Ultima staccionata, 15:30, Privata

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view post Posted on 6/2/2017, 21:18
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Era sorprendente come le giornate di fine Gennaio potessero regalare un cielo limpido e soleggiato, freddo abbastanza per non far sciogliere la neve ammassata ovunque ma non troppo da far desistere dall'idea di avventurarsi fuori dalle proprie case. Nonostante fosse solo il primo pomeriggio, per arrivare all'ultima staccionata al confine di Hogsmeade aveva incontrato varie persone che percorrevano le intricate stradine scivolose del paesino.
Ora invece che aveva raggiunto il luogo dell'incontro e si era appoggiato disinvolto sul legno fradicio che dopotutto era abbastanza stabile, non vedeva nessuno all'orizzonte. Nemmeno una testolina bionda che sbucava dall'angolo dell'ultima casa diretta verso la sua direzione. Killian si chiese se fosse arrivato troppo presto, ma il suo non portare orologi lo stava punendo per quella mancanza lasciandolo nel dubbio più totale. Lasciò ciò che aveva tenuto in mano dietro alle proprie gambe così che non fosse subito visibile e immediatamente un rumore metallico lo raggiunse quando toccarono terra.
Non aveva voglia di riflettere su quello che stava facendo. In realtà non ne aveva avuto voglia sin da quando aveva spedito il primo gufo, consapevole che se l'avesse fatto la sua idea non sarebbe stata più tanto brillante. E invece il giovane mago voleva vivere quello il suo istinto gli aveva consigliato, fregandosene di quanto potesse essere utile o "terapeutico". Si schiarì la gola come se in questo modo volesse mettere a tacere quella vocina della ragione (con la quale di solito andava molto d'accorto) che prepotentemente lo ammoniva: "pensa a quello che devi fare dopo, dato che non sarà molto facile".
Si. Killian aveva pensato anche al dopo. E sapeva anche che non sarebbe stata una passeggiata. Ma che senso aveva fasciarsi la testa prima? Per la prima volta dopo mesi, forse, aveva programmato di rimandare a poi quello che poteva essere fatto subito. Era una colpa?
Scacciò anche quella domanda sistemandosi la cuffia nera semplice che non riusciva a contener alcuni ciuffi di capelli che sia per l'umidità, sia per la lunghezza raggiunta, si erano lievemente arricciati. Sperò vivamente che Amber avesse seguito i suoi consigli circa il vestiario perché in voleva essere la causa di una sua morte da congelamento. Sarebbe stata una cosa da aggiungere all'interminabile lista di motivi per cui non sarebbe stato bene accetto dal signor Hydra. Sorrise a quel pensiero senza fondamenta e tentò di scaldarsi le mani strusciandole velocemente l'una con l'altra e per la prima volta trovò i suoi guanti senza dita ("in perfetto stile barbone, come piace a te!", gli aveva detto sua sorella) un po' meno funzionali di quanto credesse. Poi se le infilò nelle grandi tasche del suo giaccone e non ebbe più qualcosa da fare per distogliere la mente dai "se" e i "ma" che nascevano come funghi sul terreno umido. Era come se dalla sera del Ballo non potesse fare a meno di prediligere le scelte instintuali da quelle ragionate e straragiornate, almeno per quanto riguardava una certa Tassorosso. E il suo vecchio modo di fare, invece, trovava il modo di protestare più o meno esplicitamente. Sospettava che l'unico modo per far cessare quello sproloquio di pensieri da tenere a bada era riconciliarsi con chi probabilmente aveva un conflitto interiore pari o superiore al suo.

Causa e soluzione. Era possibile che una persona potesse essere entrambi?
Evidentemente si, e Killian ne era fin troppo consapevole.
 
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view post Posted on 7/2/2017, 11:00
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Tra Hogwarts ed Hogsmeade
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Chiuse nel cassetto accanto al letto c'erano due lettere, le sue due lettere. Era rimasta particolarmente stupita ed a dir poco imbarazzata nel ricevere quei fogli di pergamena, in piena sala comune, davanti a tutti. Aveva letto le parole che vi erano impresse talmente tante volte da aver imparato a memoria il loro contenuto. Per i dettagli aveva una memoria infallibile, e ce n'erano talmente tanti da ricordare che per lei il problema principale era poi "categorizzare" i ricordi, e con Killian quell'impresa era quasi impossibile. La parentesi ancora indefinita del ballo rubato, aveva rimescolato le carte in gioco, ma il colpo di grazia l'aveva ricevuto quando lui per primo le aveva scritto. Era un compito di Amber, e lei lo sapeva bene, era suo il compito di convocare l'Auror in quanto tale, ancora una volta, ad indagini concluse. E le indagini erano indubbiamente concluse, il quadernetto che aveva appena messo nella sua fedele tracolla ne era la prova, era pieno di informazioni che aveva rubato tra Casa e Villa. Poteva dire di aver imparato più cose su Eveline in quei mesi che in tutta la sua vita. Ma scavare così a fondo aveva portato a galla anche altro, i silenzi degli Hydra potevano essere pericolosi, ma quelli degli Snow non erano da meno. In quei momenti, più che mai, la biondina aveva bisogno di rispecchiarsi negli occhi grigi del ragazzo e trovare il filo di Arianna per uscire dal labirinto dei suoi pensieri.
Ma allora perché non gli aveva scritto lei per prima? Perché aveva esitato davanti ad una lettera già pronta per essere spedita? C'era un motivo, ma non voleva accettarlo.
La bionda scosse il capo ed infilò in borsa altri due oggetti, anche se non poteva essere certa di avere abbastanza tempo per tutto, senza contare che avevano precedenza le informazioni che lui aveva trovato e che avevano acceso la curiosità di Amber più che mai. Riflessa nello specchio verticale, osservò con cura i suoi abiti. "Vestiti calda, ma soprattutto comoda." Le aveva scritto quelle indicazioni oltre a data ed ora, e lei sentiva di averle rispettate abbastanza alla lettera. I jeans scuri, appena sbiaditi sul davanti, erano sufficientemente caldi. Gli scarponcini neri l'avrebbero aiutata ad aggredire il ghiaccio che poteva essersi formato sotto gli strati di neve soffice. La maglia nera a maniche lunghe era perfetta, le permetteva di portare la manica fino a metà palmo, era qualcosa che faceva in modo involontario. Un maglione a maglia larga, grigio, di una tinta molto simile a quella della sua tracolla, l'avrebbe tenuta al caldo senza soffocarla. Infine, a chiudere il tutto, il suo mantello nero. Era lungo fino ai piedi, aveva un cappuccio largo internamente ricoperto di morbido pelo grigio, sul davanti si allacciava con un paio di ganci argentati, ed una volta chiuso avvolgeva quasi completamente la sua figura.
Non c'era più motivo di attendere, lei era pronta, l'ora di incamminarsi era giunta, e nella tracolla c'era tutto. Perfino Fergus aveva dato il suo benestare con i suoi versetti cupi, era un peccato però che non potesse parlare.

Aveva scelto di non essere in anticipo, quel giorno, un po' per evitare di trovarsi di nuovo l'incappucciato davanti, ed un po' perché temeva che arrivare prima l'avrebbe fatta apparire più ansiosa di quanto non fosse. Non le era chiaro cosa ci fosse in ballo, ed ormai era impossibile che quell'appuntamento vertesse solo sulla loro missione. Non credeva più alla vocina gelida che le ricordava quanto lui fosse solamente un Auror, e niente di più. Dopo il Ballo di fine anno, molte delle sue teorie erano andate in fumo, alimentando una speranza ancor più pericolosa e affascinante. L'orologio da polso, ideato ovviamente da John, i cui ingranaggi erano ben visibili, come piaceva a lei, segnò le quindici e venticinque, quando la Tassa mise piede all'inizio del viale del Villaggio. Avrebbe dovuto percorrerlo tutto prima di arrivare dove le era stato indicato. La viuzza era abbastanza affollata, ma non tanto da metterla a disagio. Il controllo che aveva esercitato fino a quel momento, per impedirsi di passare tutto il viaggio a rimuginare su ogni singolo attimo passato, venne meno quando giunse alla fine dei negozi. Senza contare la parentesi del Pirata e della Principessa, erano passati mesi dall'ultima volta che si erano visti ed avevano parlato per davvero. Le metafore del ballo l'avevano indubbiamente incantata, per non parlare della risposta che era stata finalmente sul punto di avere, ma vederlo fermo, in attesa, a solo alcuni metri da lei, fece tremare il suo giovane cuore.
Se in parte sperava che lui smettesse di farle quell'effetto, in parte sarebbe rimasta delusa se così non fosse stato. Gli occhi di un verde appena ingrigito in riflesso alle nubi che oscuravano a tratti il sole, non smisero di osservare la figura di Killian farsi sempre più grande. Se poi lui si fosse anche voltato in sua direzione, allora niente avrebbe fermato il sorriso spontaneo che stava solcando le labbra di Amber.
Era felice di poter passare del tempo con lui, fuori dal Castello, lontano da chiunque potesse conoscerla o fosse pronto ad impicciarsi in affari altrui. Non era riuscita ad esprimersi davvero quando si era vista circondata dall'intero corpo studentesco, e non aveva potuto evitare che gli altri iniziassero ad indagare sul suo "misterioso" cavaliere. Allo stesso tempo era anche certa che lui avrebbe riso se avesse saputo come alcune lo avevano definito. Ma niente le importava più di quel momento, avevano davanti un pomeriggio e Killian si era vestito da incognita per l'occasione, attirando la sua attenzione più di quanto non avesse fatto fino ad allora. Cercando di contenere il suo entusiasmo, lo raggiunse, senza correre e senza fretta.
Si fermò esattamente di fronte a lui, ad appena più di un metro di distanza. Aveva pensato a come salutarlo più o meno per tutto il tragitto, dall'inchino che poteva richiamare al ballo, ad un semplice "ciao", ma niente le era sembrato giusto.
Si tolse con delicatezza il cappuccio, mostrando le falangi appena più arrossate, era impossibile che lei non avesse le mani gelide in inverno, per non parlare della punta del naso, altrettanto arrossata. Se fosse stata in silenzio ancora a lungo la situazione sarebbe precipitata, ma lei era certa di aver la frase ad effetto migliore, d'altronde... aveva imparato dal maestro.
« Aspetti qualcuno? »

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Edited by ˜Serenitÿ - 7/2/2017, 11:54
 
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Killian non soffriva di solitudine, o almeno non ne aveva mai avuto la sensazione. Era stato un tipo abbastanza schivo sin dalla giovane età e persino ad Hogwarts la cerchia delle persone che poteva definire amiche si erano sempre contate sulle dita di una mano. Aveva viaggiato a lungo, da solo. E non era impazzito, almeno fino a prova contraria. Ma da quando era tornato a Londra a condurre una vita più o meno normale, era come se una nuova esigenza stesse nascendo in lui forte di tutti gli anni che era stata repressa. Il bisogno di relazionarsi con qualcun altro che non fossero i suoi pensieri, che non avesse i suoi modi. Che non fosse lui e la sua coscienza.
L'ennesima fitta fastidiosa lo colpì mentre con il naso all'insù osservava il placido cielo sgombro di nuvole: quello che aveva programmato per il pomeriggio non era solo un metodo per alleviare e rimandare le fatiche del poi, non era strettamente connesso al "bene" della ragazza. Forse, in una visione forse un po' troppo severa, era un qualcosa che aveva progettato per sè, per un suo desiderio. Difficile era accettare un possibile lato così egoista della propria persona, soprattutto Killian che si riconosceva mille difetti tranne quello di sfruttare le persone per i propri fini.
Colpevole.
Era dannatamente e irrimediabilmente colpevole di voler passare del tempo con Amber come Killian Resween e non come l'Auror arruolato per risolvere i suoi drammi familiari.
Ne ebbe la più piena e incontestabile consapevolezza quando gli occhi nuvolosi lasciarono quel cielo di fine Gennaio per controllare la situazione circostante e si ritrovarono la giovane Tassorosso difronte, poco distante.
Sorrise appena, come se la felicità per quell'arrivo dovesse lottare per emergere contro la sua espressione seria causata da tutte quelle paranoie. Ma era evidente che piano piano stava vincendo, aiutata dall'altrettanto divertita espressione della piccola e dalle sue parole provocatorie (come potevano non esserlo dato che tempo è tempo fa erano appartenute a lui?).
Non l'aveva sentita arrivare, troppo immerso nella sua auto-colpevolizzazione, neppure se la neve caduta da poco scricchiolava lievemente ad ogni passo.
Leggerezza, era questo che Amber gli comunicava con il suo aspetto delicato, fragile e fresca come un fiocco di neve. E anche il peso che gravava sulla sua coscienza parve d'un tratto farsi meno opprimente: per un giorno, per quel giorno, avrebbe considerato lecito rubarle qualche ora.
Decise di non muoversi dalla sua posizione appoggiata alla staccionata, come se realmente il suo arrivo non fosse quello che stava attendendo. A maggior ragione, le sue labbra storte in un sorriso obliquo si aprirono per lasciar andare un casuale:


"Si, tra poco dovrebbe arrivare l'insegnante di musica più costosa d'Inghilterra"

Non sarebbe stato lui ad interrompere il gioco di citazioni con la quale la biondina aveva deciso di salutarlo, riprendendo il titolo che lei stessa si era data nella lettera nascosta sotto il giaccone del Resween.
Inevitabilmente, non potè che squadrarla un po': doveva capire se i suoi comandi autoritari più che consigli erano stati ascoltati. Sembrava essere al caldo, nonostante i buffi arrossamenti che colpivano chiunque in quel periodo. Bene, anche quell' "ostacolo" sembrava essere superato.
Eppure non si mosse, appoggiato ancora al legno che delimitava il niente ricoperto di neve dal nulla candido e bianco. Sapeva che in quel periodo stare all'aperto era una gara in velocità contro il sole, ma c'era qualcosa, una domanda, che non poteva ignorare. E così come era abituato a fare, con tranquillità e semplicità, chiese:


"Sei arrabbiata?"

Non aveva specificato con chi, anche se era ovvio che non potesse trattarsi di altri se non di lui. Non aveva detto nemmeno per cosa e qui la situazione era più complicata. C'erano molteplici motivi per cui la Tassina avrebbe potuto avercela con lui. Innanzitutto perché al Ballo se ne era andato via senza salutarla "correttamente", non ascoltando la richiesta che lei gli aveva fatto di aspettarla. Poi non aveva rispettato i tempi convenuti, facendosi vivo lui per primo, mandandole una lettera che per giunta non chiariva affatto le cose ma, se possibile, le rendeva ancora più complicate e misteriose. Le aveva dato degli ordini senza senza dare spiegazioni, aveva deciso il dove e il quando e l'aveva costretta ad uscire dal Castello in un freddo week end.

Beh. Era senza dubbio una domanda lecita.

Ebbe la netta sensazione che non sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe pronunciato quelle parole davanti allo sguardo disarmante di un verde sempre più significativo.


Edited by Killian Resween - 7/2/2017, 23:34
 
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view post Posted on 8/2/2017, 11:58
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Non aveva più voglia di nascondersi, non quando gli stava davanti. Aveva passato mesi interi rilegando quelli che potevano essere i suoi sentimenti, negli angoli più profondi della sua anima, facendo sì che nessuno potesse vederli.. ma quando Killian aveva fatto la sua comparsa al ballo, aveva mandato a monte ogni piano di segretezza. Ma lo aveva fatto in un modo così sfrontatamente elegante, da spiazzarla. E quando le aveva chiesto quell'appuntamento aveva indubbiamente colpito nel segno, facendo crollare anche quel nuovo muro andato a crearsi, e costringendola ad evitare ancora di più gli sguardi dei curiosi.
Sembrava che l'unica cura per il conflitto interiore che viveva ogni giorno, fosse lì davanti a lei, nella veste di Ragazzo, prima che di un Auror. Le era bastato arrivargli vicino per sentirsi, in parte, nel posto giusto. Nella sua mente erano passati secoli dal primo approccio a Diagon Alley, ma per quanto avesse rimpianto i suoi modi, erano proprio quelli ad averla portata dove si trovava in quel momento. Il filo conduttore dell'ironia li stava ormai legando in modo indissolubile, tramite quelle citazioni delle quali solo loro potevano capire il senso. Vedere il primo risultato, quel sorriso anche solo accennato, la mise tranquilla, calmando un po' il tremolio in agguato da quando aveva messo piede in Villaggio. Era ancora difficile sostenere il livello di un maestro che dell'ironia aveva fatto un vanto, lui alzava indubbiamente l'asticella, ma Amber sperava di poter almeno vantare una certa bravura. Accusando il "colpo" a dovere, Killian proseguì sul piano dei ricordi, citando una frase che la Tassa aveva scritto nella lettera di risposta. Dovette dar ulteriore sfoggio di un certo autocontrollo per non sentirsi lusingata dal fatto di non essere l'unica ad aver imparato a memoria quei pochi testi. Non volendo essere da meno, assunse l'espressione più innocente ed innocua che potesse avere in repertorio.
« Beh, spero non ti dispiaccia se aspetto con te. In caso dimmi se vedi qualcuno che sia.. aspetta, com'era? Ah.. "dannatamente irresistibile" » Rivolse il suo sguardo più noncurante alla neve oltre lo steccato. Avrebbe voluto appoggiarvisi con i gomiti, ma era troppo umido ed in parte temeva di scivolare, oltre che di rovinare il mantello. Fingere di non ricordarsi le esatte parole di Killian le permise di imprimere un tono ben più profondo all'ultima parte della frase. Aveva citato la parte che più l'aveva impressionata di quella seconda lettera, e lo aveva fatto perché, almeno in parte, era un'affermazione vera. Forse Amber non avrebbe mai usato quelle parole e non lo avrebbe mai detto in quel modo, - ed ancora meno ad alta voce - ma che lui fosse attraente era fuori discussione, solo che cercava di non pensarci troppo.
Di argomenti di cui parlare ce n'erano parecchi, dalla curiosità che lei aveva di scoprire quali informazioni lui avesse raccolto, al desiderio di svelare quanto invece lei avesse scoperto e, nel mezzo, tutto quanto era accaduto in quei mesi. L'unico argomento che davvero la biondina temeva di tirar fuori, era quello del Ballo di fine anno. Persefone Bennet aveva interrotto uno dei momenti più delicati di quella serata e qualcosa in quel frangente si era infranto. Non credeva possibile il poter tornare in quell'esatto punto e riprendere il discorso da lì, perché credeva di aver intuito che si trattasse solo di una parentesi. Fino a prova certa del contrario, non avrebbe insistito.


"Sei arrabbiata?"
Seguendo la sua voce, tornò a guardarlo, incapace di dare una risposta su due piedi. Non capiva esattamente il perché dovesse essere arrabbiata con lui, nonostante alcuni motivi potessero essere validi. Certo lui aveva sconvolto il ritmo, cambiato i tempi, aveva preso in mano le redini di tutta la faccenda e l'aveva trascinata fin lì senza una spiegazione, o almeno senza altro che un indizio molto vago. Doveva essere arrabbiata per quelle ragioni? Inclinò appena la testa mentre l'espressione serena si fece invece pensierosa. Era forse sbagliato non dirgli niente? Forse doveva davvero avercela con lui. Però no, non si sentiva in collera, non con Killian. Le aveva permesso di comprendere altri lati del suo carattere e confermare che, a livello di indipendenza, erano molto simili. « No » rispose infine, seria e sincera, non senza sentire invece una fitta allo stomaco, di conseguenza. Lei si sentiva in colpa, perché aveva reso noto che aveva concluso il suo compito, eppure non gli aveva scritto. Aveva rimuginato su quello per tutto il tempo, sentendosi a tratti uno schifo. « ... ma temevo lo fossi tu. » e nell'esprimere quel suo dubbio, il suo sguardo si abbassò appena. Senza nemmeno rendersene conto si mordicchiò il labbro cercando di contenere un piccolo fiume di parole che invece non venne minimamente frenato da quel gesto. Doveva togliersi quel dubbio, o almeno toglierlo a lui. Per quale ragione fosse così in portante, non lo sapeva, sentiva solo di doverlo fare. «Questi mesi sono stati complicati e..fin troppo lunghi. Ma se non lo avessi fatto tu, a breve lo avrei fatto io.». Intendeva ovviamente l'invio di una lettera, che per altro portava nella sua tracolla e che a lui non era mai arrivata. Era certa che avrebbe capito. Sperò realmente che quel suo brevissimo appunto non la mettesse in una situazione ancora peggiore. Solo in quel momento, alzando di nuovo lo sguardo verso di lui, si rese conto di quanto volesse raccontargli tutto quello che le era accaduto, di quanto volesse parlare dopo mesi di silenzio forzato. Non aveva dimenticato di quanto complesso sarebbe stato il passaggio successivo, di quanto male avrebbe potuto fare riesumare i ricordi di Eveline, ma lui le aveva promesso che avrebbero combattuto assieme e per un attimo lei credette sul serio in quelle parole, convinta ancor di più di potersi fidare e di poter avere tempo per ogni cosa. Ora la parola spettava a lui, lei era arrivata, non era sul piede di guerra ed era pronta a tutto, più o meno.

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view post Posted on 9/2/2017, 12:54
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Gli elementi in contrasto che sembravano essere la regola nelle loro interazioni continuavano a fluire spontaneamente da parole e gesti. Il prendersi non troppo sul serio era forse l'unica cosa che li salvava entrambi dall'imbarazzo, dalla rigidità e forse anche dal dolore celato in ogni passo del percorso che avevano deciso di intraprendere. Killian non era stato sempre così, aveva appreso per imitazione il meccanismo che gli sembrava più congruo alla sua sopravvivenza emotiva e lo applicava così da tanto tempo che ormai gli era naturale.
Ma poteva dire la stessa cosa di Amber? Per quel poco che poteva intuire, probabilmente la piccola non era abituata a concedersi uno spazio impermeabile alle sofferenze e il fatto che con lui fosse così abile nel metterle da parte ( o forse solo nel non manifestarle) era già qualcosa per cui il ragazzo doveva ringraziarla. Lo dimostrò la breve recita della Tassorosso che gli fece scontare una delle solite uscite dell'Auror circa il proprio aspetto. Una piccola risata sincera fece vibrare la sua voce bassa: non le era sfuggito, dunque. La storia del pennuto alle prime armi che decollava sulla sua testa era vera in ogni particolare, ma dubitava che fosse stato un fatto di "attrazione" , a lui però era piaciuto giocarci un po' su. A quanto pare aveva divertito anche la proprietaria che sembrava rivolgergli sguardi sempre più furbi e sempre meno interpretabili con certezza.
E così come quel momento di scherzo era venuto senza troppe pretese, così lo rincorreva un altro che avrebbe potuto costituire un nodo centrale su cui basare tutto l'incontro. Quella domanda posta a bruciapelo era stata un po' retorica. Fin da quando i suoi occhi nuvolosi si era posati per la prima volta su quel volto delicato, aveva capito che la collera non era presente. Però aveva chiesto ugualmente, come se volesse accertarsi che ogni sentimento negativo nei suoi confronti non potesse riaffiorare da un momento all'altro quando l'uomo era meno pronto ad accoglierlo. Il senso di colpevolezza di era affievolito, ma era sempre lì, pronto a ricordargli di non essere proprio in una posizione "intoccabile".
Meno prevedibile era invece la confessione seguente, detta con una serietà tale che anche il viso barbuto del Resween dovette abbandonare la sua solita espressione ammiccante. Visto che il suo intento, a tratti più o meno consapevole, era ignorare per qualche parentesi di tempo il motivo per cui le loro strade si erano incrociate, decise che anche questo discorso rientrava nel "dopo". Non che ci fosse tanto da dire, comunque: non poteva costringere le persone a sentirsi pronte per fare qualcosa. Non lo voleva, anzi. Per questo optò per una taglio netto alla cosa che la tranquillizzasse ma che allo stesso tempo non lo facesse apparire troppo poco desideroso di affrontare gli argomenti seri. Per quanto impegno metteva nel non pensarci, l'idea che Amber si aspettasse solo e soltanto l' Auror pronto ad aiutarla in modo concreto non poteva mai essere definitivamente soppressa, nemmeno quando i comportamenti della giovane potevano fargli sperare che non fosse così.


