibili. Nulla sembrava esser cambiato e probabilmente il bello di Hogwarts era proprio quello. Scosse il capo per cercare di ridestarsi da quei pensieri e tornare al presente, doveva decidere rapidamente il da farsi, o tornare indietro a Londra e aspettare il giorno seguente, o andare avanti e raggiungere l’ufficio della donna senza temporeggiare ulteriormente *In fin dei conti non è poi così tardi, probabilmente Camille avrà una lunga serie di compiti da dover correggere e fare due chiacchiere potrebbe essere piacevole anche per lei* pensò tra se la ragazza che riprese a camminare lungo il corridoio a passo spedito, ma dopo qualche istante tornò a fermarsi nuovamente * Ma dove sarà il suo ufficio?* a quella domanda nessuno avrebbe potuto risponderle in un corridoio completamente deserto. Tutto era avvolto dal silenzio della notte così come lo era Hope.


 
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view post Posted on 27/1/2013, 02:54
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Le passeggiate spensierate per i corridoi del castello non erano altro che un piacevole e remoto per il Caposcuola del Corvonero: fin da quando era stato nominato prefetto ed aveva cominciato le ronde, aveva sempre preso il suo incarico come un’infinita fonte di opportunità di scoperta e conoscenza, si aggirava da solo per angoli reconditi e bui, le mura di Hogwarts parevano allora essere così sicure da non lasciar posto nemmeno al pensiero di essere attaccati o coinvolti in un attentato. Da quando era stato attaccato in maniera improvvisa e vigliacca al quinto piano, nulla era rimasto lo stesso di sempre, la scuola aveva improvvisamente cambiato maschera, diventando un luogo oscuro, temibile e vulnerabile; ogni rumore era divenuto un allarme, ogni ombra un intruso, ogni sensazione un monito. Patrick non aveva paura, al quinto anno sapeva di poter vantare un arsenale di incantesimi sufficiente a proteggere la propria persona e a fermare avversari anche più forte di lui, piuttosto temeva di essere attaccato in maniera vigliacca, com’era successo l’ultima volta, avversari invisibili, nemici subdoli e scaltri, pronti a qualsiasi cosa pur di creare scompiglio. Così da quel giorno aveva deciso di apprendere dai suoi nemici renderli vittime dei loro stesi trucchi: ogni qualvolta usciva dalla sua Sala Comune per recarsi al luogo predestinato, indossava il mantello della Disillusione, in modo da nascondere la sua figura nell’ombra. Spesso gli capitava di passare diverse ore fermo in uno stesso posto, accovacciato ai piedi di un Gargoyle o nelle nicchie dei corridoi, finendo per sentirsi un tutt’uno con l’ambiente, fondendosi con l’arredamento fino a diventare una sorta di spettatore immobile. Una volta aveva persino visto passare Gazza in tenuta da notte, non che fosse una splendida visione, ma ciò lo aveva fatto sentire potente. Nulla rendeva quella sera di Gennaio diversa dalle altre, passata l’ora di cena, non vi era più alcuna traccia dell’andirivieni confuso delle persone da e verso la Sala Grande. L’atrio si svuotava all’improvviso e pareva gonfiarsi fino a diventare immenso, le scale si ingrandivano reclamando il loro posto da regine e le clessidre riportanti i punti delle Casate sembrano respirare nuovamente libere dagli sguardi dei combattuti studenti. Patrick Swan si trovava accucciato tra due di esse quando l’ingente portone di legno si aprì lentamente, tagliando come un coltello il denso silenzio padrone della sala; istintivamente, il ragazzo approfittò di tale trambusto per riportarsi in posizione eretta, dalla quale potè, sporgendosi di fianco, esaminare il profilo di colui che doveva essere appena entrato.

*Possibile che con tutto quello che è appena successo, tutti siano liberi di andare e venire come se niente fosse?*

Pensò al confine tra l’infastidito e l’annoiato. Rimase sorpreso nello scorgere la figura di una giovane adulta dai capelli biondi, raggomitolata su se stessa tenendosi stretta a dei capi d’abbigliamento babbani; che diamine ci faceva a quell’ora in tale castello? Pareva indifesa e priva di ogni cattiva intenzione, ispezionava ogni angolo dell’atrio alla ricerca di qualcosa, informazioni? Persone? Presto l’avrebbe scoperto. Silenziosamente, il Caposcuola cominciò a muoversi dietro di lei, facendo attenzione a non farsi individuare e, allo stesso tempo, cercando di assorbire sempre nuove informazioni dalla sua osservazione. Quando fu abbastanza vicino da sapere che la donna avrebbe potuto rendersi conto della sua presenza, che Patrick scattò in avanti sfoderando la sua bacchetta, giungendo alle spalle dell’intrusa e puntando la stessa contro il suo collo, in modo che ella potesse sentirne la punta pungere la pelle.

«Non muovetevi e presentatevi.»

La voce del ragazzo si fece fredda, quasi tenebrosa. Persino il profumo della donna sembrava suggerire la sua innocenza eppure, col tempo, egli aveva imparata che nel mondo magico anche dietro a splendide fattezze si poteva celare subdolo inganno e periglio.
 
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~Hope™
view post Posted on 27/1/2013, 15:26





Era ancora li ferma nel bel mezzo dell’enorme atrio d’ingresso apparentemente vuoto, intenta ad osservare con interesse misto a profonda indecisione le due immense rampe di scale. La prima andava verso l’alto, verso i piani superiori del castello, le torri, l’ufficio della Preside; poco più in là, un’altra rampa, altrettanto grande, scendeva verso il basso, laddove le sale comuni dei Serpeverde e dei Tassorosso avevano sede. In quel momento Hope giunse alla conclusione di aver commesso un piccolo errore di valutazione nel decidere di raggiungere il Ministro li ad Hogwarts per di più a quell’ora della sera; incrociò le braccia al petto e sbuffando girò il viso verso la porta d’ingresso della Sala Comune ermeticamente chiusa, al di là della qualche probabilmente, gli ultimi elfi domestici si prodigano per sistemare e ripulire i cinque enormi tavoli per la colazione del giorno dopo. Eppure c’era qualcosa di strano in quella singolare situazione; era riuscita a raggiungere l’antro d’ingresso senza particolari problemi, ed ora si trovava li ferma, all’ingresso di una delle scuola di Magia più antiche e rinomate di tutta Europa, con il “permesso” di vagare indisturbata . Scosse la testa contraria da quel pensiero *Domattina sarà una delle prime cose di cui discuterò con Rhaegar* pensò fra se; la decisione dunque era ormai presa, avrebbe lasciato il castello per quella sera, ed avrebbe cercato di parlare con Camille il giorno dopo, con calma, nel suo ufficio. Era dunque li pronta ad alzare i tacchi e ritornare sui suoi passi quando qualcosa di inaspettato accade. Una voce fredda, accompagnata da una fastidiosa sensazione di timore bloccarono completamente i movimenti di Hope; qualcosa di freddo, solido, sfiorò la pelle del collo, sollecitando le terminazioni nervose della ragione e producendo brividi che presero a correrle lungo le braccia. Sensazione contrastanti presero ad affollare il corpo della ragazza non appena la sua mente accosto il tocco a quello della punta di una bacchetta che premeva minacciosa. Rimase dunque immobile obbedendo al volere di quella voce sconosciuta e tenebrosa.

