| Allen Walker
"Se si vive una volta sola vivo col cuore in gola".
Ciò che consideriamo su un piano superiore della realtà, morale, etico o anche spirituale, altro non è che un livello generato dalle norme che noi stessi ci siamo dati. La realtà non cambia a seconda di come lo decide ogni individuo, la società è su un altro piano. Non siamo certo noi a stabilirne le regole perché essa è stata generata dalle credenze, dai costumi, in altre parole dalla cultura, dal bagaglio a priori stabilito che ci portiamo dietro in qualsiasi circostanza. Pensare di essere, sommando i nostri modi di essere, la società che componiamo fisicamente è una mera ed insensata forma di arroganza. Una parte per il tutto non funziona realmente su quel piano della realtà, perché ci ingannerebbe in un modo subdolo e irriconoscente. Hogwarts era così. Una piccola comunità che tramandava una propria cultura, un modo di essere nei costumi e nel pensiero, che ormai era divenuto un ideale etico e non più semplicemente una scuola ed una somma di alunni traghettati dai professori. Un'entità del genere, che aveva creato un proprio modo di esistere, era una fantastica realtà regolata dalle norme che limitavano l'agire umano, incanalandolo in un mondo che altri non potevano capire. Superiore? Chi poteva permettersi di affermare ciò probabilmente sarebbe stato ritenuto dall'antropologia moderna un fanfarone ed un incompetente. Un etnocentrico che giudicava dal suo comodo trono d'avorio in una città incantata. Quella magica, era al pari delle altre, una cultura complessa che trattava modi di esistenza differenti ma pur sempre umani e quindi concernenti i loro errori più atroci. La storia ce lo aveva insegnato tanto in Europa quanto nel mondo magico, lo sconvolgimento della guerra non cambia la cultura ma l'abitudine degli uomini che l'anno vissuta. Ordunque chi viene dopo si scontra inevitabilmente con l'altro che ritiene inferiore. *Prima o poi potrebbe accadere* Di pensare forse ad una guerra con i popoli babbani? C'è chi sosterrebbe, come sembra più logico, che i maghi del mondo incantato avrebbero potuto dominare l'umanità. In realtà questi paladini del bene comune ed universale non sarebbero riusciti ad eliminare gli errori della storia e, con essa, tutto ciò che ne sarebbe derivato. *Questi pensieri prima di pranzo non sono proprio un bene* In quella mattinata fresca il piccolo Allen Walker non aveva assai da fare. Il primo week-end della sua esperienza ad Hogwarts gli aveva lasciato soltanto qualche lezione di Transfigurazione e Storia della Magia e tanti, tantissimo, compiti da svolgere per il lunedì successivo. Il "Monday lavorativo" che l'attendeva dopo sarebbe stato praticamente un altro devastante giorno di lezioni, nozioni e quant'altro. Da quando il cappello parlante si era appoggiato sulla sua testa e, con una filastrocca simpatica, smistato nella gloriosa casata dei Serpeverde la sua ambizione era cresciuta quasi in maniera spropositata. Già, in cuor suo lo sperava. Le serpi erano la storia di quell'istituto, tutt'altro rispetto agli anonimi tassorosso e corvonero, aveva ereditato la casata della madre ed ora girava con la divisa ricoperta di stemmi e color verde. In così poco tempo non aveva né visto la scuola né approfondito nuove amicizie. In tanti erano giunti a salutarlo dal momento in cui era entrato a far parte dei Verde-Argento ma quei saluti cerimoniali di rispetto sembravano più una sottomissione forzata ad un sovrano che non esisteva, o che non si faceva vedere da tempo, tanto che era stato dimenticato. *Non mi servono delle preghiere*. Eppure non era rabbia quella che sentiva dentro ripensando a quella freddezza strana che gli avevano palesato, piuttosto era un senso di negazione di quel modo di essere. *Non voglio certo finire in questo modo - aveva pensato in quell'occasione il piccolo Allen -. Non perderò