| Il suo sguardo sondava il Corvonero, senza lasciarsi sfuggire un solo dettaglio di quell'individuo così diverso eppure, per qualche minuscolo e quasi insignificante dettaglio, simile a lei. Di Mitchell aveva avuto modo di pensare molte cose. Nella sua mente lo aveva insultato, maledetto, odiato e di tanto in tanto perdonato, per poi tornare a degli insulti poco consoni ad una ragazzina di soli tredici anni. In quei tredici anni, però, Thalia non si sentiva come le sue coetanee. Alcune avevano coraggio da vendere, altre si lasciavano trasportare ingenuamente dagli eventi che le coinvolgevano. Tra di loro, alcuni elementi potevano fare affidamento sulle doti che il Fato o la Fortuna aveva donato loro senza ragioni particolari e lei, dal canto proprio, sapeva quali fossero i propri limiti. Poteva contare su un discreto senso dell'umorismo, spesso rivolto al sarcasmo, e su una capacità di raziocinio sconosciuta alla maggior parte delle sue coetanee. Inoltre, non si poteva dire che, fino a quel momento, avesse avuto modo di circondarsi delle cosiddette "persone sbagliate". Aveva un talento, per così dire, nel scegliere e nell'affezionarsi alle persone che più le risultavano affini: Oliver, ad esempio, riusciva a sostenere la sua ironia, oltre a condividere un bagaglio culturale molto simile seppur per motivazioni differenti; lo stesso Mike, anche se in modo più oculato, aveva dimostrato di essere riflessivo e di cercare di buttarsi nelle situazioni più disparate (e magari col tempo sarebbe riuscita ad influenzarlo al punto tale da renderlo più audace di quanto non fosse in quel momento della sua vita); persino Danielle Gilbert, con i suoi modi diretti poteva dire di aver qualcosa in comune con la Tassorosso; infine, Alexander Levine aveva dimostrato di essere riservato anche più di lei, per quanto ciò fosse umanamente possibile. Quali erano, dunque, i presupposti per un'amicizia tra lei e Mitchell Lacroix? Non credeva si potesse basare un rapporto di quel genere sulla semplice condivisione di una passione comune qual era la musica. Certo, la musica univa le menti e i cuori - come aveva scritto sua nonna Martha in un articoletto del Settimanale delle Streghe - ma non era sufficiente a costituire una base solida e duratura per un amicizia che, almeno teoricamente, avrebbe dovuto resistere alle intemperie costituite dal tempo e dagli eventi. Inoltre, come dimenticare il passato? Più guardava Mitchell negli occhi e più ricordava quel giorno maledetto in Biblioteca. Ricordava anche le lacrime che era riuscita a trattenere per tutto il tragitto sino alla Sala Comune e al dormitorio, dove si era chiusa in bagno e aveva lasciato sfogare il turbinio di emozioni che aveva trattenuto troppo a lungo. Ricordò di aver sofferto molto quel giorno, non certo per un dolore fisico, ma piuttosto per una fastidiosa sensazione di impotenza. Nulla avrebbe potuto contro le intenzioni di Mitchell, quel pomeriggio di tanti mesi prima, e nulla avrebbe potuto fare in quel preciso istante. Non credeva che il Corvonero l'avrebbe lasciata andar via senza aver ricevuto una risposta positiva alla sua richiesta. Naturalmente, per portare a termine il proprio scopo, aveva evitato di lasciarsi andare a scatti d'ira improvvisi o di afferrare la bacchetta ogni volta che il suo comportamento l'aveva lasciato indispettito. Doveva dargli atto di aver un buon controllo di sé. E non era questo, forse, un primo traguardo? Non sapeva che cosa pensare. Aveva avuto solamente una notte, una notte tormentata, per riflettere sul modo migliore di fronteggiarlo e la semplice presenza di Fiona l'aveva sbilanciata. Il pensiero che la sorella rimanesse invischiata in un confronto verbale tra lei e Mitchell l'aveva messa in uno stato d'agitazione continuo, fino al momento in cui le due non si erano separate di fronte ai cancelli. Il pensiero di doverla proteggere era stato più forte del desiderio di fronteggiarlo apertamente, accusandolo in qualche modo o rinfacciandogli l'inutilità di quell'incontro. Il secondo momento critico si era verificato proprio quando il pacchettino, alla fine, era giunto tra le sue mani. Posto nei palmi con la forza, per così dire, non aveva potuto rifiutarlo. Era stata un'imposizione per lei, un atteggiamento inaccettabile. Fiona, di nuovo, era ancora troppo vicina per lasciarsi andare apertamente a degli insulti, e così aveva taciuto. E facendolo, probabilmente, Mitchell si era convinto che vi fosse anche una sola remota possibilità di resa da parte sua. Deporre le armi non era certo sua intenzione e se il Corvonero l'aveva creduto anche solo per un istante, aveva capito male. L'ultimo punto a sfavore del Corvonero, per quanto assurdo potesse sembrare, era costituito da quel tono calmo e al contempo arrogante. Troppo diretto, con quei modi rozzi di comunicare, anormali per il suo modo raffinato di pensare. Anche lei aveva un atteggiamento diretto e di certo