| I biondi capelli spettinati, il volto stropicciato e la faccia vagamente assonnata fecero realizzare a Eloise la più lampante delle illuminazioni: quell ragazzo stava forse dormendo? Erano anni che il tatto consono a una persona civile si era rinchiuso in cantina, e sempre più spesso la Tassorosso riusciva a piombare in maniera inappropriata nelle quotidianità altrui. Mentre il compagno di Casata cercava di realizzare quali erano le ragioni della sua esistenza, i secondi si protraevano lentamente. Il silenzio piombava su di loro, ed Eloise iniziava a sudare freddo, facendo una veloce scansione di tutte quelle cose che potevano non andare in lei. Dall’odore all’aspetto, ai vestiti, alle scarpe. E come sempre capita in quelle occasioni della vita, la sua mente lavorava al triplo della velocità, considerando e scartando opzioni, mentre il tempo sembrava rallentato. Fu quando incrociò il suo sguardo che rimosse tutte quei problemi dalla testa. I suoi occhi erano rossi. Non verdino-chiaro-un-po’-giallino, non blu-profondo-quasi-viola, ma rossi davvero, un po’ arancioni. Tipo i suoi capelli. Una cosa inaudita. In un guizzo di idiozia pensò che assomigliavano davvero ai suoi capelli, e se la chioma del ragazzo fosse stata sul verde si sarebbero abbinati, a caratteristiche scambiate. Il suo sguardo indugiò sui capelli di lui, pensando che sarebbe stato divertente vedere qualcuno che li portava verdi, per moda o per natura. Beh, lui aveva gli occhi rossi, proprio ordinario non era. Nel frattempo, ignaro della grande stupidità della ragazza, il compagno le stava facendo spazio sul tavolo. Doveva essere una scocciatura, considerando quanta poca gente c’era in Biblioteca; d’altro canto, lui si era espanso ben di più del normale. E lei, che era la prima a creare un disordine immane quando si metteva a lavorare su qualcosa, sapeva bene quanto fosse fastidioso cercare di contenerlo. Appoggiò il libro sul tavolo e la borsa sulla sedia accanto a quella su cui si sarebbe seduta. Ancora in piedi, rispose alla presentazione di Aaron – Aaron, memorizza il nome, si chiama Aaron – stringendogli la mano.«Grazie mille, Aaron, io sono Eloise!» Aveva imparato che ripetere il nome della persona che si era appena presentata facilitava di molto il lavoro cerebrale necessario per ricordarsi i nomi, e associarli ai volti. A differenza del ragazzo, accompagnò la frase con un sorriso a trentadue denti, ognuno dei quali esprimeva la sua gratitudine per lo spazio ceduto. Stava per prendere fiato e fargli una battuta sulla combinazione occhi-capelli, e suggerendogli di prendere in considerazione una tinta, ma si censurò. Il compagno non sembrava in vena di scherzare e non era il caso di abusare della gentilezza che le era stata dimostrata. Tirò fuori dalla borsa tutto il materiale che le sarebbbe stato necessario: boccetta, penna, pergamena, libro di Incantesimi e Animali Fantastici. Srotolò la pergamena su cui stava lavorando per rintracciare il testo della domanda che era rimasta in sospeso. Vergata nella sua scrittura disordinata e un po’ infantile, recitava: Di quale creatura che odia il Lumos Solem si parlava a lezione? . Aprì il libro Creature Oscure, che stava innocuo alla sua destra. Poco più in là, giaceva un sacchetto di Api Frizzole, vittima di un saccheggio selvaggio, che ne aveva lasciato solo una superstite. Eloise pensò che tecnicamente non potevano mangiare in Biblioteca, e sorrise, apprezzando il gesto temerario del ragazzo. Lo guardò di sottecchi, chiedendosi a che anno fosse e cosa lo portava a stare chiuso in quel luogo di libri in una mattina così luminosa. Ed ecco che il pensare alla luce le fece sovvenire alla mente il compito che incombeva su di lei. "Creature dell’oscurità... C’è forse un indice che vi elenca tutte quante? Non potrete sfuggirmi!", pensava la giovane, mentre sfogliava silenziosamente le pagine.
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