Vecchi tavoli posizionati senza un ordine preciso occupavano il locale, antico come il suo proprietario. I vetri erano sempre oscurati da quello sporco che mai veniva eliminato ma, al contrario, era quasi diventato un marchio di fabbrica del posto, oltre che contribuire a garantire una naturale penombra. Quell’osteria era intramontabile: immutata con il passare del tempo, dalla reputazione non esattamente positiva, eppure mai priva di avventori o in crisi. Almeno fino ad ora. Dietro al bancone raggiunto da Damian c’era proprio il proprietario, Aberforth Dumbledore. Anche per quell’uomo gli anni sembravano non cambiare mai, era sempre lo stesso, per quanto il mago potesse ricordare. Damian espose il motivo della sua presenza lì. Non era venuto per un bicchiere di Whiskey Incendiario, magari quello più tardi. Era lì per quell’offerta di lavoro letta sui manifesti e per la ricompensa che ne conseguiva. Al mago parve di veder brillare gli occhi di Dumbledore, ma forse era solo un’impressione. Di sicuro però il proprietario non perse tempo e gli spiegò subito di cosa si trattava. I clienti non riuscivano più ad andare al bagno. No, naturalmente non era un problema fisiologico loro, bensì l’impedimento era da riscontrare proprio nel bagno stesso. Era fisicamente impossibile entrarvi. C’era un qualcosa che lo impediva, occupando il bagno e rendendolo fonte di insopportabili fetori, per non parlare di chissà cos’altro. Era un qualcosa di particolarmente fastidioso e difficile da eliminare, proprio per questo avevano deciso di apporre manifesti in giro per tutto il paese e non solo, cercando un volontario che li potesse aiutare. Dopotutto un locale non poteva andare avanti senza bagno. Damian ascoltò tutta la spiegazione, inarcando un sopracciglio ed assumendo un’aria perplessa. Probabilmente, mentre ascoltava, faceva le sue valutazioni. Dumbledore lo condusse fino davanti alla porta del bagno, chiaramente desideroso di metterlo all’opera immediatamente. Benché la porta fosse chiusa, il putrido olezzo che proveniva dal suo interno si poteva sentire già a pochi metri di distanza, cosa che fece arricciare lievemente il naso al mago, almeno fino a quando non si abituò all’intensa fragranza. Per fortuna non era uno schizzinoso. “Spero che il compenso sia ragionevole.” Proferì infine verso il proprietario, osservandolo con gli occhi chiari e decisi. Praticamente sì, alla fine aveva deciso di accettare. Dopotutto si trattava di uccidere quel coso che occupava i bagni, non doveva mica sturare i cessi, per cui poteva finire pure per divertirsi. Dopo aver tirato fuori dalla tasca interna la propria bacchetta, si tolse la preziosa giacca in pelle nera e la porse al proprietario. “La prego di conservarla, mentre mi occupo del problema.” Si raccomandò, sistemandosi la maglietta grigia e scrocchiandosi le dita. “Prepari un Whiskey Incendiario per quando avrò finito.” Aggiunse sorridendo, sicuro di sé, un attimo prima di aprire la porta e varcare la soglia dell’inferno. Un inferno in cui non divampavano fiamme, ma in cui aleggiavano disgustosi gas maleodoranti.
Ci siamo. La porta è aperta. Tu non hai ancora varcato la soglia poichè un bassotto si trova all'ingresso. Non riesci a vedere l'interno del bagno. La luce è molto forte ed intensa. Il cane parla...Ti ha fatto una domanda. Ovviamente vige il libero arbitrio (grazie al quale io mi diverto sempre un sacco! XD). Quindi, scegli cosa fare!
