Changes, per Thalia

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view post Posted on 5/8/2016, 16:18
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Il suo sguardo sondava il Corvonero, senza lasciarsi sfuggire un solo dettaglio di quell'individuo così diverso eppure, per qualche minuscolo e quasi insignificante dettaglio, simile a lei.
Di Mitchell aveva avuto modo di pensare molte cose.
Nella sua mente lo aveva insultato, maledetto, odiato e di tanto in tanto perdonato, per poi tornare a degli insulti poco consoni ad una ragazzina di soli tredici anni. In quei tredici anni, però, Thalia non si sentiva come le sue coetanee. Alcune avevano coraggio da vendere, altre si lasciavano trasportare ingenuamente dagli eventi che le coinvolgevano. Tra di loro, alcuni elementi potevano fare affidamento sulle doti che il Fato o la Fortuna aveva donato loro senza ragioni particolari e lei, dal canto proprio, sapeva quali fossero i propri limiti.
Poteva contare su un discreto senso dell'umorismo, spesso rivolto al sarcasmo, e su una capacità di raziocinio sconosciuta alla maggior parte delle sue coetanee. Inoltre, non si poteva dire che, fino a quel momento, avesse avuto modo di circondarsi delle cosiddette "persone sbagliate". Aveva un talento, per così dire, nel scegliere e nell'affezionarsi alle persone che più le risultavano affini: Oliver, ad esempio, riusciva a sostenere la sua ironia, oltre a condividere un bagaglio culturale molto simile seppur per motivazioni differenti; lo stesso Mike, anche se in modo più oculato, aveva dimostrato di essere riflessivo e di cercare di buttarsi nelle situazioni più disparate (e magari col tempo sarebbe riuscita ad influenzarlo al punto tale da renderlo più audace di quanto non fosse in quel momento della sua vita); persino Danielle Gilbert, con i suoi modi diretti poteva dire di aver qualcosa in comune con la Tassorosso; infine, Alexander Levine aveva dimostrato di essere riservato anche più di lei, per quanto ciò fosse umanamente possibile.
Quali erano, dunque, i presupposti per un'amicizia tra lei e Mitchell Lacroix?
Non credeva si potesse basare un rapporto di quel genere sulla semplice condivisione di una passione comune qual era la musica. Certo, la musica univa le menti e i cuori - come aveva scritto sua nonna Martha in un articoletto del Settimanale delle Streghe - ma non era sufficiente a costituire una base solida e duratura per un amicizia che, almeno teoricamente, avrebbe dovuto resistere alle intemperie costituite dal tempo e dagli eventi.
Inoltre, come dimenticare il passato? Più guardava Mitchell negli occhi e più ricordava quel giorno maledetto in Biblioteca. Ricordava anche le lacrime che era riuscita a trattenere per tutto il tragitto sino alla Sala Comune e al dormitorio, dove si era chiusa in bagno e aveva lasciato sfogare il turbinio di emozioni che aveva trattenuto troppo a lungo. Ricordò di aver sofferto molto quel giorno, non certo per un dolore fisico, ma piuttosto per una fastidiosa sensazione di impotenza. Nulla avrebbe potuto contro le intenzioni di Mitchell, quel pomeriggio di tanti mesi prima, e nulla avrebbe potuto fare in quel preciso istante.
Non credeva che il Corvonero l'avrebbe lasciata andar via senza aver ricevuto una risposta positiva alla sua richiesta. Naturalmente, per portare a termine il proprio scopo, aveva evitato di lasciarsi andare a scatti d'ira improvvisi o di afferrare la bacchetta ogni volta che il suo comportamento l'aveva lasciato indispettito. Doveva dargli atto di aver un buon controllo di sé.
E non era questo, forse, un primo traguardo?
Non sapeva che cosa pensare. Aveva avuto solamente una notte, una notte tormentata, per riflettere sul modo migliore di fronteggiarlo e la semplice presenza di Fiona l'aveva sbilanciata. Il pensiero che la sorella rimanesse invischiata in un confronto verbale tra lei e Mitchell l'aveva messa in uno stato d'agitazione continuo, fino al momento in cui le due non si erano separate di fronte ai cancelli. Il pensiero di doverla proteggere era stato più forte del desiderio di fronteggiarlo apertamente, accusandolo in qualche modo o rinfacciandogli l'inutilità di quell'incontro. Il secondo momento critico si era verificato proprio quando il pacchettino, alla fine, era giunto tra le sue mani. Posto nei palmi con la forza, per così dire, non aveva potuto rifiutarlo. Era stata un'imposizione per lei, un atteggiamento inaccettabile. Fiona, di nuovo, era ancora troppo vicina per lasciarsi andare apertamente a degli insulti, e così aveva taciuto. E facendolo, probabilmente, Mitchell si era convinto che vi fosse anche una sola remota possibilità di resa da parte sua. Deporre le armi non era certo sua intenzione e se il Corvonero l'aveva creduto anche solo per un istante, aveva capito male.
L'ultimo punto a sfavore del Corvonero, per quanto assurdo potesse sembrare, era costituito da quel tono calmo e al contempo arrogante. Troppo diretto, con quei modi rozzi di comunicare, anormali per il suo modo raffinato di pensare. Anche lei aveva un atteggiamento diretto e di certo non si risparmiava in commenti taglienti a seconda dell'occasione, tuttavia aveva sempre un limite nei termini da adottare e mai, mai, si sarebbe sognata di esprimersi in quel modo come lui aveva appena fatto.
Poteva raccontarle qualsiasi cosa, ma la sua idea di lui non sarebbe cambiata facilmente. Le persone non cambiavano, lo sapeva fin troppo bene. La sua diffidenza nei confronti di chi l'aveva ferita non era mai mutata e Mitchell non avrebbe fatto eccezione. Il suo comportamento fino a quel preciso istante si era rivelato calmo, pacato ed educato, ma dentro di sé la Tassorosso aveva voglia di urlare. Per settimane aveva covato la speranza di non incontrarlo mai più e con altrettanto vigore avrebbe desiderato trovarlo e riversargli addosso tutto il suo risentimento e la sua rabbia. Non si era mai sentita tanto debole in vita sua e aveva giurato a se stessa che ciò non sarebbe mai più accaduto. Dare la propria amicizia a quel ragazzo più grande di lei, con quei modi e quel passato infelice condiviso, avrebbe vanificato di certo quell'importante promessa fatta al suo Io più intimo. Il suo orgoglio sanguinava alla sola idea di tendergli la mano, eppure quelle caratteristiche che l'avevano condotta nella Casa di Tosca la spingevano a perdonare.
Smise di guardarlo, portando le mani alla fronte in un gesto rassegnato.
Il dilemma era così grande e il dubbio così intenso da non lasciar spazio ad altri pensieri.
Non pensò più a Mike e a che cos'avrebbe detto se l'avesse vista lungo quel sentiero solitario, in compagnia di un ragazzo che avrebbe potuto essere al terzo anno - se non al quarto - data la differenza d'età. Ci aveva riflettuto a lungo, durante il tragitto che li aveva condotti in quel luogo isolato, e la vista dell'insegna di Bibliomagic l'aveva portata a pensare al Serpeverde al suo interno, intento a vendere libri di incantesimi o pozioni, a riordinare scaffali o a contare gli incassi del mattino. Quanta speranza aveva covato nel biglietto della sera precedente, augurandosi fosse il suo, e quanta tristezza nello scoprire che la verità dei fatti fosse diversa dalla verità del cuore.
Il Destino aveva uno strano modo di porsi ai suoi occhi, occhi stanchi di affacciarsi ad una realtà troppo dissimile da quella che la Tassorosso avrebbe desiderato per se stessa. Non c'era modo di cambiare le cose: il qui ed ora era diverso da come immaginato dalla sua giovane mente e, ormai, una soluzione chiedeva di essere trovata. Passando le dita lunghe e affusolate tra i capelli rossi dai riflessi dorati, in un gesto che spesso la rilassava, rimase con il capo chino.
Il pacchettino era ancora lì, sulla fredda superficie di pietra, attendendo di essere aperto. Era chiaro che non sarebbe rimasto chiuso per sempre, eppure non era quello il momento per aprirlo. Se davvero conteneva un amuleto che l'avrebbe protetta, il passo da compiere era chiaro davanti ai suoi occhi. Lo avrebbe aperto solamente quando e se si fosse fidata davvero di Mitchell Lacroix. Prima di allora, il pacchetto sarebbe rimasto intatto, nella sua carta regalo e col suo piccolo fiocco. Era l'unica decisione sicura di quel momento, ma non lo disse al ragazzo. Non subito almeno.

