| × Off-Game × × LegendaNarrazione°Pensieri°«Dialoghi»Che sull'isola della Gran Bretagna piovesse spesso, non era affatto un segreto. Babbani o maghi, indifferentemente, erano sempre soggetti a violenti temporali o acquazzoni più o meno moderati. Spesso essi dovevano fare i conti anche con fulmini, tuoni, lampi, raffiche di vento improvviso, rami degli alberi che rischiavano di cavarli entrambi gli occhi e altre dolcezze ancora. Era tutto che faceva parte di un complesso e in contempo bel gioco; sopravvivere non era mai stato abbastanza difficile. Un tempo del genere, però, non poteva affatto spaventare Shinretsu Raven che oltre a esservi abituato, doveva ammettere di amarlo alquanto. Gli ricordava i vecchi anni, quando era ancora su una scopa a cercare il boccino in lungo e in largo per un campo di Quidditch che gli era diventato la seconda, - no! la terza! - casa. Oltretutto quel tempo, quelle piccole gocce, - che presto sarebbero senz'altro diventate delle palline dalla forma di grandine, - unite al vento e ai lampi di luce ancora abbastanza lontani, in qualche modo lo facevano sentire tranquillo. Dentro la pioggia ci si poteva nascondere; il rumore dei tuoni poteva celare strazianti urla di dolore; il fango serviva per venire mischiato al sangue e alle lacrime; il vento forte, invece, avrebbe fatto sì che la maggior parte delle persone si sarebbe nascosta in dei rifugi, in attesa che il tutto termini per poter di nuovo uscire ad ammirare la luce del sole. Solo in pochi sarebbero rimasti dentro quel temporale, ad affrontarlo similmente a una nave in mezzo alla tempesta che, nonostante tutto, cerca il suo faro. Una nave che, vuoi o non vuoi, sarebbe arrivata a destinazione. "Piove," - pensò Raven, - il Capitan Ovvio di sempre, - accentuando quanto stava già accadendo. "Ora fammi una di quelle tue tiritere adolescenziali su come le gocce di pioggia ti entrino nell'anima o su come nascondano le lacrime e bablablabla" - rispose una voce che l'ex-Corvonero ignorò limitandosi a un altro: "Piove," - dopo il quale arrivò un lungo e alquanto noioso silenzio. Un silenzio che interruppe l'Akuma stesso, chiedendosi da solo: "Hai perso il boccino d'oro qui a Hogsmead?" "No. Tutti quelli che ho catturato sono in Giappone... sul comodino di una casa disastrata," - si rispose il Corvonero camminando per la strada centrale di Hogsmead a guardare come le pecore, - il popolino basso e ignorante composto al più da alunni di basso rango e qualche docente completamente spogliato di ogni virtù, - fuggissero dal vento e dalla pioggia. Si spingevano, si arrotolavano, formavano delle file caotiche che come dei serpenti ubriachi si dirigevano verso i cancelli di Hogwarts. Quei cancelli che l'Akuma non poteva oltrepassare, ma che avrebbe sicuramente aggirato in una o nell'altra maniera. Perché laddove non arriva la forza, si utilizza l'inganno. Guardandoli, Raven si fermò ammirando un lontane bagliore che divise l'orizzonte in due, illuminando tutta la particolare scena e donando al Corvonero un accogliente senso di sollievo. Quasi sperò che il fulmine cadesse ancora più vicino; o che magari lo colpisse. Chissà cosa si provava a essere colpiti da una simile scarica elettrica? Lo potevano dire decisamente in pochi. Mentre la pioggia aumentava d'intensità, lui si tolse il cappuccio; voleva sentire le ghiaccianti gocce della pioggia sui capelli, ma non sul volto. Su quest'ultimo vi era la sua maschera, che raffigurava un lupo bianco con le fauci aperte. E a dire che se l'Orchestra avesse preso vita avrebbe dovuto cambiare quella maschera con una più adatta! Quale nota si sarebbe scelto? Sbadigliò, come se annoiato allungando le mani verso il cielo e alzandosi sulla punta dei piedi. "Non troverai nessuno qui, stupido idiota," - sospirò qualcosa nella mente dell'ex-Docente. - "Questo posto è il cuore della rovina etica e morale. Qui lo spirito viene degradato, e gli ideali guerrieri trovano il loro cimitero. Questo posto è resistito ad attacchi di vario genere solo perché sono stati portati da gente più incapace degli incapaci stessi. Un Dio fasullo e un Lord Voldemort il cui tempo sta, inevitabilmente, finendo... Sul serio?" "Anche in un posto pieno di sterco d'elefante è possibile trovare delle gemme. Non trovi?" Evidentemente non trovava, perché tacque completamente, salvo poi emettere la sua sentenza, nonché la stronzata del minuto: "E' così che sopravvivevano le popolazioni africane", - pausa. - "Non dubitarne." Non ne dubitava. Semplicemente, in mezzo a tutti quei corpi che correvano verso il castello utilizzando l'incantesimo Impervius per non bagnarsi, vide un'altra figura. In mezzo all'oscurità, a cui volente o nolente si era abituato da molto tempo, gli parve di vedere dei lineamenti femminili, o quantomeno dei capelli lunghi. Ma potevano i capelli lunghi essere un valido tratto identificativo in un tempo in cui le ragazze preferivano i capelli corti e i ragazzi preferivano sembrare ragazze? Decise di non affrettarsi con le conclusioni e si mosse verso quella figura, prendendo appositamente una profonda pozzanghera con il piede destro per sentire l'acqua gelida dentro alla scarpa. Ottenne quel che voleva e in pochi secondi poté percepire il calzino bagnato e la stridula voce dentro la testa che continuava a sentenziare cosa senza senso: "Ciò che non ti uccide, ti fortifica," - non ne dubitava. In contempo però preferì fermarsi a qualche metro dalla figura che allora poté vedere, e quindi identificare meglio. Sulla casata non seppe dire nulla, ma i lineamenti del volto e la sporgenza - seppur piccola, - a livello del petto gli suggerirono che, alla fin dei conti, si trattava di un'umana di sesso femminile. A giudicare dal sacchetto contenente chissà cosa, aveva appena fatto spesa a Hogsmead, e a giudicare dalla mano destra, stringeva qualcosa nella tasca dei pantaloni, - se non era mancina, si trattava sicuramente della bacchetta. Non seppe dire se l'aveva mai incontrata prima di allora, né chi era. Forse una novellina; o forse qualcuno che stava finendo la scuola ed era in prossimità di lasciarsi alle spalle quel posto pieno di logiche errate. In ogni caso, non era fuggita; nonostante il temporale era rimasta lì. Forse meritava qualche punto d'ammirazione in più; o forse no. Chi poteva dirlo? Fu anche per quello che l'Akuma fece uscire da sotto il mantello una bottiglia trasparente con un qualche liquido strano che latte non era e fece un cenno verso la ragazza, restando però sotto alla pioggia. «Bevi?» - chiese con un'aria di sfida indicando la bottiglia. Certamente, non era la migliore delle domande da fare a una sconosciuta, ma faceva pur sempre freddo. E poi Raven Shinretsu era un alcolizzato con esperienza alquanto vasta. Poteva chiedere qualcos'altro?.. E una volta fatta la domanda, attese, ricordandosi della sacra regola di tutti gli alcolizzati: "Se non bevi in compagnia o sei un auror o sei una spia," - che alla fine era la stessa cosa: una sacra verità.
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