"Sai che non lo sono, ma ne possiamo riparlare più tardi".

Come lui sapeva che lei non era arrabbiata con lui, Amber sapeva che nemmeno lui poteva essersela presa per quel ritardo non percepito come tale. Ad occhi esterni tutto ciò sarebbe sembrato molto affascinante e degno di stupore, ma a Killian sembrava perfettamente naturale il poter leggere chiaramente nell'altro le cose fondamentali come queste. Era come se fosse tutto compreso nel concetto di fiducia, anche se qualcuno, sempre l'estraneo che li osservava, poteva obiettare che forse era diventato un po' limitativo per quello che si era instaurato tra i due.

Visto che ormai era evidente la sua intenzione di non mettere gli "affari" di lavoro in primo piano, non aveva più senso rimandare i suoi progetti.


"Ho un'altra domanda...", iniziò mentre il ghigno obliquo riprendeva possesso della sua posizione tra la barba del Resween.

Si chinò voltandosi quel poco che bastava per riacciuffare le cose che poco prima aveva fatto cadere dietro le sue gambe. Tese lo spago che li teneva uniti con la mano destra mettendoli in bella vista mentre oscillavano pesantemente al vento. Non lasciavano dubbi su cosa fossero: due coppie di pattini. Le lame dei più grandi, neri, avevano perso parte della loro lucidità ma sembravano essere taglienti come il primo giorno. Gli altri, di un celestino sbiadito, sembravano non essere mai stati usati anche se non era così. Erano in ottime condizioni ed in effetti Killian poteva dire di conservare bene le proprie cose personali (agevolato dal fatto che fossero ben poche). Il suo volto era molto soddisfatto mentre dava voce alla domanda che le aveva anticipato:


"Sai pattinare?"

La guardó attentamente perché voleva davvero capire quale sarebbe stata la sua reazione più immediata e sincera. Stupore, gioia,rabbia? Quella poteva essere l'ennesima prova con cui capire quanto e come poteva prendersi delle libertà di siffatto genere.

L'unica che poteva dare un verdetto capace di condannarlo o scagionarlo dal suo senso di colpa era la biondina davanti a lui. Un potere che pochi potevano vantare di aver avuto con Killian Resween.
 
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La parte più razionale di Amber, aveva già risposto alla domanda, al posto di Killian. No, non era arrabbiato, per quanto potesse averne lo stesso un motivo che lei invece riteneva valido. Era la sua irrazionalità, la sua costante paura di infrangere qualche regola sconosciuta che l'aveva spinta a rigirare la domanda, per la sola necessità che le venisse confermata una sensazione. Forse lui si sarebbe abituato al modo di fare della biondina, o forse no, era troppo presto per dirlo. La certezza però che nessuno dei due avesse qualcosa da recriminare all'altro, le consentì di alzare nuovamente lo sguardo verso l'Auror, senza però perdere di vista la seconda parte di quell'affermazione: " ma ne possiamo riparlare più tardi " . Un punto interrogativo lampeggiò figurativamente sopra la sua testa, mentre cercava un seguito a quella frase negli occhi di chi le stava difronte.
Aveva cercato il più possibile di non fantasticare su quell'appuntamento, di non vederlo come qualcosa più di quanto non potesse essere, di non lasciarsi andare all'idea che si sarebbero di nuovo tenuti per mano o che lui avrebbe riesumato una sguardo simile a quello del Ballo. La paura di poter travisare dei segnali era quanto l'aveva bloccata fino ad allora, permettendole di rinforzare l'immaginaria barriera attorno a.. tutto. Ma le era bastato muovere qualche passo verso di lui, per annullare gli sforzi precedenti. Era come se, senza saperlo, si stesse guadagnando un accesso tutto suo, per quel che era nascosto in bella mostra, dietro la barriera di ghiaccio.
Se voleva rimandare a dopo i dettagli delle loro lettere, e tutto quanto c'era da discutere, a lei stava più che bene ed un lieve cenno con il capo avrebbe permesso anche a lui di capirlo. La missione era importante, scoprire chi aveva ucciso Eveline era essenziale, ma loro erano umani e lei forse si era riscoperta anche più umana del previsto, e l'idea di aver in comune solo la morte della donna, non era più una prospettiva piacevole. Però il punto interrogativo rimaneva... se non voleva parlare subito di quanto era in sospeso tra loro, cosa voleva fare? Prima ancora che la sua mente finisse di formulare quella domanda, il treno dei suoi pensieri minacciò di mettersi in moto con risultati catastrofici fin dal principio per la sua sanità mentale. Fu dunque una fortuna che Killian stesso avesse deciso di non lasciarla a lungo nell'incertezza. Amber attese la seconda domanda con estremo interesse, soprattutto dopo aver notato il cambio di espressione del ragazzo. Quando la guardava in quel modo e tirava fuori quel ghigno, la mandava ai matti, portando il suo livello di curiosità alle stelle. Lo seguì con lo sguardo mentre afferrava qualcosa dietro di sé.
* Fa che non siano fiori * pregò inconsciamente. Non comprese per quale ragione la sua mente le ripropose quell'affermazione, sicuramente era frutto dell'innumerevole serie di romanzi che aveva letto nella sua vita, e se lui avesse realmente estratto dei fiori, lei sarebbe scappata a gambe levate verso il Castello. Ancora una volta però, allegramente inconsapevole di quanto passasse nella mente della biondina, Killian si guadagnò il beneficio del dubbio, presentandole invece due paia di pattini da ghiaccio. D'impatto, senza che lei riuscisse a controllare la sua espressione, un sorriso stupito le deformò dolcemente le labbra. Gli occhi smisero di concentrarsi sul ragazzo, mentre con una mano sfiorò la coppia di pattini più chiara, che sicuramente era lì per lei. Non disse niente, e non per tenerlo sulle spine ma perché non si sarebbe aspettata una proposta come quella. Lo stupore lasciò poi spazio alla felicità, sostituendo l'accennato sorriso con qualcosa di più, coinvolgendo anche lo sguardo, che invece tornò di nuovo verso Killian. Sapeva pattinare?
« Oh.. ehm.. no non l'ho mai fatto » Rispose divertita, ma senza contenere il suo stupore, espresso con quel semplice sussurro che lui conosceva più che bene. Quella si che indubbiamente si era rivelata una sorpresa inaspettata. Generalmente Amber non amava le sorprese, o essere messa in situazioni poco "sicure" per il suo povero orgoglio, e di certo cadere non era nei suoi piani. Ma pur con l'imbarazzo di chi non voleva fare una figuraccia a fare da sfondo, non riuscì a negare il desiderio di affrontare quell'esperimento. Era stata colta di sorpresa, ma stranamente non in senso negativo, in qualche modo era addirittura preoccupata di sembrare sciocca perché non sapeva pattinare, cosa che invece lui probabilmente sapeva fare. Poteva sempre dirgli di no, era in tempo, poteva dirgli un bel " no grazie ", ma sentiva di non volerlo fare. Lui le stava mostrando il suo desiderio di uscire un po' da quelli che erano gli schemi dei loro incontri, di aprire - forse - una nuova parentesi, prima di afforontare altro dolore ed altro lavoro. La stessa sensazione che aveva provato dopo la giravolta, al ballo, tornò a rinvigorirla, e le permise di impacchettare tutto il "dovere" in un angolo della sua mente, ed accettare l'invito senza ulteriori indugi. « Ma c'è sempre una prima volta, no? » Fermò i pattini chiari con entrambe le mani, facendo attenzione a non perderne una prima del tempo. Erano splendidamente affilati ed avevano l'aspetto di vere e proprio armi. Era incredibile, stava davvero accettando di lasciare il suo totale equilibrio in mano a Killian e, forse, non solo figurativamente. Le passò per l'anticamera del suo personale labirinto cerebrale, che quella fosse la "novità" per la quale il ragazzo l'aveva chiamata, ma non aveva abbastanza certezze per lasciare che l'idea entrasse nel profondo e lasciasse il suo indelebile segno. Quel che però era certo, era che avrebbe voluto scoprirlo, perché il dubbio ormai si era insinuato.
Inevitabile, tornò il paragone con il Ballo. Di Killian sapeva poco, conosceva un po' il dolore che aveva mostrato in risposta al suo, per la perdita della madre, ma il resto era un mistero, e dunque Amber avrebbe fatto tesoro di ogni informazione che si sarebbe lasciato sfuggire, volontariamente o meno.
« Quindi non sai solo ballare »
L'affermazione uscì quasi come un sussurro, con un tono più sereno ma indubbiamente sfidante. Si stava mettendo in guai davvero seri, scherzosamente parlando, considerato che probabilmente avrebbe avuto bisogno di lui anche solo per appoggiare entrambi i piedi a terra, ma esigeva di vedere il familiare lampo di interesse passare attraverso gli occhi grigi. Era appena andata contro il suo stesso desiderio di non riportare in auge il ballo, ma il paragone non poteva non rendersi evidente. Con quelle frasi aveva dato il "via libera", aveva deciso di concedere al ragazzo di tenere le redini ancora per un po', permettendogli di proseguire secondo i suoi schemi, ma aggiungendo che lei stessa apprezzava l'idea di staccare da tutto e tutti, fin tanto che fosse possibile.

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Provare soddisfazione per il raggiungimento dei propri obiettivi era qualcosa che Killian provava spesso, forse perché si era autoimposto di non andare troppo in là con la fantasia e di porsi dei propositi che obbiettivamente poteva raggiungere. Stupire qualcuno era senza dubbio una cosa che l’uomo contemplava sempre nei suoi piani: odiava essere monotono e prevedibile. Per questo lo stupore che si dipinse sul visetto bianco arrossato qui e là della biondina provocò in lui un sorriso fiero che stavolta era del tutto incontrollabile e non frutto di una “strategia”. I risultati di quella proposta sarebbero potuti essere catastrofici a partire dal fatto che lei potesse considerarla un’inutile perdita di tempo. E se gli avesse chiesto perché? Probabilmente la risposta di volerla “rilassare” prima di affrontare qualcosa di nuovamente difficile non avrebbe retto a lungo sotto lo sguardo profondo di quegli occhi verdi, così come appariva estremamente debole al suo stesso ideatore. E invece non doveva più preoccuparsi di una reazione simile, potendo bearsi di quel dolce sorriso che le incorniciava le labbra mentre sfiorava quasi timorosa la coppia di pattini destinati a lei. Non erano proprio l’ultimo modello in vendita e non erano nemmeno forniti dei migliori incantesimi per fare salti e giravolte sensazionali, ma sarebbero andati bene comunque, soprattutto quando apprese che Amber non sapeva pattinare. Accolse mentalmente le sue esitazioni con un divertito e forse affettuoso *bentornate* ma l’espressione che invece mostrò all’esterno non era proprio delle più rassicuranti. Quella cosa, che era stata più volte presa in considerazione, lo divertiva da matti, quasi se in fondo ci sperasse. Il loro rapporto non era sempre stato basato sull’esperire cose nuove? Bene, il pattinaggio era parte di queste. L’entusiasmo contenuto nella domanda retorica della piccola diede l’ulteriore conferma al mago che avvolte perdersi in parentesi piacevoli non poteva che avere effetti positivi su chiunque, persino su di una ragazza con più problemi che anni e su di un Auror che usava il suo tempo in modo fin troppo funzionale.

