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view post Posted on 19/2/2015, 21:08
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all that is gold does not glitter, not all those who wander are lost

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L’ennesima atmosfera piovosa faceva da scenario a quel tardo pomeriggio in Sala Grande. Il vociare degli studenti era accompagnato dal costante e interminabile rumore della pioggia, colonna sonora perfetta per quelle ore passate sulle pergamene.
Eloise Lynch, il capo appoggiato sul mento, temporeggiava su quel compito da troppo, ormai. In quella giornata era successo di tutto: si era rotta la punta della sua piuma, ben 3 mosche le erano volate davanti, e i nodi sul legno del tavolo sembravano essersi moltiplicati. Insomma, aveva fatto di tutto pur di distrarsi da quanto l’attendeva.
Per non parlare del soffitto incantato: quanti suoi sguardi aveva attirato! Quanto era facile iniziare a volare con la fantasia semplicemente mettendosi a fissarlo con ostinazione. Era sicura che la sua capacità di distogliere l’attenzione dalle faccende più importanti fosse aumentata esponenzialmente negli ultimi tempi.
Con uno sbuffo, passò dalla posizione pensierosa a una più adatta al suo nuovo obiettivo: addormentarsi sulle pergamene. Non sembrava così difficile, visto che il compito che avrebbe dovuto svolgere era quello sugli egizi.
Durante la lezione si era distratta talmente tanto che non aveva la minima idea del punto da cui sarebbe dovuta partire per rispondere a quelle domande. E per di più da quando le avevano detto che Peverell esigeva un livello di accuratezza molto elevata, si era trovata con il blocco da pagina bianca.
Pessima, pessima idea, sussurrò la sua coscienza.
Questa volta se l’è cercata, rispose il suo esattore interno.
Da un po’ di tempo Eloise aveva iniziato a fare scommesse con se stessa. Erano sfide interne che di giorno in giorno si lanciava: se non fai questo, dovrai fare quello; se non ce la fai ad arrivare a questo, allora ci rimetterai l’altro, e via discorrendo. Fino ad allora non aveva sgarrato: o aveva portato a termine le sue personali missioni, o aveva pagato le conseguenze.
La tristezza di quel giorno era dovuta proprio a una di quelle idee geniali. Con la certezza di riuscire nell’intento si era detta: “se non finirai questo compito entro giovedì, andrai a parlare con Peverell e a chiarirti le idee”. Quel giovedì era arrivato ed era passato, e adesso non le restava che accettare la sconfitta. Dannata lei, quanto si era illusa di riuscire a terminare quel compito! Era incredibile quanto Storia riuscisse a causarle narcolessia... Non era mai stata una grande dormigliona, ma davanti a Storia tutte le sue certezze crollavano.
Non aveva scelta, non poteva ignorare quel patto che aveva sigillato con il suo esattore interno. D’altro canto, era stato lungimirante: il confronto con il professore sarebbe potuto essere un buon punto di partenza per prendere per il verso giusto quella materia.
Con fare svogliato, iniziò a raccogliere la sua roba e a riporla in maniera semi-casuale nella borsa. Se la mise a tracolla e, dopo aver dato un ultimo sguardo malinconico all’affascinante soffitto, quasi stesse partendo per la guerra, abbandonò la Sala Grande.
Anche se l’ufficio si trovava al primo piano, un movimento inaspettato di una scala le stava facendo perdere la strada. Ma i lunghi pomeriggi impiegati a perlustrare il Castello le permisero di rimettersi sul cammino corretto e riprendere le fila della sua missione quotidiana.
Una volta giunta davanti alla porta, fece un profondo respiro e bussò.
 
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view post Posted on 20/2/2015, 18:45
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Una splendida giornata di pioggia.
Il battere ritmico e regolare delle gocce sulle vetrate multicolore guidava l'alacre lavoro pomeridiano, prima che giungesse l'ora di cena, intervallato da forti scrosciate, sulle ali di improvvise folate, di un vento tiranno, che si burlava degli sprovveduti al Campo di Volo, alle prese con gli ultimi ritrovati, degli anni '40, dell'Arte delle Scope. Shinretsu era pazzo, loro peggio di lui, e la Preside probabilmente più di tutti messi insieme, l'utilità di tutto quello? Già con il bel tempo una Scopa era inutile, figurarsi poi con la pioggia, o con un tornado. Le scope andavano bene per essere stregate, e spazzare il pavimento, l'utilità si fermava, moriva lì, non c'era bisogno di alcuna querelle accademica sul come calcolarla, non esisteva, al più sarebbe stata certo negativa. Pensare di essersi fatto convincere a scrivere quell'articolo, aveva un qualcosa di ridicolo. Come di consueto non attendeva visite, figurarsi, anche senza attenderle si moltiplicavano, e la pila di compiti in attesa di sentenza andava elevandosi in altezza, ed instabilità. Era voce diffusa, com'era sempre stato, che più lungo fosse, meglio andasse, il che era decisamente deprecabile, quanto inesatto, ma per quanto si fosse sbracciato nel negarlo, non avrebbe sortito effetto alcuno, al che il silenzio, e la normale amministrazione, sembravano le migliori risposte. Una pacata, affabile efficienza, di stampo anglo teutonico, quanto si erano capovolti gli equilibri? Gli Angli ed i Germani da Barbari con asce e baffoni, erano divenuti emblemi e garanzia di efficienza, di contralto i civilizzati cittadini del mediterraneo, piacenti gaudenti perdigiorno. Ma poco importava. Prima che ricominciasse la settimana c'era tempo, tempo di evadere tutte le pratiche, tempo di sistemare la faccenda a Londra, e presentarsi vittorioso, con una sfilza di morigerate sentenze che potessero accontentare tutti, e quindi nessuno. In fondo, se non trovavano la quadra, non era solo colpa sua. Era pacifico. Ci voleva tempo.
Rinata a nuova vita, turbata dalla pioggia battente, Minerva nel fulgido piumaggio, sostava sul solito trespolo, rosse le piume, porpora la veste, quasi a voler prendere le distanze che prendevano entrambi, pur con modi diversi, da quella sorta di caligine che sembrava voler stringere in una morsa il Castello. In fondo, che piovesse, in Scozia, non era poi una gran novità, no? Con l'appropinquarsi tacito, ma lecito dell'autunno, ormai dovevano scontarlo, i resti di quella che era stata una mite e clemente estate erano ormai carta straccia, ed una manciata di foglie non ancora appassite.
Classico, come la pioggia, e come lo scoppiettio del caminetto, il risuonare del bussare alla porta. Se venivano in cerca di clemenza, come quegli sciamannati dell'ora di pranzo, avevano sicuramente sbagliato a capire.


Avanti!

 
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view post Posted on 24/2/2015, 22:48
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Erano mesi, ormai, che l’impegno scolastico di Eloise Lynch si era rivelato desolante. Troppe scorribande e troppe distrazioni avevano causato ingiustificabili ritardi nella consegna dei compiti, che presto l’avrebbero portata a ricevere una Strillettera. Ne era così sicura che si sarebbe giocata un dito, ma visti i recenti sviluppi avrebbe evitato per qualche tempo di fare scommesse con se stessa. Alla tua età, i tuoi fratelli erano molto più indipendenti e responsabili di te – già intravedeva le parole vergate nell’elegante scrittura di sua madre: alla tua età i tuoi fratelli... La sensazione peggiore era la consapevolezza che sua madre avrebbe avuto ragione. Che quella fosse l’occasione di dare una svolta alle sue pessime abitudini?
In quei pochi attimi di attesa, sull’orlo di quella eventuale svolta, Eloise fissava il legno spesso, unica frontiera tra lei e il cambiamento. Nella testa si chiedeva come avrebbe dovuto esordire, formulando ipotetiche frasi: Buongiorn- no, si censurava. Era già pomeriggio, dunque un “buon pomeriggio, professore”, sarebbe stato più appropriato. E poi avrebbe continuato con un “sono venuta per chiederle...”. Chiederle cosa? Come avrebbe impostato il discorso? Iniziando a sentire un caldo da agitazione, si diede della stupida per non aver impostato la frase in anticipo. L’ultimo pensiero prima di sentire l’autorevole “avanti”, fu una rassicurazione del suo lato educato: assicurati di non averlo disturbato.
La giovane Tassorosso aprì la porta, trovandosi in un ambiente confortevole.

«Buon pomeriggio, professore, spero di non averla disturbata...»
Esordì, la voce ferma, mentre lo guardava. Si girò per a chiudere la porta alle sue spalle e si concesse di dare un’occhiata allo studio.
Il primo elemento che la colpì furono le tonnellate di libri che, in un ordine sovrumano, da fare invidia al bibliotecario dell’antica Alessandria, stavano a fissarla dagli scaffali. Tutto pareva dominato dall’ordine: dai soprammobili posti nelle librerie all’arredamento della sala. Posta a paragone della sua stanza in Irlanda, quella in cui si trovava adesso pareva un vero e proprio tempio dell’ordine. Il propetario di quell’ambiente l’avrebbe forse aiutata a portare quello stesso ordine nella sua testa?
Il suo sguardo cadde sulla scrivania che, benché meno ordinata del resto della stanza, appariva ben organizzata e abbastanza spaziosa da contenere una grande quantità di libri. “Forse è questa la soluzione”, si disse Eloise, “forse basta solo una scrivania molto grande”.
Ultimo elemento ad attirare la sua attenzione fu una splendida fenice dal piumaggio infuocato, che se ne stava appollaiata sul trespolo con aria pacifica. Chissà cosa ne pensavano quelle creature delle giornate di pioggia: le loro abilità di andarsene svolazzando per i cieli erano compromesse, o la natura aveva fornito loro degli strumenti per combattere quel disagio?
Era arrivato il momento di farsi avanti, di esporre a voce alta ciò che l’aveva spinta a entrare da quella porta. L’unico modo per superare il suo blocco – Storia della Magia era farsi avanti. Si chiese cosa sarebbe successo se avesse domandato qualcosa che era già stato spiegato a lezione, qualcosa che il professore dava per scontato e che lei aveva bellamente ignorato la prima volta che le era stata spiegata.