«Tu parli di amicizia... di volerla a tutti i costi, da quanto ho capito.» - mormorò, dopo essersi schiarita la voce e sollevando finalmente il capo. «Esistono rapporti che si definiscono "amicizie", ma non sono nulla di più di semplici "conoscenze". Tu che cosa vuoi da me? Perché l'Amicizia che intendo io... non credo tu sia in grado di sostenerla.»
Era una stoccata bella e buona, lo sapeva bene. Se Mitchell avesse resistito a quell'insinuazione che voleva solamente supporre un riappacificamento utile ad un saluto distratto tra una lezione e l'altra, allora forse il Corvonero si sarebbe meritato una possibilità. Una sola. Una sola definitiva possibilità, oltre la quale il baratro della separazione tra loro sarebbe stato inevitabile. Avrebbe dovuto dimostrarle di essere l'amico di cui lei avrebbe avuto bisogno, quello a cui affidarsi nei momenti difficili e tesi. Quello che si sarebbe sacrificato per lei. Il pensiero che Mitchell si potesse sacrificare per lei, in un qualunque contesto, la divertì per un secondo. Per quanto la riguardava, aveva dimostrato maggior comprensione, fiducia e rispetto verso quel ragazzo piuttosto di rivelarsi in quel modo nei confronti di chiunque altro. Aveva ascoltato i suoi problemi, aveva posto delle domande e ricevuto delle risposte - sebbene non potesse affermare con certezza che si trattassero di risposte veritiere - un comportamento molto più leale di quanto non fosse stato quello rivolto a Danielle e al loro litigio di due anni prima.
«Vuoi la mia amicizia? Dammi una prospettiva. Voglio che tu mi dica esattamente come ti comporterai. A scatola chiusa non accetto nulla.»
*Non è sempre vero, ma lui questo non lo sa. *