Visto che la Tassorosso si era appropriata della sua coppia, Killian distese il braccio e lasciò penzolare i suoi al fianco mentre si incamminava: il laghetto che ai tempi della scuola e anche dopo usava come pista non era molto distante ma il sentiero era completamente coperto di neve e dovevano farsi strada nel manto bianco e soffice. Sentendosi tirare in ballo le sue doti da ballerino, non potè che ripensare a quanto era successo alla Festa di Fine Anno. In parte, era un ricordo piacevole ma sembrava essere lontanissimo nel tempo e nello spazio. Era strano, come se la sua mente si rifiutasse di classificarlo come un qualcosa di realmente accaduto ma solo una fantasia fin troppo concreta. Visto che quella specie di frecciatina l’aveva così colto sul vivo, mentre avanzavano diede una leggera spintarella alla ragazza con la spalla mettendo già alla prova il suo equilibrio che tra poco avrebbe testato in condizioni ben peggiori. In realtà aveva calibrato bene la forza per non rischiare nulla più di un colpetto: l’ultima cosa che aveva intenzione di fare era vederla sprofondare nella neve e inumidirsi tutti gli abiti…. Per quello ci sarebbe stato il ghiaccio che li attendeva. Per coronare quel gesto scherzoso, decise di iniziare a farla preoccupare, come se volesse spiegare il sorriso furbo e poco rassicurante che dimorava sul suo volto da un po’.


“In realtà non sono tanto bravo a pattinare. Comunque spero di esserlo abbastanza per insegnarti almeno a non cadere…. Tramite l’esperienza”

Quanto si sarebbe allarmata dopo quella affermazione? Continuò a guardare avanti anche se la sua attenzione era tutta rivolta a captare la reazione della Tassina a quelle parole. Voleva lasciarle il dubbio su quanto detto ma allo stesso tempo non voleva un’improvvisa ritirata: i suoi piani per il pomeriggio erano sulla strada perfetta per essere portati a compimento e non vi avrebbe rinunciato facilmente.
Ma il primogenito dei Resween, per quanto potesse lanciare provocazioni anche pungenti, non era così “malvagio” da prolungare troppo una preoccupazione inutile:


“Sono i vecchi pattini di mia sorella: se non si è affievolito con il tempo, dovrebbero avere ancora un incantesimo per impedire storture di caviglie. Ma questo ovviamente è un segreto”


Lasciò cadere quelle brevi frasi come se fossero normalissime, in realtà rivelavano molto su di lui... più di quanto era solito lasciarsi sfuggire. Eppure non c’era cosa che sentiva più doverosa: anche se rimandate a dopo, Amber aveva comunque delle informazioni sulla propria madre conquistate con tanta fatica e dolore che sarebbero state condivise con lui. Che male c’era nel mostrare anche la parte più umana di sé in relazione al rapporto con Persephone? Non doveva certo vergognarsi di essere il fratello protettivo che faceva di nascosto incantesimi sulle cose della sorella.
E poi, infimo come il più sibilante dei serpenti, si era insinuato in lui il fastidio che Amber potesse credere che la presenza di pattini chiaramente da ragazza indicassero una ripetitività di quella proposta con altre persone. Così aveva messo alla porta qualsiasi sospetto. Quando parlava di novità, si riferiva anche ( e soprattutto) a lui.
 
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Poteva dirsi abbonata ormai a quei sorrisi strani che Killian le regalava sempre più spesso e l'ultimo di quelli la convinse una volta di più di aver fatto la cosa giusta, accettando che fosse lui a dettare i termini e le condizioni di quel primo pomeriggio. La confusione che però regnava nella sua mente, era ancora tanta. Amber non capiva esattamente il motivo che poteva spingere l'Auror a voler pattinare... non con tutto quello che avevano in "ballo". Una risposta se l'era comunque dovuta dare, per evitare che quella semplice domanda facessi finire lo spettacolo in anticipo, perché si, lei temeva che chiedere il motivo delle sue azioni avrebbe reso meno significativa l'azione stessa. Questo però non l'aiutava a comprendere, e proprio sulla scia di quel trambusto emotivo, la tassina si diede la spiegazione più fiabesca che poteva trovare: Killian voleva passare del tempo con lei, e basta, senza missioni e senza la pesantezza che la morte di Eveline portava inevitabilmente con sé. Benché in parte quella risposta azzardata la rendesse felice, non avrebbe osato credervi finché non ne avesse avuto la prova. Come poteva averne una prova? Ah, quello non spettava solo a lei deciderlo. E chissà perché l'associazione con quanto lui avrebbe voluto dirle al ballo, venne legata a tutta quella situazione. Non doveva avere fretta.
Tenendo saldamente i pattini chiari con una mano, quella esterna ad entrambi, s'incamminò con lui verso un luogo che non le era minimamente noto. Hogsmeade era un Villaggio che poteva dire di conoscere solo in parte, difficilmente si era soffermata ad esplorarlo a dovere, concentrata com'era su ... altro. E l'ultima volta che ci si era avventurata da sola, aveva scoperto qualcosa che l'aveva segnata nel profondo, tanto che anche quel giorno, tornandoci, con la coda dell'occhio volle accertarsi che non ci fosse nessun tendone in lontananza. In risposta alla sua azzardata e spontanea affermazione sulle doti di Killian come ballerino, la tassina ricevette una lieve spinta di spalla che non fece danni, se non per un sorriso divertito che ne seguì. Piccoli gesti che per lei erano sempre stati difficili da interpretare, quando si trattava di vederli fare ad altri, ma dei quali credeva di conoscere nel profondo il significato, quando era lui a compierli in sua presenza.
Lentamente, il timore che lui si fosse pentito della parentesi del ballo ad Hogwarts, si affievolì.
Se non fosse stato per la rapidità con cui un'affermazione seguì quel gesto, Amber avrebbe afferrato una manciata di neve ed avrebbe iniziato una battaglia che sicuramente avrebbe perso in partenza. L'espressione difficile da definire che deformò il volto del ragazzo la mise sull'attenti, preoccupandola ad un livello tutto nuovo. Le disse di non essere proprio bravo a pattinare e che indubbiamente avrebbe tentato di insegnarle a stare in piedi, cadendo. Lo fissò cercando di percepire almeno una crepa in quella sua affermazione, immaginandosi lunga distesa sul ghiaccio, ma niente lo tradì.
« Killian... » Lo sguardo serio, anche se in qualche modo la sua mente volle suggerirle che non c'era davvero pericolo, si puntò ancora una volta su di lui, mentre la voce della biondina usciva come un monito, quasi volesse avvisarlo fin da subito di non scherzare su una del genere, ma mantenendo un mezzo sorriso incredulo. Fu ancora una volta lui a toglierle il dubbio che egli stesso aveva creato. "... i vecchi pattini di mia sorella"

Il passo della ragazza rallentò appena, mentre lo sguardo cristallino si posava sui pattini. Una sorella, era un'informazione tutta nuova che non impiegò molto a lasciarla senza parole. Quanti anni aveva? Non sapeva nemmeno quanti ne avesse lui, in effetti. Ad occhio le era parso che quel paio di pattini avesse una misura consona al suo piede, che la sorella di Killian avesse la sua età? La crescita di Amber era ferma da qualche anno, ma se erano vecchi e lei non li usava più, nessuno vietava che potesse anche essere più grande di lui. O una gemella? Però non ricordava foto nell'appartamento.. o forse non ci aveva fatto caso fin da subito, dato il proseguo fin troppo intenso di quella serata. Involontariamente quelle domande la isolarono un po' dal contesto e lui stesso non avrebbe fatto fatica a vederla impegnata a lottare contro la propria mente. Le aveva anche detto che vi era impresso un incantesimo che probabilmente l'avrebbe aiutata a non tornare a casa con un arto frantumato, una forma di protezione. Era stato lui a compiere quel gesto? « Li hai incantati tu?.. Spero non si arrabbierà troppo nel sapere che ora li ho in mano io... » rivolse l'ultima considerazione più a se stessa che a Killian, nonostante lo sguardo di nuovo volto ad osservare la strada nevosa sulla quale si erano incamminati, passò prima da lui. Doveva essere cauta, sentiva di doverlo fare, in fondo la famiglia era sempre un argomento delicato e lei poteva dirlo con certezza. Con questo presupposto, non chiese altro a riguardo, temendo di essere già andata oltre il consentito, ripromettendosi magari di indagare con delicatezza, più avanti. Voleva imparare a riconoscere i segnali di Killian, a capire quando poteva avere il via libera per le domande che affollavano insistentemente la sua mente, e quando invece lo stop era ben marcato.

Una cosa positiva che notò presto, di quel percorso, fu il fatto che non c'erano troppe tracce nella neve, quindi probabilmente non stavano andando in un posto troppo affollato. Erano diretti in un luogo nascosto? Un posto che poteva considerarsi privato, per Killian?
Avrebbe dovuto pazientare per avere una risposta a tutto, perché quel giorno si era ripromessa di districare qualche matassa, almeno per non dover impazzire tra riflessione assurde prima di vederlo di nuovo. Faceva fatica a capire se fosse un bene o un male voler conoscere di più l'Auror che senza troppi indugi si era offerto di aiutarla fin da subito. Quel che però poteva riconoscere, era il battito accelerato che immancabilmente si palesava non appena, per sbaglio o per intenzione, i due si avvicinavano "troppo". Era complesso spiegare il senso di mancanza che l'aveva assalita dalla fine dell'estate, ed esporsi non rientrava nelle sue capacità, stava già compiendo un certo sforzo, con il rischio di mettersi in ridicolo per la sua scarsa capacità di pattinare sul ghiaccio. Ma gli sguardi che, sempre più frequente lanciava in direzione del ragazzo, avrebbero avuto voce propria.
Ad ogni modo, lei aveva accettato di sperimentare anche quello sport, ed era quasi convinta che avrebbe trovato anche il modo di divertirsi, superata la paura di fare brutta figura davanti a lui, con il ballo era andata sul sicuro, ma quegli arnesi da ghiaccio erano tutt'altra questione.
« Non sono mai stata da queste parti. »
Aggiunse con tranquillità ed una nota di curiosità, mentre continuava a guardarsi attorno in attesa di vedere il punto d'arrivo di quella passeggiata nella neve.
La scelta degli scarponcini era stata perfetta, erano abbastanza spessi da proteggere i suoi piedi dal gelo e dall'umido che il manto soffice portava con sé.