«Sto lavorando sulla seconda lezione di Storia della Magia, ma mi trovo completamente bloccata. Temo ci siano degli elementi che mi sfuggono. Ciò che ricordo dalla lezione mi permette di rispondere solo in parte alle domande del compito, ma so che non posso fermarmi a quei quattro concetti che ho in mente. Insomma, non so da dove partire per consegnare un lavoro completo...»
Mentre quella frase risuonava nella stanza, Eloise sperò ardentemente che non fosse sembrata un “la prego, mi dia delle dritte per prendere un buon voto”. Sperò che quello potesse essere un punto di partenza per capire come approcciarsi allo studio della Storia e in quale direzione andare.
Guardò il professore, avvolto in quell’aura da filosofo saggio, i lineamenti simili a quelli dei ritratti presenti nei libri di storia, i capelli bianchi a coronare quell’immagine. Sentiva delle sensazioni contrastanti davanti a quella figura. Da un lato, provava il desiderio di essere una studentessa abbastanza brillante per renderlo orgoglioso, per soddisfare le aspettative che probabilmente riponeva in tutti i suoi alunni. Dall’altro, lo temeva. Aveva paura di usare le parole sbagliate, di non riuscire a spiegarsi o di essere mossa dai propositi deboli, inappropriati. Temeva di deluderlo.

 
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view post Posted on 28/2/2015, 19:11
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L'avanti era sempre l'inizio dell'imprevedibile.
Non ci sarebbe stato un domani. Non in quel modo che si sarebbe potuto preventivare. Il che andava benissimo. Sembrava che tutti facessero a gara per trovare la proposta balzana più bislacca dell'armamentario in circolazione, e puntualmente ci riuscivano. Se l'ospite non aveva fretta, il che era decisamente raccomandabile, di farsi avanti, da parte sua piena connivenza, intinse nuovamente la bella piuma nel calamo, attento a non macchiare l'ampia veste cremisi, prima di tornare a firmare l'ennesima pergamena, con quell'infinita accozzaglia di nomi, che la Tuke gli aveva riservato. Non era decisamente comodo, un Tom Grant sarebbe stato decisamente più veloce, e semplice. Eppure, tant'era, inutile lagnarsi. Firmato che ebbe l'ennesimo ordine di pagamento, la giovane inattesa quanto inaspettata, fece la sua comparsa. Una Tassorosso, bene, del I Anno, quasi sicuramente, non male, un buon inizio? E si erano anche già visti a lezione, certo, come era anche scusabile molto probabilmente non brillava di luce propria per l'attenzione dimostrata, o l'impegno profuso, ma con il tempo qualcosa sarebbe cambiato. Succedeva sempre, o meglio, quasi sempre. E con una Tassorosso, il lavoro era già quasi sbrigato. Com'è che si chiamava?
Sì, ecco, quello poteva essere un buon punto da cui partire.
Verso la metà, una M? O era una L?
Dove si era cacciato Atlante?
Minerva in tal frangente non era di estremo aiuto.
Ma se la sarebbero cavata.
Ne era piuttosto convinto.
Ecco, bene, saluti di circostanza, e...
Niente presentazioni?


Ah! Mademoiselle Lynch, prego, si accomodi, nessun disturbo.
Posso magari offrirle qualcosa? Non so, un The?


Non molto originale, ecco, ma era tradizione.
Ormai le cose stavano così, perchè cambiarle? Funzionavano.
Ed anche egregiamente, in fondo. La proposta, non troppo indecente.
Ed ecco, inaspettatamente qualcosa di ordinariamente normale. Una lezione.
Era davvero così emozionante dover semplicemente avere tra le mani una lezione?
Era una un inizio, un buon inizio, ma la via per l'inferno era anche lastricata di buone intenzioni. Lo sarebbe sempre stata. Di cosa voleva discutere, davvero? Era davvero tutto lì? C'era altro? L'innocenza del tutto, platealmente esposta? Una copertura utile, con un secondo fine? Tutto era così abituale, da non essere più sorprendente.


Capisco, mi sembra comprensibile che Storia la porti da me, in fondo mi occupo di quello, no? E penso anche di intuire, senza malizia, la natura del problema, ma mi dica, come pensa che possa aiutarla? Capirà bene che l'argomento della nostra ultima lezione fosse piuttosto ampio, dagli addentellati vasti, se partissimo dal principio, temo la perderei prima ancora di concludere la premessa, come in fondo, è già capitato.

Procedeva tranquillo, sorridendo. Dove avrebbe preso posto la giovane? A destra, o a sinistra? Faceva la differenza?
Tra un rotacismo, ed un vocalismo, proseguiva il suo discorso, una pausa qui, un accento là, quasi a plasmare le parole, donandole nuove sfumature, alla ricerca di un qualcosa di misterioso, ed affascinante, che vi si nascondeva nelle profondità insondabili. V'era un qualche limite, a quello che Inglese e Normanno potessero infine patteggiare? Una risata argentea sembrava lì lì per l'erompere improvvisamente sulla scena, tra uno sguardo, e l'altro, tra lo sfavillio degli occhiali, ed il battere della pioggia. In fondo, sapevano entrambi, ma non gliene faceva una colpa. Ai primi Anni tutto era perdonato, così come agli ultimi, ma quella, era un'altra Storia.

 
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view post Posted on 3/3/2015, 19:51
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Al saluto del professore, Eloise incrociò il suo sguardo, rendendosi conto di una sua grave mancanza: non aveva fatto il minimo sforzo per presentarsi. D’altro canto, lui si era ricordato il suo nome, attenzione apprezzabile vista la fiumana di studenti che popolava Hogwarts e che, a gruppi, quotidianamente frequentava le sue aule.
Alla proposta del tè, il labbro della giovane Tassorosso s’incurvò lievemente nell’angolo destro. La passione del professore per quella bevanda era nota universalmente, e non pochi avevano cercato di ingraziarselo facendone leva. Si diceva inoltre che quel tè che così volentieri offriva a destra e a manca, non fosse altro che una droga leggera, da assumere sotto forma di infusi. Certo – erano tutti scherzi ed elaborazioni della fantasia studentesca – ma Eloise si sarebbe divertita non poco nel vedere il professore sotto effetto di stupefacenti. Facendo cenno di sì con la testa, prese posto nella sedia di destra, e appoggiò la borsa sul pavimento.
Mentre il professore parlava, Eloise rimase concentrata, lo sguardo fisso a incrociare i suoi occhi e qualche cenno di assenso alla conclusione delle frasi. Fu l’ultima parte che la fece avvampare, tramortendola: quando qualche saggio aveva detto che le parole possono ferire, aveva ragione. Allora si era accorto della sua limitata attenzione! Si era accorto dei suoi sbadigli, o dei suoi pisolini?
Il danno ormai era fatto e, alla luce della sua disattenzione, era tempo di scoprire come avrebbe potuto aiutarla. Si disse che era meglio partire dal pratico, non puntare troppo in alto, che i fatti di fondo poi sarebbero venuti fuori.

«Partirei con delle delucidazioni specifiche sulle domande che ci sono state poste...»
Esordì Eloise. Avrebbe tanto voluto avere la pergamena sotto mano per aiutarsi nell’esprimere i concetti. La sua memoria non era delle più eccellenti e probabilmente si sarebbe persa dei pezzi per strada.
«Ad esempio, la prima riguarda il ruolo dell’altopiano di Giza a livello di pratiche magiche. Ciò che so è che, come abbiamo detto a lezione, lì si svolgevano vari rituali. Ma al di là di questo suo “essere luogo in cui si svolgevano i rituali”... C’è qualche pista che dovrei seguire per scoprire altre informazioni?»
Parlando, aveva mimato le virgolette con le dita. Del rituale narrato si ricordava bene, l’aveva trovato interessante, anche se le era sfuggito il meccanismo dell’apparizione del geroglifico sul terreno.
«Insomma, immagino che siano esistiti ed esistano tuttora luoghi rilevanti per lo svolgimento di riti magici... Ma non si ricerca forse una ragione che non si fermi al semplice “il luogo è importante perché ospita il rituale”, ma che sia più profonda e meno... immediata?»
Lasciò la domanda in sospeso, a echeggiare nell’ambiente. Sperò di essere stata chiara sui suoi dubbi e le sue problematiche, ma presto si attivò per cercare altri indizi che avrebbero potuto mettere l’anziano professore sulla buona strada per risolvere i suoi problemi.
Quali erano, poi? Sicuramente andavano oltre l’Egitto, oltre l’Altopiano di Giza. Oltre qualsiasi periodo storico o evento magico. Una volta scoperto il ruolo dell’altopiano di Giza, quale doveva essere l’impatto nel suo quotidiano? Quale doveva essere la reazione nella sua vita? Che cosa significava per Eloise Lynch, allieva del primo anno di Tassorosso, il fatto che i geroglifici avevano più usi?
E la risposta di allora era: niente. Doveva uscire da quella stanza avendola cambiata, doveva e voleva rivoluzionare il suo modo di vedere.
Rispetto a Storia della Magia, era molto facile vedere l’utilità di materie come Incantesimi, Pozioni, Tasfigurazione... Lì si imparavano tante cose pratiche, si ottenevano risposte a delle necessità, dirette e immediate. Ma qual era la necessità che lo studio di Storia della Magia avrebbe dovuto soddisfare? Con cosa avrebbe potuto rimpiazzare quel niente?
Stava decisamente andando oltre alle rispostine per svolgere il compito. Ora che ci rifletteva un po’ su il problema le appariva più chiaro. E così, aveva fatto un primo passo verso la sua soluzione. Non mancava che esporlo al professore cercando di non risultare scortese.

