Una Prova...Individuale

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view post Posted on 8/6/2013, 10:55
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Signore Oscuro
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Vicino.
Terribilmente, magnificamente, straordinariamente vicino al SUO Castello, alla Sua Hogwarts...Ancora una volta.
Non riconoscibile agli stupidi, gretti, insulsi esseri umani, piccoli, minuscoli moscerini, avanzava lungo le vie del Villaggio, a notte inoltrata, al sopraggiungere della Mezzanotte. Poche anime avevano l'ardire di sfidare i pericoli che l'oscurità celava con tanta astuzia. Il periodo macabro e violento aveva portato via con sè molte vite. Lo stupido ragazzino, il presuntuoso piccolo nemico era riuscito ad attaccare Hogwarts. Aveva atterrito tutti...Ed ora l'attenzione era unicamente rivolta verso quel nuovo pericolo...
E ciò che più turbava il misterioso viandante celato da nero mantello e cappuccio riverso sul volto era il fatto di non essere l'artefice del Male che incombeva sul Mondo Magico. L'ira attraversava ogni sua singola cellula. Le sue membra fagocitavano rabbia e odio a tal punto da divenire lui stesso emblema di oscurità.
Nessuno avrebbe mai potuto sospettare che quella strada fosse calpastata, quella notte, dal Signore Oscuro.
Camminava lento e imperioso, assolutamente disinteressato di chi potesse malauguratamente trovarsi di fronte a lui, lungo la sua traiettoria. Avrebbe volentieri annientato tutti. Il desiderio di farlo era forte, a tratti incontrollabile. E tutto per la sola soddisfazione di vedere finalmente un pò di orrore e terrore da lui stesso causati.
Aveva deciso di agire in prima persona, di testare nuove leve e sondare quanto Male ancora esistesse in quel misero mondo capace di dare la vita solo a poveri maghetti insulsi, dediti ad un falso ed inutile Bene.
Possibile non esistesse il puro istinto? La vera crudeltà dell'Essere?
Morte, Dolore, Sangue, Tortura...
Bramava tutto ciò come aria...
E quella notte si sarebbe saziato...

 
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Aryadne Cavendish
view post Posted on 24/6/2013, 22:55





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Nonostante le giornate trascorressero calde e afose, le lunghe serate scozzesi portavano gelo e freddo nelle ossa della ragazza, inducendola a rabbrividire e maledire le differenze di temperature tipicamente schive e ignoranti come gli abitanti delle terre in cui Hogwarts giaceva.
Fosse stato per lei, avrebbe spostato la Scuola più verso la Capitale del Mondo Magico, Londra, dove tutta la grande magia inglese convergeva divenendo sempre più potente e dominante.
si avvolse nel lungo mantello nero, gli alamari d'argento brillavano quando sottili e fugaci sprazzi di luce carpivano i suoi riflessi, mostrando a tratti la sua presenza.
Il Castello era umido, freddo e buio, oramai il coprifuoco vigeva da molte ore e le uniche persone sveglie erano i prefetti e i caposcuola che facevano la ronda. E lei.
Aryadne Elizabeth Cavendish.
La creatura più irata in quel luogo.
Ad ogni silenzioso passo la lunga chioma rossa le ondeggiava sulla schiena come fiamma che lambiva un grosso ciocco di legno ardendo ribelle e divorando il buio.
I suoi occhi, benché l'oscurità la lambisse, brillavano di una luce propria, come se fossero sicuri di ciò che stava facendo, come se fossero cosci che qualcosa di grande stava accadendo.
A lunghi passi si allontanò dalla Scuola e dopo diversi freddi minuti raggiunse il vicinissimo villaggio di Hogsmeade, un paesello popolato da soli maghi e streghe.
Ogni tanto si voltava a rivolgere uno sguardo al maniero, osservando la sua struttura decrepita e malmessa in diversi punti, segno del passaggio di...Dio.
No, non era Dio.
Non si gioca a fare Dio.
Sotto il mantello la mano sinistra andò automaticamente alla bacchetta di legno di rosa, stringendola fino a far diventar bianche le nocche, il dolore ormai una distante utopia.
Lei voleva giustizia, lei voleva vendetta. Lei voleva potere, lei voleva forza.
E, più di ogni altra cosa, lei voleva Sangue.
 
