C'era una volta un Elfo, tanto gentile e tanto umile, pronto ad aiutare il prossimo giorno dopo giorno. Non si sarebbe mai stancato, avrebbe sempre teso la mano per porgere una tacita offerta di generosità, perché aveva fatto una promessa a suo padre e suo padre l'aveva fatta al proprio padre e così via, per generazioni dietro generazioni, senza saltarne una neanche una volta. Una promessa era una promessa, l'Elfo avrebbe mantenuto la parola data a qualsiasi costo. E così governava il suo Tempo nel migliore dei modi, sorrideva al vicino e giocava con l'amico, tanto che ben presto scoprì di essere amato ed apprezzato dagli altri Elfi e non solo. Era una vita interessante, forse piuttosto semplice ma per lui senza dubbio affascinante. Durante la Vigilia di Natale di un anno lontano, perduto definitivamente in memorie ormai andate, ecco che qualcosa di strano, qualcosa di triste, giunse a turbare l'esistenza felice dell'Elfo. L'ombra di un essere umano bussò alla piccola porta di legno, le nocche di entrambe le mani a forzare l'ingresso, senza che la maniglia di ottone appena lucidata fosse anche solo presa in considerazione. Il rumore era forte, la figura impaziente. Apri, urlava di continuo. E poi altri insulti, spesso gratuiti, che il tenero Elfo non fu in grado di capire per davvero a chi fossero rivolti. All'inizio domandò a se stesso se avesse compiuto un errore, forse aveva dimenticato un aiuto promesso oppure aveva sbagliato in qualche altro modo? Impossibile, ne era sicuro, l'Elfo era sempre attento, i dettagli - si diceva - erano pane per i suoi denti. Attese che la Coscienza si placasse prima di far entrare l'uomo nella sua casetta interamente di legno; era uno spazio angusto, piccolo ma adatto alla creatura, e nessuno si sarebbe mai lamentato perché sembrava un angolo accogliente, molto accogliente. Altri due Elfi sedevano a gambe incrociate sul tappeto, entrambi in attesa che la gustosa cena della Vigilia fosse pronta, contenti dunque di condividere un pasto così simbolico in compagnia. Accanto a loro anche un'altra identità sedeva scomposta, le gambe più lunghe di quelle dei compagni di lato, un vestito diverso da quello leggero degli Elfi, perché molto più imbottito e colorato, tanto da far apparire l'uomo come un fagotto. Non era un Elfo, lo si vedeva, quel cappellino rosso e bianco che calzava sulla testa riccioluta non si teneva in bilico su orecchie a punta né gli occhi parevano grandi come palline da tennis. I tre amici, comunque, sollevarono lo sguardo verso l'Ombra appena giunta, quel barbuto signore così maleducato da aver interrotto il principio di una serata che profumava di allegria e di buona condivisione. L'Elfo di casa, il piccoletto, domandò chi fosse l'altro e aggiunse di aver quasi concluso la cottura del fagiano con piselli e patate nel forno, magari lo sconosciuto avrebbe voluto e potuto prendere parte a quel ritrovo amichevole. Ma la porta si aprì di nuovo, spalancata dal gelido freddo; il camino lontano si spense, la luce dell'umile casetta si affievolì e l'omaccione parlò con tono forte, simile ad un ordine vero e proprio.
Da oggi tu mi chiamerai Padrone. Una pausa, tanta incomprensione sui volti dei presenti.
Da oggi tu non sarai un Elfo, ma un Elfo Domestico. Cosa avrebbe significato una frase del genere? La confusione giunse sulla scia del vento, prontamente governato dall'oscura figura per avvolgere i tre Elfi ormai Domestici in catene invisibili. Ma l'uomo grassottello al fianco dei due amici si tolse il cappellino e batté le mani in un solo silenzioso applauso.
A Natale nessuno sarà mai schiavo, questa è la Legge dello Spirito e chiunque dovrà rispettarla. Un grugnito finale, l'uomo sconfitto andò via, seguito dal gelo. E fra luci e il nuovo sapore del fagiano ben cotto, gli Elfi tornarono ad essere Elfi e l'orrendo pensiero di esser Domestici danzò via almeno in quel giorno.
Hogsmeade brillava di una luce straordinaria e non era frutto soltanto dei lampioni volteggianti nei dintorni, simili a lanterne sospese in punti precisi con all'interno delle Fate lucenti, pronte a rischiarare la sera imminente. Era primo pomeriggio, ma il tramonto già spazzava i colori vivaci per il suo ingresso trionfale; non avrebbe tardato, mai avrebbe voluto. L'arancio e il rosso sfumavano sull'azzurro, creando uno sfondo simile ad una tela d'altri tempi. Il brusio dei passanti, il brusio della vita mai ferma, cresceva dalle caratteristiche strade del Villaggio Incantato, salendo dunque al cielo come un soffio di invisibili desideri. Un cicaleccio di voci, tuttavia, sembrava ancor più sonoro nei pressi di Mielandia, il Paradiso di Zuccheri, sospeso sui profumi dolci che rendevano l'aria circostante ancor più frizzante del previsto. Poco distante un banchetto di legno, non molto grande, attirava l'attenzione dei passanti, mentre una carola tipicamente natalizia veniva canticchiata da un pupazzo di neve incantato accanto la capanna. Una scritta su un pannello con l'immagine stilizzata di un Elfo Domestico con tanto di cappellino natalizio volteggiava sulla cima della struttura, lampeggiando con lucine colorate per mettere in risalto la frase "Tombola del C.R.E.P.A.". Numeri e cartelle girovagavano pigramente intorno, in attesa di essere acciuffati al volo dai fortunati giocatori imminenti; infine, un salvadanaio a forma di Snaso faceva la sua bella figura sul bancone, speranzoso di essere riempito con Galeoni tintinnanti per raccogliere altri sostanziosi e preziosi fondi per il Comitato. La voce squillante di un ragazzo alto e con un cappellino piuttosto strano con una Puffola Pigmea rossa in testa come un autentico pon-pon risuonò improvvisamente.
Partecipate alla Tombola di Natale, in palio premi speciali! Venite, venite! Un invito gentile, un invito simbolico, forse la Speranza di vincere e magari, perché no, la Speranza di fare una buona azione per il vicino Natale.
Tutte le informazioni per partecipare a questo link:
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