«Ecco, mi rendo conto di questa cosa... Mi viene difficile dedicarmi alla Storia della Magia per una semplice ragione: non ne vedo lo scopo. Mi dispiace esporle questo problema con così poco tatto, ma almeno così posso essere chiara. Mentre per altre materie – come Incantesimi o Pozioni – risulta immediato lo scopo per cui si studiano, mi sfugge il perché in merito a Storia della Magia.»
Eloise Lynch non sarebbe mai entrata in politica: non riusciva a mettere fronzoli nelle sue parole, non riusciva ad addolcire le sue frasi. Tagliente come una mannaia.
 
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view post Posted on 7/3/2015, 19:56
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Cosa avrebbe fatto?
Per quanto fosse evidente vi fosse un qualche problema, le vie per risolverlo erano talmente innumerevoli, da essere anche inutile pensarci. Essenzialmente avrebbe potuto tentare un approccio diretto, una domanda secca, o uno indiretto, una domanda meno diretta, che girasse intorno alla questione, per ripassarci in un secondo tempo. Aveva trovato una timorata di Dio, del I Anno? O uno spirito ribelle? E qual era la natura del problema? Era chiara? Evidente? Poteva essere risolto? Quanto facilmente? La speranza era pur sempre doverosamente l'ultima a morire, certo, dove andare a parare? Se si aspettava che lo svolgesse lui, probabilmente erano semplicemente partiti da un presupposto fallace, che non aveva alcuna ragion d'essere. O c'era dell'altro? Tutto si spiegava semplicemente con dell'altro? Era davvero così semplice il tutto? Ed ecco, la prima domanda.
Delucidazioni, sulla prima domanda. Prevedibile? Ma cosa si aspettava di ottenere? Il punto era tutto lì, e lì si fermava. Certo, i soliti rituali, sin lì, non poteva pioverci, eppure, la presunzione che qualcosa mancasse, qualcosa nell'aria quasi a suggerirlo, un sesto senso? Iniziare a porsi il perchè sarebbe stato già qualcosa, magari anche senza trovare la risposta, ma una risposta, o anche solo nessuna risposta, ma essere giunti a porsi la corretta domanda, poteva essere un deciso passo in avanti. Sostanziale, quanto dirimente. Che lo sapesse? Che fosse tutto un già sentito, già saputo, già detto? E che fossero lì come figuranti, in quel gioco? O c'era qualcosa di vero? Quanti scopi si era prefissa prima di presentarsi? Due? Tre? Di più?
Quello, era solo il primo.
E lo sapevano.


Vede, Mademoiselle Lynch, evidentemente molto dipende da lei. Una pur semplice domanda come quella cui faceva riferimento lei, in realtà muove da presupposti piuttosto forti, che potrebbe anche ritenere di non dare per scontati. Stiamo parlando di Civiltà Egizia, no? Potrebbe esordire parlando di chi fossero questi signori, a tenere questi rituali, può sembrarle scontato, ma potrebbe non esserlo. Sfogliando qualche buon manuale potrebbe imbattersi in qualcosa di interessante, no? L'appetito, vien mangiando. Perchè questi signori tenevano questa complicata e bizzarra serie di rituali? Come spero di averle trasmesso, non erano nè stupidi, nè più superstiziosi di quanto non possa sembrare. Perchè tali rituali dovevano svolgersi proprio lì? Qual è la vera Storia di Giza? Come possono dei semplici templi elevare a tale rango una piana nel mezzo del deserto? Perchè hanno costruito i Templi lì? Immagino che la speculazione edilizia, o la mancanza di spazio altrove possano non essere la soluzione. Ma ha ragione, Giza non è un caso unico, ci sono diverse altre Storie simili, perchè? Quali sono? Quali somiglianze o differenze ci sono tra civiltà anche radicalmente diverse, e che non hanno mai avuto alcun contatto? Come vede i modi di rigirare la domanda sono innumerevoli, più complica la domanda, più deve sentirsi in grado di trovarvi una risposta all'altezza, probabilmente non risponderà mai, ma già aver trovato la giusta domanda, sarebbe un notevole passo avanti. Non trova?

Sì, in fondo, era tempo di un The.
Quasi tale necessità fosse percepibile e palpabile nell'aria, la panciuta e bassa teiera fischiò sonoramente, quasi a voler richiamare l'attenzione su di sè. Essere ignorati non faceva piacere, in nessuna circostanza, che si fosse Teiere, o Monarchi, ed i due interlocutori, forse non eccessivamente privilegiati, sembravano tanto risoluti, quanto dimentichi di quanto non si fossero solennemente riproposti di fare. A qualcuno non era andato giù. Terribile vendetta? Sarebbe stato il sangue? Al primo sangue? O un'ecatombe? Tutto per un The? Uno sguardo, prima che tornasse il silenzio. Era bene farsi anche temere, al punto giusto.
Non si era dimenticato.


La ringrazio per la franchezza, ci evita indubbiamente infiniti giri di parole, prima di arrivare al dunque, ed immagino sia un bel dilema. Lei è terribilmente giovane, quindi immagino non legga nemmeno assiduamente il Profeta, no? Due volte fortunata, ma non è detto, che ciò che ritiene assodato, lo sia davvero, benchè immagini anche non sia propriamente compito mio. Forse però sarebbe bene porsi una domanda, ancora prima di cominciare, ad essere importante è il fine o la causa che ci spinge a studiare, o meglio, dover studiare, determinate discipline? Capirà bene sia abbastanza dirimente come punto, e potrebbe anche fare la differenza nel trovare una risposta. Qualcuno, un po' più malizioso e tardo, potrebbe anche replicarle di non angustiarsi, essendoci altre possibili comode soluzioni: è suo compito farlo, e tanto basta, all'occorrenza potrebbe anche farselo piacere, sistemando la questione, o da ultimo, non tutto quello che facciamo, è anche utile obbligatoriamente. Ma non è questo il mio caso.
Ma prima di ciò, dicevamo il The, meglio evitare terribili vendette!
Un The, uno di zucchero.


Sorrise, divertito.
Detto fatto, la tazza mansueta si offriva incontro alla Teiera, già a sua volta in movimento, forte del suo nuovo alto uffizio, sbuffante, avvolta in spirali di vapore, risvegliate dall'improvviso movimento, scapitante, quasi inaspettato, ormai impigrita, dalle lunghe ore di pace. Compiuta la delicata missione, mentre già si avviava a tornare nella sede originaria, già la spavalda e barazzina zuccheriera, animata da un nuovo anelito di vita, era partita, menando l'argenteo cucchiaino per l'aere, quasi volesse smuovere i destini del Mondo, diretta alla tazza, ed alla bevanda. Zuccherare, aveva una missione precisa. Se non fosse stata precisa, sarebbe anche stato meglio, in fondo!
Un'altra cosa era fatta?

 
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La tempesta di domande del professore stava iniziando a confonderla. Intravedeva mille e più spunti nascosti dietro a un singolo interrogative, dietro a ognuna delle sue parole. Numerosissimi fils rouges che si sarebbero potuti seguire, fili che andavano a formare una trama complessissima, in cui lei poteva immergersi e perdersi. Avrebbe voluto avere un foglio e potersi segnare ognuna di quelle singole questioni, per non dimenticarle e poter avere un punto di partenza la volta successiva in cui si sarebbe messa davanti al benedetto compito di Storia.
Sovrappensiero, con le sinapsi della mente stimolate da tutti quegli input, Eloise si riavviò una ciocca infuocata dietro l’orecchio, per non avere nulla che le impedisse di vedere lontano e nel profondo.
«Da come la pone lei, la domanda è molto più complessa di quel che sembra... Ha ragione, la questione può essere osservata da angolazioni che non avevo mai considerato. La ringrazio per questi spunti, credo di avere colto l’approccio con cui posso risolvere questo singolo interrogativo...»
Fece una breve pausa, saggiando le parole sulla lingua, timorosa di sbagliare e di andare troppo oltre.
«Di libri ne ho sfogliati, ma esistono talmente tante informazioni che mi sembravano quasi fuori tema. Alla luce di quanto mi ha detto potrei provare a setacciarle meglio e scovare quanto si lega a Giza e ai rituali.»
Era pronta, piena di prospettive. Almeno per quella domanda. Il resto rimaneva avvolto in una voragine d’incomprensione in cui davvero non riusciva a districarsi.
Il professore riprese a parlare e lei lo ascoltava. Era sollevata dal fatto che non avesse trovato fastidioso il suo “andare dritti al punto”. Abbellire la domanda, una domanda così pressante per la sua vita di allora, non era proprio in stile Lynch. E poi arrivò quell’elemento, che cancellò tutto il resto.
Il Profeta.
Le parole del professore la colpirono come una sferzata. Per essere una domanda indiretta posta a caso, faceva centro, andava esattamente a toccare un punto vivo. Le tornarono immente immagini confuse di mesi prima: l’arrivo del Profeta, l’articolo che citava la battaglia di Hogwarts, lei e Ophelia che decidevano di approfondire la questione. E infine l’incontro con Niahndra. I suoi nervi erano tesi come allora: in quel momento aveva cercato di capire cos’era successo in passato, quali i meccanismi che avevano innescato gli eventi, quali gli attori, quali le dinamiche. Si era fatta coinvolgere perché pensava che conoscere quegli avvenimenti potesse aiutarla a comprendere il mondo attorno a sé e guidarla in occasioni future.
Non era forse sullo stesso piano? Non era storia, quella battaglia di Hogwarts?
Non aveva mai visto la Storia della Magia, con annessi compiti e studio, sotto quella luce. Le sembrava antica e piena di ragnatele, ma una mente sveglia e attenta non avrebbe ignorato le possibilità che avrebbe potuto fornirle, se solo lei fosse stata più flessibile.
Rifocalizzò l’attenzione sul professore, che prima parlava di cause e poi le portava una risposta facile alla sua questione: inutile farsi domande, tanto è obbligatorio. La sua vocina interna, quella meschina, si fece subito avanti: “ehi, è il tuo professore, se neanche lui è convinto... che senso ha? Non dovrebbe dirti queste cose...” Di fatto, però, lui non era da accusare, perché aveva esordito con “qualcuno potrebbe anche replicarle...”. Polemica chiusa.
A distrarla da quei pensieri, e riportandola completamente alla realtà, a una dinamica fisica e tangibile, fu l’offerta del tè. Prese la tazzina e, benché non avesse avuto nessuna possibilità di esprimersi sulla quantità di zucchero, si mise a girare con il cucchiaino, tentando di non riempire di tintinii il silenzio che si era appena creato. Si accinse a rispondere.