non si risparmiava in commenti taglienti a seconda dell'occasione, tuttavia aveva sempre un limite nei termini da adottare e mai, mai, si sarebbe sognata di esprimersi in quel modo come lui aveva appena fatto. Poteva raccontarle qualsiasi cosa, ma la sua idea di lui non sarebbe cambiata facilmente. Le persone non cambiavano, lo sapeva fin troppo bene. La sua diffidenza nei confronti di chi l'aveva ferita non era mai mutata e Mitchell non avrebbe fatto eccezione. Il suo comportamento fino a quel preciso istante si era rivelato calmo, pacato ed educato, ma dentro di sé la Tassorosso aveva voglia di urlare. Per settimane aveva covato la speranza di non incontrarlo mai più e con altrettanto vigore avrebbe desiderato trovarlo e riversargli addosso tutto il suo risentimento e la sua rabbia. Non si era mai sentita tanto debole in vita sua e aveva giurato a se stessa che ciò non sarebbe mai più accaduto. Dare la propria amicizia a quel ragazzo più grande di lei, con quei modi e quel passato infelice condiviso, avrebbe vanificato di certo quell'importante promessa fatta al suo Io più intimo. Il suo orgoglio sanguinava alla sola idea di tendergli la mano, eppure quelle caratteristiche che l'avevano condotta nella Casa di Tosca la spingevano a perdonare. Smise di guardarlo, portando le mani alla fronte in un gesto rassegnato. Il dilemma era così grande e il dubbio così intenso da non lasciar spazio ad altri pensieri. Non pensò più a Mike e a che cos'avrebbe detto se l'avesse vista lungo quel sentiero solitario, in compagnia di un ragazzo che avrebbe potuto essere al terzo anno - se non al quarto - data la differenza d'età. Ci aveva riflettuto a lungo, durante il tragitto che li aveva condotti in quel luogo isolato, e la vista dell'insegna di Bibliomagic l'aveva portata a pensare al Serpeverde al suo interno, intento a vendere libri di incantesimi o pozioni, a riordinare scaffali o a contare gli incassi del mattino. Quanta speranza aveva covato nel biglietto della sera precedente, augurandosi fosse il suo, e quanta tristezza nello scoprire che la verità dei fatti fosse diversa dalla verità del cuore. Il Destino aveva uno strano modo di porsi ai suoi occhi, occhi stanchi di affacciarsi ad una realtà troppo dissimile da quella che la Tassorosso avrebbe desiderato per se stessa. Non c'era modo di cambiare le cose: il qui ed ora era diverso da come immaginato dalla sua giovane mente e, ormai, una soluzione chiedeva di essere trovata. Passando le dita lunghe e affusolate tra i capelli rossi dai riflessi dorati, in un gesto che spesso la rilassava, rimase con il capo chino. Il pacchettino era ancora lì, sulla fredda superficie di pietra, attendendo di essere aperto. Era chiaro che non sarebbe rimasto chiuso per sempre, eppure non era quello il momento per aprirlo. Se davvero conteneva un amuleto che l'avrebbe protetta, il passo da compiere era chiaro davanti ai suoi occhi. Lo avrebbe aperto solamente quando e se si fosse fidata davvero di Mitchell Lacroix. Prima di allora, il pacchetto sarebbe rimasto intatto, nella sua carta regalo e col suo piccolo fiocco. Era l'unica decisione sicura di quel momento, ma non lo disse al ragazzo. Non subito almeno. «Tu parli di amicizia... di volerla a tutti i costi, da quanto ho capito.» - mormorò, dopo essersi schiarita la voce e sollevando finalmente il capo. «Esistono rapporti che si definiscono "amicizie", ma non sono nulla di più di semplici "conoscenze". Tu che cosa vuoi da me? Perché l'Amicizia che intendo io... non credo tu sia in grado di sostenerla.» Era una stoccata bella e buona, lo sapeva bene. Se Mitchell avesse resistito a quell'insinuazione che voleva solamente supporre un riappacificamento utile ad un saluto distratto tra una lezione e l'altra, allora forse il Corvonero si sarebbe meritato una possibilità. Una sola. Una sola definitiva possibilità, oltre la quale il baratro della separazione tra loro sarebbe stato inevitabile. Avrebbe dovuto dimostrarle di essere l'amico di cui lei avrebbe avuto bisogno, quello a cui affidarsi nei momenti difficili e tesi. Quello che si sarebbe sacrificato per lei. Il pensiero che Mitchell si potesse sacrificare per lei, in un qualunque contesto, la divertì per un secondo. Per quanto la riguardava, aveva dimostrato maggior comprensione, fiducia e rispetto verso quel ragazzo piuttosto di rivelarsi in quel modo nei confronti di chiunque altro. Aveva ascoltato i suoi problemi, aveva posto delle domande e ricevuto delle risposte - sebbene non potesse affermare con certezza che si trattassero di risposte veritiere - un comportamento molto più leale di quanto non fosse stato quello rivolto a Danielle e al loro litigio di due anni prima. «Vuoi la mia amicizia? Dammi una prospettiva. Voglio che tu mi dica esattamente come ti comporterai. A scatola chiusa non accetto nulla.» *Non è sempre vero, ma lui questo non lo sa. *
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