| <BloodyClaire> |
| | La fine dell'orario di lezioni fu un estremo sollievo per Meredith. Quella sola mattina avevano avuto due ore di pozioni, un'ora di Storia della Magia, due ore di Difesa contro le Arti Oscure; tutte materie che aveva sentito nominare, negli sporadici racconti che suo padre le regalava riguardanti la scuola di Hogwarts e il mondo magico, ma delle quali mai avrebbe potuto indovinare il soggetto. In più, i professori non sembravano affatto intenzionati ad andarci piano con loro (caratteristica che agli occhi di Meredith, preoccupata dalla possibile mancanza di serietà della scuola, era più qualità che difetto): la donna dagli occhi viola che insegnava Pozioni aveva assegnato poche ma ardue domande sul sistema di classificazione di Stuff, mentre il professore anziano di Storia della Magia aveva implicitamente chiesto di informarsi sulle streghe Calipso e Circe, delle quali avevano parlato in quella lezione (e che avrebbero continuato venerdì); solo la preside, la professoressa Bennett, era stata gentile in quanto a compiti, ma non per questo le sue ore si erano rivelate meno ardue: alle due, ora di pranzo, Meredith non era riuscita a castare nemmeno una volta la fattura Expelliarmus, che già alcuni prodigi della sua classe erano riusciti a padroneggiare. Dopo aver banchettato con ben poco entusiasmo si avviò alla Sala Comune (ma non mancò di sbagliare strada tre volte fino a perdersi nei Sotterranei), dove tentò senza convinzione a studiare. Non solo era avvilita dalla sua apparente negligenza totale di qualsiasi cosa concernesse il mondo magico, cosa assolutamente non comune tra gli altri ragazzi dotati di almeno un genitore mago o strega, ma le voci concitate dei "compagni" di casata (fino a quel momento tutt'altro che gentili o ospitali) le stavano producendo un fastidioso mal di testa, annullandole ogni possibile concentrazione. Per questo quando udì, nel chiacchericcio generale, la parola "Biblioteca" non potè fare a meno di voltarsi, rapida e scattante: a pronunciarla era stata una di due ragazze che, con i libri sottomano, si avviava al muro compatto che costituiva l'uscita verso i Sotterranei. Fu svelta nel ragionare, ancor più nell'agire: il libro di testo di Storia venne rapidamente cacciato nello zaino, le piccole gambette già partite nella rincorsa delle più anziane concasate. Le seguì, di soppiatto, nascondendosi quando poteva o facendo finta di essere diretta altrove, fino al quarto piano. Qui le vide imboccare il corridoio Est, e proseguire fino ad un elaborata porta in legno dall'aria pesante. Una delle due, una giovane brufolosa con una breve coda di cavallo alla nuca, la spinse continuando a discutere con la compagna, ed entrambe sparirono.
Per la piccola quel luogo era quanto di più vicino ad un rifugio potesse immaginare; la scuola era piena di studenti facili all'alzata di voce, pronti a litigare o a scambiarsi simpatiche fatture nei corridoi per poi scappare via, inoltre non aveva immaginato nemmeno per un istante che anche quella scuola potesse avere un luogo di raccolta dove studiare in silenzio. Effettivamente la sua era stata una supposizione sciocca: persino il piccolo istituto privato al quale era iscritta fino a pochi mesi prima aveva una piccola ma forbita biblioteca, dove gli studenti potevano prendere in prestito i classici della letteratura inglese. La sua passione per i gialli, tra le altre cose, era iniziata proprio lì. Ma varcare la soglia di quel luogo, cosa che fece solo dopo aver contato fino a trenta per assicurarsi che le due concasate non la vedessero, fu un'esperienza completamente diversa: Si ritrovò in un luogo decisamente più grande di quanto fosse lecito aspettarsi, anche per una scuola di quelle dimensioni: il soffitto era lontano, decorato da intarsi e affreschi come Meredith mai ne aveva visti prima, e dalle finestre ad ampie vetrate penetrava una luce pullulante di granuli di polvere. Decine, centinaia di scaffali si ergevano ovunque, pieni per diversi metri di una quantità di tomi molto più grande di quanto la mente della neoSerpeverde avrebbe potuto concepire. Un bisbigliare sordo, intervallato ora da uno starnuto, ora da un tonfo di libro, era l'unico rilassante sottofondo a quello scenario. Meredith rimase paralizzata per diversi istanti di fronte alla miriade di stupefacenti sensazioni derivate da quella vista, quando una voce secca e annoiata la interruppe. "Nome?" Si voltò, quasi spaventata, verso la fonte del suono: si trattava di una donnetta secca e smunta, il volto pallido e cadente, un paio di occhiali rotondi in bilico sul naso aquilino. Per qualche istante la giovane fu confusa, guardandola con un misto di sorpresa e spavento nello sguardo, finché questa non chiarì con voce se possibile ancora più monotona e stanca: "Il tuo nome. Per l'accesso alla biblioteca." Meredith sussultò e sia affrettò a rispondere, il viso che già arrossiva per l'imbarazzo. "King, Meredith." La vecchia prese nota su una sorta di quadernetto che teneva sul bancone dal quale era affacciata, quindi tornò a guardarla come aspettandosi qualcos'altro. Questa volta la ragazza capì abbastanza rapidamente cosa ci si aspettava, e veloce aggiunse: "Serpeverde." Le fu fatto cenno di proseguire, e così fece, lo zaino saldo sulle spalle mentre oltrepassava il cordone rosso continuando a guardarsi attorno. Le era difficile immaginare che una persona potesse veramente aver bisogno di un così grande numero di libri, nel corso della sua vita; in quel posto c'era, probabilmente, ogni singolo libro per ogni singolo caso e ogni singola branca della magia nella quale ci si potesse imbattere, decise sognante. Avrebbe certamente desiderato buttarsi nella lettura di uno di quei tomi, ma aveva precisi compiti e poco tempo da perdere.
Il tavolo da lei prescelto era già occupato da una persona. Si trattò, tuttavia, di una scelta basata sul "meno peggio": in tutti gli altri tavoli già tre o quattro ragazzi si affollavano, alcuni in silenzio, altri discutendo concitatamente. Ma su quel piano di legno una sola figura, una ragazzina non più grande di lei, dai capelli piuttosto lunghi e mossi, teneva i gomiti poggiati: non aveva altra scelta. Si sedette con cautela, rabbrividendo per ogni rumore fatto dalla sedia mentre la spostava, e lanciò uno sguardo al libro tenuto tra le mani di quella che si rivelò essere una concasata (lo dedusse dalla casacca con rifiniture verdi, e dal fatto che già l'avesse vista nelle lezioni di quel giorno). "Storia di Hogwarts", di Bathilda Bath, così recitava la copertina. Forse avrebbe dovuto anche lei acculturarsi di più sul luogo che ora, e per i successivi sette anni, l'avrebbe ospitata? No, no, di nuovo: c'erano più impellenti compiti, e doveva rispettarli. Fu con estrema lentezza che tirò fuori dallo zaino, lasciato ai piedi del tavolo, il libro di Arsenius Brodus, aprendolo al segnalibro che aveva lasciato. "La classificazione di Stuff". Non c'era altro tempo da perdere: senza esitare, cominciò a leggere.
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