«Le risposte maliziose e tarde non mi soddisfano...»
Disse infelice, senza alcuna intenzione di arrendersi nella ricerca della causa fondante.
«Lei ha ragione, bisogna trovare una causa, per questa e per tutte le altre materie... Ecco, potrei articolarne qualcuna, ma sembrano sparire come nebbia nel momento in cui apro un libro scritto fitto!»
Alzò gli occhi al cielo. La sua era ormai una lotta con la parte di sé che non voleva capire.
 
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view post Posted on 15/3/2015, 17:46
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Storia della Magia.
Poteva suonare quasi strambo, se non curioso e singolare al tempo stesso, eppure, la prima ragione per la quale infine aveva accettato e si era convinto a tornare era quella, la seconda, era seduta di fronte a lui, in quel momento. Che poi per la maggior parte del tempo le occupazioni non fossero delle più ortodosse, era tutto parte di un gioco ben più ampio, molto era da preparare, molto da scrivere, molto ancora da scoprire, e la sua sola presenza ad Hogwarts, non poteva privare i suoi restanti numerosi colleghi, famelici di aggiornamenti ed informazioni, sugli ultimi ritrovati dell'innovazione, che fosse nelle sue possibilità condividere. Non era mai stato tirchio, avaro, o spilorcio. Almeno sicuramente non in quello, non per quel genere di informazioni. Su molto altro era definibile tremendamente riservato, forse ai limiti del paranoico, il trascorrere inesorabile degli anni non aiutava, ed ormai era risoluto a voler difendere la sua privacy con quanto gli fosse rimasto, nell'arsenale. Eppure, era uno studioso, uno Storico, aperto all'innovazione, più di quanto non sarebbe stato lecito attendersi, e le due cose non erano in contrasto, ma si bilanciavano, erano in perfetto equilibrio. Due sfere d'influenza nettamente scisse, una cortina di ferro nel mezzo. Sorrise alla giovane Tassorosso, mentre l'onestà di quella che aveva tutta l'aria di essere una ben nota confessione prendeva piede, e forma, liberando la giovane del suo gravoso peso, lasciandola libera di procedere, ed avanzare in una nuova direzione. Era tempo di una nuova navigazione? Una seconda platonica navigazione? Armata la nave, era possibile ora mollare gli ormeggi, alzare le vele, cazzare la randa, e via nel vento? Aveva trovato la rotta? Era davvero stato tutto così semplice? In fondo, era un problema abbastanza comune, un sentimento diffuso, e condiviso, come uscirne? Lasciarsi alle spalle tutto, e voltare pagina? Era davvero possibile?


Ottimo, prima trovi le giuste domande, poi cerchi le risposte. E cerchi di essere estrosa, come ho cercato di dimostrarle ogni domanda all'apparenza banale, e scontata, in realtà può celare una serie di addentellati nient'affatto evidenti, dove si annida l'essenza nodale del punto, cui dovrebbe trovare risposta. Ed è compito suo svelare le vere domande, prima di cercare le risposte, non trova? Posso capire la foga che possa prendere nel vedere una pergamena, con tre domande, scontate e molto semplici, e la fretta di volervi rispondere in meno di una clessidra, ma capirà anche la necessità di andare oltre le semplici apparenze. Ogni domanda ha diversi possibili livelli di risposta, più andrà in profondità, migliore sarà il risultato finale, non potrebbe essere altrimenti, non trova?

Prese la tazza, secondo quella che aveva ormai quel qualcosa di solenne, come una tacita tradizione. Che ora era? Non era importante. Era sempre l'ora del The. Gli sbuffi vorticosi delle volute di vapore si levavano numerose e fluenti dalla superficie ambrata della tazzina, quello specchio riflettente, che ora sembrava avvolgere in una nebbia sinistra e ridicola anche le lenti degli occhiali del Mago, il quale, indispettito, per il pindarico pensiero, tornò a posarla sulla scrivania, sfilandosi gli argentei orpelli. Finiva sempre così, ma non si poteva nemmeno stregarli per evitare tali incidenti. Era solo questione di attendere il giusto momento. Sì, ecco, attendere, un altro po'. Non sarebbe morto nessuno, in fondo. E c'era un'altra domanda in sospeso.

Vede, Mademoiselle Lynch, sono piuttosto convinto che alla fin fine sia quasi sempre una questione di gusti. E come è noto, De gustibus non est disputandum, no? Per quanto sia fermamente convinto della superiorità morale, ed intellettuale della Storia su buona parte di tutti gli altri Corsi che è tenuta a frequentare, sono anche certo che sia nella piena libertà di ognuno, a patto che sia consapevole del perché, non essere d'accordo con me. Come scrivevo qualche giorno fa ad una sua concasata, quello che vorrei fare con voi, e non sempre riesco, è insegnarvi a pensare, in autonomia, con consapevolezza, con la vostra testa. Sono certo che sarebbe il più grande successo di Sette Anni di istruzione qui ad Hogwarts, imparato il metodo non si può scordare, ed è qualcosa di universale, un incantesimo per quanto utile è qualcosa che si dimentica in fretta, e sarebbe illusorio pretendere che in questa breve parentesi della vostra esistenza possiate impararli tutti. Del resto, a che pro farlo? Senza saper pensare, il resto sarà sempre destinato ad essere del tutto inutile. A suo avviso, la Storia potrebbe essere la Scienza delle cose che si ripetono, o non si ripetono? Anche questa non è una domanda scontata, se ci riflette.

Procedeva tranquillo, con enfasi, ora sottolineando una particolare parola con un gesto, ora tornando alla carica, con un nuovo fiume di parole. Risoluto nel voler concludere, ma senza apparente fretta, memore di aver già pagato il fio, e tornato a vedere nel mezzo del discorso, quando la giovane era infine tornata ad emergere dalle nebbie del vapor acqueo. Romita, indifferente, la fenice sonnecchiava nella sua quieta solitudine, abbacchiata dal rovesciarsi e scrosciare dell'acqua, all'esterno.

 
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Cerchi di essere estrosa, aveva detto Peverell. Quell’aspetto non sembrava così assurdo, soprattutto dopo aver ascoltato le sue parole a riguardo. Non si riteneva una persona eccessivamente creativa, tanto meno per quanto riguardava i compiti, ma avrebbe fatto del suo meglio.
La Lynch si proiettò nel momento in cui avrebbe dovuto riprendere in mano i compiti. Le solite, banali, tre domande sarebbero state lì, a guardarla dal foglio. Ma allora le avrebbe affrontate in modo diverso: avrebbe riflettuto di più su quali sarebbero potuti essere i collegamenti, le relazioni tra le informazioni. Avrebbe proceduto facendo schemi e, una volta costruita la struttura avrebbe espanso i contenuti, analizzando a fondo la conoscenza. E non doveva dimenticare le domande che Peverell aveva aggiunto come corollario alle prime: chi erano gli egizi? Perché compivano quei rituali? E, solo allora, perché sull’altopiano di Giza?
La ragazzina annuì, si sentiva pronta a rimboccarsi le mani. Il sentiero da intraprendere per risolvere il compito era abbastanza chiaro, ora non rimaneva che capire qual era la strada giusta per anche solo immaginare quell’altro sentiero. Quello lungo e complicato.

