When the lights fade away, Incarico Auror

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view post Posted on 18/5/2017, 11:31
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Atena McLinder
Alle parole del Detective, le labbra le si alzarono in un sorriso divertito, che restò per alcuni istanti sul suo viso prima che la ragazza riprendesse il pieno controllo di sé e tornasse ad assumere il consueto atteggiamento che si confaceva a quel contesto. «Questo genere di inseguimenti non sono propriamente la specialità del mio lavoro. Si addicono di più a voi Detective» disse con un sorriso, mantenendo lo stesso tono basso che lui aveva usato. Lei, su quel palcoscenico, era pur sempre soltanto un’esperta in sostanze e fatti fuori dal comune, un impiego più intellettivo che fisico. Inoltre - non poté fare a meno di pensare - nel suo mondo sarebbe stato considerato da folli o da disperati utilizzare un’automobile per inseguire un fuggitivo, nonché un metodo piuttosto inefficace.
Non appena il Detective ebbe aperto la porta, la ragazza fece alcuni passi per uscire dall’abitazione, fermandosi sul marciapiede antistante finché l’uomo non avesse chiuso l’uscio alle sue spalle e attendendo che le facesse strada verso l’automobile.
«Ma non ha tutti i torti» riprese, con maggiore leggerezza, incamminandosi dietro a lui. Forse mostrarsi accondiscendente verso il suo consiglio avrebbe addolcito il suo atteggiamento nei suoi confronti. O almeno, si sarebbe dimostrata aperta e collaborativa. «Se riusciremo a risolvere questo caso, chissà, potrei riuscire a procurarmi un…» fece un paio di rapidi calcoli mentali. Le spese del condominio, il mantenimento del gatto e della civetta, le offerte al CREPA (mannaggia a quei ragazzini!). Non le rimaneva molto per le spese folli. Cosa avrebbe potuto procurarsi? Un’automobile? Una motocicletta? O… «un monopattino elettrico. Forse» concluse a voce più bassa, rivolta più a se stessa, solo per lo sfizio di non lasciare la frase in sospeso. Qualche tempo prima aveva visto un manifesto che pubblicizzava quell’arnese in saldo fuori da un negozio. Lo ricordava bene perché aveva pensato che sarebbe stato molto divertente da utilizzare. Chissà se poteva valere come mezzo di inseguimento Babbano.
Si fermò a pochi passi dal Detective mentre questi sistemava il borsone nel bagagliaio, osservando i suoi movimenti e seguendolo con lo sguardo mentre con passo sicuro si dirigeva verso la portiera di destra. Restò sorpresa quando, aprendola, la invitò ad entrare. Si avvicinò lentamente, ascoltando quanto aveva ripreso a dire, notando così che il posto del guidatore si trovava sull’altro lato.
«Grazie» disse in risposta alle sue parole, o forse al gesto di gentilezza. Con un movimento naturale prese posto sul sedile in pelle, cercando poi a fianco a sé la cintura di sicurezza. Non appena Huges ebbe richiuso la portiera appoggiò la testa allo schienale, chiudendo gli occhi e approfittando di quei secondi di solitudine per riprendere contatto con se stessa. *Monopattino elettrico, che diavolo mi è saltato in mente?*. Quanto ingenua e sprovveduta poteva sembrare agli occhi di un Detective Babbano? Lei, sempre così attenta ad ogni dettaglio, precisa e scrupolosa nel suo lavoro, che in ogni cosa si applicava con il massimo dell’impegno. Il pensiero le andò al distintivo che portava nella tasca, ricordandosi il motivo per il quale era lì. La sua missione era il suo obiettivo. Prendere quel mago che violava ogni Statuto ed ogni Morale. Era questo ciò che doveva perseguire, adattandosi alle circostanze in cui si trovava, anche se questo voleva dire rinunciare al proprio orgoglio di fronte ad un uomo intelligente, elegante e sicuro di sé.
*Elegante, intelligente, con quel sorriso
così attraente…e pare sia anche piuttosto ricco! Chi l’avrebbe mai detto. Si, dovresti proprio sposarlo!* Willy, come sempre, arrivò nel momento più opportuno, come se le avesse letto nel pensiero. Ma probabilmente era proprio così: del resto, doveva essere uno dei privilegi derivanti dall’essere un amico immaginario.