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L’ammissione di non essere un fenomeno sul ghiaccio non gli era costata cara, soprattutto perché l’aveva utilizzata per far preoccupare un pochino Amber e scherzare con lei. Diciamo che quando ne aveva l’occasione riusciva a godersi i momenti in cui il suo corpo sfrecciava quasi senza ingombro sulla lastra liscia senza dover stare troppo attento a non fare movimenti pericolosi che rischiavano di farlo cadere. Ma sarebbe riuscito a fare lo stesso con la ragazza che era alle primissime armi? Non poteva garantirlo ma questo non lo spaventava affatto, era quel pizzico di sfida in più che non poteva che fare bene. Lo sguardo quasi spaventato che lei gli rivolse insieme a quel mezzo avvertimento espresso nel nominare il suo nome però lasciava trapelare un sorrisetto comunque divertito che forse poteva far intendere che la pensasse allo stesso modo. Certo, stare perennemente al suolo non rientrava tra gli obiettivi che l’Auror si era posto per il pomeriggio, ma divertirsi un po’ lasciando i problemi al margine della pista da pattinaggio poteva dirsi ormai una delle sue missioni più impellenti.
E poi aveva fatto il vago, ma sapeva perfettamente che l’incantesimo a cui aveva accennato era ancora valido sui pattini azzurrini che aveva portato per lei. Oltre a questo però, la sua frase lasciata cadere quasi casualmente aveva toccato un tasto che effettivamente non poteva passare inosservato. Ma era giusto così, visto che lo aveva voluto lui aspettandosi di tutto, dalle mille domande a un silenzio sconcertato. La Tassorosso lo stupì ancora, mantenendosi lontana dagli estremi ma palesando la sua curiosità. La vide rallentare appena il passo e prima che le sue falcate decise lo allontanassero troppo si girò lievemente per guardarla e dalla sua espressione capì immediatamente che qualcosa ronzava furiosamente nella sua testolina bionda. Sorrise a quella visione notando quanta concentrazione stava dedicando alla ricerca delle parole giuste, con il viso arrossato sulle gote e sulla punta del naso che le donava un aspetto buffo ma allo stesso tempo…Killian faticava a trovare un aggettivo adatto, ma era comunque qualcosa di gradevole. Piacevole. Bello.
Alla fine la voce sottile della piccola sovrastò quello costante dei loro passi sulla neve fresca e l’uomo fu salvo da quei ragionamenti improvvisi che l’avevano colto in modo sleale quando meno se lo aspettava. La prima reazione del mago fu quella di ridere. Non in modo sardonico o ironico. Era puro divertimento concentrato in una breve ma forte risata. Ovviamente si era preoccupata per come avrebbe potuto reagire Persephone sapendo quello che aveva fatto: poteva essere altrimenti? Avrebbe dovuto prevederlo, infondo la piccola si era sempre dimostrata molto più interessata a non recar danno agli altri piuttosto che a se stessa, ma questa volta non doveva pensare ad altro che al suo benessere tramite uno sprazzo di pomeriggio spensierato. Per questo il Resween con la voce ancora avvolta nell’ultimo strascico di risate rispose:


“Si,li ho incantati io di nascosto: Persephone è molto orgogliosa. Ma sono sicuro che anche se dovesse venirlo a sapere- e non vedo come- non la smetterebbe più di ridere. Direbbe sicuramente che uso le sue cose per rimorchiare”.

Ne era così convinto che non aveva avuto bisogno di aggiungere altro, nemmeno un’espressione troppo seria per avvalorare la sua tesi. Quello che aveva detto era fin troppo vero e lui lo sapeva bene: poteva sentire la voce frizzante di sua sorella canzonarlo con quell’ “accusa” come se fosse proprio lì dietro le sue spalle. Come a voler spiegare il tutto, alzò le spalle mormorando più a se stesso che alla giovane affianco:

“Che ci vuoi fare, le sorelle minori sono così”.

Ed ecco che, di nuovo con una leggerezza allarmante, aveva fornito un’altra informazione preziosa. Killian era abbastanza intelligente da immaginare che quella era stata una delle prime domande che avevano occupato i pensieri di Amber e senza bisogno che lei trovasse il modo e le parole per esprimere i suoi dubbi, il ragazzo aveva deciso che si meritava una risposta altrettanto semplice. I suoi occhi nuvolosi ben diversi dal cielo limpido che li sovrastava intanto la spiavano di nascosto, valutando quanto quella graduale somministrazione di fatti personali sul suo conto la infastidivano o la interessavano. Infatti non era scontato che lei fosse pronta a ricevere quelle piccole gocce del mare che una persona costituisce con la sua storia e il suo essere: quello era il modo più rapido ed indolore per scoprirlo. Il fatto che per Killian non fosse vissuto come un obbligo ma come qualcosa che si sentiva pronto a fare rendeva tutto molto più semplice, più naturale. Ed era certamente merito anche della Tassina che senza esagerare poteva considerare quelle rivelazioni così personali un premio che ben pochi avevano ricevuto.

Nel frattempo, erano arrivati nei pressi di un boschetto che si vedeva pure dal villaggio: anche se non ci tornava da molto, Killian riconobbe come familiari quel groviglio inizialmente non molto intenso di piante sempreverdi e altre più spoglie e malinconiche. Il laghetto che avevano come meta era appena dopo la prima barriera apparente di alberi ancora radi: dopo pochi passi la sua superficie lucente fu ben visibile. Non era grandissimo ma per un insegnate e la sua allieva che metteva per la prima volta piede sul ghiaccio sarebbe stato più che sufficiente. Rispondendo all’affermazione della biondina, il ragazzo si fermò a qualche metro dalla lastra scivolosa e confermò:


“Si, anche ai miei tempi non era molto conosciuto come posto. Ecco, ora che ho usato questa espressione mi sento vecchio”.

Si lamentò scherzosamente riferendosi ovviamente a quel “ai miei tempi” di troppo nel suo discorso. Faceva uno strano effetto, ma era così: il tempo della scuola per lui era passato da un pezzo. Si chiese se quel breve discorso avrebbe potuto far riaccendere la domanda sull’età che era stata lasciata in sospeso l’ultima volta. L’idea di un nuovo “attacco” da parte della giovane lo stuzzicava, ma lui era stato abbastanza chiaro: gli avrebbe risposto solo sapendo il motivo vero per cui le interessava . A quel punto non poteva davvero dedurre chi desiderasse di più trovare una risposta alla propria curiosità.
Ma ora erano lì, con i pattini in mano e uno specchio di ghiaccio davanti che poco rifletteva. La guardò con fare interrogativo. E ora? Lui aveva condotto le danze fino a quel momento, ma qualsiasi ballerino aveva bisogno del supporto e del sostegno della sua dama.
 
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Amber aveva già stabilito, per una sua personale inclinazione, che non avrebbe indagato troppo direttamente sulla famiglia di Killian. Era riuscita a capire che l'Auror era ormai abile a schivare le domande più complesse e deviare l'attenzione da quelle "pericolose". Che poi si volesse o meno dire a voce alta quali fossero, era un'altra storia. La certezza, benché nessuno dei due la possedesse davvero, era che entrambi erano in grado di cogliere quasi tutto quanto non veniva realmente espresso. Per un istante, la sua mente fatalista e volta più al pessimismo, la portò a chiedersi se la ragazzina che possedeva quei pattini, fosse morta. Abituata al dolore più che alla gioia, avrebbe forse affrontato con maggior sicurezza quella situazione, piuttosto di trovarsi a reagire in modo genuino alla vera risposta che ricevette. Il fratello premuroso che aveva immaginato albergare in Killian, venne fuori con una naturalezza disarmante, confermando quanto la Tassa aveva già compreso. L'incantesimo che - forse - ancora agiva su quei pattini, era stato castato proprio da lui, che probabilmente non voleva che la sorella si facesse troppo male. Era un pensiero.. dolce. Non avrebbe saputo come altro definirlo, ma quella consapevolezza la fece sorridere con dolcezza, mentre riprendeva a camminare con più sicurezza. Fu in realtà la seconda parte della frase a farla avvampare leggermente più del dovuto, attivando nuovamente il suo lato più razionale. Era possibile che quello fosse un appuntamento in piena regola? Aveva creduto che fosse impossibile che tutto fosse totalmente focalizzato a risolvere la sua personale "questione familiare", ma non aveva minimamente valutato che questa potesse non essere minimamente presente. Ma soprattutto, stava usando le cose della sorella per rimorchiare? Non era poi una probabilità tanto assurda, e più camminava in quel boschetto e più si rendeva conto di quanto potesse divenir concreta. Lo sguardo indagatore, di un verde appena schiarito dalla neve che regnava incontrastata attorno a loro, pose la vera domanda. *Ed ha ragione?*. Ma non ci furono parole a confermare, solo lo sguardo. Lui avrebbe potuto intendere o meno, ed Amber non avrebbe però mai espresso ad alta voce quel pensiero, sempre per evitare che categorizzare quella cosa, rischiasse di rovinarla. Proseguire nell'incertezza non era quanto di più incline ci fosse al suo spirito, ma era comunque intrigante ed indubbiamente l'attraeva più di quanto avrebbe fatto, il sapere tutto subito. « Dovrò crederti sulla parola, allora. » aggiunse, non avendo fratelli o sorelle non avrebbe saputo paragonare quel rapporto accennato appena a quello che lei stessa poteva avere con qualche altro parente. Però Persephone era più piccola di lui, altra informazione utile.. a creare altre piccole ed infime paranoie, sottili come fogli di pergamena raffinata. E se lui l'avesse paragonata a lei? Se avesse scelto di fare di Amber una specie di sorella adottiva da proteggere? Correva troppo, e lo sapeva, ma non poteva più escludere che ci fosse anche quella possibilità. « Persephone è un bel nome. » Rifletté, quasi sottovoce, mentre il boschetto si faceva appena più fitto, e la meta - per lei ancora sconosciuta - era ormai a due passi. Aveva studiato il mito di Persephone ed Ade, ed era sempre stata realmente attratta dal nome di quella ragazza oltre che da quello che era divenuto, nella leggenda, il suo destino. Sei mesi all'Inferno con Ade, e sei mesi sulla Terra, per il resto dei tempi.

Superato un groviglio di rami, la destinazione divenne visibile. Uno specchio d'acqua gelata, piccolo ed avvolto nel silenzio del boschetto, si mostrò in tutta la sua bellezza, lasciando la biondina in silenzio. Silenzio contemplativo, che per poco non le fece perdere il suo compagno di avventure che si dava del vecchio. Fece giusto in tempo a trattenere una domanda spontanea, che una seconda volta era pronta a varcare la soglia delle sua labbra: Quanti anni hai, Killian?
Ricordava esattamente, come fosse accaduto il giorno prima, per quale ragione quell'informazione non fosse ancora in sui possesso. Già, perché Amber voleva saperlo? Cosa avrebbe cambiato conoscere l'età di Killian? Il suo cuore avrebbe smesso di agitarsi come un pazzo? I suoi occhi avrebbero smesso di cercare ogni piccola sfumatura d'espressione? Sarebbe stata meno felice di passare del tempo con lui? Avrebbe smesso di tremare per ogni minimo passo più "azzardato"?.. Probabilmente no. Eppure sentiva l'assurda necessità di poter dare un numero alla distanza d'età che, benché non opprimente, li separava. Rivolgendogli quindi solo un'espressione totalmente indecifrabile, la biondina gli si fermò accanto, concedendosi di contemplare quel posto, mostrando quanto potesse essere felice di trovarsi in un luogo isolato, e conosciuto a pochi.
« E' piccolo.. e intimo. Mi piace. Sono contenta che non ci sia nessuno tranne noi.» Rispose ad una domanda che non era nemmeno stata posta, in qualche modo però immaginava che lui volesse avere una sua opinione, così come l'aveva voluta per l'appartamento di Londra. Il tono con cui definì quel luogo, era dei più gentili che avesse in repertorio, per lei il fatto che qualcosa fosse "intimo" e relativamente privato, era estremamente positivo, e nemmeno Killian, quella volta, avrebbe fatto fatica a decifrare l'espressione della Tassorosso. Rivolgendogli un sorriso sincero e carico di quella gratitudine che non poteva non provare, accolse la domanda tacita dell'Auror, lasciando che elaborasse da solo quell'inconsapevole confessione. Probabilmente toccava a lei ora indicare il passo successivo, era pronta ad affrontare quella distesa di ghiaccio - solo apparentemente - innocua? Si slacciò lentamente il mantello, che avrebbe ingombrato un po' troppo, lo avvolse appena e lo appoggiò nell'incavo del tronco a lei più vicino, prima di poggiarvisi per sfilarsi gli scarponi ed indossare i pattini. La massa sciolta di capelli biondi andò a coprirle il volto per tutto il processo, sfiorando a tratti i lacci. Quando si definì soddisfatta dell'operato, avendo stretto al punto giusto le spighette, alzò lo sguardo e tornò a reggersi in piedi, ad un paio di passi nella neve dal ghiaccio. Almeno sarebbe arrivata in piedi fino al bordo.
« Ok, maestro , è più difficile che suonare una Cornamusa?» chiese indicando i pattini che aveva ai piedi, e poi il laghetto ghiacciato. Il sorriso divertito che ne seguì, scacciò via l'imminente paranoia che la portava a non muovere un singolo passo. Era con lui, e le sarebbe bastato concentrarsi un po' di più su quegli occhi grigi per allungare eventualmente una mano verso Killian, e lasciare che l'Auror comprendesse da sé il livello di fiducia raggiunto. La gelida mano, tesa, avrebbe poi rapito la sua attenzione, il contatto - forse - imminente avrebbe potuto dare una svolta a quella giornata, rendere reale quel momento, e toglierle la voglia di indagare su altri mille "perché", almeno per un po'.

