21 Guns
Lay down your arms
Give up the fight
“ L’abitudine si vince con l’abitudine ”
Tè, latte e zenzero per riscaldare l'aria di quelle prime mattine di novembre. La corvonero portò la tazza alla bocca e bevve un piccolo sorso. Un brivido di disgusto la percorse mentre il liquido le scorreva giù per la gola. In altre occasioni avrebbe preso due cucchiaini di zucchero e li avrebbe aggiunti alla bevanda. Un'altra pigra mattina stava avendo inizio.
*Per ogni istante che passa la Me di quell'istante passa con lui.. sicché ognuno di noi non è mai la stessa persona di un attimo prima* accarezzò il bordo della tazza bollente prima di bere ancora il liquido aspro ma rigenerante. Era sveglia ormai da troppo tempo per fare pensieri così profondi e fuori luogo. La verità è che stava pensando a quando le sue mattine non erano affatto così silenziose e vuote ..pungenti e amare proprio come la radice che galleggiava nel suo tè. Era seduta al tavolo dei corvonero semivuoto. Come tutte le mattine di quelle ultime tre settimane, era troppo presto per l'effettiva colazione e, quando cominciavano ad arrivare gli altri studenti la ragazza si defilava in qualche dove che fosse lontano da lì. Esattamente 21 giorni che andava avanti così. *Ventunesimo colpo* Eccolo, il ricordo che si presentava puntuale ed inevitabile che le ricordava perché tutto era cambiato, lo aspettava.
Terminò di bere e alzandosi si avviò verso l'aula della prima lezione di quel lunedì mattina, conscia che non sarebbe cominciata prima di tre quarti d'ora d'attesa. Aprì il libro di trasfigurazione davanti a sé alla lezione del giorno anche se non l'avrebbe neanche guardato. Tirò fuori anche una pergamena scritta in bella grafia, la girò e con tratti leggeri si mise a pastrocchiare qualcosa di apparentemente senza senso. Sembrava un palazzo dalle fondamenta cubiche, sulla quale si innestavano una serie di parallelepipedi, piramidi e poliedri che lo rendevano una sorta di guazzabuglio; le mura erano decorate ma non ve n'era nessuna che fosse in stile con le altre, da disegni geometrici a piccoli dipinti. Tutto assurdo ma estremamente curato nei particolari. Era il santuario della terra dei giorni, qualcosa di cui aveva letto in un racconto. La guardiana che vi viveva era in grado di giocare col tempo, dunque la realtà al suo interno non era altro che un'eventualità; la storia era tutta da scrivere e andava esattamente come volevi che andasse. Un inusuale gabbia dorata senza tempo e senza regole, dove le routine erano solo un'immaginazione e i cambiamenti erano tutti premeditati. L'idea le era sempre apparsa allettante: tutto quello che aveva perso l'avrebbe ritrovato lì e nulla di negativo sarebbe mai accaduto sconvolgendo la sua vita; ma anche solo fantasticandoci si rendeva conto che infondo l'assenza di una realtà con le sue certezze e probabilità la spaventava. Dopotutto i cambiamenti improvvisi, soprattutto quelli spiacevoli, erano qualcosa alla quale la ragazza era già abituata. Ogni cambiamento non era mai fine a se stesso, e significava stravolgere la quotidianità per abituarsi ad altre routine.
Quello che stava vivendo in quel momento era un periodo di passaggio: quando sai già cosa devi fare e come farlo ma continui costantemente a pensare a quello che era. Sapeva che in una realtà diversa, nella quale lei avesse fatto la cosa giusta, sicuramente in quel momento starebbe in dormitorio ad incitare Alice a scegliere quale paio di scarpe mettersi, correre mentre scendevano giù dalle scale a chiocciola della torre di divinazione per poi catapultarsi in sala grande, dove aveva abbandonato il tavolo dei prefetti per fare una colazione all'insegna di battute divertenti, infine sarebbero arrivate in aula e con grande probabilità in ritardo *..e il mio tè sarebbe stato zuccherato* Si disse tanto ironica quanto veritiera, come se quella fosse una presa di posizione che giornalmente la puniva per il casino che aveva combinato.. come se il senso di colpa e l'avanzare dell'inverno non fosse già sufficiente a deprimere le giornate.
Quando gli studenti del terzo anno fecero il loro ingresso Jen non si preoccupò di mantenere o liberare il posto accanto al suo, certa che la persona che l'aveva sempre occupato non si sarebbe seduta preferiva restar sola. Era dedita alla concentrazione riservata alle lezioni per colmare il vuoto d'altra natura che mancava in quelle ore. Sorrisi d'intesa, frasi complici, considerazioni stupide, tutto quello che dava vita ai testi dei libri e alle parole dei docenti restavano fuori, rendendo il tutto semplice apprendimento, nozioni che da brava corvonero avrebbe padroneggiato senza indugio; e al momento senza ricordi annessi. Fortunatamente la sua indole curiosa e devota alla conoscenza l'aiutava a rendere quelle ore sopportabili nonostante la palese differenza.
Il pranzo poi non sarebbe dovuto essere molto diverso dalla colazione, gioviale e di relax. Esattamente il pranzo ad Hogwarts era quel momento in cui tagli la fatica delle lezioni e riconnetti la parte sociale del cervello. Doveva essere una fase essenziale per un corvonero che quando studia si eclissa dal mondo.. eppure Jenifer in quella sua nuova routine, che in qualche modo stravolgeva completamente il suo modo di essere, lo saltava bellamente restando in Sala Comune. Certo, non che non ci avesse provato all'inizio a buttar giù cibo come al solito insieme agli altri, ma dopo i primi giorni il disagio era tale che quella forma di isolamento non faceva che giovare il suo stato. Effettivamente, ora che cominciava a sentire la mancanza delle sue concasate, e non solo di Alice, si chiedeva quale tra le due cose fosse più masochista. *Prima o poi dovrò tornarci se non voglio che mi diano per dispersa* Così quel lunedì al posto di salire le scale si decise timidamente a riapparire in Sala Grande. L'ammasso di studenti ordinatamente seduti ai tavoli che chiacchieravano la colpì. Si diresse timidamente verso il tavolo dei corvonero poiché quello dei prefetti, con Derek in prima linea, non era minimamente tra le sue idee. *Idea brillante. Non sono pronta.* Era così traumatica un pranzo con i suoi amici? Considerando poi che lo aveva sempre fatto? Non guardò nella direzione di quella che era stata la sua migliore amica e si sedette piuttosto distante. Certamente tutti dovevano aver notato la differenza, a partire dalle ragazze che avevano subito gli avvenimenti di Quella fatidica mattina in dormitorio. Tuttavia tergiversando qualche domanda di troppo sulla sua assenza la prefetta riuscì ad avere un pranzo quasi tranquillo. Definirlo Normale sarebbe certamente stato eccessivo dato che era dalla parte opposta del suo solito. Finito di pranzare, inosservata scivolò via.
Salì le scale fino al primo piano ed entrò nell'aula di storia della magia. Era tardi rispetto a quando passava le sue pause in sala comune, tanto che vi erano già alcuni studenti. Si sedette sistemandosi e involontariamente il suo sguardo cadde sulla porta dell'aula.
C'era bisogno di tempo si erano dette, ma per quanto tempo avrebbe dovuto brancolare tra diverse abitudini che sue abitudini alla fine non erano? Il desiderio di tornare alla sua ruotine era così forte e doloroso che non sapeva esattamente a quanti altri colpi avrebbe resistito. Probabilmente la necessità glielo avrebbe fatto sapere.
This is good in a better way
It's better this way
I'll make this perfect Again