-Dov’è finita la rinomata ospitalità di questo castello?-

Le sembrarono le parole più adatte da pronunciare in una situazione come quella. La sua mente lentamente prese a ragionare, soffocando le sensazioni provocate da quel tocco. Era stato fin troppo semplice entrare nel castello e poteva darsi che così come era riuscita a farlo lei, qualcun altro, magari con intenzioni ben diverse, avrebbe potuto fare altrettanto, trovandosi proprio li, in quella stanza, ben prima del suo arrivo. Eppure c’era qualcosa in quella voce che tendeva a eliminare completamente quel tipo di valutazione. Riascoltò nella sua mente quelle parole, quel tono, la voce di chi e nel mezzo tra la fanciullezza e l’adolescenza, un ragazzo probabilmente, che avrebbe potuto vedere in lei, perfetta sconosciuta, un ipotetico pericolo per la sicurezza della scuola. Come poteva dargli torto? Aveva avuto una pessima idea ad entrare a quel modo e soprattutto a quell’ora della notte senza prima annunciare la sua visita via gufò a Camille. Sorrise rendendosi conto del guaio che aveva combinato ma restò comunque ferma consapevole del rischio che stava correndo in quel momento.

-Le presentazioni si fanno guardandosi negli occhi non trovi?.. E poi studiando l’espressione del mio volto, ti sarà più facile capire se mento o sono sincera.-

Aggiunse. Non poteva permettersi gesti avventati con la punta di una bacchetta che continuava a premere contro la pelle del collo, pronta a castare chissà quale incantesimo. Distese le braccia lungo i fianchi e sciolse le mani per dimostrare il fatto che fosse del tutto disarmata in quel momento e che non aveva intenzione alcuna di armarsi. Era più che certa che alle sue spalle non ci fosse un malintenzionato e questo pensiero contribuì a rasserenarla, per quanto fosse possibile con una bacchetta puntata contro.

-Posso girarmi? Poi avrai tutte le risposte di cui hai bisogno..-

Non aggiunse altro. Attese la risposta dello sconosciuto.





Edited by ~Hope™ - 27/1/2013, 16:17
 
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view post Posted on 30/1/2013, 13:06
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La sagoma esile di quel bambino magro e minuto era ormai lontana, persa nei meandri del tempo: con il passare degli anni, il fisico di Patrick Swan era cambiato, cresciuto, ed ora a diciassette anni era quanto più simile a quello di un adulto. Aveva sviluppato delle spalle larghe e forti grazie al suo ruolo di Battitore e questo gli donava una prestanza fisica piuttosto insolita tra i suoi coetanei. Cingendo il suo braccio attorno al collo della nuova arrivata con un fine tutt’altro che affettuoso, il Caposcuola poté assaporare la sua superiorità corporea che, se non fosse stato per il mantello della disillusione, la avrebbe fatta sentire in trappola. Scoprì che gli piaceva predominare, nonostante fosse ben consapevole alla sua naturale inclinazione alla leadership, sentire gli altri schiacciati sotto il peso della sua presenza; gli piaceva piombare sul collo delle persone all’improvviso e intimorirle, era una pecie di suo lato perverso e ben celato. Aveva percepito chiaramente la sua vittima essere scossa da un brivido di freddo, probabilmente a caua del tocco gelido della sua bacchetta. Nonostante il suo tono freddo e minaccioso, Patrick si sorprese nell’udire la risposta della giovane maga dai capelli dorati, nonostante avesse già compreso in cuor suo le sue buone intenzioni; eppure non poteva dare nulla per scontato, soprattutto dopo i recenti avvenimenti: tutti potevano essere innocenti o altrettanto colpevoli. Coraggio ed ostentata sicurezza emergevano dal tono di voce caldo della maga, in apparente e palese contrato con quella gelida del caposcuola. Così Patrick, stuzzicato dalle parole di quella che non sapeva fosse una giovane Auror, smise di premere con la bacchetta sul collo pallido e allargò le braccia indietreggiando, liberandola dall’inconsistente ma stretto abbraccio che l’aveva fermata. Le avrebbe permesso di voltarsi per scrutare il suo sguardo, non che ne avesse bisogno, piuttosto avrebbe dato libero sfogo al suo naturale istinto d’osservazione ed infinita curiosità per ciò che lo circondava. Non avrebbe dismesso il mantello e mostrato i suoi lineamenti, non fin quando non avrebbe ricevuto conferma dei suoi buoni propositi. Nell’udire tanta audacia non poté scatenarsi nella mente del Caposcuola un accesa aria di sfida, come se tra i due maghi fosse nata una sorta di rivalità, destinata a spegnersi con il rivelarsi della proprie identità. Non era un caso il fatto che quel rapporto fosse pressoché iniquo, dal momento che egli poteva chiaramente assaporare con il suo sguardo le fattezze dell’intrusa. Ma gli piaceva, era per questo che aveva inconsciamente accettato la sfida. Malgrado i suoi movimenti avessero lasciato intendere alla maga di potersi voltare, Patrick non aveva la minima intenzione di abbassare la sguarda e abbandonare la sua posizione di scacco; mantenne la sua bacchetta puntata a circa un metro dalla donna, ricolta verso il suo petto, pronta a difendere così come ad attaccare.

«Fate come vi ho detto. Presentatevi.»

La voce del Caposcuola sembrò cozzare con il suo atteggiamento, se davvero egli non voleva lasciare nessuno scampo a quella che quella sera era in qualche modo divenuta la sua preda, perché nello stesso tempo gli aveva concesso di girarsi? Era forse il piacere del rischio a calpestare i suoi sospetti, seppur infondati? Lui aveva il controllo e come un burattinaio avrebbe mosso le pedine in quel salone deserto.
 
