Apatia... O Atarassia?, Concorso a Tema Novembre 2016

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view post Posted on 25/11/2016, 00:29
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Vivere tota vita discendum est et, quod magis fortasse miraberis, tota vita discendum est mori

Lucio Anneo Seneca (De Brevitate Vitae VII, Vvs 3-4)




6 Novembre – Pomeriggio, Corridoi
Talvolta capitava, lungo il corso del lavoro di insegnante, di fare incontri che lasciavano il segno. Quello in questione, si svolse in un comunissimo pomeriggio di novembre, tra i corridoi del Quarto Piano di Hogwarts, verso la Biblioteca. Era una giornata abbastanza piacevole, il sole caldo irradiava le finestre gotiche del corridoio, facendo rimbalzare i suoi squarci di luce sulle pareti laterali, mettendo in mostra gli splendidi e decoratissimi arazzi. Qualche cumulonembo forniva un po' di bianco al cielo azzurro, e sotto a quelle finestre, guardando in basso, si vedevano gli alberi del cortile colorati dei tipici tratti dell’azzurro: un pittoresco dipinto di marrone, rosso, giallo e arancio. E se si guardava più in là, al di fuori delle mura del Castello, e verso il lago Nero, ecco che il quadro si allargava. Studenti di ogni anno percorrevano la strada verso la biblioteca, chi andava e chi veniva, vestiti della divisa invernale. Lui quel giorno indossava un maglione grigio con sotto una camicia azzurra, abbinata a dei pantaloni neri. Tra le braccia teneva due libri, il primo era un volume di testo sulla Trasfigurazione, e il secondo era uno strumento di terrore ben noto ai suoi allievi: il temutissimo registro dei voti. Gli serviva un po' di tranquillità, un luogo silenzioso dove poter preparare la lezione per il giorno successivo e sistemare alcuni voti. Nel regno di Madama Pince il silenzio era il sovrano, e anche la minima perturbazione dell’acustica era per lei una dichiarazione di guerra. Tra la turba di studenti che passavano, chi in compagnia, chi solo, chi fermo e rideva e chiacchierava con gli amici, chi leggeva un libro imboscato tra le panche vicino alle finestre, uno colse la sua attenzione. Un ragazzo solo che lo stava fissando, e che volse il passo verso di lui. Le iridi azzurre andarono a incrociarsi con quelle nere del giovane, e poi si portarono sulla sua casacca: era un Corvonero. Si avvicina a lui, e quindi il professore arrestò il passo, e attese che egli gli dicesse qualcosa.
Buon pomeriggio professore. Mi spiace disturbarla, ma vorrei chiederle una cosa…
Ora che era più vicino, potè osservarlo meglio. Un quattordicenne del terzo anno, uno tra i tanti altri, con nulla di particolare che lo contraddistingua. Capelli bruni, un volto dai tipici tratti giovanili, pelle chiara, alcune lentiggini sul naso e statura nella norma per la sua età. Tutto nella norma, come si suol dire.
Certo, dimmi pure.
Rispose il docente, preparandosi alle tipiche domande che gli pongono generalmente i suoi studenti: dubbi sulla materia, questioni sui voti, faccende riguardanti la sua materia insomma. Una cosa quasi banale, scontata ormai per lui.
Che cos’è l’apatia?
I suoi occhi si spalancarono all’improvviso, e sul suo volto comparve un’espressione sorpresa. La sua prima reazione fu semplice e istintiva, a rigor di logica quella che tutti avrebbero fatto in quella situazione.
Come mai questa domanda signor…?
Una scintilla di curiosità si accese nei suoi occhi, e anche nella sua mente, che ora era bramosa di conoscere il motivo di una tale richiesta. Vide il ragazzo indugiare un momento prima di rispondere, aprì un attimo la bocca, pronunciando per un momento parole mute, e capì che stava ricercando le parole giuste per rispondere alla sua domanda.
Jackson. Ecco, vede… Il professor Peverell ci ha assegnato il compito di parlare dell’apatia della Società Moderna verso la situazione attuale nel Mondo Magico, ed ecco, mi piacerebbe conoscere la sua opinione al riguardo…
L’espressione del viso del docente esprimeva stupore ma anche una certa dubbiosità nel suo discorso. Sollevò il cipiglio destro, e storce per un momento il naso e la bocca.
Mmh, questa è una domanda che forse dovrebbe rivolgere al professor Peverell, dopotutto questo è un ambito che riguarda la sua materia, non la mia.
Alla sua risposta, notò una certa espressione dispiaciuta sul volto del ragazzo, che tuttavia parve non arrendersi. Abbassò lo sguardo a terra, e il volto assunse un’espressione pensosa, mentre è alla ricerca di un altro modo per ribattere alla sua risposta.
Ecco, ho sentito che lei prima di arrivare a Hogwarts ha lavorato a lungo nella Cooperazione Magica, e probabilmente conoscerà bene la situazione al di fuori del mondo magico… So che avrei potuto rivolgermi al professore di Storia, ma mi sarebbe piaciuto sentire anche il parere di un altro esperto nell’ambito…
Quel ragazzo in pochi minuti era riuscito a conquistare completamente l’attenzione e la curiosità del docente. Sul suo viso permase quell’espressione sorpresa, che si tramutò poi in un’espressione dubbiosa, e poi scettica.
Io non lavoro più da parecchio tempo in quell’ambiente, e quindi non saprei darti un quadro dettagliato della situazione attuale, o almeno non come vorresti, signor Jackson. E poi non credo che il professor Peverell approverebbe questo fatto. Non sarebbe corretto nei confronti degli altri che io ti aiuti nello svolgere il suo tema, non trovi anche tu?
Nonostante le sue parole, il Corvonero non si arrese. La sua tenacia nel ribattere alle sue argomentazioni era un segno caratteristico della sua casata, e ora capisce perché recava quello stemma sul petto.
Non è assolutamente mia intenzione compiere uno sgarro alle regole e approfittare del suo aiuto per svolgere il mio compito. Era mia intenzione soltanto chiederle qualcosa per chiarire le idee, per rendere l’argomento del tema comprensibile. Dopotutto, comprendere la domanda è la chiave per dare la risposta. Io vorrei solo chiarire con lei alcune cose sulla domanda, poiché la ritengo una persona molto esperta e disponibile, e nonostante le grandi conoscenze del professor Peverell ho pensato a lei, perché forse avere un opinione diversa riguardo a un argomento aiuta a farsi un’idea più chiara…
Il suo discorso lo aveva lasciato impressionato, e da un lato anche dubbioso, e si domandò quali fossero le reali intenzioni del ragazzo, che lo lasciarono assai perplesso, tuttavia anche assai incuriosito. Lo scrutò per dei lunghi istanti da capo a piedi, trapassandolo con lo sguardo, come a cercare di leggere attraverso le sue iridi color carbone. Passeranno parecchi secondi prima che il professore intoni una risposta.
D’accordo signor Jackson. Avrai i tuoi chiarimenti. Vieni domani in biblioteca verso quest’ora.
Un piccolo sorriso divertito comparve sul volto del professore mentre disse quelle parole, e vode una reazione di gioia nel giovane ragazzo, che sorridente ora lo inondò di ringraziamenti e lusinghe, che gli suscitarono una breve risata. Era un bel ruffiano quel ragazzo.
Grazie mille professore, è gentilissimo, lo sapevo che era il miglior insegnante di Hogwarts. Verrò, e sarò puntuale, anzi puntualissimo.
E così Maximilian lo osservò sparire velocemente per il corridoio, dissolvendosi nella massa degli altri studenti.

