Quando Amber le aveva comunicato il piano per il Ballo di Fine Anno, con sullo sfondo il solito scenario di un pigro pomeriggio da Florian, felice di stare al calduccio mentre per le strade di Diagon Alley cadeva la prima neve, Elhena era stata entusiasta. Man mano che l’amica le rivelava il tema, le labbra della Tassina si erano tese al sorriso, sopra la propria tazza di tè caldo, con le dita impiastricciate dal dolcetto che aveva acquistato per la merenda. Aveva letto Guerra e Pace qualche anno prima e, ignorando la correttezza storica, Anastasia (sì, il cartone animato) era stata una delle visioni obbligatorie da bambina, prima ancora di ricevere la lettera per Hogwarts.
“Dancing bears, painted wings” si era così messa a canticchiare, di buon umore, chiedendosi se Amber conoscesse il resto della canzone. Massì, quella canzone la conoscevano tutti. * On the wings, cross the sea, hear the song and remember *
Quando poi, qualche giorno dopo, si misero a discutere dei dolci che avrebbero servito alla festa sotto il marchio di Fortebraccio, chine su un libro di cucina russa che lo stesso padrone della bottega era stato così gentile da fornire, Elhena sentì i brividi di gioia ed eccitazione correre sotto le braccia, quasi da farle venire la pelle d’oca.
“Se davvero porti un dolce che ti fa ballare come un cosacco, potrei mettermi a ballare tutta “A rumour in St Petersburg”. Giuro!” affermò, la voce incrinata dalla sua stessa ilarità.
Quelli appena trascorsi erano stati mesi impegnati, difficili, densi di problemi e crucci, perciò per una volta Elhena desiderava solo abbandonarsi senza troppi pensieri alla prima occasione di divertimento. I balli non le erano mai piaciuti, forse perché si sentiva sempre fuori posto, ma questo pareva promettere di avere quel guizzo in grado di rendere le cose diverse. In un altro frangente il suo serio Io avrebbe rovinato l’atmosfera ricordandole quale brutta fine avessero fatto i fasti degli zar, ma questa volta lo mise prontamente a tacere.
* Solo per questa volta. Fammi sognare un mondo di fiaba. Solo per questa volta *
***
“No. Non mi piace.”
La voce uscì dalla labbra un po’ troppo petulante per i gusti di Elhena, ma del resto era quasi due ore che provava abiti da sera e non ce n’era ancora stato uno che andasse bene. Guardò la nonna con fare supplicante, perché ponesse fine il prima possibile a una simile tortura. O, all’inizio era sembrato un buon piano, il fare venire il sarto di fiducia di Patricia perché confezionasse un abito per la nipote. “Hai diciotto anni, sei una donna ormai.”
Tuttavia, più Elhena provava i vestiti, con i loro velluti, i broccati, le sete, i bordini di pelliccia, più si sentiva ridicola. I suoi fianchi poco si adattavano ai corsetti – devo proporli come punizione corporale – e il tulle degli abiti in Stile Impero cadeva in una maniera che la faceva sembrare incinta. Ugh. Orrore.
“Riprova il penultimo” commentò la nonna, indicando un abito color acquamarina che penzolava tristemente sul divanetto della camera di Elhena a Villa Attwater, dove si stava tenendo quella prova d’abiti. Elhena scosse la testa. Visto sul manichino il vestito l’aveva quasi fatta sospirare, per la grazia della fattura e per i ricami sul corpetto. Addosso … be’, addosso si era accorta di aver bisogno di almeno dieci centimetri in più per rendergli giustizia.
“E questo?” tentò di nuovo Patricia, pescandone un altro più morbido, violetto e luccicante.
“Uhm, troppo … moderno.”
“Moderno?”
“Sì, sai, quelli che indossavano a inizio Novecento prima che … lascia stare.”
La nonna la fissò sollevando un sopracciglio, prima di incrociare le braccia magre sul petto. Elhena guardò a sua volta il sarto, chinando un poco la testa come per scusarsi di quanto stesse succedendo.
“Cosa proponi allora?”
Elhena emise un lungo sospiro dal naso e si strinse nelle spalle. Onestamente non lo sapeva. Gli abiti erano meravigliosi, la fattura eccelsa, solo non li sentiva suoi. Non uno l’aveva fatta sentire a proprio agio e, per una serata che ella era intenzionata a godersi, quello era il primo passo. Stava per arrendersi a ripiegare sul meno peggio quando un’idea le balenò per la mente. Gli angoli della bocca si curvarono verso l’alto.
“In realtà, avrei una soluzione!”
***
All’inizio Patricia non era stata contenta, ma tra gli occhioni di Elhena e il fatto che il sarto avesse compiuto un lavoro con i fiocchi, si era dovuta ricredere. “È vero, ti sta d’incanto. Sarà il mio regalo di Natale.”
Nell’impossibilità di trovare un vestito da sera a tema che le piacesse, la Tassina non aveva visto altra via se non ripiegare sulla moda maschile. Il suo fisico lo permetteva e, comunque, con un pizzico di sartoria magica era possibile adattare un abito perché fosse quasi unisex.
Così, mentre si aggiustava la stretta crown-braid
con cui aveva acconciato i capelli, la Tassina indossava dei morbidi pantaloni di velluto che si tuffavano in stivali di cuoio al ginoccio, scuri e da cavallerizza. Sopra portava un lungo cappotto-caftano rosso, chiuso sul davanti da bottoni d’argento. Sotto di esso indossava la tipica morbidarubhaka<i>, con collo e maniche bordati da un ricamo geometrico. La ragazza, infatti, sperava in un’occasione per ballare e contava di liberarsi del caftano nel corso della serata per essere più libera nei movimenti.
La sacca medievale legata al fianco non stonava e le permetteva di conservare quei pochi averi che aveva portato con sé.
Entrando nella Sala da Ballo la sua attenzione, tra chi era già presente, fu subito attirata da Camillo. Chissà, forse era strano vederlo in tenuta da alto ufficiale. Gli si avvicinò.
“Ciao. Potresti far concorrenza al principe Andrej” buttò lì come battuta, sperando che il ragazzo cogliesse il riferimento.
CatfanoRubhakaCrown braid Sì, Elhena ha fatto un po' un fritto misto. Ma che volete farci, per una volta si vuole divertire