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~Hope™
view post Posted on 31/1/2013, 21:51




Chi vive senza follia non è così saggio come crede.




Per nessun motivo al mando l’avrebbe data vinta allo sconosciuto. Testarda e coraggiosa al tempo stesso, Hope rimase immobile, lo sguardo fisso in un punto indefinito davanti a lei, i muscoli del corpo rilassati e ogni singolo senso volto a studiare la situazione intorno . Sarebbe stato fin troppo facile rivelare la sua identità, dire che era un auror del Ministero della Magia e che aveva necessità di parlare con Camille, ma non sarebbe stato da lei, soprattutto in una situazione come quella dove c’era qualcuno che voleva giocare a sentirsi forte, potente, alle sue spalle. Sapeva che il suo corpo minuto ed apparentemente fragile, poteva prestarsi ad un bisogno del genere, ma nel contempo era ben consapevole del fatto che la sua mente era tutt’altro che fragile e a breve lo sconosciuto se ne sarebbe reso conto. Avvertì un arto che rapido e forte andò a stringersi intorno al suo collo in una presa salda e dura; le sue labbra si schiusero in un sorriso beffardo e prontamente sollevò le mani fino a sfiorare quel braccio tirandolo in avanti per cercare di allentare quella presa. Era li, esattamente dietro di lei, ne poteva avvertire il respiro caldo che si infrangeva contro il suo collo, in contrasto con il freddo tocco della bacchetta magica che continuava a premerle sul collo.
Era in trappola…
non poteva muoversi…
non poteva urlare..
continuava ad essere sotto tiro…
ma tutto questo la divertiva
Chiunque fosse entrato nella mente di Hope in quel momento l’avrebbe presa per folle, era da folle riuscire a mantenere la calma in una situazione come quella, eppure lei continuava ad esserlo. Lentamente, senza un valido motivo in apparenza, avvertì la punta della bacchetta allontanarsi dal suo collo, così come l’arto che fino a quell’istante le aveva stretto il collo. Cosa stava succedendo? Lo sconosciuto aveva forse deciso di arrendersi alle sue parole e lasciarla voltare senza pericolo?. Mosse il collo prima verso destra poi verso sinistra e portando una mano ad esso lo massaggiò cautamente restando comunque ferma nella medesima posizione.

«Fate come vi ho detto. Presentatevi.»

La voce tornò a farsi sentire, proveniente ancora una volta dalle sue spalle, non più così vicina da poter avvertire il calore del suo fiato, ma solo la freddezza di ogni singola parola. Lentamente si mosse su se stessa girandosi verso il punto dove presumibilmente si trovava il ragazzo. Voltandosi di centottanta gradi fu sorpresa nell’osservare il grosso portone di legno che sanciva l’ingresso della scuola: null’altro. Guardò prima a destra, poi a sinistra con attenzione, focalizzandosi su ogni angolo di quell’immenso antro, ma nulla, sembrava non esserci nessuno a parte lei. Eppure quella voce l’aveva udita per davvero, così come il tocco freddo di una bacchetta e la salda presa di un arto, nessun sogno, nessun cenno di follia, c’era qualcun altro li, che celava il suo volto alla ragazza. Rapida ed attenta si scostò i capelli dal volto e prese a parlare.


-Come dovrei interpretare il vostro comportamento? Avete forse paura di mostrarmi il tuo volto, o siete semplicemente ineducato? Sono completamente disarmata e pronta a dirvi chi sono, ma voi mostrami chi siete e solo allora lo farò-

Mantenne il tono della voce caldo e rilassato benché l’intento delle sue parole fosse quello di attaccare lo sconosciuto. Gli occhi continuavano a vagare nell’ampia stanza alla ricerca di un minimo segno di presenza umana. Era chiaro che ci fosse qualcosa a nascondere il suo interlocutore, magari un incantesimo ben castato o uno di quegli strani oggetti che si trovavano in alcuni negozi a Diagon Alley.

-Dovrò dunque disobbedire nuovamente alla vostra gentile richiesta-

Aggiunse sorridendo beffarda. Poi attese immobile.


 
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view post Posted on 4/3/2013, 00:59
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Per un istante il Corvonero si chiese se ci fosse qualcosa nelle sue parole, qualche perdita di tono, qualche tremolio di voce, qualche incertezza che potesse metterle in dubbio. Ripercorse in un istante quanto accaduto negli ultimi scarsi ma quasi interminabili secondi, riconoscendo nel suo comportamento impeccabile risolutezza. Cosa c'era di complesso nella sua richiesta? A cosa era dovuta tale mancanza d'educazione? O piuttosto si trattava per caso di insolenza? Probabilmente pochi giorni fa il Caposcuola non si sarebbe esibito in un comportamento così intransigente, ma altrettanto rapidamente si erano mescolate le carte in tavola: Hogwarts, fortezza del bene, era stata inaspettatamente ed improvvisamente corrotta dai seguaci dell'Oscuro Signore; certo, egli non l'avevano in pungo, ma mai come allora si era percepita la loro presenza nel castello. Conseguentemente, tutti erano divenuti colpevoli, responsabili, possibili responsabili dell'attentato al quinto piano. Nessuno era più libero di vagare per il castello senza dichiarare valido fine, nessuno poteva infiltrarsi tra quelle mura permettendosi di non presentarsi.
Si volse, con aria di sfida, eppure Patrick era convinto di averla fatta sussultare, impietrendone il corpo, percependone i brividi; quest'ultimo poi sorrise, constatando le incertezze dell'intrusa una volta resasi conto di non poter carpire con lo sguardo il suo “aggressore”. Comandava, dominava, quella sensazione sembrava inebriare il corpo e la mente del caposcuola, lui era il cacciatore, lei la preda. Ma sapeva, ne era ben conscio, si ricordava ancora come da guardiano era diventato egli stesso vittima, come era stato neutralizzato e reso impotente da sconosciuta magia. Non avrebbe ceduto ancora, non avrebbe perso le redini di quell'insolito gioco, poiché tale sembrava apparire alla donna. Non era così per il ragazzo, non stava fingendo, non stava recitando, inflessibile guardiano aveva deciso di mettersi a completa disposizione in difesa del castello. Lui era il padrone, lei l'ospite, lei si sarebbe presentata cedendo, e se così non fosse stato, allora lui sarebbe passato alle maniere forti. Lo avrebbe presto dimostrato. Alzò la sua bacchetta invisibile da sotto il mantello, disegnando una X davanti alla donna e facendo confluire i suoi freddi pensieri e la sua irruente energia nel suo palmo, facendo si che un proiettile di vetro affusolato e tagliente schizzasse verso la sconosciuta, sfiorandone la chioma a pochi centimetri dal capo, in modo che ella potesse percepire la forza e la rapidità di tale attacco. Il suo stesso infrangersi con un rumore squarciante contro la parete alle sue spalle fu un chiaro monito, una vera e propria minaccia ornata dalla risposta secca e frigida del Caposcuola, per niente intenzionato a stare alle regole di quell'assurdo gioco.