7 Novembre – Pomeriggio, Biblioteca

Come accordatisi, i due si incontrarono nell’ingresso della biblioteca all’orario stabilito, e la notte scorsa il professore aveva pensato parecchio e ha riflettuto assai sulla risposta che avrebbe dato al giovane. In realtà la questione si sarebbe potuta risolvere con poche brevi e semplici parole, ma se quel ragazzo desiderava davvero comprendere, allora non sarebbe stato sufficiente sparargli lì una definizione generalizzata del tema. No, serviva qualcosa di più.
Bene, vieni con me.
Fece cenno con la mano destra al Corvonero di seguirlo. Una volta entrato nella grande stanza, una delle zone più importanti e protette del Castello, incrociò lo sguardo con Madama Pince, con la quale scambiò due brevi parole, indicando il reparto in fondo al corridoio, che era chiuso da un cencello. La bibliotecaria gli consegnò dopo quella breve discussione le chiavi, e mentre i due si avviarono verso quella direzione, il ragazzo non si trattenne, e domandò:
Professore, dove stiamo andando?
Subito Maximilian si voltò, e portò la mano sinistra alla bocca, col gesto di fare silenzio, e un’occhiataccia che dice più di mille parole. Arrivato al cancello, inserì il ferro nella serratura, vi diede due giri, e aprì la grata, provocando un breve cigolio metallico. Una volta dentro, richiuse il cancello, e nuovi scaffali, nuovi tomi e nuovi spazi di lettura caratterizzavano quella parte della Biblioteca, e soprattutto c’era una cosa importante: la stanza era vuota. Quello era chiaramente il reparto proibito, inaccessibile dagli studenti senza il consenso di un Docente. Sul ragazzo vide un’espressione di stupore mentre comprese ciò, ma Maximilian non perse tempo, e gettò lo sguardo sui vari scaffali, cercando con gli occhi di un falco la sua preda. Una volta individuata, su un ripiano vicino alla finestra, prese il tomo polveroso dalle pagine ingiallite, e lo poggiò su una scrivania, e fa cenno al ragazzo di avvicinarsi, mentre aprì il libro alla prima pagina.
Ieri tu mi hai chiesto che cosa fosse l’apatia… Ebbene, sarebbe facile per me rispondere alla tua domanda, ma sarebbe difficile per te comprenderla. Perciò ho deciso di fartela vedere.
Il ragazzo parve confuso, che cosa avrebbe potuto vedere da quel libro? Il professore non perse tempo, estrasse la bacchetta, e la puntò contro l’inchiostro nero della prima pagina.
Sei pronto?
Il ragazzo calò prima lo sguardo con la bocca semi-aperta sulla sua bacchetta, e poi ritornò a fissarlo nelle iridi azzurre, e con un espressione determinata annuisce.
Sì.
Bene, andiamo.
Tre tocchi e un lieve movimento ondulatorio sul tomo, una formula breve in una lingua antica, e in un singolo istante le pagine del libro iniziarono ad illuminarsi di una luce fatua azzurra, che in pochi secondi li avvolse completamente, abbagliando la loro vista e i loro sensi, e nel frattempo il luogo e il tempo attorno a loro si dissolvsero, e lo scenario si tramutò in qualcosa di diverso.


300 A.C. – Antica Grecia, Atene. Stoà Pecile.
Era una giornata di primavera, di quelle che non vorresti finissero mai: un sole splendido, nuvole bianche e soffici in un cielo azzurro come un lapislazzulo, gli alberi colorati di un verde intenso, gli uccelli che cinguettavano, la vita che rinasceva, gli animali che si risvegliavano dal sonno tetro e scuro dell’Inverno, e le piante si liberavano del suo abbraccio Mortale, ricominciando il loro ciclo, così come la fenice che gloriosa e fiera risorge dalle sue ceneri. In questo dì di Aprile, nello splendido scenario dell’Agorà ateniese, più precisamente nella Stoà Pecile, il più bel giardino di tutta la polis, che possedeva un portico ornato da splendidi mosaici rappresentanti gli antichi eroi, stava per avvenire uno degli eventi più importanti che rivoluzionò tutto il pensiero Occidentale. Zenone di Cizio, famoso filosofo Ateniese, conosciuto come uomo saggio e di grande sapienza, noto a tutti specialmente per la sua fermezza d’animo e il suo nobile spirito, mettendosi sotto il porticato, si rivolse alla folla davanti a lui con le seguenti parole:
Cittadini, amici, compagni… Al giorno d’oggi la nostra città riversa in un terribile male, che porterà alla rovina tutti noi, se non poniamo rimedi in tempo. La grande Atene vive tempi bui, in cui la tirannide, le malvagità e gli atti illeciti sono sovrani. Alessandro il Grande ci lasciò una preziosa eredità, o figli di Pericle, che noi dobbiamo conservare. Chi ci governa non si cura minimamente dell’interesse dei cittadini, pensano solo a loro stessi, riversi di avidità e cupidigia nei loro ricchi palazzi, e guardano a noi tutti con disprezzo. In questi tempi noi dobbiamo essere forti, dobbiamo essere capaci di utilizzare l’arma più preziosa che ci lasciarono i nostri antenati: la ragione. Questo è il dono degli antichi, la chiave per liberarci dalla costante cecità nella quale siamo tutti inesorabilmente immersi. Noi da sempre abbiamo saputo difenderci da soli dai nostri nemici, abbiamo combattuto con valore contro coloro che minacciarono la nostra sacra indipendenza. Ricordatevi di Sparta, che da sempre minaccia la quiete della città, oppure dei Persiani, che sono da sempre bramosi di distruggere la nostra bella nazione, ricordate di coloro che morirono nel Peloponneso per difenderci, e siate memori anche delle parole che sto per dirvi:
Quel lungo monologo aveva caricato l’aria di un enfasi incredibile, e tra quel pubblico di cittadini greci, chi uomo, chi donna, chi giovane, chi vecchio, chi alto, chi basso, stavano il professore e il ragazzo, che come due fantasmi assistevano in silenzio al discorso del Greco. Tutti ora pendevano dalle sue labbra, erano ansiosi di sentire ciò che aveva da dire:
Per rimanere saldi di corpo e di mente è necessario liberarsi di ciò che è superfluo, di ciò che svia dalla retta via della virtù. Le passioni sono l’origine di ogni male, che sia esso oggetti materiali, oppure emozioni, oppure oggetti che provocano turbamento all’anima. L’avido è corroso dalla sete di denaro, il politico è dilaniato dal desiderio di potere, l’iracondo è dominato dalla furia che rende ciechi e l’amante è dilaniato dall’ardore della passione amorosa, che brucia il suo cuore, offuscando la ragione. Chiunque di voi è virtuoso sa bene che per diventarlo è necessario liberarsi da ogni cosa che può recerci turbamento. La natura che ci circonda è l’emblema della ragione umana e divina, poiché essa e perfetta, e chi la conosce, impara ad essere come lei. E’ necessario imparare le sue leggi, che sono immutabili, e valide per ogni uomo, poiché ognuno di noi vale allo stesso modo sotto il giudizio degli dèi. E molti di voi mi domandano come essere felici, ebbene la risposta essere. Per vivere bene, bisogna vivere come è necessario vivere, ovvero seguendo le leggi di natura, non utilizzando in alcun modo le passioni umane, che sono innaturali, e quindi erronee e vacue. Siate dunque apatici, non siate più turbati, e sarete liberi. L’atarassia è la via per la felicità.
E con quel semplice discorso nacque una delle più grandi correnti filosofiche di tutta la storia antica: Lo Stoicismo, in nome della Stoà, il portico dove Zenone pronunciò per la prima volta il suo discorso. Il professore incrociò soddisfatto le braccia, e rivolse un mezzo sorriso al ragazzo. Aveva ottenuto la sua risposta, ma essa non era ancora completa, non del tutto. Mancava ancora un pezzo. In pochi istanti la luce azzurra avvolse di nuovo i due, e come prima la città di Atene si smaterializzava davanti ai loro occhi, e nuovamente si delineò un nuovo luogo, e quindi una nuova storia.