Se non fosse stato per le esalazioni poco rassicuranti che provenivano da dietro quella porta, opportunamente vestita di un cartello che non lasciava spazio a dubbi, Damian non avrebbe mai affidato la preziosa giacca a nessuno, men che meno a Dumbledore. Tuttavia non aveva molta scelta, in quella stramba e controversa situazione. Rimasto da solo di fronte alla porta d’ingresso che portava ai bagni, scostò una ciocca di capelli con un colpo secco del capo e abbassò lentamente la maniglia. Nell’aprirla, tutti i muscoli del braccio si tesero e non solo. L’intera muscolatura del mago era in tensione, lo sguardo attento, la destra pronta a muovere la bacchetta e le labbra già schiuse, la lingua posizionata sul palato, preparata a pronunciare la prima lettera di un eventuale incantesimo che la mente aveva già elaborato. Non aprì la porta con la stessa pacatezza con cui aveva abbassato la maniglia, tutt’altro. La spalancò di scatto, puntando in avanti la bacchetta, ma una forte luce abbagliò le iridi di ghiaccio, obbligandolo a socchiudere gli occhi. Non v’era niente di fronte a lui, solo quella luce esagerata che rendeva impossibile la visione del bagno. Ma c’era qualcosa ai suoi piedi. Damian abbassò il capo e incrociò lo sguardo candido e innocente del bassotto. Il braccio destro del mago, la cui mano reggeva la bacchetta, liberò parzialmente la tensione e si abbassò di qualche centimetro. Un sopracciglio si alzò in un’espressione confusa e incredula. *Un cane? Sul serio? Ma stiamo scherzando?* Non fece in tempo a fare questo pensiero che il cane parlò. Damian non si sorprese per quell’uscita e ciò non aveva nulla a che vedere con la conoscenza della Jarvey sboccata di Virginia. No, sicuramente esisteva un qualche incantesimo che dava la parola agli animali. A sorprenderlo fu, più che altro, la domanda stessa che il cagnolino cicciotto gli fece. Il Mastro di Chiavi. Damian si guardò intorno, come se si aspettasse di vedere Dumbledore lì vicino per chiedergli se sapesse chi fosse questo Mastro di Chiavi, ma naturalmente il proprietario della Testa di Porco se l’era già svignata. Probabilmente aveva anche avvisato gli avventori che quel pomeriggio occupavano il locale di non avvicinarsi ai servizi nemmeno per sbaglio, poiché non c’era anima viva nei dintorni, nonostante il brusio e il chiacchiericcio diffuso. Damian riportò lo sguardo al cagnolino, che continuava a guardarlo con quegli occhioni piegati all’ingiù, tipici dei bassotti. “Scusami, Toby, ma non so cosa sia un Mastro di Chiavi. Se intendi quello che deve rimettere in funzione il bagno, sì, sono io. A proposito, sai qual è la causa di questo tanfo insopportabile?” Chiunque avesse potuto vederlo in quell’istante l’avrebbe probabilmente preso per impazzito. Parlare con un cane… Tuttavia gli venne piuttosto istintivo, forse a causa delle conversazioni intraprese con Galatea. Assottigliò le palpebre e fissò ancora la luce abbagliante che proveniva da dentro la stanza. “Non dirmi che sei stato tu…” Tentò di scavalcare letteralmente il cane per entrare definitivamente nel bagno, con l’intenzione di chiudersi la porta dietro le spalle.