«Presentatevi.»

Patrick tagliò corto, lasciando intendere la sua ostilità nei confronti di tutto ciò che gli era mantenuto oscuro. Il suo sesto senso non aveva importanza in quel frangente, non erano concessi errori, sistematicamente la possibilità che si manifestassero andava eradicata.

«Per l'ultima volta.»

Pose fine al dialogo come se quel punto cadesse da una notevole altezza, lasciando che il suo peso si imprimesse al suolo nell'atmosfera. Il suo legno era ancora puntato contro la donna, il suo Io così grande da sentirsi padrone della scena. Visioni, odori, rumori, sapori, nulla contava più di un nome, un ruolo. Qualcosa che avrebbe garantito l'incolumità della nuova arrivata.
 
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~Hope™
view post Posted on 11/3/2013, 07:43





Lasciò vagare lo sguardo in ogni punto visibile di quell’antro per cercare di scorgere un possibile indizio, qualcosa che l’aiutasse a localizzare la fonte di quella voce. Era chiaro che il suo interlocutore stesse utilizzando una magia o forse no, un oggetto che riusciva a mimetizzarlo con l’ambiente circostante o meglio ancora renderlo invisibile agli occhi umani. Sapeva di aver sbagliato, nonostante continuasse ad insistere celando la sua identità, Hope era consapevole di aver commesso un errore ad entrare nel castello a quell’ora della notte e soprattutto senza un gufo che annunciasse il suo arrivo al Ministro; tuttavia fin dal primo momento in cui aveva messo piede nell’altro di ingresso non aveva in alcun modo dato adito di poter pensare che fosse li per commettere chissà quale crimine. Forte di quel pensiero continuava a restar ferma nella medesima posizione, immaginando che il suo interlocutore si trovasse proprio dinnanzi a lei, magari proprio a pochi centimetri e che stesse scegliendo il modo giusto per agire. Chiuse quindi gli occhi lasciandosi guidare da altri sensi che in quel preciso istante potevano risultare ben più utili della vista. Inspirò a fondo cercando di cogliere un odore diverso da quello classico del castello, un odore umano, magari così intenso da permetterle di capire a che distanza si trovasse lo sconosciuto in quel momento. Nello stesso modo prestò attenzione ad ogni suono, ogni leggero crepitio magari prodotto dalle scarpe che rapide sfioravano le pietre antiche del pavimento. Una sensazione diversa però la face sobbalzare. Un oggetto indefinito tagliò l’aria a pochi centimetri dal suo viso, così rapido e leggero da muoverle un ciuffo di capelli che come mosso dal vento ricadde sul suo viso; a quella sensazione seguì un rumore squarciante, generatosi alle sue spalle. Lo sconosciuto aveva deciso di passare dalle parole ai fatti. Prontamente aprì gli occhi fissando un punto indefinito dinnanzi a se. Aveva paura ora, era in trappola e sarebbe risultato assai sciocco continuare a giocare mentre una bacchetta invisibile poteva esser li, puntata dritta dritta verso il suo petto, il suo cuore. Sollevò la mano destra e dopo aver afferrato un lembo dell’impermeabile lo aprì lasciando intravedere il luccicante distintivo che portava appuntato al petto. La scritta Auror, accompagnata dal simbolo del Ministero della Magia era chiaramente visibile.

-Se questa presentazione può darmi la facoltà di difendermi allora lo farò per bene-

Disse risoluta la ragazza continuando a mostrare il distintivo, senza però metter mano alla bacchetta. Era quasi certa che si trattasse semplicemente di uno studente che magari si era trovato li nel momento cui era entrata nel castello e avesse deciso di ergersi a custode del castello e dei suoi compagni, riscontrando in Hope chissà quale pericolo. Come poteva però dargli torto in fin dei conti? Era entrata a tarda ora, seppur l’avesse fatto senza rendersene pienamente conto, ed aveva sostato per qualche minuto dinnanzi alle due rampe di scale prima di decidere di rimandare la visita al giorno seguente.

-Hope Lancaster per servirvi-

Si piegò leggermente in quello che poteva esser visto come un inchino senza però abbassare mai lo sguardo, sempre dritto dinnanzi a se e così fiero e sicuro da poter apparire arrogante. Tornò dritta quindi e continuò a parlare.

-Non è mia abitudine girovagare per i castelli a quest’ora della sera, ma ho lasciato il mio ufficio troppo tardi per avere il tempo di farmi annunciare al Ministro con un gufo. Vi basta questo o volete forse duellare? Perché se così fosse vi inviterei a spostarci in giardino, così da non dover svegliare tutto il castello-

Lasciò il lembo di impermeabile che tornò a ricoprire il distintivo e restò in attesa.


