| Le ultime case del villaggio erano sparite dietro l'angolo oscurato dalle chiome degli abeti dal tronco scuro. Il sentiero era sterrato, i passi lenti dei due studenti tra sassi e polvere regnavano sul silenzio momentaneo. Davanti a loro, la Stamberga Strillante si ergeva con la sua aria trascurata e minacciosa. Alla fine - pensò - era riuscito a portarla alla Stamberga. Ne avevano parlato durante uno dei precedenti incontri, in una sorta di scommessa mai attuata, e fu proprio lei a ironizzare sull'atteggiamento timoroso di Mitchell in merito. Il Corvonero aveva manifestato l'intenzione di orchestrare un "innocente" scherzo al Professor Peverell, insegnante di Storia della Magia e da poco divenuto il Vicepreside della Scuola, il braccio destro della Professoressa Bennett. Avrebbe sorriso a quel pensiero, se non avesse avuto un certo timore a sollevare lo sguardo su Mitchell che aveva da poco proposto di dirigersi in un luogo più appartato per parlare. Quale luogo migliore se non un sentiero lontano dal centro abitato? Perché infiltrarsi nella Stamberga o nella boscaglia fitta? Non ne vedeva il senso e non avrebbe accettato il suo gentile, quanto strano, invito. *Non penserà davvero che mi dilegui insieme a lui nel nulla! * Il solo pensiero la fece innorridire e, poco prima di rispondere, si fermò al centro esatto del sentiero, lasciando che Mitchell proseguisse da solo finché non si fosse accorto di averla lasciata indietro. « Più tranquillo del sentiero credo non ci sia nulla.» Non era una constatazione la sua. Piuttosto, si trattava di una ferrea presa di posizione. Gli aveva lasciato carta bianca, permettendogli di svelarsi piano piano e senza pressioni di alcun genere. Aveva atteso il momento in cui si sarebbe preso una confidenza che lei ancora non era tornata a concedergli e, così, lo aveva indotto a credere di aver preso in mano la situazione. Certo, l'iniziativa sull'incontro era partita da lui, ma era lei a condurre il gioco. Lei aveva accettato di esserci, di parlare - o lasciarlo parlare - e lei sarebbe stata l'unica a prendere decisioni in merito. Quella visione poteva non piacere al Corvonero, ma la sua scelta era stata differente. Se ciò fosse risultato sgradito al ragazzo non era certo un suo problema. Aveva continuato a parlare del suo sogno di diventare Auror, una professione nota in famiglia a quanto pareva, dato che il padre lavorava al Ministero con quel ruolo. La motivazione addotta per quel desiderio futuro sembrava logica, eppure qualcosa le diceva che quella non fosse tutta la verità. C'era qualcosa nel suo sguardo o nelle sue parole che non la convinceva, specialmente quel riferimento alla madre. Di nuovo una connessione relativa alla parentela di Mitchell la lasciò perplessa: in Biblioteca aveva affermato di aver appreso quell'incantesimo tremendo che avrebbe voluto usare su di lei niente meno che dal nonno. Non aveva specificato se fosse materno o paterno, ma se il padre era un Auror di sicuro doveva trattarsi del genitore della madre. Dunque, la domanda fondamentale che le sarebbe dovuta sorgere spontanea avrebbe dovuto riguardare l'identità della donna, la sua occupazione e il suo retaggio, eventualmente. L'occupazione del padre, poi, era connessa a quella di suo nonno, Connor Moran. Aveva militato tra gli Auror e forse, con le vacanze di Natale, avrebbe avuto occasione di chiedergli maggiori informazioni in merito. Sempre che ci arrivasse viva alle vacanze di Natale. Certamente avrebbe voluto chiedere di più, a causa della curiosità che premeva ogni singola microspica parte del suo corpo a ricercare la verità, ma scelse di tacere - consapevole del fatto che ognuno avesse il diritto ad esporsi nella misura più congeniale alla propria personalità. Inoltre, Mitchell stava davvero cercando di essere pacato e non aggressivo