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Edited by ˜Serenitÿ - 13/2/2017, 22:11
 
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Forse non era del tutto vera la convinzione di Killian di detenere un pieno controllo delle frasi che formulava. Aveva sempre creduto, forse anche con un certo vanto, che nulla uscisse dalla propria bocca senza che non fosse stata accuratamente esaminata dalla propria ragione e dalla propria volontà, così che sempre poteva dirsi pronto ad essere responsabile di quello che diceva. E invece aveva appena dimostrato che non era sempre così: erano delle eccezioni, certo, ma avvolte nemmeno lui poteva prevedere tutti i significati delle parole che usava. “Rimorchiare” era stata esattamente la parola che voleva usare per essere fedele a ciò che avrebbe esclamato sua sorella, ma la reazione della ragazza lo fece ragionare un po’ meglio su cosa un’affermazione del genere comportasse. Ovviamente stava scherzando, Persephone avrebbe interpretato quella situazione nel modo in cui le sorelle minori adorano fantasticare ma non voleva dire che corrispondesse alla realtà! Vide lo sguardo di Amber vagare sospetto forse cercando proprio una conferma o una smentita. Killian si agitò. Si. Il discorso gli era sfuggito di mano come pochissime volte gli era capitato e ciò era ben comprensibile dal modo con cui si affaccendò a chiarire, perdendo in parte quella sicurezza spigliata che aveva sempre in una conversazione.

“Oh, ma non è certo vero! Non fraintendere!”

Ecco. Aveva risolto subito. Ma era proprio sicuro di non essere passato dal calderone alla brace? I suoi occhi grigi si aprirono su una disarmante verità: quell’argomento era più delicato ed incerto di quanto avesse mai pensato. L’Auror non voleva che la piccola pensasse che quello era un modo per “rimorchiarla” ma allo stesso tempo non voleva nascondere che sì, quel primo pomeriggio era stato programmato per colpirla. Ma non c’erano vie di mezzo, solo l’abilità oratoria del mago che poteva salvarlo o invischiarlo ancora di più in quel pasticcio di parole. Provò a spiegarsi meglio, riacquisendo le redini del suo solito modo di fare così che la sua voce calma pronunciò la frase definitiva al riguardo con il solito sorrisetto di chi la sa lunga:

“Insomma, puoi stare tranquilla: non ho quel genere di cattive intenzioni …”

Le sue intenzioni non erano sicuramente malvagie, ma per chiarire avrebbero dovuto fare un lungo e approfondito discorso che sicuramente nessuno dei due era nelle condizioni mentali di affrontare. Sperando di aver messo un punto a quella parentesi tutt’altro che semplice, decise che passare a parlare del nome di sua sorella era decisamente meno impegnativo (e almeno non rischiava di lasciarsi sfuggire cose senza ragionare).

“L’ho scelto io e per fortuna piace anche a lei. Altrimenti avrei avuto questo terribile peso sulla coscienza”

Sorrise divertito, ma non poteva aggiungere altro: non si ricordava affatto come mai la scelta era ricaduta su quel nome piuttosto inusuale. Essendo un bambino ai tempi, poteva aver preso ispirazione da tutto. Così come l’idea per quell’avventura gli era venuta correndo in un parco imbiancato dai primi fiocchi di neve. Ora che erano arrivati a quel laghetto a lui noto gli anni sembravano essersi bloccati. Era tutto identico, la superficie presentava anche dei tagli intrecciati segno che qualcun altro lo aveva sfruttato in precedenza: era come se ci fosse stato lui il giorno prima. Sentì la voce sottile della ragazza approvare la loro pista personale e un piccolo sorriso storto e fiero attraversò le sue labbra. Piccolo, intimo, nessuno tranne ,loro. Era la descrizione perfetta di quello che lui aveva immaginato e che si stava per realizzare. Capiva perfettamente che quel bisogno di solitudine scaturiva sia dal fatto che in seguito avrebbero dovuto parlare di cose serie e segrete sia dal suo essere principiante: avrebbe dato fastidio anche a lui insegnare in un laghetto stracolmo di ragazzini che sfrecciava a destra e a sinistra. Ancora una volta quel piccolo sprazzo di foresta non lo aveva deluso così come non lo aveva fatto con Amber che subito dopo mostrò grande e inaspettata iniziativa. Colpito da quella voglia di mettersi alla prova, la osservò prepararsi per la sfida che le aveva proposto e ridendo le disse:

“Ei ma quanta fretta!”, ma poi notando che si era tolta il mantello senza pensarci troppo propose: “Sei sicura di non sentir freddo così? Se vuoi ti do il mio giacchetto, ci potresti entrare due volte ma almeno non impiccia come il mantello”

Era tutto logico, no? La richiesta chiara di essere calda e comoda era stata rispettata in parte e non voleva che le sue idee mietessero vittime per il freddo. Lui infatti si era munito più che bene contro il gelo e avrebbe potuto fare a meno dello strato più esterno. Visto che aveva fatto una proposta seria, non poteva proprio rinunciare a punzecchiarla un po’:

“Visto che già è molto probabile che sarai sempre con il sedere a terra da sola, è meglio evitare che i brividi ti facciano perdere l’equilibrio. Perché si: è estremamente più difficile che suonare la cornamusa”


Come poteva dirlo lui che non aveva mai preso in mano quello strumento? Immaginava che per quanto suonare fosse complesso, almeno non si rischiava di fare delle belle cadute scenografiche. Potevano confessarselo: non aveva iniziato nel migliore dei modi per essere un buon maestro, ma sperava che Amber glielo avesse perdonato.
 
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La via di mezzo sembrava una metafora lontana. L'equilibrio che tanto riteneva di poter avere, era svanito nel nulla nell'esatto momento in cui aveva di nuovo incontrato Killian. Come fumo da un calderone, si era sollevato era evaporato e non ve n'era traccia. La prima cosa che le fece capire di dover mettere un freno all'impulsività, fu anche la prima che iniziò ad indirizzarla verso la dolce strada della pazzia. Non era riuscita a contenere il suo sguardo indagatore, puro come poche altre cose al mondo, e puntarlo direttamente lì dove la frase dell'Auror aveva creato una pericolosa ambiguità. "Rimorchiare" era la parola che aveva dato il via a tutto quel piccolo teatrino. Ad occhio esterno tutto sarebbe sembrato normale, tra due innamorati, o aspiranti tali, ma loro lo erano? Amber non osava minimamente lasciare che quel pensiero corresse libero nella sua giovane mente, e scivolasse attraverso le vene portanti fino a raggiungere il cuore. No, lei non poteva permettersi di viaggiare così tanto con l'immaginazione, ma quello che Killian disse ed il modo in cui lo fece, mandarono in tilt la biondina, che dovette fare del suo meglio per nascondere l'assurda combinazione di emozioni che aveva provato. Non ricordava di averlo mai visto così in difficoltà, senza una risposta pronta che fosse subito esaustiva. Stava involontariamente aggiungendo benzina ad una fiammella in via di espansione, e non era un bene. "Non fraintendere", temeva che lei potesse fraintendere? E cosa sarebbe successo se Amber avesse davvero creduto che lui avesse solo quel fine? Lui non lo poteva sapere, ma lei era certa che difficilmente sarebbe riuscita a respirare adeguatamente dopo una scoperta simile. Poteva sentire la familiare sensazione febbricitante, prepararsi in agguato, pronta a colpirla al minimo segno di debolezza o cedimento. Per un infinitesimale attimo, pensò che forse non fosse stata un'ottima idea, accettare di presentarsi lì e seguire le sue indicazioni. Come una lama pronta a trafiggere quella che potremmo identificare come : speranza, la seconda negazione, colpì. Oh la centrò in pieno petto senza che nemmeno fosse pronta a rispondere, e lo sguardo che fu costretta a nascondere si rivelò alquanto preoccupante. Il cuore mancò un battito quasi in contemporanea, mentre lei evitava accuratamente di dire qualunque cosa le passasse per la mente, per non peggiorare la situazione ancora di più, per non esporsi per prima. Killian le piaceva, e perfino un cieco in quel bosco avrebbe potuto iniziare a comprenderlo, ma vivere in prima persona quei sentimenti era tutt'altra cosa, e molto probabilmente lei sarebbe stata capace di negare anche davanti alla verità. Tenne per sé tutto, rimandando la comprensione di quelle smentite al famoso " dopo ". Aveva fatto di tutto per non illudersi, ma già quando aveva ripreso Eloise per la sua curiosità, si era resa conto di quanto fosse complesso tenere l'Auror fuori dalla barriera di vetro che negli anni aveva costruito.

Deviò ogni attenzione alla comprensione successiva, quando le venne rivelato che il nome della sorella era stato scelto proprio da lui. Avrebbe voluto dirgli che aveva un buon gusto, ma rimase in silenzio, sorridendo appena, ancora rapita dai pensieri precedenti. E così rimase, con la possibilità di apparire forse troppo disinteressata all'argomento. Forse quel cambiamento sarebbe stato notato, o forse no, le era sempre più difficile capire. Proprio poco prima, quanto il suo subconscio aveva iniziato a suggerirle un'idea piacevole, aveva dovuto ricredersi, lasciando che invece fosse altro a prendere il suo posto. C'era qualcosa in quel quadro che stonava, e non si sarebbe messa il cuore in pace finché non avesse scoperto di cosa si trattasse esattamente. Continuando a vivere senza riconoscere che la verità di trovasse proprio nel mezzo, si tolse il mantello, ed iniziò a prepararsi ma senza minimamente rendersi conto di quanto in fretta avesse compiuto quei gesti. Fu proprio la voce dell'Auror a richiamarla all'ordine, facendo si che la biondina si girasse a guardarlo, stupita ancora una volta.
« come.. Chiese distrattamente, non capendo quale fosse esattamente il problema ma rallentando i suoi movimenti. * devo tornare sul pianeta Terra, maledizione! * . Si impose di nuovo il giusto controllo, lasciando che Killian prendesse di nuovo il posto del "cavaliere" che pareva calzargli, in alcuni momenti, alla perfezione. Il freddo, in effetti, si era palesato non appena aveva tolto il comodo mantello, che però di comodo non avrebbe avuto nulla una volta in "pista". Lo sguardo addolcito di Amber passò in rassegna quello di Killian, mentre una certa colpevolezza vi passava attraverso, oscurando appena il verde acqua che lo contraddistingueva. «Ma... così avrai freddo tu.» Sul piano logico non faceva una piega, ma al contempo le sue braccia si erano istintivamente avvolte attorno al busto, come a volersi proteggere da possibili folate improvvise.. e forse anche da altro, da qualcosa di invisibile ad occhio nudo. Non si era resa conto di non aver negato di sentire la temperatura pungere dalle maglie larghe del maglione, e dunque probabilmente non si sarebbe salvata da un avvicinamento del giovane. Non sarebbe stata in grado di opporre resistenza, perché in realtà dei piccoli brividi stavano già percorrendo ad intermittenza la sua spina dorsale, ma non era il gelo a causarli. Si ritrovò ad accennare un'espressione fintamente ferita dalle affermazioni del suo maestro, ma la voce uscì prima che potesse fermarla, mentre un sussurrò poco udibile innalzò il livello di allarmismo fino alle stelle.
"è meglio evitare che i brividi ti facciano perdere l’equilibrio"
«Potrebbe essere tardi per quello... »
Lo disse senza riflettere, alludendo ad un genere ben diverso di brividi, mentre lo sguardo vagava sulla lastra di ghiaccio appena "rovinata" da precedenti scie. Solo quando se ne rese conto, sentendo andare a fuoco le povere gote gelate, si voltò verso di lui, nella speranza di non leggere reazione troppo indecifrabili. Una parte di lei, quella trafitta poco prima, sperò davvero che Killian traducesse il tutto con un riferimento solo ai brividi di freddo, e non ad altro. Rimase ferma per un tempo indefinito, prima di decedersi a proseguire, cercando di recuperare in extremis con un riferimento al "bad teacher" che si era appena professato. Ma l'imbarazzo che l'aveva colta, appena nascosto dietro un velo di ironia fin troppo fragile, poteva essere visibile ad occhio nudo.
« Comunque non sei per niente rassicurante, e qualcosa mi dice che non era tua intenzione esserlo...» un piccolo sorriso incurvò le labbra morbide, fortunatamente a quella aveva pensato, portandosi dietro un apposito burro di cacao, Si infastidiva incredibilmente quando si screpolavano. « Sono in pessime mani, giusto? » chiese infine, con un tono molto ironico, inclinando appena la testa a lato, ma sapendo benissimo di intendere tutto il contrario. Voleva lasciargli lo spazio per proseguire sulla linea del cattivo maestro, o cattivo ragazzo o pessimo individuo o comunque in qualunque modo volesse raccontarla lui. Andava bene così, e se lo scivolone non avesse rovinato tutto, di lì a poco si sarebbe trovata sul ghiaccio, dove il suo equilibrio emotivo non sarebbe stato l'unico equilibrio in pericolo. * Questa volta non ne esco viva.. * .