 
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view post Posted on 21/4/2013, 18:24
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<i>C'era qualcosa di inaspettatamente piacevole in quella situazione, il freddo salone, le luci calde, l'atmosfera lugubre, il tetro silenzio squarciato dal rumore di mille schegge. E poi, la paura. L'aveva sentita, ascoltata, osservata, l'aveva percepita palesarsi tramite lo sguardo della maga e il suo sospiro sospeso, il sussultare di chi era consapevole di aver errato, rendendosi conto della minaccia fino ad allora sottovalutata, non era passato inosservato. In quel momento comprese, capì che aveva fatto abbastanza per costringere l’intruso alla resa; non importava quanto potesse essere innocua, dolce e gentile all’apparenza, in poco tempo Patrick aveva compreso che anche dietro al bello poteva celarsi l’oscurità. Il male poteva nascondersi ovunque, anche dietro al nulla, irrompendo nella realtà dall’invisibile. In ogni caso, c’era qualcosa che fin dall’inizio aveva suggerito al Caposcuola che non fosse il caso della giovane maga appena arrivata al castello, tuttavia egli aveva scoperto un nuovo piacere nel possedere, dominare e controllare gli altri. Era a tratti folle, provare piacere da ciò che aveva causato nel ragazzo tale livello di preoccupazione e poca fiducia nei confronti del prossimo. Ancora una volta si trovò a domandarsi se quello fosse uno dei tanti piaceri derivati dall’appartenenza alla schiera oscura che, anno dopo anno, cominciava a nutrire in lui sempre più fascino. Tali pensieri, a tratti tentatori, furono inibiti dalle parole dell’intruso che non esitò a mostrare i segni della sua resa. Tremante, ella slacciò l’estremità del suo mantello che dolcemente ricadde verso il basso mostrando il suo distintivo. Non furono necessarie altre parola per far comprendere al Corvonero che, in realtà, egli non aveva commesso nessun errore di calcolo: tutto ciò che era avvenuto era dovuto a motivi tanto insoliti quanto legati ad una sorta di pulsione primordiale. Mentre l’Auror si presentava con un leggero inchino, Patrick ripose la sua bacchetta nella cintura, togliendosi il mantello della disillusione di dosso e permettendo alla giovane di esaminare la sua figura, noncurante delle parole della stessa che lo invitavano a fare la stessa cosa. Trattenne a stento una risata ironica, riuscendo a non schiudere le labbra per mantenere la sua maschera seria e distaccata appena il ragazzo seppe che la donna stesse cercando il Ministro; era stata fortunata dopotutto nel trovare lui, il suo assistente.

«È un piacere incontrarvi.»

Sapeva di essersi comportato come se nulla fosse successo in quegli istanti pieni di tensione ma, dopotutto, anche questo rientrava nel suo gioco. Nel parlare, porse la sua mano alla nuova arrivata, cercando in quel gesto la formalità che tanto adorava.

«Sono Patrick Swan, Caposcuola di Corvonero nonché assistente e segretario della professoressa Pompadour. Sarei lieto di farvi strada verso il suo ufficio. Non vorrei mai che incappaste in qualche mio collega…»

Sorrise alludendo al benvenuto da egli stesso servitole. Non vi era alcun pericolo, i sotterranei di solito erano assegnati a dei prefetti, i Caposcuola e i membri dell’ES, solitamente presidiavano luoghi più rischiosi. Si sarebbe poi fatto strada senza assicurarsi che l’Auror la seguisse, dopo tutto era nei suoi interessi raggiungerla senza perdersi per i meandri del castello.
 
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~Hope™
view post Posted on 30/4/2013, 16:18






Era ancora li, poteva avvertirne la presenza ora, benché fosse nascosto da chissà quale magia o oggetto magico, il suo interlocutore era ancora li, in un punto indefinito dell’antro e la stava osservando con la bacchetta ben tesa verso di lei, magari puntata proprio in direzione del suo petto. Il silenzio regnava sovrano. Hope trattenne il respiro per qualche istante fino a percepire quello dello sconosciuto, leggero, lontano, flebile, come ovattato. La luce tenue delle candele non aiutava in alcun modo i suoi occhi a scrutare meglio ogni punto di quella immensa stanza alla ricerca di un qualche particolare, un indizio che potesse orientarla verso di lui. Non aveva paura, forse poteva dire di averne provata un po’ avvertendo il proiettile invisibile, sfiorarle la chioma dorata, eppure quel senso di oppressione di sottomissione, non avevano fatto altro che incuriosire la giovane auror che ora aspettava soltanto il momento giusto per riuscire a scrutare il volto di colui che aveva osato tanto. Mai si sarebbe sognata di trovarsi in una situazione del genere, preda ed oggetto di incanti ai quali difficilmente avrebbe potuto reagire o imporsi. Poi finalmente la voce tornò a farsi sentire, più chiara, come se il “velo”, che fino a qualche istante prima l’aveva coperta e offuscata, fosse svanito rivelando la presenza di un ragazzo giovane ma non troppo. La pelle chiara del suo viso risplendeva ora, illuminata dalla fioca luce delle poche candele rimaste accese, così come gli occhi di un colore particolare, troppo lontani dalla luce per riuscire ad essere definiti, mentre i lunghi capelli castani ricadevano sul volto che appariva serio e distaccato come se non fosse accaduto nulla. Abbassò lo sguardo e la sua attenzione fu catturata dallo stemma dei Corvonero con affianco la spilla da Caposcuola. Il giovane aveva fatto solo il suo dovere null’altro e probabilmente se lei si fosse trovata al suo posto avrebbe fatto lo stesso. Chi meglio di un auror poteva capire il gesto del giovane? Eppure non era solo quello il motivo che aveva spinto il ragazzo ad agire in quel modo, era il suo sguardo, i lineamenti tirati del suo viso a suggerirglielo. Il piacere, il gusto della resa avevano attratto il caposcuola più di quel che voleva lasciar intendere con quel suo sguardo distaccato, quasi apatico.

È un piacere incontrarvi… Sono Patrick Swan, Caposcuola di Corvonero nonché assistente e segretario della professoressa Pompadour. Sarei lieto di farvi strada verso il suo ufficio. Non vorrei mai che incappaste in qualche mio collega…

Nel mentre Hope fece qualche passo in avanti in direzione di Patrick, senza distogliere in alcun modo l’attenzione da lui e dalle sue parole. Scrutò con attenzione il suo viso, i suoi lineamenti così perfetti da farlo apparire simile ad una statua di pietra, levigata dalla sapienza di un grande artista. Quel ragazzo si era preso gioco di lei, non si era limitato a fare il suo dovere da Caposcuola, l’aveva sottomessa, costretta alla resa ed ora soddisfatto del suo “lavoro” parlava come se nulla fosse accaduto, come se tutto fosse stato cancellato, portato via da una folata di vento. Accarezzando il taschino della camicia, Hope avvertì il manico duro e freddo della bacchetta mentre il desiderio di vendetta si faceva strada nella sua mente, schiacciando e mettendo a tacere quella voce che la implorava di lasciar perdere.


-Ottimo! Però signor Swan mi permetta di darle un consiglio prima di proseguire la nostra “passeggiata” notturna nel castello-

Si era di molto avvicinata a lui, tanto da poter avvertire il fiato infrangersi sulla sua divisa. Era più alto, forse di qualche centimetro, ma nulla in quel momento avrebbe potuto fermarla. Non voleva in alcun modo fargli del male, non sarebbe stato da lei, però non avrebbe lasciato correre, no affatto. Scivolò leggera dietro di lui e sollevandosi appena sulle punte, quel tanto che bastava per raggiungere la sua altezza, gli strinse il braccio sinistro intorno al collo e con la mano destra afferrò rapida la bacchetta dal taschino appoggiando la punta in prossimità della giugulare di lui.