Diciamo che il dolce cagnolino non ha creduto al fatto che tu fossi il Mastro di Chiavi. Sei stato poco credibile! XD Sei stato morso al polpaccio destro. Sanguini copiosamente ed il dolore è significativo. Insomma, non correresti con successo! Perdi 22 ps e 3 pc. Ti chiedo la cortesia di postare le tue stats al prossimo post sottraendo tu stesso già i punti di cui sopra. La porta è nuovamente chiusa. Cosa farai? Cercherai di essere più convincente dichiarando fermamente di essere il Mastro di Chiavi oppure no? Ti dò un aiutino...Io sono un cinofilo...Ma sono anche Cinefilo! XDXD
Gli occhi innocenti del cagnolino si dimostrarono del tutto ingannevoli. Contrariamente alle proprie aspettative, Damian non ce la fece a scavalcare. Aveva decisamente sottovalutato quella bestiola e anche, probabilmente, la sua stessa domanda. Il fantomatico “Toby” lo azzannò al polpaccio e gli fece fare un volo incredibile, sbattendolo contro entrambi gli stipiti della porta e lanciandolo fuori dal bagno. Il mago rovinò a terra, pancia all’aria, sul pavimento del locale. Nessuno sembrò accorgersi di quella caduta. Molto probabilmente il proprietario non sarebbe mai andato ad assicurarsi di nulla, visto che non aveva nemmeno avuto il coraggio di occuparsi da solo del problema. Anzi, con ogni probabilità più casino avrebbe sentito provenire dal bagno e più lontano se ne sarebbe stato. Damian strizzò le palpebre e strinse i denti, gemendo di dolore, mentre il bassotto completava la sua opera con una bella pisciatina sulle sue scarpe. Il dolore non proveniva solo dalla gamba, ma da tutte le parti contuse. Quando il mago riuscì a vincere il dolore e a riaprire gli occhi, sedendosi, dopo essersi accorto dell’ulteriore regalino del cane, si assicurò dello stato della gamba. Sollevò il tessuto dei jeans, piegandolo fino al ginocchio e mettendo chiaramente in mostra la ferita. Sanguinava copiosamente, quel maledetto cane aveva fatto un bel lavoro. “Fanculo…” Sibilò tra sé e sé, puntando la bacchetta che ancora teneva ben stretta con la destra, verso il polpaccio. Si prese il tempo necessario per placare gli spasmi involontari provocati dai nervi tesi, rilassandosi quel minimo che fosse necessario per permettersi di trovare la concentrazione adatta per tentare un incanto curativo. Quando vi riuscì, tenendo lo sguardo ben fisso sulla ferita, mosse la bacchetta, compiendo un semicerchio fluido verso l'alto. Il polso era rilassato, in modo da accompagnare il movimento con la leggerezza necessaria. “Medèor...” Iniziò a pronunciare la formula, mentre compiva il movimento, con il dovuto accento sulla seconda "e". “...Vulneràtio.” Terminò con un leggero colpetto della bacchetta verso la ferita, senza naturalmente toccarla, completando la formula con la seconda parola, accentando opportunamente la "a". Non poteva sapere quanto quell’incantesimo avrebbe potuto aiutarlo, essendo specifico per ferite di lieve entità, ma tentare non costava nulla. Dopo aver provato a mettere in atto quella specie di primo intervento, avrebbe provato a rialzarsi in piedi. Ormai era diventata una questione di orgoglio, una sfida. “D’accordo, piccolo stronzetto. Vuoi giocare? Giochiamo.” Sussurrò tra sé e sé. Se fosse riuscito ad alzarsi, avrebbe provato ad avanzare fino alla porta e a spalancarla con decisione, puntando la bacchetta verso il basso, dove ipoteticamente avrebbe dovuto esserci il cane. “Sono io, il Mastro di Chiavi. E sono anche il Pulitore di Cessi. Vuoi farmi passare ora?” Avrebbe proferito con rabbia e decisione, stando al gioco, nell’intenzione di liberarsi velocemente di quella bestia che gli stava impedendo di svolgere il suo lavoro. Dopotutto non poteva far fuori il cane, anche se in quel momento l’avrebbe tanto desiderato. Magari era il cane di Dumbledore, va a sapere.
Non sanguini più. La ferita è stata sanata quasi del tutto. Rimane una lieve ferita superficiale che non ti arreca dolore. Recuperi 15 ps e 3 pc. Ti chiedo la cortesia di postare le tue stats al prossimo post aggiornando i punti di cui sopra. La porta è spalancata. Il cane, che si è definito "Guardia di Porta" è pronto a lasciarti passare. Attenzione! Cosa comporta essere mastro di chiavi (o spacciarsi per tale)? Non dimenticare questo dettaglio...
