Le mie promesse valgono poco o nulla, non è così? Pare sia una costante della mia vita: m'impongo, batto i piedi e, un istante dopo, è tutto finito. In realtà, io non giuro mai, Síður Anda, non con l'intenzione di mantenere davvero i propositi ai quali tributo fantomatica devozione. Sono così intollerante a qualsiasi forma di imposizione che perfino le mie finiscono per spingermi all'insubordinazione. E' più corretto, dunque, dire che giuro al solo fine di spergiurare. Ha senso? Probabilmente sì. Più di quello che mi accingo a mettere per iscritto da qui in poi. Spero che almeno tu voglia perdonarmi per l'incostanza con cui ti cerco. Non credo di poterti dare di più...
Siamo al capolinea di un anno che non riesco a immaginare più disastroso di così. Ho rovinato tutto, come al solito, e non sono sicura di poter rimediare, ancora una volta. Ho perso una delle persone che avevo più care al castello, una delle persone più care che abbia mai avuto in assoluto a dire il vero. E per cosa, poi? A mano a mano che i giorni passano, le ragioni che, all'inizio, mi rendevano così risoluta nella mia decisione - orgogliosa e tronfia come non sono mai stata - perdono d'intensità e tutto quello che riesco a percepire è un'enorme, intollerabile voragine all'altezza del petto. Là dove stava (e sta ancora, evidentemente) tutto il mio affetto per Oliver, c'è un vuoto che non riesco a riempire, o a ignorare, neppure a giustificare.
"Si è comportato in maniera meschina, ha esagerato, mi ha umiliata" continuo a ripetermi, mentre le immagini della torre di astronomia si succedono davanti ai miei occhi con la ripetitività di un film che comincio a odiare e mi rendo conto che, di quella sera, ricordo solo lui e il momento che ci ha separati.
E lo penso, penso ancora che abbia sbagliato. Solo che, dopo i primi giorni di spavalderia e boria, quando il mio petto era così gonfio che avrei potuto urtare chiunque senza sentire dolore, una sensazione strisciante, fastidiosa si è insinuata dentro di me e non sono più riuscita a scrollarmela di dosso. Dove sono la rabbia e l'orgoglio, Síður Anda, quando incrocio Oliver per i corridoi o in Sala Comune e ho come l'impressione che il cuore voglia uscirmi fuori dal petto? Dov'è l'indignazione quando incappo nel suo sguardo e, nel distogliere il mio, una morsa mi prende lo stomaco fino a cancellare ogni traccia di appetito? Non mi sono mai sentita più strana, sciocca e sbagliata di così.
In certi momenti, quando il silenzio della sera cala sulla Sala Comune e l'insonnia mi costringe a cercare il divano davanti al camino, il giogo della mente sul cuore è talmente flebile che sento il bisogno di parlargli e azzardare il tentativo di chiarire la situazione, seduta stante. Mettere fine a questa stupida, dolorosa (per me) guerra fredda e lasciare che tutto torni come prima. E' sbagliato dire che mi manca più di quanto pensassi? Che la delusione non è riuscita nell'impresa di trasformare il mio affetto, mentre la lontananza è stata in grado di acuirlo, esasperarlo perfino? Mi guardo intorno, mentre le fiamme crepitano debolmente nel camino quasi spento, e mi rendo improvvisamente conto che è la sua assenza a turbarmi. Le mie giornate erano costellate di tante, piccole razioni di Oliver che, in passato, davo per scontate ma che, adesso, assumono un aspetto nuovo alla luce della mancanza. Ciò che era casuale e quasi scontato allora mi pare, adesso, prezioso ed insostituibile. Quando non riesco a dormire e penso ai nostri incontri notturni al sapore di silenzio - perché non era necessario parlare, fintanto che avessimo alleggerito con la reciproca presenza il peso delle ragioni da cui originava il tormento -, non posso fare a meno di alzare lo sguardo in direzione del dormitorio maschile. Oramai, ci diamo il cambio. Prima di azzardarmi a fare la mia discesa lungo le scale, getto sempre uno sguardo sulla Sala Comune per accertarmi che non ci sia già lui; e sono sicura che Oliver faccia lo stesso. A volte, non è neppure necessario che mi affacci. Dal silenzio della mia stanza, sento una serratura scattare nel bel mezzo della notte e tanto basta per sapere che si tratta di lui. Significa che, per quella sera, dovrò accontentarmi del davanzale della finestra, sperando che nessuna delle ragazze si svegli e interrompa l'effluvio dei miei pensieri.
Vorrei solo capire cos'è giusto fare, Síður Anda, e scoprire se esiste un modo per scardinare le insicurezze che mi spingono a indugiare. Se ogni cosa è perduta come razionalmente penso che sia, che strada intraprendere per andare avanti? E, se invece esistesse un rimedio alla situazione, di quale si tratta?
Sarei disposta a La verità è che, per la prima volta da quando sono a Hogwarts, non penso di poter allineare la realtà ai miei voleri. Tutte le volte che mi decido a prendere il coraggio a due mani e parlargli, ricordo il modo in cui ci siamo guardati in Sala Comune, poco prima di andare a letto, e so,
so con assoluta certezza di non potere nulla. E' tutto perduto, Síður Anda. E' andato tutto maledettamente in malora.
Vorrei solo che non facesse così male...Nieve ❆