Quella singolare danza in cui si trovava coinvolta aveva le sue regole. Delimitati spazi d’azione da esplorare e confini che non andavano superati. Se voleva mantenere stabile l’equilibrio ad ogni movimento e trarre da quella situazione il maggior beneficio possibile doveva sottostare a quelle regole. Con circospezione Atena aveva volontariamente tastato il terreno, per sondare fino a che punto avrebbe potuto spingersi. La risposta che il Detective le diede, in quella circostanza, fu la chiara definizione di una linea da non oltrepassare. Il ruolo che si era scelta in quella danza la costringeva a muoversi entro un preciso perimetro, e a quello doveva attenersi, con scrupolo e pazienza. Ne andava della sua stessa missione. Annuì con un semplice cenno del capo, per poi accantonare il discorso e concentrarsi sul nuovo indizio che avevano davanti.
La solerzia che il Detective aveva dimostrato nell’ispezionare la scena del crimine la provocò un moto di approvazione. Apprezzava quella sua caratteristica. La precisione, l’attenzione per i dettagli, il rigore, erano qualità che lei - con severità - pretendeva da se stessa e doti che non le passavano inosservate quando le rilevava in altri.
«Lo prenderò come un complimento» disse in tono pacato, in risposta al suo commento, senza riuscire a trattenere l’accenno di un sorriso misto tra il divertito e il sorpreso. Non doveva essere un uomo che elargiva approvazioni tanto facilmente, ne erano una prova gli stessi dubbi nei suoi confronti che, al piano di sotto, non aveva mancato di palesare. In fondo, quell'apprezzamento inaspettato le fece piacere, benché fosse consapevole di essere ben altro che un'esperta in veleni. Ma la sua espressione tornò presto seria e attenta, mentre ascoltava con interesse le informazioni che le venivano fornite sul riquadro in corridoio e sulla domestica. Registrò dentro di sé ogni nuovo particolare, annuendo di tanto in tanto in segno di accordo con le sue riflessioni.
La domestica, rifletté tra sé, era quindi tornata nell'abitazione quel giorno stesso, per un motivo a loro ancora sconosciuto. Perché lo aveva fatto? Qual era il suo ruolo in quella vicenda? Cosa sapeva? Aveva forse incontrato qualcun altro, prima di fare i conti con la morte? E quella presunta morte per infarto...ancora non la convinceva. La magia aveva operato in quella casa e lei, a differenza di Huges, non poteva escludere alcuna ipotesi. Si chiese se davvero l’ombra di un dubbio non lo avesse sfiorato, o se non lo stesse sfiorando ora. Ma a volte, di fronte all’evidenza dei fatti, anche ogni ragionevole dubbio finisce per piegarsi.
Al cenno di assenso di Huges, Atena procedette con maggiore sicurezza nel recupero della cornice, con una presa salda, ma anche attenta e precisa. Fu lieta di aver ottenuto il suo consenso, questa volta era su un terreno sul quale poteva camminare. Maneggiò la cornice con delicatezza, quasi con riverenza, come se i gesti attenti che le concedeva potessero in qualche modo convincerla a rivelar loro qualche elemento importante, o come se i ricordi che quell’oggetto custodiva potessero essere in qualche modo captati, se solo glielo si chiedeva gentilmente. Naturalmente non vi era alcun supporto a quella sua strana credenza, ma era un’abitudine a cui ormai non sapeva rinunciare. A volte le capitava anche di parlare con gli oggetti che aveva davanti, convinta che avessero una qualche forma di coscienza primordiale o che si potesse instaurare un legame con loro. Ma fu abbastanza assennata da non farlo in quel momento. Tenendo la cornice su un palmo della mano, la mise tra sé e il Detective, avvicinandosi di qualche centimetro a lui, in modo che entrambi potessero osservarla senza difficoltà. La cornice era di piccole dimensioni. Non poteva saperlo con certezza, ma era plausibile che potesse combaciare con il riquadro in corridoio. In tal caso, qualcuno doveva aver tolto la foto dal suo posto in un imprecisato momento del passato e qualcuno doveva averla posta dietro il mobile, poche ore prima. Non conosceva il motivo di tale azione, ma di certo quel gesto li stava aiutando nelle indagini. Fece scorrere lo sguardo sulla foto racchiusa all’interno della cornice. Si trattava di una polaroid, una classica foto babbana in cui l’immagine era statica. Le due figure in primo piano erano senza dubbio Dharma e Carlyle, ritratti in una posa rilassata e serena. Dietro di loro una figura misteriosa dal volto annerito. «La data è illeggibile» rifletté «ma la foto sembra essere stata scattata in questa casa» disse indicando la credenza sullo sfondo della fotografia «in tal caso, ad occhio e croce, non dovrebbe avere più di due anni» ipotizzò. Il Detective stesso, parlandole delle generalità del caso, le aveva rivelato che la coppia abitava in quella casa solo da un paio di anni. La persona ritratta nella foto doveva essere una figura recente nella vita dei due giovani e il momento immortalato con ogni probabilità era per loro importante, abbastanza da meritarsi una cornice. Posò lo sguardo su quel volto annerito. Quella macchia poteva essere un semplice caso? Oppure qualcuno - forse un mago? - aveva voluto intenzionalmente celare qualcosa? «Sembrerebbe un…medico? Un infermiere?» chi altri avrebbe potuto indossare un camice bianco? «Chissà chi ha scattato questa foto. E chissà chi l’ha portata qui» si chiese, il tono della voce leggermente più basso. Sempre tenendo la cornice tra lei e il Detective, la rigirò tra le mani per ispezionarne il retro e i lati, facendo scorrere delicatamente le dita sui bordi, per poi riportarla nella sua posizione iniziale, leggermente più vicina a Huges - stavolta - come a invitarlo a guardarla più attentamente. «Lei cosa ne pensa, Detective?» disse, alzando per la prima volta lo sguardo dalla cornice e posandolo sui suoi occhi, la testa leggermente inclinata, un sincero interesse nello sguardo. Finora aveva condiviso le sue riflessioni, quasi esprimendo i suoi pensieri ad alta voce, come se l'uomo fosse solo una sagoma accanto a lei, della cui reale fisicità si fosse ricordata soltanto in quel momento. Ma ora chiedeva il suo parere, e lo avrebbe ascoltato con attenzione, convinta del reale valore che potevano avere le sue parole.
Quella cornice che avevano tra le mani poteva rivelarsi un elemento importante su cui riflettere. Del resto, nel passato della coppia non sembravano esserci macchie, eppure ora una macchia era - letteralmente - comparsa ad offuscare un evento della loro storia. Per la prima volta era apparsa una persona che doveva rappresentare qualcosa per i due giovani. L'unica persona, forse, ancora in vita: l’uomo dal camice bianco e dal volto annerito.