 
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Mitchell Lacroix - Corvonero 2° anno - Scheda



"A scatola chiusa lei non accetta nulla eh?" - pensò Mitchell sorridendo maliziosamente a Thalia, dimenticandosi della situazione attuale fra i due. Forse questa mossa è stata azzardata, e poteva aver rovinato tutto quello fatto fino ad ora per farsi perdonare da Thalia, ma infondo il Corvonero sapeva che lei er più di quello ed un semplice sorriso non l'avrebbe infastidita, dopotutto c'era abituata a queste cose da parte di Mitchell.
«Beh.. che dire... se vedi ora anche se mi hai lanciato non poche frecciatine io sono rimasto calmo. Moran sono cambiato, non sono più quello di prima...» - disse Mitchell con tono serio, senza discostare lo sguardo da quello della rossa.
Mitchell voleva chiarire con Thalia, voleva risolvere la situazione, anche se sapeva che questo sarebbe stato solo l'inizio.
Ora il Corvetto doveva fare la sua mossa, doveva riuscire a convincere Thalia che le sue intenzioni erano le migliori e si sarebbe impegnato al massimo per esserle amico e dimostrarle il suo cambiamento.
«So di non poter andare a genio a tutti, e so di non andarti a genio, soprattutto ora dopo tutto quello che è successo, però, ti assicuro che quello che tu non hai conosciuto non è il vero Mitchell Lacroix, ti chiedo di darmi la possibilità di farti conoscere il vero Mitchell... Non quello schifo che hai visto in biblioteca quel giorno» - concluse Mitchell lasciando la parola a Thalia, nella speranza che lei capisse che il pentimento del Corvonero era sincero e voleva veramente il suo perdono.

 
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*Finge di non capire o fa sul serio? *
Il pensiero si era rivelato rapidamente, delineando nella sua mente una scena tragicomica in cui lei stessa, alzandosi di fretta da quella pietra dalla superficie levigata, si sarebbe diretta verso Mitchell iniziando a scuoterlo per far sì che una risposta sensata uscisse da quella bocca che tante frasi simili aveva pronunciato in quei lunghi minuti.
*Possibile che non capisca che cosa intendo? *
A stupirla, probabilmente, il fatto che Mitchell fosse così ottuso e, pur essendolo, fosse finito nella Casa opposta alle sue caratteristiche peculiari. Continuava a ripeterle di essere cambiato, che le avrebbe dimostrato di essere un nuovo Mitchell Lacroix e che quello vecchio sarebbe stato solamente un brutto e sbiadito ricordo del passato. Un passato traumatico, certo, ma pur sempre passato. Tuttavia, la risposta che si aspettava di ricevere non arrivò e qualcosa di indefinito la trattenne dallo sfogare la propria frustrazione sul Corvonero.
«Ti stai ripetendo.» - mormorò alla fine, esausta da quella conversazione che non sembrava avere una fine sensata- «E intendo dire che sono quasi dieci minuti che ripeti di essere cambiato, di non aver reagito alle mie frecciatine e che non desideri altro se non farmi conoscere il Mitchell che sei ora. Quello vero. Ammetto di essere vagamente delusa.» -concluse, sospirando piuttosto teatralmente. Se con le buone non aveva capito la direzione del discorso che si sarebbe aspettata, forse sarebbe stato il momento di premere maggiormente sul suo lato più noto: l'orgoglio.
Da che avesse avuto a che fare con lui, Mitchell si era sempre dimostrato orgoglioso in un modo quasi nauseante. Credeva di essere migliore di lei, più temerario e avvezzo ad apprendere incanti più o meno pericolosi rispetto a quelli insegnati nella classe della Professoressa Bennett. Anche in Biblioteca aveva assunto quell'atteggiamento irriverente e la tentazione di infilzarlo con la bacchetta - quel giorno - si era fatta piuttosto insistente. Infine, come se tutte quelle caratteristiche negative non fossero state sufficienti ad allontanare chiunque da lui, il Corvonero continuava a dimostrare un'attitudine contraria alla sua. Sin dal primo momento la sua arringa di difesa era orientata ad un'ottica rivolta a sottolineare una qualche necessità della Tassorosso di conoscere la vera identità di Mitchell. Peccato che lei, fino a quel momento, non avesse espresso alcuna volontà di conoscerlo davvero. Per educazione era rimasta ad ascoltarlo, chiaramente infastidita da quella farsa costituita dal dono - o "ramoscello d'ulivo" come lui stesso l'aveva definito - e da quelle frasi imparate a memoria, magari di fronte ad uno specchio, prima di uscire dal dormitorio quel mattino. Dal canto proprio, si era pentita quasi subito di aver implicitamente accettato d'incontrarlo, ma dato che si trovava in quel luogo desolato con lui si sarebbe aspettata una strategia diversa da parte del ragazzo.