-Sei stato bravo, hai fatto il tuo dovere di Caposcuola fermando una sconosciuta, ma hai sbagliato a dare per scontato che io dicessi la verità e che il distintivo sul mio petto fosse reale.-

Pronunciava ogni parola, ogni sillaba lentamente a voce bassa.

-Ma da auror lasciami dire. Non abbassare mai la guardia, non lasciarti ingannare da una voce suadente, da una criniera di lunghi capelli biondi e da occhi apparentemente sinceri. Il male è nascosto dovunque e tu non devi mai abbassare la guardia. Recepito il messaggio…Patrick?-

Pronunciò il suo nome girando leggermente il viso in direzione del collo di lui, senza però lasciare andare la presa. Voleva sentire la sua reazione, voleva fargli intendere la veridicità delle sue parole.





 
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view post Posted on 17/5/2013, 01:32
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Stava per voltarsi per far strada alla giovane Auror quando il Caposcuola percepì con la coda dell’occhio che quest’ultima si era mossa per avvicinarsi, infrangendo in pochi secondi quella sorta di bolla, quello spazio vitale, che negli anni si era creato. Vero era il fatto che lui stesso, poco prima, se n’era infischiato nel minacciare con la bacchetta l’intruso ma, in quel caso, si trattava di un dovere di primaria importanza. La sua pelle vibrò sotto la divisa scossa dal vento, come una sorta di allarme fisiologico; i suoi occhi vennero sgranati, i muscoli si contrassero, ritraendosi e i denti si strinsero con forza. In quell’attimo, Patrick si sentì profondamente violato, quasi oltraggiato, tanto che il suo sguardo si perse nella vacua penombra circostante e il suo udito non prestò la minima attenzione della maga. Patrick avvertì le sue gambe vibrare e prudere, vittime dell’effetto dell’adrenalina che dai surreni si era rapidamente diffusa lungo le arterie. Da quella fastidiosa sensazione partì l’impulso di stringere la bacchetta, sollevarla e schiantare l’auror, come il più infido dei mangiamorte. Avvertì il fiato della ragazza sullo stretto colletto della camicia e temette di impazzire, mosse convulsamente le spalle per liberare quel brivido che gli era risalito dalle gambe, espirò lentamente col naso: sapeva che stava per perdere il controllo. All’improvviso la chioma bionda sparì dalla vista del Corvonero, scivolando alle sue spalle comportandosi come quella serpe che la ragazza si era dimostrata essere. Odiava sentire il calore del suo corpo, odiava sentire i suoi vestiti a contatto con i suoi, si sentiva sporco, contaminato da un’entità esteriore da cui di solito si teneva alla larga. E tutto ciò non dipendeva da Hope anzi, molti uomini sarebbe stati contenti di trovarsi tra le grinfie di quella donna, ma non Patrick Swan. Detestava sentirsi in trappola, detestava perdere il controllo di se stesso, dello spazio, degli altri. L’Auror avrebbe quindi avuto la vittoria di quell’assurdo quanto grottesco duello se solo avesse saputo tacere, se solo si fosse risparmiata dallo sfidare il Corvonero sul piano della dialettica, abbandonando il suo punto debole, quello fisico, in favore di quello di forza. La mente del ragazzo distorse in un attimo la dimensione temporale in cui erano immersi tanto che alle sue orecchie le parole della giovane parvero essere pronunciate molto lentamente. Uno per uno, ogni singolo termine venne analizzato come le cifre di un codice complesso da decriptare, ridonando al Corvonero la orza per ribellarsi e rispondere a tono. La sua espressione, persa nel vuoto, ridivenne immediatamente viva, i suoi occhi tornarono a brillare della scintilla che fin poco tempo prima li abitava, il suo sorriso, da gentile e disponibile divenne sarcastico e severo. Incurante della bacchetta che premeva sul suo collo e sicuro che in ogni caso non ci sarebbe stata alcuna possibilità di subire alcun danno, il Caposcuola rimase immobile, lasciando che si muovessero solo le sue labbra.

«Quindi ora capisco tutto, è per questo che dei Mangiamorte sono liberi di minacciare gli studenti di Hogwarts! D’altronde gli Auror del Ministero sono così impegnati a fare i gradassi con gli studenti che si lasciano sfuggire i criminali da sotto i baffi.»

Con espressione intensa, tagliente e cinica si girò velocemente verso la ragazza tanto da sfiorarne con la bocca la fronte.

«Colpitemi se ne avete il coraggio! Che aspettate, potrei essere anche io al servizio dell’Oscuro Signore per quanto vi è dato sapere. E si, ho proprio detto le parole Oscuro e Signore, come sono soliti appellarlo i seguaci del male. Per questo forse dovrei essere punito, o sbaglio? Non preoccupatevi per me, so benissimo da chi devo difendermi.»

Sfidò la ragazza con un freddo ardore, conscio di mancare di rispetto ad un pubblico ufficiale ma ferito nell’orgoglio e nell’animo.

«Per inciso, un Mangiamorte non avrebbe mai aspettato che fossi io a metterlo alle strette, non avrebbe mai provato paura, bensì si sarebbe nutrito del mio timore, individuandolo laddove voi non ne siete capaci. Ora, se volete, possiamo lasciarci alle spalle questo triste siparietto, e lasciatemi che vi conduca dal Ministro, oppure potrei raccontarle di come i suoi Auror perdano tempo a giocare a guardia e ladri con degli studenti. Con permesso.»

Probabilmente Hope sarebbe rimasta scossa dalle parole del Corvonero, dopotutto quanti studenti potevano parlare così apertamente di Voldemort e dei suoi seguaci. Patrick in fondo non era uno studente come gli altri, si era trovato a partecipare in prima persona nella lotta tra bene e male, forse la ragazza ne sarebbe rimasta piacevolmente colpito o, in caso contrario, si sarebbe sentita profondamente umiliata.
 
