Lente Trasfigurazioni, Privata per Elhena

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Ainhoa Torres
view post Posted on 21/4/2014, 14:54




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Edited by Ainhoa Torres - 22/5/2014, 23:50
 
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view post Posted on 25/4/2014, 21:13
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Dei tanti luoghi di Hogwarts, la Biblioteca non era di certo uno di quelli che Elhena frequentava spesso, sebbene non al livello delle torri, che avrebbe volentieri evitato del tutto se le lezioni di Divinazione e di Astronomia non si fossero tenute ai piani più alti della scuola. E se la sua avversione per le torri derivava dal disagio che l’altezza le provocava, soprattutto quando era costretta ad avvicinarsi pericolosamente alle finestre per ammirare il cielo stellato con il telescopio, stando bene attenta a non guardare giù, verso il lontanissimo terreno, quella per la Biblioteca non aveva nulla a che vedere con lo studio. Alla Tassina, infatti, non dispiaceva passare il tempo sui libri, magici o Babbani che fossero, ma preferiva farlo nella quiete della sua Sala Comune, seduta al tavolino divenuto ormai familiare dopo quasi tre anni, oppure accoccolata vicino al fuoco sulla sua poltrona preferita, in particolare dopo una lezione di pozioni particolarmente fredda.
Oddio, il posto non era propriamente silenzioso. C’erano gli sporadici miagolii dei mici delle sue compagne di stanza e delle sue concasate in generale, nascosti sotto i letti, acciambellati sui cuscini o impegnati a rifarsi le unghie sui muri o sui sedili imbottiti delle sedie; c’erano gli strilli offesi della sua Puffola Pigmea, quando Elhena si dimenticava di darle da mangiare e l’animaletto non era in grado di provvedere da sola a tale esigenza. C’era il rumore di passi della gente che andava e veniva, annunciata dal rumore ritmico delle dita sulle botti all’ingresso, c’era il chiacchiericcio delle primine, c’era il fruscio dei quaderni infilati frettolosamente nelle borse, da chi era perennemente in ritardo.
C’era il suono della vita.
Al contrario la Biblioteca era troppo silenziosa. Ad Elhena il silenzio piaceva, però quello della Biblioteca le pareva – ed era stato così fin dal primo momento – malato. Il silenzio disperato degli ospedali. Il silenzio ipocrita di molte chiese, che le faceva correre un brivido freddo lungo la schiena.
Inoltre il ricordo della caccia al Libro di Taliesin, accompagnato da tutti i lividi che le aveva provocato, era ancora vivido nella sua mente, insieme al viso un poco arcigno e per nulla accogliente della bibliotecaria, e il tutto contribuiva a incollarle alla pelle un senso di ansia e di disagio ogni volta che varcava la soglia di quella stanza.
Tuttavia quel giorno aveva assolutamente bisogno di alcune informazioni a proposito di chi aveva inventato il Pensatoio e la Metropolvere, senza contare che doveva scorrere di nuovo l’Almanacco delle Pozioni per ricontrollare certi dati di cui non era sicura. Perciò quella mattina si era ripromessa di recarsi in Biblioteca durante il pomeriggio, non appena fossero terminate le lezioni e, perché il pranzo non contribuisse a farle cambiare idea, a colazione aveva infilato un paio di panini al prosciutto in borsa per placare la fame di mezzogiorno.
Chiese i libri che le servivano, perché era vero che avrebbe preferito non parlare con la bibliotecaria (per non disturbarla, sia chiaro. Quella donna non amava essere disturbata), ma allo stesso tempo gettarsi alla ricerca dei volumi da sola avrebbe significato il suicidio. Si sarebbe persa fra gli scaffali. O, peggio, avrebbe rischiato di finire nel Reparto Proibito senza nemmeno accorgersene.
Poi, con i tomi sottobraccio, si aggirò fra i tavoli alla ricerca di un posto libero. Ce n’erano molti, in verità, per una serie di fattori, ma l’attenzione della Tassina fu attirata da una ragazza in divisa da Grifondoro con i capelli castani su un libro di…Trasfigurazione.