*In fondo, non è lui quello che vuole farsi perdonare? Non dovrebbe dimostrarmi di aver bisogno della mia amicizia? *
Se Mitchell aveva posto la questione nei termini in cui fosse la Tassorosso, in apparenza, a voler conoscere il vero Lacroix, d'altra parte Thalia avrebbe cercato - a ruoli invertiti - di sottolineare il proprio bisogno legato a quell'amicizia. Era lui ad aver bisogno di lei, non il contrario. A dirla tutta, la Tassorosso aveva vissuto mesi splendidamente quieti da quando aveva smesso di incontrarlo nei corridoi e in Sala Grande durante i pasti. Perché avrebbe dovuto rinunciare alla sua beata indipendenza da un fattore di rischio come lui? Cosa ne avrebbe guadagnato? Non aveva mai considerato l'amicizia come un rapporto basato su pegni materiali a testimonianza dell'affetto per una persona, tuttavia se il guadagno implicito si fosse rivelato una Fattura o una ripicca per qualsivoglia motivo... forse non era il caso di continuare quella conversazione.
Si alzò, dunque, lasciando il pacchetto sulla pietra levigata e, passando le dita tra i capelli, gli rivolse un sorriso amaro, rimanendo a debita distanza da lui.

«Sono delusa, Mitchell. Dico davvero.» -sospirò, prima di proseguire - «Sono rimasta qui ad ascoltarti, ti ho lasciato parlare e sì, ti ho lanciato delle frecciatine per testare i tuoi nervi. A proposito, complimenti per l'autocontrollo.»
Si stava avventurando per l'ennesima volta nel pericoloso mondo del sarcasmo, di fronte ad un individuo che aveva dato prova di non sopportare quell'atteggiamento irriverente. Tuttavia, era l'unico metodo che la ragazzina conoscesse per entrare in contatto con lui in maniera efficace, quasi volesse arrivare dritta al punto centrale del suo animo per scorgere la verità delle sue parole.
«Permettimi di dissentire, però. Insomma. "Ti chiedo di darmi la possibilità di farti conoscere il vero Mitchell"...» - mimò le virgolette con le dita di entrambe le mani, scimmiottando la tonalità di voce del ragazzo in maniera piuttosto maldestra - «...e ora ti chiedo: hai considerato l'eventualità che io possa non volerlo conoscere? Sono qui, è vero e palese. Questo non significa che io abbia bisogno di conoscerti meglio. Tu hai bisogno del mio perdono. Tu hai bisogno della mia amicizia. Forse ne hai la necessità proprio in virtù del fatto che ti sei comportato così male nei miei confronti che senti il bisogno di espiare le tue colpe. E ti chiedo di nuovo: hai considerato l'idea che io non voglia avere qualcosa a che fare con te?»
Forse era stata dura, troppo diretta e l'orgoglio di Mitchell avrebbe risentito del peso di quelle parole espresse con una certa foga. Non era da lei lasciarsi andare in quel modo e tanto meno far sentire in colpa qualcuno per un torto da lei subito. Eppure MItchell aveva quell'anomala capacità di scaturire in lei reazioni contrastanti e, per quanto cercasse di trattenere la rabbia ed il rancore nei suoi confronti, un fuoco sembrava ardere negli occhi azzurri e nel petto della Tassorosso. Un fuoco che Mitchell avrebbe faticato a domare. Probabilmente non ci sarebbe riuscito né in quel momento né in seguito.

