| ▲ Mexico | Ateniese▼Horus R. Sekhmeth Da quando era entrato, altre persone avevano varcato la soglia dell’ufficio di Peverell, ma Horus non aveva minimamente fatto caso ai loro volti, né alle loro voci, nient’altro che fantasmi che attraversavano lo Spazio attorno a lui. All’ironico avvertimento di Emily, Horus aveva accennato un sorriso stiracchiato, macchiato, tuttavia, da un’evidente delusione che s’affrettò presto a nascondere, alzando il viso e fissando, senza troppo interesse, il piumaggio fulvo della Fenice. Si ritrovò a corrugare le sopracciglia, come se avesse scovato fra quelle piume una macchia di colore che stonava col resto, mentre la mente cominciava a digerire quanto successo in quei pochi secondi. D’accordo: l’aveva rischiata andando così diretto a darle un bacio di fronte ad altre persone, ma in fin dei conti tutti gli altri sembravano presi dai cavoli loro, chi avrebbe dato retta a loro due? Perché altrimenti, al di là dell’imbarazzo, perché Emily avrebbe dovuto esser così fredda? Andava bene anche un calcio negli stinchi, purché fosse una reazione. Invece, niente: lei non si era irrigidita, ma non sembrava neanche esser stata neanche colpita o innervosita o sciolta o qualunque altra cosa. Si era limitata ad uno sterile avvertimento che forse in un’altra occasione avrebbe suscitato in Horus una risposta a tono altrettanto ironica e divertita. Di sottecchi, mentre Peverell cominciava a parlare, Horus scoccò un’occhiata alla ragazza al suo fianco: il suo profilo veniva incendiato dai riflessi del fuoco nel camino, il suo sguardo era attento, concentrato. Horus si ritrovò a pensare di voler essere un Nargillo così da poter entrare nella sua testa e capire cosa le passava per la mente. Era arrabbiata? O era dispiaciuta per qualcosa? Forse voleva prenderlo a calci, per quel gesto azzardato, ma insomma —pensò il ragazzo— stavano o non stavano insieme? Poteva permettersi di darle un bacio no? Ed in quel momento le tornò in mente Mya, così sfuggente, così infastidita dal giudizio altrui da non volere neanche un abbraccio di fronte alle altre persone. “Sekhmeth”, così lo chiamava di fronte agli altri e lui anziché dirle “Mi stai sul cazzo quando fai così”, rispondeva per le rime. Ed era così, con i silenzi e tutto ciò che derivava, che tutto era andato in malora. Scuotendo lievemente il capo per scacciare quel ricordo come se fosse stata una mosca molesta, Horus abbassò lo sguardo, sentendo poco e niente della spiegazione di Peverell, stringendo i pugni al punto da vedersi sbiancare le nocche. Oh, no, decise: non avrebbe fatto finta di niente, se Emily aveva un problema, lui gliel’avrebbe tirato fuori, Spagnoli, Messicani e genocidi vari in sottofondo. *I veri problemi sono questi.* Pensò ironico, mentre le parole del docente cominciavano a riacquistare sonorità. Si ridestò da quei pensieri quando alcuni dei presenti, su invito di Peverell, si mossero per prendere la propria spilla ed Horus, di riflesso, si tastò la tasca dei pantaloni controllando la presenza della propria. C’era, ma non era poi così sicuro di volersela appuntare al bavero, così la lasciò lì. Quando i suoi occhi caddero sul Libro, attirati dal cadenzare delle luci imbottigliate, letteralmente, fra la pergamena, Horus gemette. Sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco (i suoi reni lo ricordavano bene) e ancor prima che potesse prepararsi, tutti loro furono inghiottiti dalla Magia, in un vorticar di colori e cacofonie di suoni indistinti. Come successe a Cluny, gli Evocati furono catapultati, letteralmente, fra le pieghe del Tempo in maniera più che confusa, tanto quanto i loro pensieri. Atterrarono sul morbido, ma la prima cosa che Horus notò, con un discreto dolore interiore, fu il caldo e la luce che gli si appiccicarono addosso come un vestito scomodo e troppo stretto. Aprì gli occhi solo quel tanto che bastava per vedere dove si trovavano, ma il Sole, con i suoi raggi intensi, gli perforò le iridi e lui fu costretto a richiuderli, mugolando cose imprecisate. Quel che lo spinse a riaprirli di scatto fu il profumo di Emily, fin troppo intenso; lui era schiena a terra, in un non ben precisato groviglio e se la ritrovò così vicino che per un istante Horus maledì tutti quanti per essere così dannatamente in mezzo alle scatole: in quel momento, pensò, sarebbe bastato poco a cancellare del tutto qualsiasi freddezza, e così vicini al diavolo qualsiasi altro problema. Alla fine, però, sospirò, borbottando un: « Ma se io non volessi alzarmi? » che tuttavia cozzò con le sue azioni. Si alzò, schermandosi gli occhi doloranti con una mano a causa della luce, mentre intorno a sé tutti gli altri si tiravano su. Si concesse quindi una rapida osservazione