Ad ogni passo nelle silenziose strade di Hogsmeade la sua rabbia gonfiava, invece di attenuarsi. Le gambe magre solcavano le lastricate strade della cittadina magica, poche persone erano ancora sveglie e quelle poche stavano più che altro tornando alle loro case senza guardarsi troppo intorno. Le cicale frastornavano l'udito e lei pensava sempre di più, tormentandosi, a quello che era successo mesi prima, nei sotterranei della sua scuola, a lei, ai suoi amici. Al terrore che aveva provato.
Nessuno, no, nessuno si poteva permettere di farla soffrire in quel modo, di farla tremare, di farla piangere. Ora non aveva più lacrime da versare, solo molta rabbia, ira, furore. Si sentiva cocente, si sentiva esplodere, si sentiva pronta a tutto, pronta a vendicarsi.
Sollevò lo sguardo dal terreno e osservò dritta davanti a sé una figura incappucciata che camminava nella sua direzione o che, meglio, andava per la sua strada che casualmente incontrava la sua.
Aveva distolto lo sguardo dalla strada per un semplice motivo: le cicale avevano smesso tutte insieme di fare il loro canto. Come se si fossero tutte addormentate, come se fossero tutte morte o peggio, troppo spaventate per fiatare e attirare così l'attenzione delle persone sbagliate. Continuò a camminare tenendo gli occhi chiari e brillanti puntati sull'uomo (pensò dall'altezza fosse un uomo) che camminava imponente e misterioso. Perché?
Perché d'un tratto sentiva lo stomaco stringersi, il respiro bloccarsi, la paura fremere e stringerle il petto in una morsa?
Perché sentiva il brivido del pericolo colarle sul collo e scendere nella schiena, correndo su ogni vertebra come le dita di un pianista su un vecchio pianoforte?
Un lampo, e prima ancora che potesse pensare di gridare, l'uomo estrasse la bacchetta magica e quattro lampi verdi illuminarono la buia notte, mentre quattro persone, dall'altra parte della strada abbracciavano il terreno, prive di vita.
Le loro pupille prive di luce la osservarono per un istante, e Aryadne si accorse che teneva nella mano sinistra, la dominante, la bacchetta di legno di rosa selvatica. Sollevò il braccio e lo puntò verso l'uomo ma quando distolse lo sguardo sui morti per posarlo su di lui, vide che una bacchetta nodosa dal legno chiaro la stava indicando come il lungo dito freddo della morte.
Non stette molto a pensare, non voleva morire come uno scarafaggio, schiacciato in un angolo.
Sollevò il braccio sinistro più in alto di prima, abbassando la mano in modo che il polso fosse più in alto della bacchetta, ma che la punta di questa fosse indirizzata con precisione verso la testa del suo obbiettivo, l'uomo che presto avrebbe potuto ucciderla. Doveva prendere tempo.
-Lucis Ambitus!- disse con forza e determinazione.
Appena fece l'incanto, però, si gettò lateralmente verso un vicolo lì vicino, il desiderio di vivere più forte di qualunque altra cosa.