«Ha ragione, professore. A questo riguardo ho finalmente un piano d’azione...»
Disse, consapevole del fatto che ormai l’argomento che più le premeva affrontare era quello verso cui la conversazione aveva virato in modo spontaneo.
«Cercherò di focalizzare meglio i punti e seguire i suoi consigli.»
Così, ai suoi occhi, quella prima indagine era arrivata al suo apice. L’interesse della ragazzina era interamente proiettato sugli altri temi. Portò la tazza di tè sotto il naso, inalando profondamente il vapore che si innalzava in turbini e ghirigori. Era una pratica usuale per Eloise Lynch, benché quel tè avesse un profumo carico e intenso, mai saggiato prima di allora. Alla vista appariva scuro, poteva essere tè nero, ma l’aroma era indistinguibile per le sue papille inesperte. Le mani si godevano il calore emanato dalla ceramica, mentre si riprometteva di chiedere, in un secondo momento, l’aroma di quel tè.
Nel frattempo il professore esponeva altre risposte e altri dubbi. Diceva che l’amore per la storia poteva ricondursi a una questione di gusti e la giovane si chiese se non fosse assurdo pensarla così. Certo, poteva piacere e non piacere, ma ancora la risposta ai suoi problemi era distante. Giaceva celata nel perché. Come esisteva il tè aromatizzato ai gusti, c’era una base comune che li accomunava, e risiedeva proprio nel loro essere tè. Per quanto stupida fosse la similitudine, Eloise si disse che doveva trovare “l’essere tè” equivalente nelle materie.
Il ragionamento sugli incantesimi la colpì. Un incantesimo si scorda, ma il metodo di apprendimento rimane. La necessità di concentrarsi, di fare dei tentativi, di rimanere focalizzati. Il fallire e riprovare. Già ora gli incantesimi imparati a inizio anno iniziavano a svanire dalla sua memoria, ma i procedimenti le sarebbero rimasti. E non poteva aspettarsi di ricordare tutti gli incantesimi per sempre.
L’idea di insegnare agli studenti a pensare in autonomia era affascinante. Effettivamente, cosa ne sapeva lei di come allenare una roba aleatoria e astratta come il pensiero? Che cosa significava veramente un’espressione simile per un’undicenne?
Qualsiasi fantasia riguardo a quel tema venne spazzata dalla domanda che il professore pose alla ragazzina: la storia è la scienza delle cose che si ripetono, o non si ripetono? Per darsi il tempo di ragionare, Eloise portò la tazza alla bocca lentamente, sorseggiando quel liquido ancora bollente, che le fece bruciare e la gola. Il gusto forte ma piacevole le invase il palato. E le toccava rispondere.
La prima spiegazione che le balenò in mente fu espressa a voce alta, senza freni inibitori.
« Se gli avvenimenti non si ripetessero, sarebbe assurdo studiarli, e studiare la storia. Ma una giustificazione così banale non può bastare. »
Il criceto nel suo cervello lavorava, e per evitare distrazioni posò la tazza sul piattino con un lieve tintinnio.
«D’altro canto, sento che la risposta è quella: la storia ritorna... Io, beh, io non sono molto ferrata in storia. Ma... Azzarderei a dire che... Ogni passo, ogni cambiamento, ogni evento è generato da un insieme di cause. Dunque... Da una relazione causa – effetto. Se ci si trova ad affrontare cause uguali, o simili, si possono pilotare gli effetti. O evitarli... E questo vale nella storia, come nelle nostre vite... di singoli?»
Ragionava a voce alta, gli ingranaggi e le sinapsi che reagivano veloci. Non aveva bene idea di dove stesse andando a parare quel discorso.
«Poi lei ha detto... Insegnare a pensare. Cosa intendeva con questo? C’è qualche modo, o tecnica, o pensiero, che solo con la storia può essere appreso?»
Era confusa tra più discorsi e più spunti che Peverell le aveva lanciato. I territori verso cui la stava guidando erano male illuminati e doveva evitare di perdere di vista la sua meta principale: il perché.
 
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Era tutta una questione di Estro?
Possibile fosse semplicemente quella la chiave di volta di una costruzione così contorta, complessa, e mostruosa, nelle sue essenzialità? Sarebbe potuto essere altrimenti? Era tutta un'utopia, la ricerca di Selene nel pozzo, o la Storia era più lineare di quanto non potesse sembrare? Sino a che punto era vero che l'abito facesse anche il Monaco? E che Monaco? C'era Monaco, e monaco. Era pur sempre bene guardarsi dai Monaci, cos'erano in grado di fare, anche senza scomodare il Sommo? Avevano particolari abilità? O era anche quella semplicemente una questione di spiritualità, tutta teoria, e niente pratica? Qual era il confine? Perchè doveva pur esservi un fantomatico, quasi mitico, confine. C'era sempre. E l'estro? I Monaci non erano noti per essere particolarmente estrosi, ma era vero? Era tutto un problema di luoghi comuni? Di chi erano i luoghi comuni? Avevano senso? Lo avrebbero avuto? Avrebbero continuato ad avere? O meglio ancora, l'avevano mai avuto?
Eppure ad una erano giunti. Il candore della giovane lo spiazzò, non rise per continuare a darsi un torno, e proseguire in quella recita. Era un attore consumato, un grande protagonista, più avvezzo alle tragedie, ma terribilmente preso anche dalle commedie che si trovava a vivere quotidianamente, comodo, dietro le quinte. Ciò che era stato, lo era un tempo, ormai la pensione l'aveva stregato con le sue malie. Non v'era Santo che tenesse. C'era soluzione? Eppure avevano trovato, quasi per caso, una soluzione. Era davvero così? L'aveva convinta? Si era lasciata convincere? C'era qualcosa di vero in tutto quello? Si limitò a sorridere, annuendo, poggiando la tazzina sul suo piattino.


Semplicemente eccellente, mi fa piacere sia arrivata ad una. Essere estrosi può dimostrarsi qualcosa di terribilmente difficile, spingendoci fuori dagli abituali schemi mentali, ma è allo stesso tempo qualcosa di incredibilmente utile, quasi indispensabile. Come l'acqua in mezzo al deserto. Ad ogni modo, se dovesse perdersi, ci troverà nuovamente qui.

In fondo, anche quello era vero.
Quanto era utile perdersi, smarrirsi nel tentativo?
Lo era davvero? O era tutta un'invenzione moderna?
Ed ecco che aleggiava nell'aria la domanda, avrebbe risposto?
Avrebbe anche potuto fingere indifferenza, e procedere spedita?
Quanto sarebbe stato accettabile, ed accettato agli occhi del grande pubblico?
Gli spalti erano pieni, sopravvissuti alla prima imboscata, come avrebbero potuto decidere di ritirarsi impunemente dalla seconda? Dal brivido del resto dell'avventura? La domanda non era altro che un temibile lupo in agguato? Pronto ad attaccare, in attesa di un'appetitosa cena? O era tutto più gaio, e benevolo? La domanda era una domanda, o era solo retorica? C'era risposta?


Affascinante modo di pensare, se gli avvenimenti non si ripetessero, perchè studiarli? Il che è verissimo, perchè dovremmo? Ma mi permetta di fare un passo indietro. Perchè gli eventi dovrebbero ripetersi? Certo, mi dirà lei, lo sanno tutti che la Storia si ripeta, no? Ecco, vede, questo è uno dei tanti luoghi comuni, e quindi indirettamente luoghi di nessuno, che per certi versi potrebbero anche essere veri, a patto di non volerli interpretare letteralmente. L'importante è partecipare, non vincere. Ovviamente anche questo suonerà estremamente rassicurante, la probabilità di vincere è solo una, su tutti i partecipanti, eppure ciò è quanto di più distante dal pensiero degli Antichi, che difficilmente potremmo trovare altro. I perdenti venivano messi a morte, spesso, per la vergogna arrecata alle proprie Poleis, in contrasto alla gloria eterna dei vincitori. Il che dovrebbe spingerci a pensare come sarebbe logicamente possibile che gli eventi si ripetano, lei riesce?

In fondo, era una questione logica, prima di ogni altra.
Ed alla logica era difficile sfuggire, e rimanere impuniti.
Certo, si poteva farlo, ma pagandone le conseguenze.
Ma non era quello il caso, o era quello il punto?
Quali erano le conseguenze?
C'era uno scotto?


Vede, gli eventi sono spesso, come notava, le conseguenze, gli effetti, di una serie di cause variegate, complesse, e numerose. Certo, in linea di principio tali cause potrebbero anche ripetersi esattamente nella stessa sequenza, e sempre in linea di principio uno dei Campioni potrebbe decidere di dar seguito agli stessi effetti, ma la probabilità che ciò accada è tanto infima, da risultare trascurabile. Ciò nonostante, è pur vero che per verosimiglianza si possa anche maturare un giudizio, che vada oltre la contingenza del singolo caso, ed apprendere qualcosa che potrà tornarci utile in futuro. Questo è quello che cerco di fare, con risultati alterni, con voi. Come sono solito ricordare, noi vogliamo studiare ed indagare le cause prime della Storia, i perchè, la memorialistica è affare di altri. Se anche non dovesse ricordarsi di tutte le rivolte Goblin, son certo non farà la differenza, quella è sì una questione di gusti. Mi segue? In fondo, chi abita la Storia? Chi guida, e sprona le cause, e gli effetti?

Era davvero tutto così semplice?
O si erano già spinti troppo oltre?
Procedeva con calma, la foga del discorso non riusciva comunque ad imporsi su uno stile didascalico, vetusto, d'altri tempi. La rotta era tracciata, era lì, semplice, sotto gli occhi, non restava che seguirla, mettersi in scia, mansueti, proni, ligi al dovere. Era davvero sempre stato tutto così semplice? Lapalissiano nell'essenza? O c'era dell'altro, ancora celato allo sguardo?

 
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view post Posted on 15/4/2015, 08:45
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A conclusione del breve scambio di opinioni riguardante suoi profondi dubbi sui compiti da eseguire, Peverell pronuciò una frase che destabilizzò il terreno apparentente stabile sotto i piedi di Eloise. In particolare, fu il tenere in considerazione la possibilità che lei si perdesse in mezzo a quei numerosi contenuti a metterla in difficoltà. Probabimente sarebbe stato più complicato del previsto, quando le certezze di quel momento sarebbero crollate. Era possibile che si stesse illudendo di avere gli strumenti necessari. Ancora non sapeva che, una volta davanti al problema, si sarebbe sentita come una barca in mezzo a una tempesta. Ora, almeno, aveva i remi, ma le onde erano alte e non le avrebbero dato tregua. Non sarebbe stato così facile come pensava.
Era ancora giovane, Eloise. Ancora pensava che la realtà si potesse afferrare tra le mani, osservare, studiare e poi arrire a conclusioni determinate, finite. Non si rendeva conto delle sfaccettature e delle sfumature che rendevano la realtà così indefinibile, inafferabile. Quante poche domande potevano vantare di aver risposta certa?
Annuì al professore, cullata in un illusorio senso di sicurezza.
Il ragionamento successivo la confuse. Cosa voleva intendere Peverell parlando ora di vincere e partecipare? Lo sguardo vacuo, il rumore degli ingranaggi mentali percepibile a distanza, la giovane Lynch si diede il tempo di ragionare su quelle parole. Si sentiva stupida a non dare una risposta, la sua mente di undicenne era messa a dura prova.
Peverell stava dicendo che era illogico pensare che gli eventi si ripetessero, e forse era così. Le sembrò il caso di chiarire un dettaglio da non sottovalutare.

