| Da quando era entrata per la prima volta nella famosa bottega di Olivander, la Alistine non si era mai separata dalla sua bacchetta, non volontariamente se non altro; adesso invece, osservare Ylian chinarsi per raccoglierla le provocò un moto di repulsione difficile da reprimere. Tutto ciò che stava accadendo sembrava impossibile da arginare; tentava disperatamente di contenersi – così come aveva fatto tutta la vita – ma il controllo le scivolava dalle mani e non c'era niente che potesse fare. Il sospiro di Sam ebbe il potere di quietare i pensieri per un attimo, quel tanto che bastava per far violenza su di sé e non colpire Ylian per la sua sfrontatezza; si concentrò su quel sospiro, sul fatto che il ragazzo fosse ancora vivo. In quella circostanza, con quello che lei sapeva, essere vivi era già un lusso. Come potevano gli altri non rendersene conto? Semplicemente non importava? Il bisogno di dirlo si fece impellente, doveva rendere Sam partecipe, aveva necessità di disfarsi di quel peso, condividerlo. Si trovò imbrigliata nella stessa disciplina a cui aveva obbligato il proprio corpo per tutti quegli anni, e che ora le si ritorceva contro. Neppure le lacrime sfuggirono a quel giogo, intrappolate nella culla delle palpebre inferiori, il sintomo di un vaso in procinto di straripare. La voce della strega le arrivava lontana ed il significato delle sue parole le sfuggiva; si trattava solo di inutili vaneggiamenti di una completa squilibrata, o c'era qualcosa di più? Aveva come l'impressione di essere l'unica in quella stanza a non sapere; eppure, al tempo stesso, sentiva di essere l'unica portatrice di una consapevolezza più profonda e radicata, una verità che ancora non si era manifestata agli altri. Esclusa, una volta di più. Focalizzò vagamente l'arma puntata contro di lei, sforzandosi di diradare la nube che le intorpidiva il cervello. *Andiamo, bimba. È importante.* Non riusciva a fare altro che assistere passivamente ed una parte di lei si detestò per quello.
« Io non--» « Ti sbagli Melanie.» Sam si era intromesso ancora una volta, tornando il polo centrale dell'azione, attivando nuovamente l'allarme nella sua testa. La conosceva, conosceva il suo nome, perché? Avrebbe dovuto riconoscerla anche la Tassina? Non s'azzardò ad aprire bocca, ma seguendo l'istinto cercò di avvicinarsi al ragazzo, instaurare un contatto, supplicarlo di fermarsi. In un modo o nell'altro aveva sempre fatto affidamento su di lui, sin da piccoletta; poteva illudersi di essere la più selvatica tra i due, ma la verità era che senza di lui si sarebbe persa già da tempo. Miracolosamente invece, il ragazzo era stato in grado di tenere insieme i pezzi, ammortizzando un colpo dopo l'altro. Realizzare che continuava ancora a farlo le riempiva il petto di gratitudine e sollievo, la liberava dal peso della responsabilità per cullarla nella docile arresa di chi si lascia condurre, fiducioso, solo per non dover sopportare la fatica intollerabile della realtà. Era quello che stava facendo? Annullarsi nell'indifferenza? Cosa c'era di male, in fin dei conti? Purtroppo, in quel frangente, il totale annullamento di sé era un lusso che non poteva permettersi; benché vi si aggrappasse con ostinazione, il mondo la reclamava con forza, strappandola a quel sonno beato: non poteva più ignorare.
« LEI non è come ME! LEI non è orfana.»
Quella parola la colpì come una stilettata di gelo. Non poteva più ignorare, neppure volendo. Continuò a veder danzare le sei lettere nella sua testa, dietro le palpebre, in un punto diverso rispetto a quello che solo di recente aveva scoperto di possedere.