 
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Mitchell Lacroix - Corvonero 2° anno - Scheda



Sbam! La risposta di Thalia era arrivata, diretta come un montante sul mento sferrato da un pugile professionista. Mitchell si era impegnato a fondo fino a quel momento per mantenere il controllo, restare calmo e non aggredire la Tassorosso, ma ora si poteva certamente dire che la ragazzina se la stava cercando.
Il corvonero strinse forte i pugni, forte al punto da lasciar vedere il bianco al di sotto delle proprie nocche.
Sentiva che si stava lasciando andare, anche se sapeva benissimo di non doverlo fare, era lì per stabilire questa sorta di tregua che poteva essere vista come un nuovo inizio tra i due ragazzi, ma in questo momento non era più così semplice mantenere il controllo.
Mitchell era fermo, immobile con i pugni chiusi che fissava Thalia, l'espressione sul suo volto era tranquilla, ma nei suoi occhi, nel profondo si poteva vedere quell'alone di rabbia che bruciava e impediva al ragazzo di fare una qualsiasi mossa.

"Ma che diamine sta facendo? Io sono stato educato, sono stato gentile con lei e lei mi ricambia in questo modo..." - pensò Mitchell guardando nuovamente la Tassorosso negli occhi.
Doveva calmarsi, doveva star buono e non aggredire Thalia, così il ragazzino chiuse gli occhi per qualche secondo abbassò il capo e si lasciò andare ad un lungo sospiro liberatorio, rimase immobile per alcuni istanti riuscendo finalmente a rilassarsi per parlare con la Tassorosso in maniera normale.
«Perdonami per il momento un po'... così... Dunque che tu non voglia avere a che fare con me è una cosa che ho calcolato, e se tu non volessi avere a che fare con me non saresti qui Thalia... Prima mi hai fatto una domanda che ho ignorato perchè no c'è una risposta che posso darti su come mi comporterò in futuro. Ma posso dirti che riesco a controllarmi ora, non correrai più alcun rischio... Te lo prometto» - concluse Mitchell parlando con tono serio senza distogliere lo sguardo da quello della Tassorosso.

 
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Non si trattava più di una questione di orgoglio, la Tassorosso l'aveva compreso nel medesimo istante in cui i pugni del Corvonero si erano chiusi in una morsa feroce. Era il momento che aveva atteso sin dal primo istante in cui aveva scorto Mitchell all'esterno del negozio di dolci: la calma dimostrata fino al suo arrivo era anormale per il Corvonero e avrebbe scommesso qualsiasi cosa, anche la più cara che avesse, che il ragazzo non sarebbe riuscito a mantenere quel distacco fino al termine dell'incontro. Si sarebbe lasciato andare alla rabbia, al fastidio per le sue parole taglienti. Non aveva una vera e propria intenzione di infastidirlo per il gusto di farlo. Non ne aveva avuto la minima idea. Il suo scopo, se di questo si poteva parlare, era quello di testare la veridicità delle sue affermazioni: se avesse desiderato davvero la sua fiducia, se la sarebbe dovuta guadagnare con il sudore e la fatica. Non si trattava nemmeno di un atto volto ad elevare la Tassorosso al rango di giudice indiscusso della vicenda, piuttosto sarebbe stato opportuno testare il "nuovo" Mitchell partendo dalle considerazioni maturate sul "vecchio modello". Inoltre, non gli sarebbe bastato un solo incontro per conquistare la fiducia ed il rispetto della ragazzina; ci sarebbero volute settimane e forse interi mesi, prima che si potesse davvero sentire al sicuro in sua presenza. Anche in quel momento, osservandolo stringere i pugni, il suo cuore batteva veloce. Era, forse, l'istinto di sopravvivenza che l'avvisava di aver tirato troppo la corda? Possibile. Mitchell non era una persona da sottovalutare, la sua rabbia poteva raggiungere livelli a dir poco ingestibili e non teneva di certo a riprovare le sensazioni vissute in Biblioteca. Non in quel luogo dove nessuno li avrebbe visti o disturbati.
La prudenza, prima di ogni cosa. Sempre. Eppure, insieme ai pugni stretti, lo sguardo del ragazzo attirò la sua attenzione. Se la fiamma della rabbia era viva nei suoi occhi, anche quelli di Mitchell ardevano dello stesso fuoco. Aveva superato il limite? Avrebbe rischiato nuovamente di farsi del male?
Era la prova del nove. Aveva spinto la conversazione a quel livello per una ragione ben precisa. Desiderava testare la resistenza del ragazzo e, se le cose fossero andate male, avrebbe saputo di non essersi sbagliata sul suo conto.