L’incanto fece il suo effetto, permettendo a Damian di alzarsi in piedi senza difficoltà e affrontare per la seconda volta quella stramba situazione. Il pantalone insanguinato venne riabbassato sul polpaccio. Avrebbe dovuto passare anche in sartoria, a lavoro concluso, per vedere se si poteva fare qualcosa per recuperarlo. Ma ci avrebbe pensato dopo, ora doveva concentrarsi sul lavoro e su quel bagno, in cui non era ancora riuscito nemmeno ad entrare. Il secondo tentativo si rivelò essere più fortunato. Il cane maledetto sembrò credere alla fandonia e gli comunicò di essere il “Guardia di Porta”. *Bene, buono a sapersi…* Pensò tra sé e sé, con ironia, il mago, mentre lo guardava spostarsi, finalmente intenzionato a farlo entrare. Se avesse avuto un minimo di cultura cinematografica babbana, forse avrebbe potuto riconoscere tutti quei termini e avrebbe saputo agire di conseguenza. Ma a lui mancavano completamente certe conoscenze. Tuttavia possedeva l’accortezza necessaria per capire che l’unico modo per riuscire nel suo intento era quello di assecondare quel cane rabbioso, dotato di parola e di una forza sovrumana. Dovevano averlo incantato per bene. Forse era il buttafuori. Damian allungò la gamba, quella buona, nel tentativo di varcare l’ingresso. Assottigliò le palpebre e portò una mano davanti agli occhi, come se ciò lo potesse aiutare a vedere meglio, oltre quella luce abbagliante che chissà da dove proveniva… Avrebbe dovuto dire al proprietario di regolare un minimo la luminosità dei servizi igienici. La scelta del verde era il top, ma magari un po’ più soft… Se stavolta fosse riuscito ad entrare nella stanza, avrebbe provato a chiudersi alle spalle la porta e si sarebbe rivolto verso il Caronte della situazione, il bassotto dallo sguardo triste ma dai denti affilati. Non aveva la minima idea di cosa poteva aspettarsi da lui, ma avrebbe tentato di sfoderare tutte le sue migliori capacità nel campo del bluff per guardarlo con l’aria di chi sa e si aspetta qualcosa di particolare. E forse anche il Guardia di Porta si aspettava qualcosa di specifico dal Mastro di Chiavi? Quello rendeva le cose più difficili. “Guardia di Porta, procediamo?” Gli avrebbe chiesto, con la speranza che a quella domanda allusiva seguisse una risposta qualsiasi che potesse aiutarlo a vederci più chiaro.
Forse solo un troll avrebbe saputo fare un così buon lavoro. Una volta varcata la soglia dei servizi igienici – che di igienico non avevano niente, andando a naso – la puzza stagnante di residui organici mista a qualcosa che odorava di cannella, ma che sicuramente non aveva nulla a che vedere con la sfiziosa spezia, si fece più forte. La luce verdastra, accompagnata da una nebbiolina di dubbia provenienza, impediva la visuale complessiva e chiara del bagno. Il mago non poteva avere la minima idea di cosa aspettarsi, oltre al cagnolino mannaro, ma la situazione iniziava a piacergli sempre meno. Le dita strinsero più saldamente la bacchetta in legno di prugnolo. I muscoli si tesero, pronti a scattare alla minima avvisaglia di pericolo. Strizzava gli occhi, nel vano tentativo di scorgere nel dettaglio l’ambiente che lo circondava. Per sua fortuna il bassotto non sembrò avere ulteriori dubbi su di lui, a giudicare dalla risposta che gli concesse. Damian non poté carpire la minima indicazione, da quella risposta, ma non mostrò alcuna resistenza né lasciò cadere la maschera, nel seguire il cagnolino attraverso quella nebbia verdastra. Avanzava con convinzione e sicurezza, un passo dopo l’altro, a fianco della bestiola assassina. Si guardò intorno e riuscì a ritrovarsi, a capire in quale punto esatto del bagno erano, ma non vi diede molta attenzione. Qualcos’altro, infatti, attrasse il suo sguardo. Una faccia verde, luminosa come una lampada: la causa di tutta quella luce abbagliante. Se fosse stato un babbano o se avesse avuto un minimo di conoscenza della loro arte cinematografica, forse quella faccia gli avrebbe ricordato qualcuno. Ma per Damian, quello era solamente qualcosa molto vicina alla testa di un goblin. Stava ancora osservando in silenzio quella faccia, stando bene attento a non dare a vedere la perplessità che albergava nel suo cervello, quando il cane parlò ancora. Follia. Quella era follia pura. Doveva essere uno scherzo assurdo del proprietario. Probabilmente lui ora era nascosto dietro una di quelle porte, a ridere di lui. Guardò il cane, piccolo e pericoloso, ma incredibilmente serio. Che doveva fare? Dargli ancora corda o prendere e andarsene? Era davvero tutto uno scherzo o forse era tutto maledettamente reale e quel “pulsante” l’avrebbe portato dritto dritto di fronte al problema da risolvere? Tornò a guardare la testa di goblin, quello che il cane aveva detto essere il pulsante che avrebbe aperto…qualcosa. Pulsante. Per aprire qualcosa. Damian agì d’istinto, sollevando la bacchetta a mezz’aria, puntandola con decisione verso la faccia verde di fronte a lui. “Alohomora!” Esclamò con voce sicura, senza soffermarsi sulla “h”, che in quell’incantesimo era muta, osservando la testa luminosa, sperando profondamente di riuscire nell’intento.
