Una luce timida, dalle delicate sfumature rosee, diede il buongiorno al giovane Grifondoro, ancora avvolto nelle candide coperte del suo letto. Si sentiva parecchio stanco e non c'era da sorprendersene, se si considerava il fatto che fosse andato a dormire tardi per compilare quel maledetto questionario di Trasfigurazione. Per sua fortuna quella mattina non avrebbe avuto alcuna lezione, quindi un sorriso si dipinse sul suo volto quando realizzò di poter tornare a dormire, nonostante si fosse svegliato. Un'espressione serafica che, ahimè, si consumò in poco tempo fino a sfociare in una smorfia disperata. Si alzò di scatto, preso dal panico, quasi come se si fosse appena destato da un terribile incubo. I suoi occhi erano sgranati e iniziò a sudare freddo. Forse un incubo era assai riduttivo, a vedere il suo volto in quel momento si poteva sospettare che avesse appena incontrato uno spettro. Ma nessuna delle due ipotesi sopra citate era vera; la realtà, purtroppo, era persino peggiore. « Cavolo, la lezione di Erbologia! » esclamò, rendendosi conto soltanto in quel momento di essere l'unico dei suoi compagni di camera ancora a letto. Tutti loro erano già usciti e non era semplice comprendere che stessero già raggiungendo le serre.
Quel che accadde dopo non avrebbe saputo raccontarlo nemmeno dopo tre minuti, per quanto alta era la fretta che s'era impadronita di lui come un demone agguerrito. Al massimo avrebbe potuto ricordare di aver praticamente gettato sul letto il pigiama e di essere inciampato lungo le scale che dal dormitorio conducevano alla sala comune, mentre ancora tentava di infilarsi i pantaloni della divisa. Sfrecciò quindi giù per le scale, urtando goffamente alcuni dei suoi coetanei lungo il tragitto. Era come una palla da bowling che mandava a terra dei poveri birilli. I secondi scivolavano rapidi lungo l'orologio immaginario che come un metronomo scandiva i suoi passi, un conto alla rovescia dal quale non avrebbe potuto uscire vincitore. Correva come un forsennato, perché aveva detto a Karen che non avrebbe ritardato come suo solito, perché voleva evitare l'ennesima figuraccia. Accelerò il passo quando la vide in attesa in un angolo e al suo arrivo lo attesero parole sarcastiche.. e, per fortuna, un sorriso. « Per un momento me ne ero dimenticato. » disse in tutta sincerità con fare imbarazzato, annuendo poi in risposta alla prima domanda della rossa. Per un attimo ebbe modo di calmarsi, ma quel momento di tregua fu a dir poco effimero. Solo allora realizzò di aver praticamente dimenticato tutto in dormitorio. Si maledì per essere così sbadato, in qualsiasi cosa facesse. Ma ancora una volta Karen intervenì senza infierire, anzi facendo in modo che all'amico quel casino non pesasse. Quasi come se avesse previsto il suo ritardo, aveva portato il doppio del materiale. Un sorriso impacciato si fece largo sul volto di Ace, mentre si chiedeva se fosse lei a essere previdente, o lui fin troppo prevedibile. « Grazie mille.. a volte non saprei come fare senza di te! » esclamò in una constatazione del tutto spontanea e innocente, incrociando i meravigliosi occhi di lei con le sue iridi scure.
Tutto era pronto, ma prima ancora che i due potessero incamminarsi per raggiungere le serre una voce sovrastò le altre, che in un crescendo di confusione davano vita a numerose conversazioni o pettegolezzi. Si trattava di un timbro che Ace conosceva abbastanza: John Keane, un ragazzino del primo anno anch'egli facente parte della sua casata. Questo aveva dato il via a una discussione alquanto animata e dal punto in cui i due ragazzini si erano fermati avrebbero sicuramente potuto intravedere, attraverso lo spiraglio della porta socchiusa dell'ufficio del guardiano, il volto crucciato e beffardo di quest'ultimo. « Come fa a dire che si tratta di un oggetto magico non autorizzato? Andiamo, lo guardi.. è soltanto un semplice orologio da polso! Cosa diamine crede che possa fare? » la difesa che John eresse a proprio vantaggio sembrava inattaccabile, ma non ci volle molto prima che si ritrovasse con la porta del guardiano sbattuta in faccia. Ace lo seguì con lo sguardo, mentre si allontanava dagli sguardi incuriositi dei presenti. Nonostante fosse abbastanza alto e robusto per la sua età, John era un inguaribile timido. Probabilmente il fatto che qualcuno lo vedesse in quello stato, triste e con i lucciconi sotto gli occhi, non doveva andargli a genio, dato che poco dopo scomparve con ampie falcate lungo le scale che conducevano ai piani superiori. Quel cimelio di famiglia doveva significare molto per lui e il fatto che il guardiano se ne fosse appropriato ingiustamente giustificava pienamente la sua reazione. Un fiamma di determinazione, mista a un pizzico di rabbia, balenò nello sguardo del giovane Foster. « Non sarebbe una cattiva idea fare un salto nell'ufficio del guardiano, stanotte. » pronunciò a bassa voce, per poi continuare ancor prima che la bella Tassorosso potesse rispondere. « Non voglio sentire ramanzine, non c'è bisogno di preoccuparsi.. mi limiterò a recuperare quell'orologio e a restituirlo al suo legittimo proprietario, nient'altro. Puoi unirti, sarà molto più semplice e sicuramente correrò molti meno rischi. » concluse con un tono di voce divertito, attendendo poi il responso dell'amica nella consapevolezza che con quelle ultime parole avrebbe potuto forzare facilmente la sua decisione. A vederlo in quel momento, sembrava che quello per lui non fosse altro che un gioco.. e in effetti la verità si celava proprio dietro la sua smorfia compiaciuta. Aiutare qualcuno in quel modo era pericoloso, ma se ciò poteva persino risultare divertente.. cavolo, "carpie dier", come diceva suo nonno. O forse era carpe diem, ma in quel momento non importava.