*Magra consolazione, tra l'altro... *
Infine, inaspettata come una secchiata d'acqua gelida, la risposta del Corvonero giunse alle sue orecchie. Si scusò per aver lasciato che la rabbia s'impossessasse del suo corpo e, con il tono più serafico che potesse avere, proseguì.
Non aveva tutti i torti: era chiaro che la sola educazione non potesse avere a che fare con il motivo per cui aveva scelto di trovarsi in quel luogo, sola con lui, anche quando aveva avuto l'occasione per andarsene e tornare al Castello insieme a Fiona. Il Corvonero aveva colto la falla nel suo piano e si sentì scivolare la situazione dalle mani, come se avesse cercato invano di trattenere l'acqua. Cercò di non dare a vedere quella terribile sensazione, la stessa che aveva cercato di sopprimere per tutto il tempo. Mitchell aveva capito che ciò che l'aveva condotta ad Hogsmeade quel mattino, era stata stata la stessa ragione per cui in Biblioteca si era trattenuta con lui anche dopo le minacce ed il terrore: la curiosità di scoprire che cosa sarebbe accaduto in seguito. Era palese. Il dubbio era tornato a galla e, senza rendersene conto, tornò seduta sulla pietra liscia che l'aveva accolta poco prima. Era stata una sconfitta in piena regola, doveva riconoscerlo. E bruciava, bruciava da morire.

*Forse è davvero cambiato... forse... *
Forse che cosa? Era rimasta senza parole, non avrebbe saputo esprimere diversamente quel momento di stasi mentale e fisica. Non avrebbe saputo che cosa dire o fare.
Abbassò il capo, ricercando le più disparate soluzioni per fuggire da quel luogo e da quel momento. Per la prima volta si sentiva incapace di opporsi e percepiva di aver perso il controllo della situazione. Come aveva fatto? L'aveva spinto a reagire, con tutta la forza d'animo possibile e tutta l'incoscienza dei suoi tredici anni. E lui aveva resistito all'attacco. Aveva perso, avrebbe dovuto accettare che il cambiamento di Mitchell fosse effettivo, sebbene la ragione stessa a fondamento del mutamento del ragazzo le fosse sconosciuta.
"Te lo prometto." - una frase troppo importante per essere pronunciata con leggerezza. Le promesse dovevano essere mantenute, o così credeva lei, e se lui non ne fosse stato capace? E se ci fossero stati momenti in cui le parole della Tassorosso avessero solleticato lo spirito violento e latente di Mitchell senza lasciarle scampo? Cosa sarebbe accaduto allora?

«Non fare promesse se non puoi mantenerle.»
La voce le uscì quasi in un sussurro, flebile e quasi intimorita. Si sentiva esattamente così sarebbe stato inutile e sciocco negarlo. Se era una possibilità che voleva, forse avrebbe potuto concedergliela, anche se quel "non c'è una risposta che posso darti su come mi comporterò" la lasciava esterrefatta e spaventata. Non voleva un'amicizia dal sapore amaro, non voleva doversi guardare le spalle ogni volta che avesse detto una parola di troppo o lanciato uno sguardo che avrebbe potuto infastidirlo. Amicizia era anche libertà, libertà di essere se stessa. Lui gliel'avrebbe concesso?
D'altro canto, se lui era stato così onesto da mostrarsi "cambiato", forse avrebbe meritato di sapere per quale ragione fosse tanto restia a concedergli il suo perdono. Sì, in fondo era giusto che sapesse.

«Quel giorno mi sono sentita debole. Indifesa. Tu sai di avermi fatta sentire così. Non dovrei nemmeno dirtelo. Ero spaventata, arrabbiata e indifesa. Sei stato un mostro. Per giorni mi sono sentita incapace di difendermi. E io non mi sono mai sentita così. Non voglio più sentirmi così. Non voglio dovermi preoccupare ogni volta di quello che potresti dire o fare se mi lascio andare a qualche frase di troppo. Potresti sempre dirmi di smetterla, ma non voglio più provare quella sensazione di impotenza. Perciò te lo chiedo di nuovo, ma non ti sto pregando sia chiaro...» -mormorò, sollevando finalmente gli occhi sul ragazzo - «Non fare promesse che non puoi mantenere.»
Era riuscita a dirglielo, dopo mesi di silenzio, e si sentiva finalmente libera. Forse era più indifesa adesso di quel giorno ormai lontano, ma non le importava. Ora erano allo stesso livello, spogliati delle reciproche ragioni e dei rispettivi difetti. Si sentiva leggera e, sebbene una parte di lei avrebbe voluto scoppiare in un pianto liberatorio che non si sarebbe mai concessa in pubblico, dall'altro la fiamma nei suoi occhi azzurri non si era spenta nemmeno per un istante. Si augurò che Mitchell avesse compreso le sue parole. Non amava ripetersi, non l'avrebbe fatto nemmeno in quel caso.

