Dei tanti luoghi di Hogwarts, la Biblioteca non era di certo uno di quelli che Elhena frequentava spesso, sebbene non al livello delle torri, che avrebbe volentieri evitato del tutto se le lezioni di Divinazione e di Astronomia non si fossero tenute ai piani più alti della scuola. E se la sua avversione per le torri derivava dal disagio che l’altezza le provocava, soprattutto quando era costretta ad avvicinarsi pericolosamente alle finestre per ammirare il cielo stellato con il telescopio, stando bene attenta a non guardare giù, verso il lontanissimo terreno, quella per la Biblioteca non aveva nulla a che vedere con lo studio. Alla Tassina, infatti, non dispiaceva passare il tempo sui libri, magici o Babbani che fossero, ma preferiva farlo nella quiete della sua Sala Comune, seduta al tavolino divenuto ormai familiare dopo quasi tre anni, oppure accoccolata vicino al fuoco sulla sua poltrona preferita, in particolare dopo una lezione di pozioni particolarmente fredda.
Oddio, il posto non era propriamente silenzioso. C’erano gli sporadici miagolii dei mici delle sue compagne di stanza e delle sue concasate in generale, nascosti sotto i letti, acciambellati sui cuscini o impegnati a rifarsi le unghie sui muri o sui sedili imbottiti delle sedie; c’erano gli strilli offesi della sua Puffola Pigmea, quando Elhena si dimenticava di darle da mangiare e l’animaletto non era in grado di provvedere da sola a tale esigenza. C’era il rumore di passi della gente che andava e veniva, annunciata dal rumore ritmico delle dita sulle botti all’ingresso, c’era il chiacchiericcio delle primine, c’era il fruscio dei quaderni infilati frettolosamente nelle borse, da chi era perennemente in ritardo.
C’era il suono della vita.
Al contrario la Biblioteca era troppo silenziosa. Ad Elhena il silenzio piaceva, però quello della Biblioteca le pareva – ed era stato così fin dal primo momento – malato. Il silenzio disperato degli ospedali. Il silenzio ipocrita di molte chiese, che le faceva correre un brivido freddo lungo la schiena.
Inoltre il ricordo della caccia al Libro di Taliesin, accompagnato da tutti i lividi che le aveva provocato, era ancora vivido nella sua mente, insieme al viso un poco arcigno e per nulla accogliente della bibliotecaria, e il tutto contribuiva a incollarle alla pelle un senso di ansia e di disagio ogni volta che varcava la soglia di quella stanza.
Tuttavia quel giorno aveva assolutamente bisogno di alcune informazioni a proposito di chi aveva inventato il Pensatoio e la Metropolvere, senza contare che doveva scorrere di nuovo l’Almanacco delle Pozioni per ricontrollare certi dati di cui non era sicura. Perciò quella mattina si era ripromessa di recarsi in Biblioteca durante il pomeriggio, non appena fossero terminate le lezioni e, perché il pranzo non contribuisse a farle cambiare idea, a colazione aveva infilato un paio di panini al prosciutto in borsa per placare la fame di mezzogiorno.
Chiese i libri che le servivano, perché era vero che avrebbe preferito non parlare con la bibliotecaria (per non disturbarla, sia chiaro. Quella donna non amava essere disturbata), ma allo stesso tempo gettarsi alla ricerca dei volumi da sola avrebbe significato il suicidio. Si sarebbe persa fra gli scaffali. O, peggio, avrebbe rischiato di finire nel Reparto Proibito senza nemmeno accorgersene.
Poi, con i tomi sottobraccio, si aggirò fra i tavoli alla ricerca di un posto libero. Ce n’erano molti, in verità, per una serie di fattori, ma l’attenzione della Tassina fu attirata da una ragazza in divisa da Grifondoro con i capelli castani su un libro di…Trasfigurazione.
L’attenzione di Elhena si accese. Trasfigurazione era la sua materia preferita, insieme a Storia. Si fece coraggio e, sussurrando, chiese: “Posso sedermi qui?”, indicando la sedia di fronte alla rosso-oro. quindi, timidamente, aggiunse: “Trasfigurazione? Mi piace come materia”.