«Professore, lei mi sta dicendo che è possibile che sia illogico pensare che la storia ritorni... Ma a questo punto mi chiedo: cosa vuol dire “la storia ritorna”? Mi immagino che non stia a significare che gli eventi si ripetono uguali a se stessi, altrimenti non avrebbe senso. Avrebbe più senso se significasse “ci sono elementi comuni tra eventi di oggi e quelli del passato”... E in quel caso non sarebbe così assurdo pensare a una storia che ritorna.»
Che il mondo cambiasse era innegabile.
Si abbandonò contro lo schienale della sedia che l'accoglieva, considerando che il suo ragionamento sulle cause e sugli effetti non sembrava sbagliato. Eloise guardava il volto del professore, indagando le sue espressioni, nel tentativo di captare segni di conferma o di disapprovazione.
In generale quell'uomo le piaceva, perché la metteva suo agio e la trattava da adulta. La aiutava a ragionare senza farla sentire scema. Era un buon insegnante... Chissà cosa pensava di lei!
«Uhm... Chi abita la storia sono generazioni di uomini che si susseguono l’una all’altra...»
Poteva essere una risposta sensata? In quale direzione stavano andando? Si sporse per prendere la tazzina e la portò alle labbra, in attesa di risposte.
 
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view post Posted on 26/4/2015, 09:31
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Minerva solitaria sul suo trespolo sonnecchiava in una cupa indifferenza.
Pensieroso, assorto, una tazza in mano, il battere ritmico della pioggia sulle vetrate, il Vecchio Mago rimuginava sul significato nascosto di qualche oscura parola, mentre il silenzio reclamava a gran voce, facendolo suo, quell'attimo di stallo. In fondo, era comprensibile. C'era fretta? Sarebbe potuta essercene? Avrebbe dovuto? Un contorto flusso di pensieri prendeva forma nell'aere, burlandosi di sè stesso, prima di scomparire nuovamente, ineffabile, nell'ignoto. Da dove era partito, dove era arrivato, com'era giunto a quella conclusione? Perchè? La presa che lentamente si ammansiva sulla tazza, questa che reclamava a gran voce l'attenzione necessaria a non essere ignominiosamente fracassata, un allungo generoso, prima di tornare libera sul piano. Il The, anche quello aveva un suo perchè, possibile che potesse collegarsi al perchè della Storia? Improbabile? C'era qualcosa che gli sfuggiva? Più di quanto già non fosse largamente previsto essere? In fondo, era anche possibile. Eppure, tutto correva avanti, quanto sarebbe stata disponibile ad attendere la Giovane? Già aveva ripreso, riportandolo all'ordine. A che proposito?
Ah! La Storia ritorna. La solita Storia, sì.
Una questione d'interpretazione.
Era davvero una postilla?
Tanto valeva spendervi qualche minuto, già che erano di passaggio. Per quanto tutto fosse possibile, e largamente verificabile, non era altrettanto bene che proprio ogni cosa si verificasse puntualmente. Prevenire, era pur meglio che curare? Forse non sempre. Ecco. Ma sin tanto che era un Professore, tanto valeva giocare a quel gioco. Nel caso del Profeta tutto era diverso. O meglio, poteva esserlo, in potenza. Tornando a risalire la china della comoda poltrona, si sfilò i delicati occhiali argentei, iniziando quelle che avevano l'aria di essere abituali e periodiche operazioni di pulizia quotidiana. Con la vista annebbiata, trovata l'interlocutrice privilegiata di quel pomeriggio d'Ottobre, riprese.


Esattamente Mademoiselle, un'analisi decisamente più sostenibile e condivisibile nella sua logicità, non trova? Che può anche tranquillamente essere riassunta con un più semplice "La Storia ritorna", no? Ovviamente dipenderà poi da come vorremo interpretare queste poche avare parole. Il che ci riporta al discorso iniziale, è quasi sempre una questione di punti di vista. Come forse saprà ho l'abitudine di intrattenere settimanalmente i lettori del Profeta, sovente ricevo corrispondenza da ferventi sostenitori, ed accaniti critici, di quanto scriva. Il divertente è che il più delle volte pur citandomi direttamente, fraintendono completamente il punto della questione, lanciandosi a loro volta in pindariche costruzioni teoriche, da far invidia al più visionario dei teorici, di cui ovviamente dovrei avere il merito. Ciò accade spesso anche con alcuni suoi colleghi, volendoci limitare ad Hogwarts, il "ma lei ha detto, e scritto" sono il classico, dei classici, per quanto volendo poi vedere non sia quasi mai così, ma son postille.

Sorrise alla giovane Tassorosso, divertito.
Che comprendesse il punto della questione?
Che valesse la pena tornarvi, ulteriormente?
A quale interpretazione di Storia erano disposti a dar credito, fede? Era pur sempre una questione di convenzione? Un puro e semplice, sterile accordo? Era un commercium immoralia? O era tutto lecito? Contrabbandavano definizioni? C'era speranza di redenzione? O era davvero quella l'unica via percorribile? La Storia era univoca? Era davvero Storia? Se gli stessi Storici se ne lavavano le mani, era davvero finita? Era morta? Come cavarsi dall'impiccio? Sarebbe stato possibile? Riprese a gesticolare, con pacata affabilitä.


Vede, come penso di averle già detto, in fondo è un problema di definizione, e conseguenti obiettivi che vogliamo porci. Dipende dalla risposta che diamo alla domanda: Cos'è la Storia? Cosa studia? Anche in questo caso potremmo affermare, a buon diritto, che la Storia studi i fatti. E quindi che A + B - C portino inevitabilmente a D. Se accettassimo per vero tale metodo, il che potenzialmente lo è, la Storia sarebbe letteralmente qualcosa che si ripete, ogni qual volta individuasse A, B, e C sarà certa del verificarsi di D, lo dice la Storia, no? Allo stesso tempo tale approccio cela nelle sue pieghe una serie di problemi che con ogni probabilità finirebbe con il definire irrisolvibili, riesce ad immaginarne uno? Il più evidente? Di converso potremmo definire la Storia come la scienza che studia le cause prime, da lì andando ad isolare le sue Leggi fondamentali, potremmo comunque sostenere che si ripeta, ma in un altro senso, meno letterale certo, ma più intimamente vero. Mi segue? In entrambi i casi, senza malizia alcuna, la Storia continuerebbe a ripetersi.

Restava un ultimo punto in agenda.
Tornando ad nforcare gli occhiali, riebbe una visione più nitida della faccenda. In fondo, non molto era cambiato. La Giovane era ancora lì, con le sue domande, lui era ancora lì, con le sue non risposte. Un classico anche quello. Nulla era destinato a mutare? Generazioni di uomini si erano succedute, in attesa di nulla? O di un segno? Erano davvero loro? O c'era altro? Un dito ammonitore nell'aria, levato, pronto in resta.


Nono, non sono le generazioni, sono proprio gli Uomini ad abitare la Storia. Le generazioni lascerebbero adito a dubbi, avrebbe un gusto retorico, quasi letterario, i singoli uomini è incontrovertibile. Per quanto sia evidente che buona parte di quanto sappiamo su Grifoforo sia falso, o tendenzioso, nel Bene, e nel Male, Grifondoro era una persona normale, in carne ed ossa, come lei, come me. Una persona con i suoi crucci, i suoi problemi quotidiani, di cui noi conserviamo un mitico ricordo, a distanza di qualche secolo. Del resto, io conservo generosissimi ricordi, nei miei confronti, di soli pochi anni addietro, avendo rimosso il resto, e non son certo passati secoli, capisce? Ma a patto di darvi il giusto peso, non è troppo importante chi fosse realmente Grifondoro. La Storia non dev'essere fine a sè stessa, ed il più delle volte spaccare il capello in sette lo diventa. Ciò nonostante, esistono diversi modi per riportare a galla la verità, e mettere a nudo chi l'ha popolata, sempre Grifondoro se vuole, o Tosca se preferisce. Ha magari qualche idea in merito?

Certo, il quadro si complicava.
Ma nulla era davvero impossibile.
Sin dove si sarebbero spinti?
C'era un'idea?

 
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view post Posted on 7/8/2015, 15:21
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Quando il professore si tolse gli occhiali a Eloise sembrò di intravedere, dietro la figura matura e sicura di sé, un uomo dall’aria stanca, quasi sopraffatta. Come tutte le persone con i capelli grigi e lo sguardo saggio, suscitava in lei tenerezza, per quanto fosse in verità consapevole dell’impietosità delle sue valutazioni. In generale appariva gentile e premuroso, ma nei corridoi si diceva fosse spietato.
Il preambolo riguardante il Profeta e il fraintendimento sulle cose dette lasciò Eloise stordita e disorientata. Non capiva dove l’anziano professore volesse andare a parare: come predire la direzione che avrebbe preso quel monologo se nemmeno capiva quanto era già stato detto? Quella piccola pausa tra una fase e l’altra le permise di prendere fiato e fare ordine nei suoi pensieri. L’ultima parte del discorso le era sembrato un fronzolo che aveva il solo scopo di esplicitare meglio la questione dei punti di vista, perciò inutile a capire il nocciolo della questione.
La ragazzina cercava di formare un diagramma mentale di ciò che lo storico stava dicendo, temendo la fatidica domanda e il fatidico commento sul suo punto di vista. Domanda che non tardò ad arrivare. Il professore le chiedeva di individuare i problemi nello schema “A+B-C=>D”. Uno sguardo vacuo, un primo tentativo di risposta.