La speranza è l’ultima a morire, ma chi di speranza vive disperato muore e in quel caso la speranza non aveva ricompensato il mago. L’incanto svanì nell’aere come polvere, senza produrre conseguenze. Damian dovette incassare quel nulla di fatto come un sacco incassa il colpo del pugile e, nel contempo, mantenere almeno una parvenza di sicurezza di fronte ai dentini affilati e luccicanti del perfido quadrupede al suo fianco. ”Osi forse dubitare della mia parola?” La domanda arrivò secca e severa, come se quel dubbio arrivasse a offenderlo nel profondo. Non ebbe nemmeno il tempo di formulare una scusa per giustificare il suo tentativo fallito miseramente che il cane borbottò l’ordine. Un gabinetto si materializzò al di sotto della testa di goblin, esalando un fetore ancora più intenso e disgustoso. Damian arricciò il naso e trattenne a fatica un conato, mentre il cane, di fronte a lui, armato di spazzolone, diede inizio ad un’intensa attività di spurgo. Assurdo, era semplicemente tutto assurdo. Quella non poteva essere la realtà. Doveva essere per forza di cose un incubo. Quanto aveva bevuto la sera prima? Mentre i suddetti pensieri vorticavano nella mente del mago, le scarpe dello stesso subivano un trattamento decisamente poco piacevole a causa degli schizzi e dei residui organici che fuoriuscivano dal gabinetto. ”Ehi, ehi! Per le mutande di Merlino, vuoi stare un po’ attento?” Borbottò innervosito verso il bassotto, iniziando ad agitare i piedi nell'inutile tentativo di scrollarsi di dosso quell'orripilante sostanza. Nel farlo perse inavvertitamente l'equilibrio e, d'istinto, la mano destra andò ad aggrapparsi alla faccia luminescente. Se quel gesto non calcolato avesse potuto azionare o meno qualcosa, di certo non lo poteva sapere. Tuttavia l'avrebbe scoperto presto...
E fu così: la mano involontariamente posata sul faccione verde azionò il pulsante. Il tempo di ritrovare lestamente l’equilibrio e Damian si staccò dal musone fosforescente. Il cane arrestò la sua opera di spurgo e si mise a fissare, immobile, il sanitario stregato. La nebbia si addensò ulteriormente. Il mago, inzaccherato, nauseato e, all’apparenza, leggermente infastidito, assottigliò le palpebre e sollevò la bacchetta. Ne aveva piene le scatole di quella nebbia ripugnante. Con un deciso movimento del polso, roteò la bacchetta da sinistra verso destra di fronte a sé, in un moto ondulatorio. “Dilàberis” Pronunciò con voce ferma, nel tentativo di dissolvere la foschia orripilante. Non fece in tempo ad avvicinarsi al gabinetto che delle vere e proprie… cacchette (o almeno questo sembravano, delle cacchette dalle dimensioni notevoli) risalirono la parete interna e uscirono allo scoperto, posizionandosi di fronte a Damian e al cane, improvvisamente zittito, quasi fossero sull’attenti. Che diavolo erano? Era uno scherzo di qualche burlone? Erano la causa di tutto il problema? Doveva farle fuori? Damian non era esattamente ciò che si dice un tipo riflessivo. D’istinto puntò la bacchetta contro le dieci cacchette, minaccioso.