del posto e la prima cosa che lo colpì —oltre alla luce e al caldo e ad Emily spiaccicata vicino a lui, s’intende— fu il verde brillante della Natura che li circondava maestosa. Si trovavano sul dorsale di un colle, ed ovunque la vegetazione rigogliosa, tipica di un clima tropicale, tingeva ovunque i suoi occhi spaziassero. Vide un grande lago brillare alla luce del sole come un gigantesco zaffiro e, come se fosse stato un altro lato della stessa moneta, una zona più impervia, occupata in gran parte dalla giungla e dagli alti cactus che somigliavano a strambi autoctoni silenziosi a guardia dei misteriosi sentieri che scendevano dal colle. Non sembravano esser stati battuti da molti esseri umani e c’era qualcosa di inquietante nel vederli spiccare così netti contro, invece, l’intonsa flora che si spandeva più o meno compatta. Horus si voltò verso Emily, offrendole la mano per alzarsi, mentre Albus (che indossava una mise piuttosto eccentrica, caratterizzata da un medaglione che Horus trovò piuttosto bislacco) prendeva ancora parola per le ultime raccomandazioni di rito. Quanto Peverell disse, però, stupì il ragazzo che spalancò gli occhi —con non poco dolore— nell’apprendere che questa volta si sarebbero trovati nei guai molto più di quanto non lo fossero stati a Cluny. *Era proprio fra le mie aspirazioni venir fatto fuori da una lancia spagnola nel gargarozzo.* Pensò divertito, senza frenare l’eccitazione suicida che saliva sempre più rapida. Questa volta, infatti, l’idea di esser così direttamente nel cuore dello scontro, della Storia era così allettante, da fargli dimenticare quell’assennatezza (e quell’amor proprio) che proprio pochi giorni prima lo aveva spinto ad evitare la scampagnata della Scuola. Sapeva già, del resto, da che parte stare: sebbene Horus sapesse quanto l’impero Spagnolo e le sue ricchezze avessero influito sulla storia Europea, quanto avevano fatto al popolo precolombiano gli ricordava sgradevolmente ciò che gli Arabi avevano fatto in Egitto, tanto tempo addietro. Horus aveva il cuore di un conquistatore, era vero, era ambizioso, terribilmente ambizioso, ma lo sterminio di un popolo, pieno di innocenti, non rientrava fra le sue priorità e gli ricordavano sgradevolmente quanto Voldemort voleva far nel Mondo Magico. I Romani, un altro Impero da lui sempre ammirato, erano conquistatori capaci sì, di uccidere, certo, ma di assorbire, di integrare, di creare dalla conquista qualcosa di totalmente nuovo in grado di coesistere (ma no, Cartagine, tu non sei rientrata negli annali). Gli Spagnoli? Assetati a tal punto dalla fama di conquista da dimenticare tutto se non l’Ego del proprio Paese. No, aveva sempre pensato Horus quando aveva letto della Storia Babbana sui libri del padre: non era così che si creava un Impero. Non con il genocidio. E se per la Storia era facile sapere da che parte stare, almeno per lui, di tutt’altra pasta era nominare un capo-spedizione: in Francia lui aveva fatto solo le veci ideali di un capo poiché, di fatto, era la maggioranza che si ritrovava a decidere. Era una figura piuttosto inutile, ma Horus guardò comunque i presenti rapidamente, soffermandosi sui volti conosciuti. C’era Daddy, neoCaposcuola (una notizia che aveva fatto sorridere Horus, ma al contempo lo aveva rallegrato vedendo l’amico alla guida di Corvonero) e dall’animo focoso e ribelle che avrebbe sicuramente guidato tutti quanti, ma non, forse, con la giusta… oculatezza; c’era Elhena, così forte, ma al contempo forse troppo riservata; poi c’erano Eloise ed Amber, deliziose fanciulle forse ancora troppo acerbe, ma dal grande potenziale; Scott, il misterioso, enigmatico Nathan Scott. Horus ricordò quanto Zoey gli aveva confidato quella volta nella foresta vicino Cluny, sul pericolo che Scott correva e avrebbe fatto correre a tutti loro. Aveva parlato dell’argento ed Horus aveva stabilito che ci doveva esser qualcosa sotto, se i Templari sapevano che l’argento avrebbe nuociuto a Nathan. Lo osservò muoversi sotto il sole, ne studiò il viso, le movenze. Aveva dei sospetti su di lui e benché Nathan non gli avesse mai comunicato nulla di sgradevole (anzi, c’era qualcosa in lui, nel suo riserbo, che glielo rendeva simpatico), non era decisamente il caso di nominarlo qualora quei sospetti si fossero rivelati fondati: non per un fattore di pericolosità, ma di debolezza: c’era sole, fin troppo sole. Tutti gli altri, seppur conoscendoli di vista, non erano abbastanza esperti (almeno secondo le sue conoscenze) da poter esser presi in considerazione tanto da affidargli la sua vita. Infine, gli occhi di Horus si posarono su Niahndra e lui seppe che fra tutti quanti, fatta eccezione per Emily, l’unica a cui si sarebbe davvero potuto