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L’attenzione di Elhena si accese. Trasfigurazione era la sua materia preferita, insieme a Storia. Si fece coraggio e, sussurrando, chiese:
“Posso sedermi qui?”, indicando la sedia di fronte alla rosso-oro. quindi, timidamente, aggiunse: “Trasfigurazione? Mi piace come materia”.

 
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view post Posted on 30/4/2014, 07:49
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Appoggiò i libri, tenuti fino a quel momento sottobraccio nello spazio appena lasciato libero dalla ragazza Grifondoro e prese posto di fronte a lei, facendo grattare la sedia sul pavimento mentre la trascinava per avvicinarla il più possibile al tavolo.
Grazie!


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Il nome dell'altra non le era del tutto nuovo. Più volte, infatti, l'aveva incontrato nelle voci di corridoio dell'ultimo anno, passato di bocca in bocca, mentre la clessidra dei Grifi si colmava di scintillanti rubini. Si mormorava che, con i suoi ottimi voti, avesse guadagnato una cifra prossima ai mille punti già in pochi mesi, contribuendo in maniera non indifferente alla conquista da parte dei rosso-oro della Coppa delle Case. Per la prima volta, dopo anni, era tornata nelle mani degli adepti di Godric, sebbene negli ultimi mesi i Corvonero avessero dimostrato il loro desiderio di rivalsa. E se Corvonero avesse vinto la coppa, Tassorosso si sarebbe impegnato il doppio per sottrargliela.

A proposito, mi chiamo Elhena.

Si presentò, aspirando l'acca. Fino a poco tempo prima, aveva considerato quella lettera come muta, nulla di più che un semplice ornamento linguistico. Un vezzo privo di una reale utilità. Poi aveva scoperto la corretta pronuncia del nome e si era affrettata a correggere. Evidentemente i suoi genitori ritenevano che fosse finalmente abbastanza grande per non incespicare su nessuna sillaba.
Aprì il volume di Storia, premendo per bene le pagine in modo che rimanessero aperte anche senza una mano a tenerle bloccate. Si trattava di un libro abbastanza vecchio, dalla costa in parte scucita, e per fortuna non accennò a richiudersi.

Pozioni non mi dispiace. Anche perché è una delle materie in cui me la cavo meglio.

Fattore non indispensabile - dopotutto andava bene anche in Erbologia, ma ciò non gliela rendeva meno avversa - e, allo stesso tempo, non indifferente.

Però preferisco Trasfigurazione. È affascinante. Se ci pensi dimostra che tutto ciò che esiste, sotto sotto, è fatto allo stesso modo.

Wow, una frase lunga! Un record! Stava migliorando.
Prese un pezzo di pergamena dalla borsa, intinse con cura la penna nel calamaio, grattando gli ultimi rimasugli di inchiostro (avrebbe dovuto ricomprarlo al più presto) e disegnò un cerchio grande circondato da altri più piccoli, sui quali tracciò un "-".


Atomo
Dopotutto siamo fatti tutti da atomi e molecole, no?