 
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Mitchell Lacroix - Corvonero 2° anno - Scheda



Che momento, mai Mitchell si sarebbe mai immaginato di vedere Thalia Moran così indifesa, era come se fosse un'altra persona, non la solita Tassorosso in grado di rispondere in ogni momento con commenti taglienti, e questo fece tornare indietro nel tempo Mitchell, a quel giorno in bblioteca.
Il ricordo di ciò che era successo era ancora vivo dentro di lui e faticava a dimenticarlo, anzi probabilmente non se ne sarebbe mai scordato, avrebbe convissuto con quell'amaro ricordo per tutta la vita, e i sarebbe sentito uno schifo per sempre ripensando a quell'esatto momento in cui aveva minacciato di morte Thalia.
«Thalia, tu non sai come mi sono sentito io... Ho cercato di scriverti in questi mesi di scusarmi con te per tutto, ricordo i tuoi occhi quando ti ho vista alla festa di Helen, e non voglio più che mi guardi in quel modo, io non sono quella bestia. Te lo prometto, non sarò più così, né con te né con nessun altro.» - disse il ragazzino con tono calmo, guardando negli occhi Thalia. Ora forse aveva trovato un'apertura nel cuore della ragazza, forse ci sarebbe potuta essere nel tempo un'amicizia fra i due, però Mitchell lo sapeva non doveva illudersi, questa probabile apertura era solo un inizio, ci sarebbe voluto del tempo per poter ottenere la fiducia della ragazza.
«So che probabilmente la vedi come una promessa campata per aria ma io sono pronto a dimostrarti che riuscirò a mantenerla, sul serio Thalia... Non prometto ciò che non posso mantenere, quindi sono assolutamente serio riguardo a ciò che ho appena detto» - concluse Mitchell accennando un sorriso a Thalia.

 
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Affidarsi completamente ad un altro essere umano era per lei inconcepibile ed oltremodo stupido: nessuno avrebbe potuto tradire se stesso di fronte al pericolo, un altro individuo invece sì. In quel momento, l'aver ammesso le sue paure, le sue debolezze - e le sensazioni provate in quegli ultimi mesi - le sembrò un passo falso non indifferente. Quando mai ammettere i propri punti deboli aveva portato giovamento? Mai. E lei che cos'aveva appena fatto? Gli aveva dato il modo corretto per leggerla ed interpretarla, come una stupida qualunque avrebbe fatto.
Era stato un momento, un solo momento di ingenuità mista a stupore, e l'avrebbe pagato in seguito se Mitchell non avesse tenuto fede a quel patto non tanto silenzioso appena stretto. Aveva perso qualunque potere su di lui, qualsiasi vantaggio avesse accumulato in quelle settimane lunghe interi mesi. Era tutto finito, aveva azzerato la seppur minima distanza tra loro e si chiedeva solamente che cosa sarebbe venuto dopo, non con la consueta curiosità, bensì con una sorta di timore e rabbia. Rabbia verso se stessa naturalmente.

*Sei stata così stupida da spiattellargli tutto... *
Aveva letto lo stupore negli occhi del ragazzo, evidente al punto che lei stessa aveva realizzato solo in quell'istante quanto grave fosse stato il passo appena compiuto. Non sembrò far tesoro di quelle confessioni, non sorrise maliziosamente e non la prese in giro. Non fece niente di simile e questo la gettò ancor di più nello sconforto. Se l'avesse fatto - pensò - avrebbe potuto rivalersi su di lui, dimostrandogli quanto avesse imparato in quei mesi, parlandogli di come non temesse più le sue rivalse. Avvisandolo che avrebbe imparato a difendersi da sola e a non fare più affidamento solamente al potere della sua voce e delle sue parole.
Questo, tuttavia, rimase solamente un pensiero inespresso, mentre Mitchell continuava a promettere di non aver alcuna intenzione di ferirla in futuro. Se solo avesse scoperto che dietro quelle parole vi fosse un'enorme menzogna non ci sarebbero stati "rametti d'ulivo" sufficienti a trattenerla in quel luogo.
Il sorriso di Mitchell, appena abbozzato, non la fece sentire meglio. Avrebbe sperato di sorridere a propria volta, rassicurata da quella promessa ripetuta così tante volte da dover essere ritenuta vera per forza. Abbassò il capo nuovamente, stringendosi nelle spalle.
Il vento tiepido di fine estate si sollevò in quel momento, disturbando la quiete di un piccolo gruppo di corvi appollaiati sulle fronde delle querce e degli abeti, nascosti dal fogliame. Si sollevarono nell'aria gracchiando leggiadri, in un turbinio di vento e piume.
"Non sarò più così, né con te né con nessun altro."
Esisteva affermazione più promettente? Eppure non riuscì ad abbozzare un sorriso, una frase di circostanza e nemmeno uno sguardo vagamente compiaciuto. Probabilmente aveva salvato qualche vita o arto ai futuri studenti che avessero osato mettersi contro di lui, ma il pensiero non la confortò. Era egoistico pensare di aver appena ceduto una parte di sé che non sarebbe tornata mai più? Forse esagerava, ma non credeva.
Lo sguardo cadde sull'orologio da polso, un piccolo regalo da parte di zia Sheila prima della partenza per Hogwarts, e poi sul pacchetto intatto.
Erano solamente le 11:23. C'era tempo prima di entrare da Madama Piediburro, in quel locale che non sopportava dall'inconfondibile profumo di vaniglia e le pareti rosa, e chiederle gentilmente di poter usare la Metropolvere per dirigersi a Diagon Alley per servire dietro al bancone di "Accessori di Prima Qualità per il Quidditch". L'unica cosa che avrebbe desiderato era fuggire da lì, da quel posto e da lui. Se ne sarebbe andata prima, lui di certo non avrebbe sospettato nulla.