affidare sarebbe stata lei. « Riguardo al capospedizione… » Prese la parola per primo, mentre Minerva volava via sopra le loro teste. « Niahndra… » *Scelgo te, accoppali tutti* « Mi fido di te. » Disse solo, lasciando chiaramente intendere quali fossero i suoi pensieri al riguardo. Una parte di lui fu certa di essersi giocato l’amicizia della fanciulla perché, con ogni probabilità, lei avrebbe potuto benissimo avvelenargli il succo di zucca per avergli appioppato quella responsabilità. Le sorrise, a mo’ di scuse, stringendosi nelle spalle. Dopodiché lasciò gli altri parlare e si voltò verso Emily; fu tentato di prenderle un polso e attirarla da qualche parte, ma si limitò ad avvicinarsi, le mani infilate nelle tasche degli abiti magicamente mutati a cui, al momento, neanche aveva fatto caso. « Posso parlarti un momento? » Le chiese, accennando col capo ad un punto più libero del prato, dove si sarebbero mossi ad una sua risposta positiva. Quando furono lì, e dopo averla guardata intensamente per qualche istante, Horus parlò: « È successo qualcosa? … Voglio dire, oggi. Ieri. L’altro ieri, insomma, non lo so. Mi sembri… strana. » Aveva pensato di essere arrabbiato, di avere un orgoglio troppo limitante per farsi avanti per primo. Alla fine, però, l’istinto, il desiderio di voler cambiare le cose, di abbandonare il passato alle spalle, avevano avuto la meglio e si era sentito in dovere di parlarle. Se c’era qualcosa che non andava con Emily, doveva saperlo. E rimuginando su quel pensiero fu colto da un’evitabile paranoia. Perché dare per assodato che fosse un problema solo di Emily? « … Ho… fatto qualcosa? » Aggiunse, consapevole di aver, forse, superato le righe con il gesto avventato di poco prima. Perché doveva esser stato quello, no? *O forse no...?*
❝ "The more you know about the past, the better prepared you are for the future."
Riassunto: Cacchi personali vari. Culata sul pratino messicano, rapida osservazione, pro Mexica e relativa spiegazione, elucubrazioni sui presenti (Citati: Daddy, Eloise, Amber, Elhena, Nathan, Niahndra), consapevolezza del futuro odio di Niah, cacchi personali vari. Ah, carina la collanina di Peverell.
Vestiti aggiornati.
» Statistiche: PS: 235 PC: 213 PM: 236 ▼ EXP: 54 » Incantesimi & Abilità: • Smaterializzazione • Abilità Runica: Capacità di creare lame/proiettili d'aria compressa ad altissima velocità, provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. Capacità di generare onde d'urto distruttive. Capacità di creare un "muro" invisibile e impenetrabile, controllando la gravità delle molecole d'aria e la loro struttura, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. • Classe Incantesimi- Prima Classe – Completa. Seconda Classe – Completa. Terza Classe – Completa, escluso [color=firebrick]Fattoriam. Quarta Classe – Completa, esclusi Circumflamma, Ignimenti, Mucum and nauseam, Napteria, Neptuno/Aqua Eructo. Quinta Classe – *Stupeficium Sesta Classe –*Perstringo
| » Equipaggiamento: • Mantello della Resistenza: Indossato; • Artiglio del Drago Sminuzzato (x2): Monouso. [Protegge per due turni dall'attacco del nemico]; → Nella tasca dei pantaloni. • Pugnale Normanno (copia): [Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. Ottimo ausilio per la preparazione di pozioni di semplice e media difficoltà. Può correggere lievi errori nella preparazione, almeno in fase preparatoria degli ingredienti. Parigi, X Dc]; → Infilato nella cintura. • Anello della Gorgone: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo. Utilizzabile solo in Quest ed Eventi. → anulare della mano destra. • Anello Difensivo, pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. → Medio della mano sinistra. • Bacchetta; → Nella tasca dei pantaloni. • Una collana con la Runa Hagalaz: indossato e nascosto sotto la maglia. • Girocollo con un ciondolo d'oro a forma di Ankh: indossato e nascosto dentro sotto la maglia. • Spilla de La Scuola di Aten: in tasca. • Sacchetta Medievale (Copia: + 3 Corpo +1 Mana): comoda sacca in cuoio e pelle conciata, presenta robuste cuciture e due piccole cinghie sul davanti che assicurano la chiusura. Agganciabile alla cinta tramite due passanti posti sul retro. All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile. → Agganciata alla cintura. • Mantello della Disillusione [(+ 8 Corpo + 5 Mana) Realizzato con pelliccia di camaleonte, il Mantello della Disillusione rende una buona , anzi ottima mimetizzazione: se il tuo corpo è ben avvolto in questo tessuto, esso sembrerà donarti l'invisibilità]; → All’interno della sacca. • Polvere buiopesto peruviana; → All’interno della sacca. • Artiglio della Fenice; → All’interno della sacca.
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