*Cosa? Sono qui per lavoro! E a proposito di quel sorriso, se vuoi saperlo, l’ho trovato ben poco rassicurante*. Ma sorrise tra sé, nonostante tutto doveva ammettere che quell’uomo aveva il suo fascino. *Piuttosto, vedi di non toccare nulla, una macchia o un graffio su questa tappezzeria probabilmente mi costerebbe lo stipendio degli ultimi mesi*. Ma stavolta Willy non rispose, limitandosi solo a scompigliarle i capelli. Naturalmente non poteva farlo davvero, eppure una ciocca le ricadde ugualmente sul viso. A fianco a lei la portiera si aprì, il rumore le fece riaprire gli occhi mentre si portava una mano tra i capelli per sistemarsi la ciocca ribelle.
«Quindi, Detective, lei non è solo un gentiluomo, ma anche un uomo di classe» disse con naturalezza, non appena lui ebbe preso posto e richiuso la portiera, spostando lo sguardo dalle finiture dell’automobile, al suo completo, fino al suo viso. La ricchezza e il lusso non avevano mai esercitato un’attrazione particolare su di lei, non erano tra le sue ambizioni di vita, ma apprezzava molto lo stile e l’eleganza.
Pensandoci bene, osservò tra sé, nemmeno quell’auto sembrava essere il mezzo più appropriato per un inseguimento spericolato o per passare inosservati durante un appostamento. Ma si guardò bene dal dire qualcosa a riguardo.


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La situazione, in tutto e per tutto, era apparsa da subito molto favorevole per Atena McLinder, ma poteva davvero trattarsi di qualcosa di così semplice? Era riuscita a guadagnarsi quel briciolo di fiducia indispensabile per il Detective, e da lì a poco, proprio lui, l'avrebbe condotta laddove aveva sempre creduto di dover andare: in obitorio. Se la procedura babbana non avesse richiesto lo spostamento dei cadaveri, lei stessa avrebbe potuto indagare a fondo direttamente in quella stanza, ma Dharma e Carlyle erano già stati spostati per permettere agli analisti babbani di eseguire l'autopsia. E proprio quella li aveva condotti ad un vicolo cieco e buio, un vicolo che toccava a lei illuminare. Huges sorrise e scosse il capo, divertito, quando la ragazza gli ricordò che secondo il mestiere che aveva millantato di svolgere, lei non avrebbe dovuto prestarsi a molti inseguimenti lungo le vie di Londra. L'accompagnò con lo sguardo finché non si sedette, per poi lasciarle quell'attimo di tranquillità prima di sedersi al suo fianco. Entrò in auto con eleganza, richiuse la sua portiera senza fare troppo rumore ed allacciò la propria cintura, totalmente ignaro di quello strano dialogo avvenuto esclusivamente nella mente della ragazza. Rivolse poi uno sguardo preciso ad Atena, nel tentativo di comprendere se anche lei avesse allacciato la cintura. Quando gli occhi freddi individuarono la fascia scura stretta attorno al busto del suo passeggero, Huges sembrò rilassarsi. Prima di salire in auto si era tolto l'impermeabile e la giacca, rimanendo in camicia. «Non mi lusinghi, mi creda, sono solo amante di tutto quanto sia gradevole ed efficiente al tempo stesso. E' mai salita su un'auto con la guida al contrario?» Chiese con curiosità, aggiungendo un pizzico d'orgoglio a quella nuova espressione, prima di accarezzare con cura il volante della vettura e posizionarvi sopra saldamente la mano sinistra.«Le sembrerà strano, ma io oramai sono abituato, comunque si fidi di me, sarò prudente.» Condì quell'ultima parola con un sorriso ben meno rassicurante, prima di rivolgere lo sguardo avanti a sé e premere il pulsante d'accensione dell'auto. Un semplice pulsante rotondo aveva dunque sostituito il classico inserimento della chiave nella piccola serratura vicino al volante, che in quel modello era assente. Docile come una bestia domata, il motore ruggì al comando del Detective, che sorrise involontariamente. La mano scivolò sul cambio e l'assetto di guida prese il suo naturale corso, permettendogli in un paio di manovre di uscire dal parcheggio ed immettersi nella giusta corsia. Quasi subito la serratura della portiera di Atena scattò, abbassando il cilindro ed intrappolandola su quella seduta. «McLinder... è irlandese?» Sempre mantenendo lo sguardo fisso sulla strada da percorrere, il Detective pose una domanda del tutto nuova e per niente utile al caso. Fino a quel momento il loro dialogo si era concentrato soprattutto sull'omicidio, come avrebbe reagito l'Auror ad una domanda del tutto fuori contesto? Per altro espressa con un tono totalmente naturale. La macchina svoltò un paio di volte prima di immettersi nella consueta circonvallazione, molto più affollata di Roupell Street. C'erano un paio di corsie per lato, ma come promesso l'uomo evitò accuratamente di premere sull'acceleratore e si tenne fuori dalla scia dei sorpassi. Quando raggiunsero il primo semaforo rosso, Huges tornò ad osservare Atena direttamente negli occhi. Con aria quasi affranta, avanzò una seconda proposta.. o meglio "deviazione". «Ho dimenticato il badge d'accesso in appartamento, se non le dispiace dovremmo fare una breve deviazione, sarà questione di pochi minuti, glielo assicuro.»In effetti quella che sembrava essere una domanda, si rivelò poi una semplice divulgazione di informazioni. Appena il verde illuminò il cofano dell'auto, l'uomo svoltò a destra in una via più isolata, lasciando quella principale che, se seguita, avrebbe portato al loro obiettivo primario.