me stesso per un bene superiore, non sacrificherò la mia personalità*. D'altronde la prima settimana era stata dura, anzi spregevole. La lontananza dalla sua casa si faceva sentire, la mancanza della mamma e del papà, e degli amici con cui da piccoli giocava. Non faceva differenza che fossero babbani o meno, che le loro culture fossero, meglio, differenti. Appartenevano alla stessa razza, quella umana s'intende. Diede una carezza al Solemboom, il suo piccolo gattino nero che aveva acquistato al negozio di animali. Lui era l'unico amico che aveva, ma certo non poteva portarlo con sé in ogni anfratto della scuola. Quel piccolo scricciolo nero di appena 4 mesi camminava a stento, o meglio riusciva a stento a stare al suo passo, e portarlo in braccio tutto il dì era pesante. Spesso lo lasciava nella sua stanza in libertà, ma la maggior parte del tempo restava sdraiato sul suo letto. Quel gatto era una creatura molto pigra cui il piacere sembrava perseguitarlo come un chiodo fisso. D'altronde era tipico, questo si, della sua razza. E' troppo una bella giornata per restare chiusi qui a studiare no? Chiese al gattino prendendolo tra le braccia, nemmeno stavolta gli avrebbe consentito di camminare da solo perché l'avrebbe rallentato, ed Allen era tutt'altro che paziente in quel momento, anche se non si sarebbe mai potuto innervosire con Solemboom.
Il giovane Allen Walker imboccò la strada che conduceva fuori dal dormitorio e fece per entrare nella sala delle scale magiche. La sua intenzione era quella di arrivare al primo piano e godersi il fresco del terrazzo che affacciava la sotto. Iniziò a percorrere la scala, ma a metà del suo percorso una specie di piccolo terremoto scosse la scala ed il cuore gli saltò in gola. La rampa si spostò come se fosse comandata da una forza invisibile e salì portandolo in alto. Lo spaesato Allen non contò quanti piani avesse saltato ma quando la scala si fermò sul pianerottolo non ci pensò due volte a saltare giù scendendo a quel piano. *Maledette scale, mi ero completamente dimenticato che si spostano da sole*. Si sorprese nel notare che anche i quadri in quelle stanze avevano qualcosa da dire. Qualche spirito lo chiamò ma lui non ci fece caso, lo annoiavano le storie dei nonni figurarsi quelle dei morti, per non contare che il primo giorno il quadro dei Serpeverde gli aveva fatto perdere un mucchio di tempo con inutili ciance riguardo un tale di nome Salazar. *Sarà una città importante* Pensava erroneamente il piccolo Allen che di tutto ciò aveva ascoltato e capito ben poco. Se fosse rimasto concentrato sempre al massimo, d'altronde, come sarebbe poi riuscito a rimanere lucido a lezione? Dopo un po' che camminava per il corridoio sentì un urlo, uno squillo acuto che catturò la sua attenzione. Non sembrava quello di uno spirito, così imboccò un'altra strada e seguì quell'acuto. Dopo qualche secondo di camminata lasciò andare Solemboom che lo seguì poco più dietro. Svoltando l'angolo trovò, inaspettatamente, due piccoline della sua età, circa, che parlottavano tra loro. Una di loro era biondina, l'altra coi capelli scuri, e sembravano l'una l'opposto dell'altra. *Blea, femmine..* Solemboom, il gattino, notò invece che la ragazzina dai capelli neri aveva con sé una gatta e le si avvicinò di corsa lanciandosi in mezzo alle due ragazzine. Probabilmente spaventandole, ed avvicinandosi alla sua simile. *Stupido gatto!* Pensò pentendosi subito dopo di aver sgridato, anche se mentalmente, il suo amichetto peloso. Ehm... Ciao. Disse avvicinandosi alle due bambine. Pare che il mio amico sia contento di fare amicizia. Disse indicando i due gatti, ma Solemboom sembrava più piccolo della gatta. Ah, visto che ci siamo sapete come si esce di qua? Io sono Allen Walker. Disse aprendo la mano in segno di saluto alle due fanciulline.
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