*Adesso basta.* Orfana. Il cuore mancò un battito, la Ragione che a fatica manteneva il possesso del suo Io. Orfana. Le dita iniziarono a formicolare, la vista ad arrossarsi, il petto a bruciare. Orfana. Faticava a respirare, ogni singola cellula del suo Essere si tendeva disperata per mantenere il dominio sulla furia che aveva preso a scorrerle nelle vene. Orfana. Avvertì i muscoli irrigidirsi, le catene che si era auto-imposta in quella semiveglia indotta si allungarono pericolosamente; la sua copertura avrebbe ceduto di lì a poco. Irreparabilmente. Non avrebbe permesso alla sua codardia, all'abulia che l'aveva contagiata nell'ultimo anno, di avere la meglio su di lei; non avrebbe lasciato che altri si sentissero in dovere di decidere per lei, trattarla come se neanche fosse presente, come se non avesse voce in capitolo. Non l'avrebbero messa a tacere. L'unica cosa che ancora la frenava era la bacchetta della Morton che scattava nervosamente nell'aria, affamata ed altrettanto confusa, e perciò ancor più pericolosa. Pericolosa, ma manipolabile. Era chiaro che la strega non avesse le rotelle a posto, agiva per istinto, dominata dalle proprie insicurezze, dal rancore che la teneva in vita. Una parte di Niahndra si smosse, in un impeto di empatia, ma la seconda – quella focalizzata sulla sopravvivenza – non poté che ruggire al segno di debolezza della bionda, pregandola di cogliere l'occasione. Una terza parte, quel punto della sua testa di cui non sospettava l'esistenza, si schiuse un altro poco. Orfana. Qualcos'altro echeggiò nella sua coscienza, il medesimo susseguirsi di passi che le aveva solleticato l'udito in precedenza e al quale si era disperatamente aggrappata.
Sulle scale. Non era sola.
Chiunque fosse, poteva sentirla? Poteva percepire la rabbia, la frustrazione? Sovraccaricata da quei dati sensoriali, una vertigine la colse; l'ennesimo gancio che ancora le garantiva un briciolo di autocontrollo saltò. Realizzare che Melanie si era impadronita della sua bacchetta di iroko, vederla stringerla tra le sue dita come se la possedesse, arrogarsi il diritto di usare la sua stessa arma per ferirla fu l'ultima goccia. Lei non è come me.Lei non è orfana. Ancora.
Non sarebbe rimasta in silenzio a guardare, non mentre lei si prendeva Sam. Avrebbe fatto in modo che nessuno potesse ignorare la sua Voce, non dopo tutto quel che aveva fatto per zittirla, non dopo gli sforzi impiegati per frenarsi, dominarsi, convincersi di poter raccogliere e assorbire e assimilare e trattenere. Ora non più. Quell'urlo conteneva tutto ciò ed altro ancora. Ammetteva quanto fosse stanca, stanco di essere forte, stanca di non sottrarsi mai al suo dovere, stanca di quel peso enorme che sentiva sulle spalle, stanca di essere matura, stanca di essere spaventata. Stanca. Forse non era quella la sua intenzione, non del tutto, ma quel sospiro l’aveva sfiorata con tale dolcezza da sbrogliare ogni groviglio interno, ogni ostacolo frapposto tra il dicibile e l’ineffabile, sfumando i confini, indebolendo i divieti. Si accorse di quel che stava succedendo solo quando si ritrovò le labbra secche e la gola riarsa mentre una nuova sensazione di benessere cresceva dentro di lei; il tempo si era fermato, lei era rimasta immobile tutto il tempo. Ed il suono innaturale che lei stessa stava producendo la estraniava dal mondo così come lo conosceva per scaraventarla in quell'intreccio di trame, vibrazioni e sensazioni che tanto a lungo aveva represso. L'immagine nitida della signora con la veletta le si impresse ancora una volta dietro le palpebre, così vera che Niahndra allungò la mano come per toccarla, la testa che ancora pizzicava per quel capello rubato. Una nuova certezza faceva breccia in quell'inferno di domande.
Non Sam. E tanto bastava.
PS 165 | PC 109 | PM 118 | Exp 32
• Bacchetta magica • Avversaspecchio, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte man a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio, tasca dei pantaloni. • Anello "a miglior vita", con un leggero movimento della mano "dall'ospite" dell'anello, si libera uno spettro; questo ultimo effetto può essere ottimo per spaventare amici e non; anulare destro. • Collana fading in the dark, permette all’individuo di diventare momentaneamente inconsistente e sfuggire così agli attacchi diretti ad infliggere danni fisici. Utilizzabile un turno per quest.
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