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view post Posted on 4/8/2013, 12:13
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Sapeva...Sapeva che, attratta dalla notte, colta dal fastidio o dalla noia, o dal semplice desiderio di appartenere all?oscurità, colei che cercava, la preda, sarebbe giunta inconsapevolmente, ingenuamente.
Di tanto in tanto, l'Oscuro Signore, desiderava "conoscere" personalmente nuovi maghi dalle interessanti capacità ed inclinazioni.
Non che nutrisse interesse per alcuno.
Ma noia, ira, superbia, avidità, lo portavano a giocare con le proprie vittime ed i propri sudditi sino al limite tra vita e morte.
Chi mai avrebbe potuto anche solo sospettare che, nascosto da quel mantello e dal nero cappuccio si celasse il Male in persona?
Eppure, i pochi viandanti, i solitari insonni, si tenevano lontani da quella figura che avanzava, come avvisati da istinto e sesto senso di non toccare, urtare quell'Essere, di non attirare la sua attenzione.
Lord Voldemort avrebbe volentieri ucciso TUTTI, solo per il divertimento di vedere cadere ogni singolo essere umano ai suoi piedi, inerme, sconfitto, inutile.
Stringeva tra le mani la bacchetta e riscopriva di possedere più controllo di quanto fosse necessario...
Ma, dopo tutto, perchè esitare? Per quale inutile ragione risparmiare le piccole vite che osavano profanare la sua notte?
Potere, supremazia...Dominio...
Creare caos, strage, dolore, era la sua aria, il suo senso, il suo potere.
Avrebbe risparmiato qualcuno...Forse...Del resto, come avrebbe reagito la piccola preda dinanzi a orrore?
Perchè non provare?
Ella, ignara si avvicinava...
Lord Voldemort estrasse la bacchetta...Nessuno si sarebbe accorto di nulla...Rapido ed indolore...
Di fronte a lui la giovane Cavendish.
Quattro viandanti camminavano lesti sul lato opposto della strada.
Avada Kedavra
Pronunciato quattro volte, quattro lampi verdi raggiunsero gli sventurati...Nessun grido, nulla...Era stato così rapido da non dare nemmeno il tempo alle vittime di rendersi conto...di esser finiti...
Poi, l'Oscuro puntò la bacchetta sulla giovane ed attese...

 
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Aryadne Cavendish
view post Posted on 23/9/2013, 21:09





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Ad ogni passo nelle silenziose strade di Hogsmeade la sua rabbia gonfiava, invece di attenuarsi. Le gambe magre solcavano le lastricate strade della cittadina magica, poche persone erano ancora sveglie e quelle poche stavano più che altro tornando alle loro case senza guardarsi troppo intorno. Le cicale frastornavano l'udito e lei pensava sempre di più, tormentandosi, a quello che era successo mesi prima, nei sotterranei della sua scuola, a lei, ai suoi amici. Al terrore che aveva provato.
Nessuno, no, nessuno si poteva permettere di farla soffrire in quel modo, di farla tremare, di farla piangere. Ora non aveva più lacrime da versare, solo molta rabbia, ira, furore. Si sentiva cocente, si sentiva esplodere, si sentiva pronta a tutto, pronta a vendicarsi.
Sollevò lo sguardo dal terreno e osservò dritta davanti a sé una figura incappucciata che camminava nella sua direzione o che, meglio, andava per la sua strada che casualmente incontrava la sua.
Aveva distolto lo sguardo dalla strada per un semplice motivo: le cicale avevano smesso tutte insieme di fare il loro canto. Come se si fossero tutte addormentate, come se fossero tutte morte o peggio, troppo spaventate per fiatare e attirare così l'attenzione delle persone sbagliate. Continuò a camminare tenendo gli occhi chiari e brillanti puntati sull'uomo (pensò dall'altezza fosse un uomo) che camminava imponente e misterioso. Perché?
Perché d'un tratto sentiva lo stomaco stringersi, il respiro bloccarsi, la paura fremere e stringerle il petto in una morsa?
Perché sentiva il brivido del pericolo colarle sul collo e scendere nella schiena, correndo su ogni vertebra come le dita di un pianista su un vecchio pianoforte?
Un lampo, e prima ancora che potesse pensare di gridare, l'uomo estrasse la bacchetta magica e quattro lampi verdi illuminarono la buia notte, mentre quattro persone, dall'altra parte della strada abbracciavano il terreno, prive di vita.
Le loro pupille prive di luce la osservarono per un istante, e Aryadne si accorse che teneva nella mano sinistra, la dominante, la bacchetta di legno di rosa selvatica. Sollevò il braccio e lo puntò verso l'uomo ma quando distolse lo sguardo sui morti per posarlo su di lui, vide che una bacchetta nodosa dal legno chiaro la stava indicando come il lungo dito freddo della morte.
Non stette molto a pensare, non voleva morire come uno scarafaggio, schiacciato in un angolo.
Sollevò il braccio sinistro più in alto di prima, abbassando la mano in modo che il polso fosse più in alto della bacchetta, ma che la punta di questa fosse indirizzata con precisione verso la testa del suo obbiettivo, l'uomo che presto avrebbe potuto ucciderla. Doveva prendere tempo.
-Lucis Ambitus!- disse con forza e determinazione.
Appena fece l'incanto, però, si gettò lateralmente verso un vicolo lì vicino, il desiderio di vivere più forte di qualunque altra cosa.
 
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