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~Hope™
view post Posted on 17/5/2013, 11:55





Non sapeva esattamente perché si fosse comportata in quel modo con il ragazzo, perché da trovarsi ad essere una vittima inconsapevole fosse divenuta carnefice, a tratti viscida e meschina. Eppure quell’impulso che aveva avvertito, che piano le aveva attraversato i lunghi assoni neuronali, fino a raggiungere ogni singolo muscolo del corpo, era nato dall’atteggiamento del ragazzo, dalla sua voglia di predominare e di averla vinta su di lei, che ai suoi occhi era apparsa come una preda, fin troppo facile. Odiava sentirsi così, indifesa, succube di qualcuno, senza la minima possibilità di scegliere, ma soprattutto senza riuscire a guardare negli occhi il proprio interlocutore, gli stessi occhi che Hope immaginava essere lo specchio dell’anima. Era abituata a scrutare le persone, leggere il linguaggio del corpo, la mimica facciale, ogni segnale che esse erano in grado di trasmettere, e sicuramente trovarsi a discutere con il nulla, o meglio con il giovane caposcuola che aveva scelto di celare la sua identità per tutta la durata del loro incontro, era stato frustrante per Hope. Non era passato inosservato il disappunto del giovane nel momento in cui la donna aveva annullato la distanza che fino a qualche istante prima, gli aveva separati, tenuti ben distanti l’uno dall’altra; eppure non le importava, non le interessava nulla in quel momento se non prendersi la rivincita sul ragazzo, fargli capire che nessuno mai si era permesso di prevalere su di lei, imponendosi a quel modo e mai nessuno l’avrebbe fatto. Eppure sapeva bene che lui non l’avrebbe capita, non avrebbe colto a dovere il significato reale di quel gesto, tanto inopportuno quanto inaspettato; chiuse gli occhi per qualche istante ed inspirò a fondo mentre l’odore di lui le attraversò vorticosamente i recettori di senso, posti all’interno delle narici, fino a raggiungere il cervello dove sarebbe stato conservato con cura, per ridestarsi al momento opportuno. Lo odiava forse, odiava con tutte le sue forze Patrick Swan in quel momento, e se non si fosse trattato di odio era comunque un sentimento forte che l’aveva travolta fino a farla agire poco lucidamente. Parlò, a inesorabilmente Hope fu costretta ad ascoltare quella parole tanto ciniche e fredde da raggelarle il corpo, come un’intesa folata di vento. Impossibile per la giovane donna, non cogliere l’odio che lo stesso caposcuola stava provando in quel momento verso di lei, e benché non lo dicesse chiaramente, lo si poteva avvertire in ogni singola sillaba, pronunciata dalle sue labbra. Allentò la presa nel momento in cui avvertì i muscoli di lui vibrare sotto il suo tocco e lasciò che si girasse lentamente finché non le fu di fronte, troppo vicino, troppo. Lo guardò negli occhi; quanto orgoglio, quanta sicurezza, era come specchiarsi nei suoi stessi occhi, nei quali, la stessa medesima voglia di giustizia, era impressa a chiare lettere, così come il desiderio di prevalere di sottomettere l’altro. Lentamente abbassò il braccio destro e sciolse il ragazzo dalla presa netta della bacchetta lasciandola ricadere lungo il fianco, mentre il braccio sinistro rimase fermo, immobile su di lui, e in quel momento le sue labbra, per un istante, si adagiarono sulla pelle calda della sua fronte, trasmettendole sensazioni strane e contrastanti. Lo ascolto, lo lasciò parlare senza mai interromperlo, mentre sputava con rabbia ogni singola parola con l’ intento di ferirla e destabilizzarla da quella posizione che a faticava aveva riguadagnato su di lui. Sorrise e sollevò di poco lo sguardo finché i suoi occhi non furono nuovamente fissi su quelli di Patrick; voleva che lui leggesse, che capisse, semplicemente.

-I mangiamorte sono astuti, si muovono nell’ombra, celando la loro identità con una maschera nell’insulso tentativo di mantenere immacolata la pelle del viso. Loro non si muovono mai soli, insicuri come sono, si muovono in gruppo e mai esiterebbero ad agire dinnanzi ad una minaccia, anche se essa fosse rappresentata da uno studente.-

Lasciò che le palpebre si chiudessero per un brevissimo istante, inumidendo la superficie liscia dell’occhio.

-Non giudicarmi solo perché a tarda sera mi sono permessa di raggiungere la scuola sovrappensiero in cerca del Ministro, ne tantomeno se ti ho puntato contro la bacchetta. Non giudicare il mio operato proprio tu che mi conosci solo da qualche brevissimo istante. Io ho scelto di dedicare la mia vita a combattere i seguaci di Voldemort..-

La voce vibrò quasi insicura, mentre pronunciava quel nome, oscuro ed importante al tempo stesso.

-Non potrei mai attaccarti, non potrei mai farti del male, anche se a parole ostenti così tanta sicurezza nel pronunciare quel nome così come farebbero loro. Ti ho studiato, contrariamente a quanto hai fatto tu con me, e mai potrei pensare male di te, che per difendere il castello, i tuoi compagni, non hai esitato a puntarmi la bacchetta contro-

Continuò a scrutare con attenzione il viso di lui, i lineamenti chiari e puliti, l’espressione corrucciata, adirata e fredda. Non era riuscito a ferirla, neanche minimamente aveva potuto scalfire quella solida corazza che si era messa addosso sin dal principio. Lei sapeva chi era, sapeva quello che aveva fatto e la dedizione con la quale serviva la causa del Bene. Non sarebbero certo state le parole di un giovane caposcuola a far vacillare le sue certezze.

-Ho peccato di irrazionalità, per un attimo ho lasciato prevalere l’istinto sulla ragione, vuoi giudicarmi solo per un breve istante di debolezza?-

Lo guardò, ancora, negli occhi.






Edited by ~Hope™ - 17/5/2013, 20:03
 
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view post Posted on 22/7/2013, 16:50
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Non attese un ulteriore istante, nessun indugio, nessuna incertezza, prima di farsi da parte per liberarsi definitivamente di quella che, inconsapevolmente, non era altro che una presenza invadente, quasi aggressiva. Era stato duro, tagliente, forse offensivo, ma di certo le parole erano valido e più opportuno sostituto di una spinta che qualsiasi essere umano avrebbe inferto al suo aggressore pur di liberare il suo spazio vitale. Sapeva bene che, fino a quel momento, gli occhi della Auror erano stati puntati sui suoi, percepiva chiaramente quando qualcuno lo seguiva con lo sguardo o, come in questo caso, lo fissava. Ne aveva percepito la sorpresa, lo stupore, lo sbalordimento di udire da uno studente così giovane certe parole, pronunciate con tale sadismo, come se dall’offesa provasse piacere. Ma così non era, le parole per il Corvonero non erano altro che un’arma, la più efficace e solida difesa, la stessa che era caduta sotto i colpi di Emy e di Paul. Non lo avrebbe ma permesso.