com'era accaduto in precedenza. In altre circostanze si sarebbe rivelato un atteggiamento da premiare, ma Mitchell costituiva per lei un'eccezione. Una di quelle su cui avrebbe continuato a meditare a lungo, cercando di includerlo in una determinata categoria di persone. Il mondo non si distingueva sempre in "buoni" e "cattivi" - lo aveva capito ascoltando le storie di Connor - tuttavia Mitchell si trovava nel limbo tra le due categorie e le sarebbe piaciuto, un giorno, riuscire ad inquadrarlo in una delle due. «Un Auror per salvare le persone, dico bene?» mormorò dopo qualche istante di silenzio. Quella frase, pronunciata da Mitchell, suonava come una presa in giro. O meglio, lo sarebbe sembrata se non avesse avuto la percezione, più di una volta, che gli Auror potessero essere considerati alla stregua di maghi pronti ad uccidere, se necessario, e diversi dagli avversari del Lato Oscuro solamente per la posizione privilegiata all'interno del Ministero. Considerata in quell'ottica, non poté ribattere ulteriormente cercando di confutare le parole del Corvonero e si limitò a cercare intorno un luogo adatto per sedersi. Il suo sguardo individuò, alla fine, una pietra dall'aspetto liscio e la superficie piana. Si avviò in silenzio, mettendo tra lei ed il ragazzo qualche metro di distanza. Posò il pacchetto, ancora chiuso, sul sasso e vi si sedette accanto, portando le gambe al petto e cingendole con le braccia. Studiò Mitchell da quella posizione, chiedendosi a che cosa stesse pensando in quel momento. Era chiaro che il suo sguardo inquisitorio lo stesse mettendo a disagio o, quanto meno, in uno stato simile all'agitazione. Avrebbero potuto scegliere un pub qualsiasi, come i Tre Manici di Scopa, per quel colloquio improbabile. Magari la Testa di Porco, così che un minor numero di occhi potesse assistere a quell'evento unico nel suo genere. Aveva scelto di svoltare verso la boscaglia proprio per evitare entrambe le cose: quella era una questione che riguardava solamente lei e il Corvonero. Nessuno avrebbe dovuto mettere in discussione la situazione. Nessuno avrebbe dovuto influenzare il corso degli eventi. Era convinta che sarebbe tornata sana e salva al Castello, per potersi recare nel pomeriggio a Diagon Alley per il suo lavoro da "Accessori di Prima Qualità per il Quidditch". Non aveva dubbi che Mitchell si sarebbe trattenuto dal farle del male. Fiona era stata testimone di quell'incontro e sapeva per esperienza che la sorellina non fosse stupida ed, anzi, sulla sua stessa lunghezza d'onda. Non c'era motivo di temerlo. Tuttavia, era necessario che percepisse la sua diffidenza. Non poteva sperare di cavarsela facilmente dopo quanto accaduto in precedenza. «È stato indubbiamente interessante scoprire qualcosa sul tuo conto...» mormorò alla fine, quasi in un sussurro «Eppure non mi hai ancora detto la cosa che mi interessava più di tutto questo. Speravo ci arrivassi da solo, ma stai tergiversando.» Probabilmente il tono doveva esser risultato troppo criptico per lui o forse, più semplicemente, il ragazzo avrebbe atteso il completamento della domanda. «Ti ho chiesto di raccontarmi qualcosa di te, lo ammetto. E lo hai fatto. Ora, però, mi domando se eviti di proposito il nocciolo della questione oppure lo ignori sul serio.» una breve pausa, nella quale prese il coraggio necessario per porgli la domanda che per tutta la notte l'aveva tenuta sveglia, poi riprese «Perché? Perché cerchi di riconquistare la mia fiducia? Perché ti sei sprecato di farmi un regalo? Perché proprio io?» Erano molte domande. Forse si trattava di un unico quesito spezzato in più parti. La risposta, comunque, doveva essere solo una e se Mitchell non era riuscito a parlarne prima di spontanea volontà, ora sarebbe stato costretto a farlo.
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