«Un problema potrebbe essere che A, B e C non possono mai ripetersi uguali? Dipende da quanto margine ci si prende per considerare l’influenza di un evento…»
Cercando di prendere tempo ed esplicitare il concetto in maniera esaustiva, Eloise posò la tazzina, che ancora reggeva in mano.
«Intendo dire: se A è, ad esempio, la nascita di un erede, allora tutto bene, si può applicare la legge della storia che si ripete. Ma se A deve essere proprio la nascita del principe Tal dei Tali, oppure se deve rispondere a certi vincoli troppo dettagliati, allora le probabilità si abbassano troppo, e non ha nemmeno senso formulare una legge del genere…»
Aggrottò le sopracciglia, insoddisfatta e dubbiosa a sua volta. Quel concetto era lo stesso che aveva espresso poco prima, e la sua mente faticava a trovare un problema differente rispetto a quello che aveva appena illustrato.
«Non bisogna poi ignorare quell margine di caos e imprevedibilità che sembra governare il mondo…»
Aggiunse la ragazzina a voce bassa, poco convinta, mentre si appoggiava ancora una volta allo schienale. Quella conversazione si stava rivelando molto più provante del previsto. La vera risposta al quesito di “chi abitava la storia” pareva avere come risposta il semplice uomo, e non le generazioni, come lei stessa aveva detto.
Quando sentì dire “Grifoforo”, una reazione automatica comparve sul suo viso, l’ombra di quello che doveva essere un sorriso di scherno. Aveva davvero detto Grifoforo al posto di Grifondoro? Decise che quell’errore se lo sarebbe segnato, ma che per adesso si sarebbe limitata ad ascoltare il professore.
Come avere le certezze? Come riportare a galla la verità? Stava davvero chiedendo questo a un’ottusa Tassorosso del primo anno? Lei non sapeva come si facesse a essere sicuri che una cosa fosse vera, non aveva un metodo infallibile per saggiare le certezze, ma cercò di rispondere come meglio poteva.

«Ci sono i documenti e le testimonianze. Però quando non c’erano o quando sono stati distrutti… beh, in quel caso non si può definire nel dettaglio un avvenimento. Si può studiare, si possono confrontare le fonti. Si può scendere in campo, analizzare un contesto storico… non so, eseguire delle indagini, trovare delle prove…»
Sospirò, poco convinta.
«Si potrebbero ricostruire catene di persone che sanno le verità… Solo che spesso le informazioni si perdono perché le persone si ricordano poco oppure muoiono…»
Non le piaceva il modo così pessimistico in cui aveva espresso il concetto, ma aveva difficoltà a trovare la soluzione al problema delle certezze.


Quello che sembrava un semplice errore di battitura è diventato uno dei classici errori da professore :fru: spero non sia un problema
 
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view post Posted on 10/8/2015, 11:50
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Anche in quel caso, l’eterno ritorno? Per quanto tutto sembrasse banale, quasi triviale, e vi fosse annidato in uno degli innumerevoli cavilli quel retrogusto del già detto, e già sentito, veleggiavano sicuri verso quella che con un minimo di presunzione sarebbe stata scambiabile per Verità. Distillata e mantenuta tale dopo un lungo processo alchemico, che l’aveva spinta a mutare d’essenza, pur non facendolo. La Storia era sempre lì, eterna nei suoi valori, sicura di sè stessa, come solo il passato che era passato avrebbe mai potuto definirsi, eppure, allo stesso tempo soggetto al cambiamento, all’indagine, alle speculazioni più fantasiose per amor d’accademia. Tutto diveniva improvvisamente potenzialmente oggetto d’indagine, il come tramontava innanzi a Magia, piegandosi a più malleabili quando, e perchè. Un’indagine che fosse tale avrebbe dovuto rispettare i più ortodossi e stringenti criteri valutativi, come fregiarsi di tale epiteto, se poi era tutta e solo baruffe, e speculazioni eristiche? Che legge sarebbe mai stata formulata adatta a quell’unica circostanza che aveva richiesto la sua formulazione? Sarebbe davvero stata assunta come legge, una semplice osservazione empirica, priva di qualunque altro connotato che la rendesse degna di una pur minima attenzione? E come venire a capo di quel dilemma? C’era o non c’era una qualche soluzione di comodo per tutti? E la Giovane? Lo stava seguendo, era venuta a capo di qualcosa? Se non l’avesse fatto, ne avrebbe fatto una colpa? Per quanto cercasse una semplice soluzione, ad un problema quotidiano, l’intera questione sembrava essere sfuggita di mano. Cosa potevano mai legare la piana di Giza, con le leggi fondamentali della Storia? Leggi che man mano assumevano quel qualcosa del metafisico, si levavano alte, sempre più alte, sopra la pochezza delle generazioni, e degli uomini stessi, oppressi dai loro problemucoli, che tante energie fagocitavano. Eppure, tutto era destinato a dimostrarsi essere la stessa cosa. Quelle poche avare parole che legavano indissolubilmente il succedersi delle dinastie egizie, alla caduta di Bisanzio, e Napoleone. Certo, la Meraviglia era destinata a durare, l’inizio era e sarebbe sempre stato la Meraviglia, l’inizio di ogni indagine, di ogni nuovo addentellato di una Storia travolgente nei suoi eterni flussi, e riflussi, potenti, ineludibili, inarrestabili. Domata ed incanalata dai suoi Eroi, immersi ed allo stesso tempo sulla cresta delle loro epoche, dando prova di divina abilità nel cavalcare il tal cavallone. Piegavano le Leggi, le impugnavano per usarle contro Storia stessa, costringevano a formularne di nuove, ad emendare le precedenti, spingendosi oltre, emulando quanti di grandi già vi fossero stati, ed avessero dettato la linea ad un’epoca intera. Tutto era destinato a mutare, eppure ogni cosa sarebbe rimasta tale, sarebbe tornata in nuova guisa, a burlarsi nuovamente di tutti. Che il Demiurgo peccasse in creatività? O era proprio quella la genialità incommensurabile della Storia stessa? Una ricetta fissa, gli ingredienti immutabili, ma un eterno affastellarsi di novità, tanto vecchie, ed oliate da suonare nuove, e suadenti ad ogni giravolta di quella stessa giostra. E la giovane Tassorosso? Un sorriso, annuendo, quasi a svelare quell’arcano. In fondo, aveva ragione. Era quello, e non lo era, il punto dell’intera questione. Punti di vista. Come si poteva aver capito, pur non avendo capito? Era una disfida a singolar tenzone con le fondamentali leggi della Logica? Logica e Storia erano compatibili? Lo sarebbero state? Lo erano mai state? Che il problema fosse semplicemente mal posto, ed altrove?

Splendido, semplicemente splendido mia cara. Vede? Inizia a capire, a volte è meglio ribadire un punto per quanto possa anche sembrare scontato, che non correre avanti, senza aver compreso le premesse. Ovviamente è compito suo dettare le giuste e necessarie premesse, ad arrivare da qualche parte, senza di esse temo che il seguito possa solo anelare ad una mera questione d’eristica, il che non è quasi mai un complimento. Come si è facilmente resa conto, alla lunga il problema è di sistematica, come catalogare questo o quel fatto? Come mantenere costante il calibro nel corso dell’intera operazione? Cosa è A, e cosa è B alla riprova dei fatti? E cosa non è C, quella categoria residuale, omnipresente, sotto il nome di Caos? Il rischio, come intuirà, è che non capendo davvero tutto, o quote crescenti di esso, possano finire sotto a Caos. Così facendo l’inizialmente categoria residuale, finirebbe con il ghettizzare A, e B, senza tante cerimonie. La Storia è davvero governata dal Caos, o dalle sue Leggi? E cos’è il Caos, rispetto a queste? Se la Storia fosse connaturata naturalmente da un elevato grado di Caos, perchè darsi la pena di formulare tali leggi? Si potrebbe semplicemente concludere che essendo caotica, ed imprevedibile, sarebbe impossibile per definizione prevederla, o domarla, come però i fatti sembrano smentire. Ed in ultima battuta, essendo la Storia una creatura dell’uomo, è anch’essa razionale, soggetta alle sue logiche, delle due quindi l’una, la Storia è imprevedibile, e connaturata dal Caos, o non lo è. Mi segue?

Era tutta una burla? Non era possibile? Probabile? Lo sarebbe stato? Il tempo trascorreva, tutto quello sarebbe stato Storia, o lo era già diventato? Qual era il tempo di sedimentazione necessaria? Perchè era necessario aspettare? Per rispettare il Tempo? Per non risalirlo, gabbandolo? Perchè era stato posto saggiamente un limite a quelle scorribande? Non si poteva risalire il Futuro, nemmeno modificandolo? Sarebbe stato utile, o fattibile? Che razza d’indagine si sarebbe mai dovuta occupare del futuro? Così facendolo, non sarebbe divenuto immediatamente passato? Era forse quello il punto dirimente, di non ritorno? Eppure un’altra questione affine e prossima rimaneva sul tavolo, quali fossero gli adeguati strumenti d’indagine, perchè tutto quello fosse davvero fattibile, e non solo fanfaluche e pinzillacchere. Certo, ad avere fonti affidabili tutto si sarebbe mostrato più semplice, quasi elementare nella sua logica basilare. Eppure, come determinare l’affidabilità di tali fonti? Era davvero possibile? Gli uomini erano fallaci, e fallibili, i ricordi soggetti ad usura, e quasi mai disponibili ad essere analizzati. Come determinare se i ricordi fossero poi corretti, ed a che grado? Qual era l’oriente di un ricordo? Si poteva essere ragionevolmente certi di quel calcolo? Esistevano ricordi di alta, e bassa qualità? Fermo restando, che risalendo nel tempo era sempre più inverosimile averne a disposizione. Oppure era tutto più semplice, nella sua disarmante logicità? Toccare con mano quanto era stato riduceva drasticamente le probabilità che qualcosa nel viaggio di raccolta fosse andato storto. Tagliare l’infinito periodo di raccolta informazioni, condensandolo in pochi mesi, volto a corroborare quanto già appurato donava all’opera quel Quid in più, potendo destinare il tempo necessario alle reali questioni sul tavolo. L’intera operazione godeva ora di un’efficienza prima impensabile, il tutto sempre grazie a lui. Che fosse una nuova forma di schiavitù intellettuale? E se fosse stata tutta una truffa? Dov’era la certezza che effettivamente il Libro funzionasse? Certo, lo sembrava, ma qual era la certezza? Ci sarebbe mai stata una prova finale, e definitiva, inconfutabile? Poggiò la tazza di The ormai esausta nuovamente sul suo piattino, prima di tornare ad osservare la Giovane. In fondo, le doveva una risposta. Aveva gettato il sasso, come tirarsi indietro?