65 D.C. –Roma, Domus di Lucio Annea Seneca
Cambiava la situazione, cambiava lo scenario, cambiava il panorama attorno a loro. Ora i due viaggiatori del tempo si ritrovarono immersi nella piena Roma Imperiale, sotto il governo dell’Imperatore Nerone, in un periodo buio della storia dell’Urbe, nella quale dilagavano lotte intestine, congiure, rivolte popolari, carestie ed epidemie. Roma non se la passava bene, l’istituzione imperiale dava chiari segni di follia e di corruzione, e i cittadini erano insoddisfatti della loro guida, che ora diventava sempre più un despota. Ma ogni Imperatore che si rispetti doveva avere un cursus honorum assai vasto, rispettoso delle leggi e delle tradizioni Romane. E doveva avere anche una buona cultura. Il protagonista di questo racconto non era dunque l’Imperatore Nerone, bensì il suo maestro, l’illustre filosofo e storico Iberico Lucio Annea Seneca. Esso era stato accusato dai suoi stessi sostenitori e dai famigliari dell’Imperatore di aver fatto parte di una Congiura contro l’Imperatore, non appena esso accusò i primi segni di pazzia, egli tentò assieme alla ricca famiglia dei Pisoni di porre fine al suo regime dittatoriale. Tuttavia fallì, coinvolto in una guerra di cui non avrebbe mai voluto far parte, ora costretto a una scelta tra due cose: l’esilio da Roma o la Morte.
Il professore e il ragazzo ora si trovavano assieme ai parenti dello sventurato e vecchio Seneca, immerso nella vasca da bagno nel mezzo del salone principale. L’acqua era rossa vermiglio, il suo corpo nudo e ricolmo di rughe. I suoi polsi erano stati nettamente recisi, il coltello sporco di sangue era poggiato lì vicino a lui, su un tavolino in legno. Raccolti in cerchio, stavano la triste moglie Lollia Paolina, i medici, i figli e i suoi allievi. Egli, nel pieno delle sue facoltà mentali, per onorare la sua patria, per rendere omaggio ai grandi precetti della libertà e dei più nobili valori, scelse la via del suicidio. La morte per il taglio dei polsi era una morte lenta e dolorosa, che richiedeva alcune ore prima che facesse effetto, tuttavia era il modo che egli scelse. I suoi occhi vitrei, i suoi capelli bianchi, i batuffoli di barba grigiastri, e la bocca dalle labbra scarnificate si posano sui presenti davanti a lui, e pronuncia con una voce debole e tossicchiante:
Fratelli miei, amici, figli, compagni di una vita… La mia vita giunge ormai al termine. Ricordatevi di me, e di quello che ho fatto. Ricordatevi che esistono cose più nobili della vita stessa, vi sono dei motivi per cui è giusto suicidarsi. La ragione è il dono fondamentale di ogni uomo, che deve conservare e utilizzare saggiamente fino alla fine dei suoi giorni. Quando questo diviene impossibile, allora non vi sono più ragioni per la vita. Distogliete lo sguardo dalle passioni, che accecano le vostre nobili anime, vi rendono inconsapevoli di ciò che accade attorno a voi… Guardate ciò che sta succedendo alla nostra nobile Roma. La corruzione e l’avidità rendono schiavi del loro stesso potere i nostri Imperatori, coloro che dovrebbero essere la guida, il nobile esempio delle virtù Romane, sono diventati dei porci, grassi e lussuriosi che siedono su fastosi troni dorati. Siate stoici, vivete ogni giorno come fosse l’ultimo, e ricordate che non dovete stupirvi, meravigliarvi o intristirvi per ciò che accade nel mondo… Perché ciò che accade è così perché la natura si muove secondo le sue leggi, immutabili e perfette… E tu, Lollia cara…
Le iridi del vecchio ora si spostarono sulla moglie piangente.
Non piangere per me… Non devi piangere per ciò che è inevitabile, la vita segue le leggi che ci impone la natura, e nella natura risiede la perfezione…. L’apatia è la via per la felicità…
Quelle le sue ultime parole, gli ultimi sussurri prima di tirare in alto le iridi, mentre le sue orbite diventarono bianche lattiginose e mentre la sua bocca si spalancò, tirando il corpo all’indietro, lasciando con onore il mondo che tanto gli ha dato e tanto gli ha tolto. E così si concluse il piccolo viaggio del professore e dello studente, che avvolti nuovamente da quella luce, si smaterializzarono da quel luogo, ritornando al castello.


