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| Mi è stato chiesto di insegnare ad un bocchia di dieci anni, roseo, paffuto e un poco duro di comprendonio, ad utilizzare la punteggiatura. Punti, virgole, due punti, punti interrogativi, virgolette: per molti studenti non sono che tranelli, piccole botole in cui è facilissimo scivolare. Se devo pensare ai segni di interpunzione penso agli svincoli e ai semafori del testo: fin da piccolo mi sono immaginato le parole come macchinine che, senza la loro segnaletica, formerebbero un unico, gigantesco ingorgo.
La mia lezioncina in soldoni.
Quattro capisaldi: il punto è il pedone della punteggiatura. La guarnigione esclamativa è potente, gli equites interrogativi sono veloci, la trincea dei due punti ben solida. Tre corollari: il punto e virgola è sempre affaccendato; rallenta come una tartarughina, ma non si ferma mai. Le parentesi sono come la cipolla, h&m e i parenti: ci vogliono, ma con moderazione. Il trattino, che io amo alla super-super-follia, nonostante sia tipo l'orto-fighetto di ogni testo, è anche il cenerentolo della favola, ma al momento giusto – d’improvviso, quando uno non se l’aspetta – aiuta a cavarsi d’impiccio.
Un esempio abbastanza malizioso per tenerlo concentrato, perché sì, sono pur sempre io, eh:
Il vanitosetto Dorian, dongiovannetto noto per sue certe passioni, guardò la studentessa con voluttà.
Il vanitosetto Dorian (dongiovannetto noto per sue certe passioni) guardò la studentessa con voluttà.
Il vanitosetto Dorian - dongiovannetto noto per sue certe passioni - guardò la studentessa con voluttà.
Caso uno: Dorian è un maialino. Caso due: Dorian è un maialino? C’è chi lo dice. Caso tre: Dorian è un maialino; ma questa storia la lascio per quando ci vediamo la settimana prossima, senza la nonna ad ascoltarci.
Cinque minuti dopo ha intitolato il suo temino “lettera – ad un amico.”
Morale della favola: non omnia possumus omnes. E ho detto tutto.
Edited by Dørian - 11/8/2017, 14:06
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