 
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view post Posted on 9/5/2014, 09:00
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Già concordò Elhena a proposito di quanto fosse difficile convivere con un nome difficile o da scrivere o da pronunciare o entrambi. In realtà Hogwarts sarebbe stata piena di studenti dai nomi esotici, quasi a far diventare una rarità chi ne aveva uno normale. Nei registri e sulle firme in calce ai manifesti affissi in bacheca si trovavano nomi di piante magiche o di antichi dei, di stelle e pietre preziose. Persino quelli che ad una prima impressione sarebbero parsi in confronto banali, dopo una più attenta analisi si rivelavano possedere un grafia speciale. Magari con la lettera ipsilon che sostituiva la più comune i. Oppure si usava l’Acca. Elhena ne era la prova.
Anche quando non è muta, ma aspirata è difficile farla sentire. Spesso mi chiamano Helena.
Anche qualcosa di più che spesso. Ormai era diventata una costante. Quando poi gli altri ragazzi iniziavano a rivolgersi a lei con un diminutivo, questo puntualmente si rivelava essere El. Al massimo Ele. Non che alla Tassina dispiacesse, perché in fondo era anche un segno di amicizia (o forse di pigrizia?), ma da sempre, da quando aveva due anni, dal primo momento che riusciva a ricordare, lei era stata chiamata “Lhena”. Era questo il diminutivo che usavano suo padre e sua madre, con prevalenza di quest’ultima. Per lei udirlo significava trovarsi in un luogo sicuro, in pace con se stessa e col mondo. Soprattutto i suoi genitori erano soliti servirsi del suo nome intero quando erano arrabbiati (più solitamente… ricchi di disappunto) con lei. Se poi aggiungevano il cognome, be’, allora la ragazza doveva seriamente cominciare a preoccuparsi e a paventare una qualche punizione. Per fortuna accadeva di raro.
Sei spagnola? chiese per cambiare discorso. La provenienza geografica poteva essere un ottimo punto di appoggio, saldo e sicuro, per rompere l’imbarazzante ghiaccio che separava due persone al loro primo incontro e poter costruire un ponte che le unisse in una rete di legami sempre più vasta. La rete di Elhena era limitata e debole. Conosceva poche persone e la maggior parte di quella già scarsa quantità solo in modo superficiale. Mordicchiò la punta della penna d’oca, prima di chinare rapidamente la testa con la scusa di voler scrivere qualcosa sul foglio di pergamena steso di fronte a lei. Il pensiero aveva portato una ruga di preoccupazione sulla sua fronte, proprio in mezzo agli occhi, e lei non voleva che si vedesse. Quando rialzò gli occhi, il cervello aveva fortunatamente elaborato un altro pezzo della conversazione.
Lo sento dal tuo accento spiegò, memore della parlata spagnola con tendenza catalane che aveva sentito circa due estati prima, quando aveva trascorso le ultime due settimane di agosto al mare nei pressi di Barcellona. Ricordava il sole sui capelli schiariti, il profumo della crema solare sulla delicata pelle inglese che dopo pochi giorni era già squamata, il sapore del gelato o degli spiedini di pesce lungo La Rambla. Con Manuel aveva giocato ad individuare i maghi nella folla.
Detto ciò, si sporse in avanti per sbirciare il titolo del libro che Ainhoa aveva portato con sé. Stava studiando l’Horam Instrumentum Cuculi, dunque? Lezione esilarante quella, se non fosse stato per i compiti extra.

Dovrei ricordare un paio di libri utili. Anche alla tua classe la professoressa Bennet ha dato dei compiti in più come punzione per aver ridacchiato durante la lezione?
Poi arrossì. Non aveva bisogno di uno specchio per accorgersene. Dopo anni era perfettamente in grado di riconoscere quel lieve calore sulle guance e sulla punta del naso. Più raramente sulle orecchie. Arrossì per il complimento fattole dalla Grifondoro.
Non sono un genio. Mi impegno soltanto. Penso sia il minimo
Gli occhi erano fissi sul disegno del fiore di Ainhoa. Era un siegno a matita, dal tratto pulito e preciso. I denti morsero delicatamente le labbra.



L’hai disegnato tu? Per me?
La seconda questione fu posta con molta più cautela, con una voce più bassa, addirittura più bassa del livello già minimo tenuto nella biblioteca, per evitare di gettarsi a capofitto nel terreno della delusione. Raramente Elhena riceveva regali e mai così spontanei. Fatta eccezione per il nastro datole da Chris mesi prima, nessuno che non fossero mamma e papà ( o nonni) le aveva regalato qualcosa. Ci sarebbe stato il suo fantastico zio, ma al momento era ancora via e non sarebbe tornato fino all’estate successiva. Né si fidava delle poste. Manuel aveva proposto di inviargli un gufo ( i gufi trovano sempre il loro destinatario), ma Lysa era stata irremovibile.
"Laurence non a nulla della magia. E questo non è né il momento né il modo per rivelargli la verità" aveva detto.

 
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