| Thalia Jane Moran Se da un lato, quello ottimista, si augurava di aver dissuaso il Corvonero a proseguire nei suoi intenti, dall'altro, quello più razionale, era certa che ciò non sarebbe avvenuto troppo facilmente. Se pensava all'irriverente Mitchell, con quel sorriso sardonico stampato perennemente sul volto, era impossibile credere anche solo lontanamente che si sarebbe potuto dare per vinto. Era piuttosto certa, inoltre, che fosse un ragazzo deciso ad ottenere ciò che voleva, quando lo desiderava e nei modi stabiliti. Non le avrebbe fatto concessioni, tanto meno sarebbe stato capace di abbandonare la preda. Definirsi la sua "preda", in quel momento, fu avvilente. Non le piaceva apparire debole, soprattutto in sua presenza. Se la strategia del Corvonero era quella di condurla al limite della sopportazione, questione ormai chiarita da quei brevissimi scambi di battute taglienti come lame, la Tassorosso era convinta di poter vincere il diverbio solamente annoiandolo. Non era facile stancare uno come lui, avvezzo a giocare con le parole, convinto di avere un asso nella manica in ogni circostanza. Forse si somigliavano più di quanto non credessero e il solo pensiero la fece inorridire. Lei, paziente e protettiva, altruista e generosa, comparata a lui. Sì, la sola idea di somigliargli le aveva fatto venire la pelle d'oca.
La risposta a quella frecciatina non giunse subito, ma Thalia non si lusingò troppo: la risposta sarebbe giunta, più inaspettata che mai. Cos'avrebbe risposto? Nella sua mente non vorticavano più le parole legate alle Sibille, ma le possibili risposte del Corvonero. Avrebbe continuato a sfidarla, ne era certa. Non lo conosceva affatto, non intimamente, ma qualcosa di non ben definito le aveva fatto percepire che non avrebbe smesso con quel gioco diabolico. Era un confronto crudele, specie se l'obiettivo di Mitchell era quello di farla "uscire dagli schemi", quegli stessi schemi che le erano stati imposti dalla famiglia e che tanto l'avevano caratterizzata. Forse, dopotutto, non sarebbe stato un bene uscirne? Rifletteva spesso sull'eventualità di distinguersi dalla propria famiglia, rispettabile e stimata dalla maggior parte del mondo magico. Che fosse quella l'occasione? Certo, si sarebbe distinta sfidandolo a duello nel bel mezzo della Biblioteca, ma in un modo che non avrebbe reso fieri i suoi genitori e, anzi, l'avrebbero incolpata per l'onta subita a causa sua. No, non era quello il modo giusto di "distinguersi". Avrebbe cercato qualcos'altro, qualcosa che non includesse quel Corvonero.
Non si accorse del suo spostamento, troppo concentrata a riflettere sulle sue mosse. Un errore da principiante che, col senno di poi, forse avrebbe volentieri evitato. Sollevò lo sguardo dalla propria lettura: lo scorse poco più avanti, intento ad osservare i libri disposti con cura maniacale dalla stessa bibliotecaria, alla ricerca di un nuovo intrattenimento. Che cosa poteva attirarlo così tanto? Non sapeva dirlo. Scosse il capo, cercando di scacciare quella curiosità, allontanandola da sé. Cercò di tornare alla propria lettura e, per qualche breve momento, ci riuscì. Finché...
Dubbio eh? Non è che magari hai solo paura a sfidarmi Moran
Trasalì, chiudendo il libro lentamente, senza far rumore. La sua voce era così vicina che, se si fosse voltata a guardarlo, era certa si sarebbero trovati a brevissima distanza l'uno dall'altra. Prima di rispondere o di puntare gli occhi chiari nella sua direzione, abbassò il capo, deglutendo. Quella vicinanza l'aveva colta di sorpresa. Troppa, per i suoi gusti. Non aveva paura di lui, no... provava quella consueta sensazione di disagio che, ormai, l'accompagnava durante ogni loro incontro.
Paura. Credeva fosse spaventata all'idea di un duello con lui? No. Affatto. Eppure qualcosa, all'altezza della bocca dello stomaco, le suggeriva di fare attenzione: non c'era da fidarsi di lui, ma non ne capiva il motivo. Lentamente, ripose il testo sulle Sibille in uno spazio vuoto della libreria, più in basso rispetto alla sua ubicazione precedente. Rimase ferma, per qualche istante, con la mano posata delicatamente sul libro, voltandosi, infine verso di lui. Mantenere quel contatto, quello con il libro, le sembrava un modo per mantenere il controllo. Non aveva voglia di lasciarsi andare a stupide frasi filosofiche sulla paura o sul suo antagonista, il coraggio. Lui, Mitchell, era ancora lì. Le sorrideva, con quel suo ghigno fastidioso dipinto sul viso. Perché doveva guardarla così? Perché sfidarla in quel modo?
Temo tu mi abbia fraintesa... sussurrò piano, senza cambiare posizione ...ti sto solo dicendo che non voglio avere nulla a che fare con te, mi pareva di essere stata abbastanza chiara.
Era una risposta totalmente diversa da quella che aveva immaginato di pronunciare e si pentì di non aver seguito il proprio ragionamento. Si rammaricò di aver seguito il proprio istinto, ma nei confronti con Mitchell, suo malgrado, l'istinto aveva sempre la meglio.
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