Hogwarts, Biblioteca
Tornati finalmente a casa, dopo quel piccolo viaggetto nella Storia Antica, il professore spostò le iridi verso il volto del piccolo Corvonero, decisamente sconvolto. Un piccolo sorriso compare sul suo volto.
La storia sa essere crudele a volte con chi non se lo merita. Ma sa anche riconoscere grandi gesti come questo. Spero che questo ti abbia aperto un poco di più gli occhi, e ora devo farti una piccola confessione…
Il suo sorriso si allargò sempre di più, finche non arrivò a compiere una piccola risata, mentre con la mano destra richiuse il libro.
Ieri parlai con il professor Peverell di te, e mi consigliò di darti questo libro, e così, invece di fartelo leggere, ho preferito fartelo vedere. Ora mi auguro che tu abbia capito, e buona fortuna per il tuo compito.
Il ragazzo lo fissò con la bocca spalancata, e passarono parecchi istanti prima che dicesse nuovamente qualcosa.
G.. Grazie, professor Barrow….
Farfugliando quelle parole, sparì velocemente dal reparto proibito della biblioteca, girando i tacchi, e dissolvendosi tra gli scaffali, mentre sul volto del professore a braccia incrociate rimase fisso un sorrisetto furbo e soddisfatto.




Faccio una piccola precisazione a fondo pagina: ho costruito il tema dell'apatia non giocandolo direttamente sul mio pg, ma l'ho sviluppato attraverso le voci e le situazioni di altri personaggi. Qui Maximilian non è protagonista, ma un semplice spettatore. Apatia qui è da intendersi come nel senso filosofico del termine, ovvero a-pathos "privo di passioni". Ho mischiato un pò di fatti storici con la fantasia, quindi non aspettatevi riferimenti troppo precisi o accurati. Non essendovi specificato nel contest il signifcato preciso del termine, ho preso la sua connotazione filosofica, lasciando in secondo piano quella psicologica. E' una visione un pò particolare, me ne rendo conto, ma spero sia comunque coerente col senso del contest, in caso negativo, chiedo scusa in anticipo :)
 
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