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Edited by ˜Serenitÿ - 15/2/2017, 17:16
 
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La situazione era decisamente sfuggita di mano ad entrambi e ciò era molto più imperdonabile per Killian che per Amber. La parola che aveva usato, quel verbo poco lusinghiero, non era stata decisamente la scelta più giusta in quel contesto, ma la domanda non era perché l’avesse usata, no. Non era affatto insolito che l’uomo si avvalesse di espressioni volutamente ambigue o provocatorie perciò il vero quesito alla quale non poteva ( e non voleva) dare risposta era perché diamine non era stato in grado di farne fronte con la spigliatezza e la semplicità che sfoggiava sempre. Era capitato più volte che situazioni simili nascessero tra i due, ma i ruoli si erano quasi capovolti con Amber che più che in imbarazzo sembrava pronta ad affrontare domande dirette e un Killian indeciso su quale “strategia” seguire. Che il freddo, la neve, l’inverno o la libertà di quel pomeriggio avessero avuto l’effetto di una portentosa pozione su quella strana coppia di individui opposti ma così simili? L’Auror fu ben attento a captare ogni minimo cambiamento nel viso e nei movimenti della biondina perché doveva capire se il suo tentativo di sistemare le cose fosse andato a buon fine o le avesse solo peggiorate. Fu difficilissimo stabilirlo: Amber non era mai stata un libro aperto e se fino ad allora Killian era riuscito a comprenderla almeno in parte era grazie alla sue doti di criptografia umana. Ma per quanto i suoi occhi nebulosi indagassero con uno sguardo forse troppo invasivo e attento non riuscì a convincersi che la reazione della ragazza fosse rassicurante. Qualsiasi cosa potesse voler dire “rassicurante” in quel contesto in cui nemmeno il mago sapeva effettivamente cosa avrebbe gradito maggiormente.
Notò il sorriso dolce che le increspò le labbra quando le frasi tornarono a vertere sul nome di sua sorella, ma l’attenzione della piccola illuminata quasi magicamente dai riflessi della neve sembrava essere stata catturata e tenuta in ostaggio da altro. Osservarla così distratta permetteva al Resween di soffermarsi più a lungo sull’analisi che ne faceva continuamente e quando lei si destò dal suo momentaneo isolamento mentale la domanda buffa lo fece sorridere divertito ma ancora intento a capire qualcosa che invece era fin troppo facile da comprendere. Si avvicinò all’esile figura che appariva più alta per via delle calzature e che ancora era perfettamente stabile grazie alle lame saldamente conficcate nella neve fresca ma compatta. La tenue opposizione che Amber presentò fu trascurata con non curanza e rigettata con un semplice e spiritoso:


“Io mi sono vestito comodo e caldo al centodieci per cento. Non come qualcun’altro…”

Non aveva assolutamente niente da rimproverarle in verità: sicuramente se la Tassorosso avesse saputo la performance alla quale voleva sottoporla avrebbe evitato il mantello, ma in tutte le altre occasioni quell’indumento rispettava pienamente gli standard che lui le aveva richiesto in incognito. Però non poteva tranquillizzarla senza punzecchiarla un po’ altrimenti avrebbe messo in discussione la sua “reputazione” più di quanto non avesse già fatto con quei discorsi incontrollati. Tirò giù la zip del suo giacchetto impermeabile nero dall’ampio cappuccio e ciò permise di mostrare la calda imbottitura interna finora celata. Se lo sfilò rimanendo con un maglione ruggine dall’aspetto pesante e compatto, ultimo strato di una serie davvero lunga di capi. Ovviamente percepì il cambio di temperatura ma era convinto che Amber ne avesse davvero più bisogno come dimostrava il suo gesto involontario di protezione del corpo con le braccia. Finì di avvicinarsi a lei e poi le porse l’indumento con uno sguardo che lasciava intendere che né un “se” o un “ma” sarebbero stati accettati. Nel frattempo, la frase che la ragazza disse in merito ai brividi raggiunse le sue orecchie come un sussurro poco decifrabile. Non era affatto sicuro di aver capito bene anche perché altrimenti avrebbe dovuto svolgere un enorme lavoro cognitivo per interpretare quella mezza rivelazione.

“Cosa?”, si lasciò sfuggire allo stesso mode del “come” della piccola di poco prima.

Ma l’istinto di sopravvivenza del ventiquattrenne gli suggerì di non voler approfondire sul serio. Sentiva che farlo sarebbe equivalso all’abbandonare i loro piani di spensieratezza per quel primo pomeriggio. Si allontanò per raggiungere un masso poco distante dove si sarebbe munito anche lui dei pattini e questo gli permise di distogliere lo sguardo dagli occhi verdi così espressivi da comunicare meglio delle gote fattesi ancora più rosse. In un certo senso scappò da quelle trappole magnetiche, lieto di poter passare alla provocazione successiva. Incassò i divertiti rimproveri che dopotutto erano validi ma non demorse confessando che aveva una certa “qualifica” valida per poterle insegnare qualcosa. Imperterrito proseguì mentre trafficava con i propri anfibi sottraendo così i suoi occhi grigi ad un contatto visivo diretto:


“Voglio solo chiarire e ridimensionare le mie responsabilità. Quando porterò in braccio a tuo padre il corpo agonizzante di sua figlia voglio potergli dire che ti avevo avvisato”

Ed ecco che il vecchio e solito Killian lottava per riprendere possesso del suo corpo contro il giovane che aveva mostrato segni di imbarazzo e impaccio. Era una bella lotta, ma entrambi non avevano che come unico scopo quello di mettere alla prova la Tassina anche se in ambiti totalmente diversi.
 
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view post Posted on 17/2/2017, 10:24
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Qualche altro passo falso e si sarebbe ritrovata a dover dare spiegazioni che non era nemmeno in grado di comprendere. La velocità con cui le cose potevano sfuggirle di mano aumentava sempre in presenza di Killian. Non andava bene, Amber sentiva di non essere totalmente in grado di rinforzare lo strato di indifferenza che spesso la caratterizzava. Le sembrava di aver passato anni in compagnia del ragazzo, ma la colpa era tutta dell'intensità emotiva provata in quel dannato vicolo di Londra... quando lui era andato a prenderla. Quando l'aveva tirata fuori dal baratro in cui la sua mente la stava gettando, e l'aveva fatto senza pensarci due volte, mantenendo una promessa, ma siglando un tacito patto in maniera totalmente inconsapevole. Era chiaro ad entrambi - forse - che nessuno lì dipendeva dall'altro, ma per lei era anche cristallino che senza di lui nulla sarebbe stato uguale a prima. Aveva già varcato una linea immaginaria e tornare indietro illesi sarebbe stato impossibile. Aveva internamente pregato che il suo cambio d'espressione non lo portasse ad indagare più a fondo, anche se quello le aveva fatto fare un altro passo verso un'idea ben meno carina della precedente. Non le piaceva quando non era in grado di decifrare una situazione, solitamente era la prima a non entrare in "campo minato", però tutto quello che poteva essere normale ad Hogwarts, per lei, veniva stravolto completamente quando si trovava ad affrontare l'Auror. Lui riusciva a risvegliare una parte sopita di Amber, la più istintiva ma anche la più emotiva, quella meno menefreghista e che in realtà cercava una sua rivalsa. Quella che voleva una via di fuga dal castello di cristallo in cui era, da sempre, rinchiusa. Erano la stessa persona, ed in qualche modo la Tassa sapeva che con lui era davvero se stessa, era completa quando riusciva ad unire perfettamente le due metà della sua medaglia, però quella era anche l'impresa più difficile. Lasciarsi sfuggire quel commento a voce fin troppo alta, proprio mentre Killian si avvicinava, minò il suo equilibrio, ancora una volta.
Quel "cosa?" , accennato distrattamente però, fece anche peggio, rinforzando l'immaginario filo rosso che li aveva legati da tempo, e facendo si che il suo respiro si fermasse per un breve istante, tra vicinanza ed espressione. Gli era bastato poco per inchiodarla con le spalle al muro, era bastato che la guardasse con quell'indecifrabile espressione, perché il contatto con la realtà divenisse meno saldo.
«Niente..» Fu tutto ciò che riuscì a dire, prima che la tensione emotiva le rubasse la voce. Aveva commesso un errore, dire "niente" a Killian avrebbe potuto essere più controproducente del dirgli esattamente cosa passava per la sua mente in quel momento. Abbassò lo sguardo nella speranza che sorvolare su quello scivolone fosse intenzione di entrambi, ed osservò invece la giacca che le aveva appena avvicinato. Non avrebbe accettato facilmente, se non avesse visto che era imbottita e che aveva davvero un aspetto caldo ed invitante. Abbozzò un sorriso e l'afferrò saldamente, ed attese che lui si allontanasse appena, per indossarla. Con i pattini saldamente infossati nella neve, si sentì abbastanza sicura da togliere la mano dal tronco per coprirsi. Le bastò infilare entrambe le braccia nelle mani larghe per avere un tuffo al cuore. Il suo profumo, esattamente quello su cui aveva cercato di non focalizzarsi troppo quando avevano ballato a distanza ravvicinata, l'aveva avvolta. Rapita, sarebbe stato il termine adatto. Come aveva previsto anche lui, la giacca le stava davvero larga, se avesse chiuso la cerniera completamente, si sarebbe ritrovata coperta fino al naso, senza nemmeno bisogno di indossare il cappuccio. Lasciò quindi la cerniera chiusa solo fino a tre quarti, mentre una strana sensazione di calore l'avvolgeva. Le sembrava quasi di essere stretta in un abbraccio, senza via di scampo. Il barlume di razionalità, rimasto acceso come un faro in una notte buia, le gridò di togliersela prima che fosse troppo tardi, prima che quel profumo e quella sensazione mettessero radici nel suo animo. Però l'ammonimento arrivò tardi, solo indossarla la riportava alla conversazione avuta nella Tana della Serpe, perché così l'aveva indicata nella sua mente nei mesi successivi. Il calore del fuoco, l'infuso alla ciliegia, e la sicurezza che un solo sguardo le aveva trasmesso. Gli occhi di Amber rimasero ad osservare la piccola distesa di ghiaccio, mentre la sua mente metteva ordine in tutto quel groviglio di pensieri, rendendole di nuovo possibile godersi il momento.
Un incantesimo di confusione avrebbe fatto meno danni di quel giacchetto nero.