Si allontanò a passo sereno e silenzioso inoltrandosi lungo quell’ala della sala di ingresso che portava verso i sotteranei, incurante della risposta della giovane maga che era giunta puntuale, probabilmente mossa dall’orgoglio e dall’ardore di chi si era sentito oltraggiato, tuttavia non ignorandola. Sorrise man mano che le frasi acquisivano senso approfittando di non essere visto: dunque era tutto qui? Non voleva essere giudicata? Quale pretesa poteva essere più inverosimile? Non erano forse esseri umani, meri animali semplicemente dotati di giudizio? Come potevano trascendere da caratteristica di tale immanenza?

Il Caposcuola non poté che sentirsi confuso procedendo nell’ascolto, le parole della maga pareva cozzare col suo comportamento prima e tra di loro poi. Se davvero non gli avrebbe mai fatto del male perché l’aveva stretto tra le sue spire con la bacchetta puntata al collo? Si trattasse di una pura dimostrazione di superiorità? E se davvero era disposta a qualsiasi cosa per combattere Voldemort e i suoi seguaci, sarebbe bastato un Caposcuola agguerrito per fermarla, ammesso e non concesso che avesse mentito e che in realtà appartenesse alla schiera oscura? Decise che forse non aveva molto senso far si che quel dialogo proseguisse, qualsiasi parola, qualsiasi giustificazione non sarebbe bastata a cancellare i fatti che erano rimasti impressi nella mente del Corvonero come marchiati a fuoco. Si sentiva in qualche modo ferito, ma tale difficoltà rinvigorito dalla consapevolezza, in cuor suo, di aver vinto l’Auror

«Giudico da quello che vedo, spesso sono i fatti a parlare.»

La risposta arrivò sprezzante, breve, serafica, probabilmente tutto l’opposto di ciò che si aspettava la giovane strega. Giunto ad una dozzina di piedi da Hope, Patrick si volse come se nulla fosse successo, la sua espressione era nuovamente serena, a tratti impietrita ed inespressiva.

«Vogliamo andare?»


 
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~Hope™
view post Posted on 31/7/2013, 09:56





Quell’astuto ragazzo trasudava arroganza da ogni centimetro quadrato del suo corpo; era come se fosse avvolto da una barriera, contro la quale ogni singola parola pronunciata da Hope andava ad infrangersi senza raggiungerlo realmente. Lo osservò ancora prima che egli, agilmente, si divincolasse da quella presa, non certo salda com’era stata al principio. Da un lato Hope era infastidita dalle parole e dall’atteggiamento di lui, aveva parlato senza realmente conoscerla, aveva giudicato un comportamento che lui stesso aveva provocato, ed ora era li fermo a riflettere sui suoi stessi pensieri, senza provare ne ad ascoltare ne tantomeno a comprendere ciò che la donna stava dicendo. D’altra parte però c’era qualcosa nei modi di lui, negli atteggiamenti, nell’ardore con il quale portava avanti i suoi pensieri, incurante del fatto che si trovasse dinnanzi ad un auror, un’autorità da un certo punto di vista, che inesorabilmente l’attraeva più di quanto Hope avrebbe realmente ammesso a se stessa. Rapidamente infilò la bacchetta li dove era custodita prima che quel dialogo, più simile ad uno scontro, prendesse vita ed eliminò dalla sua visuale il volto severo e nel contempo perfetto del giovane caposcuola, avrebbe fatto di tutto pur di eliminare quei pensieri dalla sua testa, così come i fatti che di li a pochi istanti si erano consumati. Il desiderio di andar via, di allontanarsi da quel posto prese inesorabilmente il sopravvento; non avrebbe aggiunto altro alle sue parole, non gli avrebbe dato modo di mettere in discussione nuovamente i suoi ideali, la sua morale, proprio lui, un semplice ragazzino, abile oratore, presuntuoso e arrogante come pochi. Con lo sguardo cercò sul pavimento il mantello che in precedenza aveva lasciato cadere per mostrare il distintivo di auror che con orgoglio portava sul petto e senza esitare ancora, ferma in quella medesima posizione, si mosse in avanti, di pochi passi, in moda da raggiungere il delicato pezzo di stoffa, per poi piegarsi e afferrarlo saldamente. Sapeva che lui era li fermo ancora, che non smetteva di fissarla, di giudicarla, di accusarla in silenzio. Ascoltò ancora le sue parole e sorridendo, si sollevò in modo da ritrovarsi nuovamente di fronte a lui, di fronte a quel ragazzo che le stava dando filo da torcere, dimostrando quanto l’età anagrafica, in certi casi, fosse nulla.

-Siamo destinati a giudicare sempre ciò che vediamo e sentiamo. Eppure quella del giudicare è un arte Swan, sei sicuro di esserne all’altezza?-

Lentamente, dopo aver afferrato con le mani la chiusa del mantello, lo indossò, lasciandolo ricadere sulle spalle ed annodandolo intorno al collo. Non avrebbe tollerato ancora altri insulti, altre parole prive di senso, altri giudizi dati da quello studente che conosceva da poco più di dieci minuti. Lo guardò ancora, dritto negli occhi, quegli stessi occhi che ormai, nel bene o nel male, sarebbero rimasti impressi nella sua mente, troppo difficili da dimenticare, troppo ossessivi da riuscire a cancellare.

-Prima o poi ti darò i fatti mettendo a tacere quei tuoi giudizi errati-

Si voltò in direzione della porta, dando ancora una volta le spalle al giovane caposcuola. Non avrebbe raggiunto il Ministro nel suo ufficio, poiché sicuramente avrebbe avuto modo di incontrala il giorno seguente al Ministero della Magia, ma più che altro per nessun motivo al mondo avrebbe continuato quella visita guidata della scuola in compagnia di Patrick e delle sue parole. Non si sentiva ferita, offesa o oltraggiata dai pensieri di lui, Hope era rabbiosa, desiderosa di dimostrare al giovane quanto si sbagliasse, distruggere quelle sue convinzioni e metterlo a tacere. Lo avrebbe fatto presto o tardi, ne era certa.

-Ti auguro un buon proseguimento di serata Swan. A presto-

Non attese la risposta di lui, iniziò a camminare in direzione della porta e non appena l’aria fresca della notte le inondò i polmoni e il rumore della porta che pesantemente si richiudeva alle sue spalle, si fermò chiudendo gli occhi e lasciando alla mente il tempo di cancellare, almeno per il momento ogni singolo avvenimento di quella serata così come il volto di Patrick Swan.


 
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12 replies since 25/1/2013, 08:28   348 views
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