Ha ragione, più risaliamo il corso del Tempo, più è difficoltoso accertare la verità, e la nostra indagine diventa un mero atto di Fede, il che è indubbiamente poco ortodosso, per quella che ambirebbe divenire una Scienza. Cosa distingue la Storia dalla Religione? In teoria proprio la Fede, ed è oggetto del contendere degli storici quanta Fede, o meglio quanta non Fede vi si annidi, eppure non potendola scindere con nettezza dal resto, più si risale nel Tempo, più la Storia diventa Mito, e più il Mito diventa Leggenda. Come giustamente evidenziava la pluralità di fonti ci è spesso d’aiuto, i grandi fatti che hanno segnato il corso degli Eventi, e determinato la direzione della Storia vengono di frequente narrati, riportati, ed analizzati da decine di fonti, delle più autorevoli, l’oggetto del contendere diventa quindi capire quanti si siano copiati leggendosi, e quanti abbiano veramente assistito in prima persona agli Eventi. Capisce benissimo la sostanziale differenza tra fonti di prima, e seconda mano, no? Non è indispensabile essere dei vecchi bacucchi, e per giunta degli Storici. Se A scrivesse di B, trent’anni dopo il suo verificarsi, semplicemente leggendo le cronache di C, senza nulla togliere all’acume di A, avremmo indubbiamente un grosso problema da affrontare, prima di reputarlo una fonte affidabile. Anche C, in fondo, andrebbe preso in esame, come notava i ricordi si distorcono abitualmente, fa parte della nostra natura, ed anche il più oggettivo dei cronisti è in realtà partigiano e portatore di un soggettivo punto di vista. Innanzi a ciò l’intero lavoro di generazioni potrebbe rischiare di squagliarsi, come neve al sole. E quindi, gettare tutto alle ortiche, e darsi ai piaceri della vita?

Era qualcosa di definitivo? Si era arreso? Eppure un sorriso beffardo arrivò irruentemente a rompere quel volto di gesso. Che vi fosse speranza? Che non tutto fosse perduto? Che vi fosse una qualche via? Quanto era probabile? Tirandosi su, risalendo la china, le mani congiunte, e l’aria soddisfatta, di chi sia infine pronto alla rivelazione. Era davvero tutto pronto?

Eppure, non è il caso di disperare. C’è sempre un’altra via, la questione è solo trovarla. Certo, anche riuscire a metterla in pratica non è malvagia come idea, ma concorderà con me che senza l’idea, la messa in pratica è perfettamente inutile, un esercizio fine a sè stesso. Perchè vede, se ci limitassimo alle certezze che abbiamo, o almeno qualcosa di quanto più prossimo ad essere certo, e verificato, il rischio diverrebbe di confondere la Storia una serie quasi infinita di fatti, privi di un qualche senso, in prevalenza guerre, battaglie, con rari matrimoni, e diverse alleanze. Il perchè si sia poi di volta in volta giunti a questo o quello, sarebbe difficile a determinarsi. Le lascio intuire il perchè. Eppure, come le dicevo, c’è un’altra via, una soluzione ingegnosa quasi geniale, se mi consente. Mi crederebbe se le dicessi di essere in ottimi rapporti con la figlia di un fabbro del ceramico, nell’Atene del V secolo? Sono solito fermarmi da loro per cena, quando ho modo di passare di lì. O se preferisce qualcosa di meno distante, ho avuto il piacere di partecipare ad alcune sedute del Sant’Uffizio, che avremo modo di approfondire tra qualche anno, in merito alla caccia alle streghe, la cui retorica ancora ci assorda.

Tranquillo, procedeva con la consueta pacatezza, guidando il discorso in un mare che non sembrava essere poi così ignoto. Che avesse sbagliato a correggere il The? Che fosse caduto dal letto? O era vero?



Non è mai un problema, ma nego tutto e vado avanti. Immagino avessi scritto la risposta dal portatile, come in questo caso, e IOS ha il pessimo vizio di correggere qualunque cosa non conosca automaticamente. Dev'essermi sfuggito di ricorreggere quel Grifondoro, una disperazione, ma questo idiota non collabora.
 
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view post Posted on 17/8/2015, 15:00
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Spaesata e leggermente fuori pista, Eloise osservava il professore con uno sguardo vacuo. Passato, presente e futuro erano da sempre stati, per lei, delle vie chiare, distinte, magari non dritte, talvolta tortuose o difficili da praticare, ma sempre ben definite. Ora sembrava che si stesse aprendo un dedalo di vie alternative, un’infinità di opzioni più o meno visibili che si facevano notare a ogni istante. Così come per le interpretazioni della storia, anche il discorso stava prendendo strade impreviste e risultava sempre più etereo, inafferrabile. Era entrata silenziosamente, con la sua domanda su un argomento banale come i compiti, e si ritrovava davanti alla tazza di tè con una quantità di domande che le sarebbe bastato fino alla fine dei tempi. Avrebbe potuto buttarle giù con gli ultimi sorsi di tè, o avrebbe dovuto fare di esse la sua missione, il suo obiettivo, la sua battaglia.
Come se la situazione non risultasse abbastanza confusa, come se non fosse già complicato cercare di comprendere tutto quanto, un fattore ulteriore venne ad aggiungersi a quel vortice disordinato a cui quel discorso pareva assomigliare: il Caos. Sarebbe stato sciocco non considerare un’influenza perversa che rimescolava ulteriormente le carte. Una volta introdotta, bisognava capire: vittime del Caos, la storia è imprevedibile, oppure tutto torna e tutto si ripete?
L’introduzione del Caos aveva mosso qualcosa nella Tassina: come aveva potuto dimenticarlo nei suoi ragionamenti? Come aveva fatto a saltarlo a piè pari? Come poteva anche solo pensare che tutto si limitasse a seguire sempre la stessa trama, lo stesso pattern? Era questo il pensiero di poco prima, se portato all’estremo. Eloise si rese conto che lei non avrebbe voluto essere pilotata da una forza superiore, per quanto anche quella del Caos lo fosse, ma per sua stessa definizione era una forza diversa dalle altre, più malleabile. E ancora, ciò che non riusciva a capire la giovane era il ruolo delle scelte degli uomini che vivevano la storia, dove stava il tanto osannato libero arbitrio, se tutto era già preconfezionato.
Poiché non era questo il primo argomento della loro conversazione, la rossa tornò a concentrarsi sulle parole del professore, cercando di accantonare la spinosa questione per un altro momento, un altro anno, o un’altra era.

«Sì, sì, la seguo professore…»
Disse Eloise, ansiosa di arrivare al punto della questione. C’era una risposta? Peverell la conosceva? E se così non era, aveva una teoria abbastanza valida da potervisi appendere e farla propria? Sporgendosi, riprese la tazzina per l’ultima volta, ormai non rimanevano che pochi sorsi di tè.
Mentre il professore parlava la ragazzina sorseggiava il suo tè. Era un modo per nascondere il volto, per fare mente locale, per schermarsi da quel flusso costante di informazioni che era incarnato dal suo professore. Se fosse stata un calcolatore, ben presto la sua memoria si sarebbe esaurita, tanto scarsa era la sua capacità di calcolo al momento. Voleva ripensare per conto proprio a quanto era stato detto. Ci mancava solo inserire la Fede a tutto il calderone di tematiche e il dessert era fatto. Per fortuna, quella era solo una parentesi che deviava dal discorso principale: come scoprire se una fonte era veritiera e affidabile. All’idea del gettare tutto alle ortiche, Eloise sorrise al professore, chiedendosi mentalmente se a lui non fosse mai venuta voglia di farlo per davvero. Sembrava una questione irrisolvibile, troppo grande per due piccoli umani come loro. Eppure, risiedeva proprio nell’animo umano la necessità di scoprire, anche guardando all’indietro, al passato, e conoscere, osservare, acculturarsi.
Anche il professore sorrise e cambiò posizione, come se si stesse arrivando al clou del discorso. Eloise ebbe giusto il tempo di posare la tazzina, che le parole del prof presero la piega più sorprendente, più inaspettata e geniale che mai agli occhi della giovane Tassa. Bocca spalancata a far entrare le mosche ed espressione da pesce lesso, fornì al professore una delle migliori reazioni di sorpresa.

«Professore, lei… Mi sta parlando di… Viaggi nel tempo? Della capacità di proiettarsi in un altro tempo, in un’altra epoca, e poi di ritornarsene tranquilli a casa? Quello sì che è uno strumento per studiare la storia! Nulla da dire sulle sue lezioni, ma sta su un livello ben diverso!»
Con le mani stringeva la sedia, mancava poco che cadesse a terra per quanto si era sporta sul bordo. Quel discorso la interessava e impauriva al tempo stesso: entrare nella storia voleva dire avere la possibilità di agire su di essa, e questo è quanto di più pericoloso possa esistere, stando a tutta la filmografia e bibliografia che disponiamo su questo fertile tema.
«In quel caso non ci sarebbe più alcun dubbio sui dati e sulle fonti, anzi, sarebbe un modo per capire quanto simili sono due contesti e quanto è valida quindi l’opzione della storia che ritorna… Almeno, credo…»
<i>Certo era anche che spesso aveva sentito dire che si potevano analizzare gli eventi solo quando erano passati alcuni decenni, altrimenti non si sarebbe stati in grado di analizzare cause ed effetti in maniera oggettiva. Si disse di stare calma: era necessario fare un passo alla volta.
 
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