Di nuovo l'ironia venne loro in contro, salvandoli - forse. Giocavano in maniera via via più pericolosa, man mano che Amber imparava a conoscerlo, riusciva ad intuire il numero crescente di carte coperte messe in tavola. Il campo su cui muovevano le loro pedine, diveniva sempre più impervio. Prima o poi, inevitabilmente, quel campo avrebbe preso fuoco, lasciandoli soli con le loro scomode verità, ma non era quello il giorno. La risposta, stavolta pronta, di Killian, tirò in ballo anche John Hydra, mutando l'espressione della figlia in qualcosa di ben più facile da decifrare: sfida. Ormai lui conosceva perfettamente quello sguardo e forse non si sarebbe nemmeno stupito nel vedere che lo stava osservando in quel modo.
«Ah è così allora?» Storse le labbra ed assottigliò lo sguardo, segno evidente di come fosse pronta a ricambiare con una battuta ad effetto, che però di vero aveva molto più di quanto pensassero entrambi. «Credimi, se dovesse succedere qualcosa di simile, ti consiglierei di lasciare il mio corpo agonizzante fuori dalla porta.» proseguì guardandolo con aria divertita, mentre ormai anche lui finiva di prepararsi. Scosse il capo, prima di rincarare la dose. Se davvero quella scena fosse divenuta reale, probabilmente John avrebbe scagliato ogni possibile maledizione su quel ragazzo. Ma, in cuor suo, Amber sapeva anche che Killian sarebbe stato ben in grado di affrontare un orefice con poca pratica in incantesimi. Però questo non le impedì di punzecchiarlo con la sua stessa ironia. «Ma non ti preoccupare, John Hydra detesta chiunque mi si avvicini. Ci ho fatto l'abitudine. » Il tono con cui lo disse fu leggero, benché il peso di un padre così protettivo fosse evidente. Un recente scontro con quell'uomo l'aveva portata a spezzare una catena, ma non era ancora uscita da quella gabbia dorata ed il percorso si stava dimostrando più complesso del previsto. Se avesse prestato attenzione, perfino Killian avrebbe potuto percepire il disappunto della biondina. In parte era anche dovuto al fatto che avrebbe voluto potergli raccontare di quel ragazzo, senza che la prendesse male, senza che le proibisse di vederlo. Ma quell'idea doveva avere una premessa, che era attualmente confusa.. Si stavano vedendo? Avrebbe detto di "si", ma non poteva più esserne troppo certa.
Etichettare quel rapporto avrebbe rovinato tutto?
Oppure avrebbe dato il via ad una nuova versione della sua storia?
Non passò comunque inosservato il fatto che lui tirasse spesso in ballo le possibili reazioni di suo padre, dalla prima volta fuori da Pub, a quando l'aveva riportata a casa, più o meno. Ed ora anche lì.. sarebbe stato un altro indizio da valutare? Ma a che pro?
«Nessuno è mai riuscito a fargli cambiare idea. » Aggiunse infine, forse in un momento un po' troppo distante dal precedente. Erano tante le cose che avrebbe dovuto specificare perché quella frase non suonasse troppo equivocabile. Quanti ci avevano davvero provato? Perché non ci erano riusciti? Ma volutamente non proseguì, lasciando il volere di indagare, a terzi.
A livello inconscio, aveva appena reso palese la sfida delle sfide, quella che solo qualcuno davvero intenzionato a frequentarla avrebbe potuto cogliere, ma non essendone davvero consapevole, forse non avrebbe colto un segnale da parte di Killian. Un sospiro amareggiato sfuggì al suo controllo, mentre le iridi cristalline tornavano a riflettersi nella distesa di acqua gelata. Difficile dire se le dispiacesse o meno quel fatto, la protezione su cui da piccola si era appoggiata, era divenuta via via più traballante, e l'ultima volta che aveva parlato con lui, a Natale, aveva finito con lo scoprire che era il contrario. Lui aveva bisogno della protezione di Amber, aveva bisogno che lei rimanesse all'oscuro di tutto.

Con tutta l'intenzione di non guastare troppo l'atmosfera, la Tassa, riprendendo un'espressione più serena possibile, rivolse di nuovo il suo sguardo all'improvvisato non-del-tutto-capace maestro di pattinaggio, per capire come proseguire. Ora che erano pronti, almeno per quanto riguardava l'abbigliamento, quale sarebbe stato il passo successivo? Avrebbero finalmente messo piede sul tanto temuto ghiaccio?

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view post Posted on 18/2/2017, 12:57
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Anche il mago più accorto e previdente non avrebbe fatto un programma più complesso di questo per il pomeriggio: incontrarsi, pattinare, parlare. Tutto molto lineare. Ma negli spazi tra le tre “fasi”, che Killian forse aveva volontariamente evitato di programmare, poteva accadere qualsiasi cosa. Infatti il laghetto ghiacciato era ancora lì ad attenderli con la sua superficie invitante, ma i due ragazzi avevano indugiato in parole fino ad allora. E non avevano parlato di cose casuali come il tempo o le vacanza di Natale per cui mettere una fine al discorso sarebbe stato facilissimo, ma si erano lasciai andare in un circolo vizioso di mezze frasi dai mille significati che loro ne fossero coscienti o meno. Se da una parte erano stati proprio i due a ficcarcisi dentro con imperterrita testardaggine, dall’altra sembrava che entrambi non volessero addentrarsi troppo in una risoluzione definitiva che avrebbe richiesto riflessioni solitamente rimandate a “poi” o non considerate affatto. Killian sapeva bene quanto Amber che quel piccolo “niente” nascondeva molto più di quello che lasciava intendere, ma come la piccola poteva ben aver intuito lui non era il tipo da insistere troppo, concedendo agli altri di mantenere il mistero e il dubbio come d'altronde faceva sempre lui. Aveva piuttosto le sue strategie meno dirette e più ingegnose per rubare quello che gli interessava ed era in grado di attendere anche a lungo prima di metterle in atto. Il Resween lasciò cadere nel vuoto quella non-risposta come se la voce sottile non lo avesse nemmeno raggiunto e si chiese se Amber ne sarebbe stata disturbata o sollevata. Impegnato nel trafficare con gli anfibi e i pattini, sfuggiva con i suoi occhi di fumo al contatto visivo diretto con la Tassina, ma spiandola di sottecchi la vide avvolgersi nella sua giacca. Era molto buffa: ultimamente si ritrovava a pensare questo di lei in molte occasioni ma chiunque sarebbe stato concorde nel dire che il sorriso che accompagnava quei pensieri non poteva essere il frutto solo di questa constatazione. Infatti, non era il solito ghigno. La Tassina sembrava aver apprezzato molto quel gesto e soprattutto il nuovo calore che ne seguiva, ma Killian evitò di fare battute al riguardo anche se la situazione si prestava benissimo. Tenne la soddisfazione di quella riuscita tutta per sé, così come il sorrisetto che fu subito represso nel finire di prepararsi per la loro impresa.
Strinse con le dita dai tatuaggi sbiaditi le cinghie dei suoi pattini storici e si tirò su a sedere dal masso che aveva usato come seduta. Fece qualche passo verso di lei anche se le lame fuori dal loro “luogo naturale” impedivano una fluidità nei movimenti. Prima di avventurarsi sul ghiaccio dove non ci sarebbe stato più tempo per punzecchiarsi , doveva rispondere a quel fuoco incrociato di sfide, provocazioni e rivelazioni. Che il padre di Amber fosse molto protettivo lo aveva capito sin da subito, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno del suo aiuto per scoprire qualcosa sulla morte della madre della ragazza. Come aveva sempre espresso, era contrario a questa campana di vetro che era stata posta sulla piccola ormai non tanto tale in modo da separarla nettamente dalla verità. Ma non poteva esserlo del tutto sul normale istinto di protezione che un padre aveva verso la figlia femmina che non era poi tanto diverso da quello di un fratello maggiore. Rivide perfettamente il volto brufoloso e poco sveglio di Jesse J, il quattordicenne fidanzatino di sua sorella che aveva avuto l’ardire di prenderlo in giro per i suoi tatuaggi. Un’espressione decisamente contrariata attraversò il suo volto barbuto a quello spiacevole ricordo, ma riacquisì subito il controllo di sé evitando che anche altri gli ex fidanzati di Persephone invadessero il suo pomeriggio. Anche se l’espressione “detestare” era molto forte, qualcosa nell’amarezza della Tassorosso lo convinse che quella non poteva essere solamente un’esagerazione. Amber sembrava davvero infastidita dal comportamento del padre anche se non lo ammetteva espressamente e il ventiquattrenne avrebbe anche potuto consolarla in qualche modo, dicendole che il problema non riguardava solo lei ma qualsiasi adolescente. Ma non ebbe il tempo di farlo anche se la pausa che seguì fu piuttosto lunga e significativa. La biondina riprese la parola lanciando un enigma in piena regola. La parte del ragazzo che fiutava le sfide da kilometri di distanza percepì subito quell’aspetto della frase, ma Killian sembrava non voler cedere a quella prima interpretazione. Che cosa avrebbe potuto rispondere? Perché mai sarebbe dovuto essere lui a far cambiare idea ad un uomo ostinato almeno quanto la figlia? Probabilmente l’Auror era il meno indicato per l’impresa, avendo acconsentito ad aiutarla in una ricerca che le era proibita, spingendola a raccogliere informazioni di nascosto e invadendole la vita anche durante il periodo scolastico. No, Killian sapeva fin troppo bene che quella sfida (sempre che lo fosse) non aveva ragioni per essere accolta. Il senso di colpevolezza che lo aveva accompagnato durante tutta l’attesa non era forse la più cruda delle conferme? Nulla di tutte queste riflessioni trasparirono all’esterno, il viso giovane ma maturo del Resween rimase disteso e tranquillo accompagnando perfettamente una conclusione che uscì tanto facilmente per essere infondo estremamente vera:


“Si vede che non se lo meritavano”

Era stato chiaro fin da subito che il giovane non era chi poteva o voleva indorare la pillola alla piccina, la sua funzione di sostegno comprendeva anche il fornire altri punti di vista e favorire dei ragionamenti oltre gli abituali. Adempiendo appieno al ruolo che aveva accettato mesi e mesi fa, sperò che la serenità tornata sul volto candido della biondina non sparisse proprio ora che stavano per mettere piede sul ghiaccio. Non potevano aspettare oltre o il freddo li avrebbe tolti dalla lastra prima che avessero combinato qualcosa. Finì di avvicinarsi e porse la mano guantata da dove sbucavano le sue dita stranamente senza anelli alla piccola. Come se fosse un vero e serio insegnate, diede la sua prima indicazione:

“E ora concentrazione assoluta sui tuoi movimenti soltanto! Ti accompagno fino alla pista ma poi dovrai cercare di stare ferma in equilibrio da sola”

Sapeva quello che faceva e il suo viso lo dimostrava anche se fino ad allora si era divertito a far credere l’incontrario. I suoi occhi grigi cercavano di fornirgli il sostegno che gli avrebbe negato in quella prima fase. Doveva fidarsi. Esattamente come aveva fatto sempre.
 
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