«Ci penserò...» - mormorò alzandosi e raccogliendo il pacchetto con poca convinzione - «...a-adesso devo andare.»
Sollevò lo sguardo, incrociando quello del Corvonero, e pur mantenendo una certa distanza, chiunque avrebbe potuto cogliere un rigido mezzo sorriso di ringraziamento per quel dono inaspettato tra le sue mani. Aspettò qualche istante prima di andarsene e, alla fine, si avviò.
*Non voltarti indietro. *
Non si girò a guardarlo nemmeno una volta durante il percorso sulla via sterrata che l'avrebbe condotta al Villaggio. Era ancora viva, certo, non c'erano stati scambi accesi. Eppure non era felice. Non sapeva come comportarsi. Aveva accettato la pace. Che cosa sarebbe accaduto in seguito? Sarebbe stata in grado di continuare a vivere come prima, rinunciando alla serenità ritrovata in quelle settimane di duro lavoro? Non sapeva dirlo con certezza e, varcando la soglia di Madama Piediburro, tutte quelle domande svanirono avvolte nel profumo nauseabondo di vaniglia.

Accessori di Prima Qualità per il Quidditch, Diagon Alley - ore 17:40

Erano trascorse sei lunghe ore, cinque clienti e due ordini via gufo, eppure l'unica cosa a cui era riuscita a pensare era il pacchetto celato sotto al bancone del negozio in cui lavorava come Garzona da sei mesi a quella parte.
Terminò di raccogliere gli incassi della giornata in un sacchetto di tela color ocra, sdrucito e rattoppato in qualche punto, e lo portò nel retrobottega. Lì trovò il proprietario e, come ogni volta alla fine del turno gli lasciò la sacchetta con i suoi amati Galeoni e Falci, lo salutò e senza aspettarsi troppa partecipazione emotiva, uscì lasciandolo solo.
Raccolse le sue poche cose, incluso il pacchetto. Aprirlo o non aprirlo? Quella stessa mattina si era ripromessa di aprirlo solamente nel caso in cui si fosse fidata di Mitchell. Sapeva cosa contenesse quella scatolina, quindi perché darsi tanta pena?
Fuori dal negozio maghi e streghe passeggiavano chiacchierando e il vociare confuso era attutito dalla pesante porta di quercia dell'ingresso.

*Lui non saprà mai se l'ho aperto. * - constatò. Era solo una scusa che aveva raccontato a se stessa per tutto il giorno e aveva funzionato fino a quel momento. Adesso, però, la curiosità la stava divorando dall'interno come una fastidioso tarlo. Sì, lui non avrebbe saputo.
Si accostò al bancone, sciogliendo il fiocchetto e iniziando a scartare l'amuleto. Trattenne il respiro per tutto il procedimento, inconsapevolmente.

*E se fosse tutto uno scherzo? * - pensò, sbarrando gli occhi.
Non credeva che Mitchell avesse investito tante energie per giocarle un tiro mancino, per cui proseguì, aprendo totalmente l'involucro. Un oggettino di metallo ricurvo in più punti tintinnò sul bancone di legno scuro e lucido. Lo raccolse e lo rigirò tra le dita. Era piccolo, un intrico di metallo freddo al tatto. Quel contatto la fece rabbrividire appena, dopo averle rammentato la freddezza del Corvonero tanti mesi prima.

*Ha promesso... ma le promesse possono essere infrante. *
Era l'unica legge universale che non aveva mai dimenticato di ricordare.
Infilò l'oggetto nella tasca dei jeans e, dando un ultimo sguardo al negozio semibuio e silenzioso, si avviò all'uscita. Un altro viaggio con la Metropolvere l'aspettava.



 
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