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Atena McLinder
Gradevole ed efficiente. Non avrebbe saputo trovare aggettivi migliori per descrivere quanto orbitava intorno all’universo del Detective Huges. «Alcune volte, ma solo all’estero.» rispose quando fu interpellata. Negli ultimi anni si era recata spesso fuori dai confini britannici e talvolta le era capitato di salire su un’automobile in Paesi con la guida a sinistra, anche se solo in rare occasioni. «Immagino che qui sia tutta un’altra cosa» aggiunse con un sorriso e un pizzico di curiosità negli occhi. Era la prima volta che si imbatteva in un mezzo con guida al contrario in Inghilterra e in fondo, pensò, sarebbe stato emozionante viaggiare su quell’auto nel centro di Londra. Accolse la rassicurazione dell’uomo - e il sorriso con cui l’accompagnò, che di incoraggiante aveva ben poco - con un’espressione divertita. «Immagino di non avere molta scelta» sentenziò, senza distogliere lo sguardo da lui. Ma non vi era traccia di preoccupazione nella sua voce o nella sua espressione, non dubitava delle sue capacità di guida e del suo buon senso. Tuttavia, poteva quasi asserire con certezza che se si fosse trovato coinvolto in un inseguimento sarebbe stato disposto a rinunciare ad ogni prudenza e cautela. Sicuramente sarebbe bastato uno dei suoi sguardi gelidi per raggelare letteralmente la strada davanti a sé e far scivolare - con impeccabile grazia ed efficienza - l’auto fino al fuggitivo. No, non sarebbe voluta trovarsi nei panni di quel criminale, con il Detective Huges alle calcagna.
Con un semplice gesto, il Detective premette il pulsante d’accensione. Il motore rispose prontamente e un sorriso involontario, misto a divertimento, sfuggì anche alla ragazza, nonostante tentasse di nasconderlo spostando lo sguardo sul finestrino al suo fianco. Mentre l’auto faceva manovra per immettersi sulla strada, lanciò un’ultima occhiata a Roupell Street, con le sue case tutte uguali, i marciapiedi silenziosi e i lampioni solitari. La domanda del Detective la colse di sorpresa. Era la prima volta che le chiedeva qualcosa che non fosse strettamente legato al caso e con questo cambio di rotta l’uomo si guadagnò uno sguardo curioso da parte della giovane Auror.
«Scozzese» rispose, con la sua stessa naturalezza, indugiando ancora per qualche attimo con lo sguardo su di lui, prima di posarlo nuovamente davanti a sé. «La famiglia di mio padre è scozzese. Non è da molto che mi sono stabilita a Londra» spizzichi di informazioni tra la miriade di luoghi ed eventi che avevano segnato il suo passato. «E lei? E’ sempre stato qui?» chiese a sua volta «Se non sono indiscreta, naturalmente» aggiunse, con un sorriso angelico, per scongiurare la possibilità di sembrare invadente.
Il viaggio si rivelò tranquillo, la guida del Detective era fluida, naturale, come lo erano stati i suoi gesti in precedenza. Atena guardò fuori dal finestrino. Le piaceva osservare il paesaggio scorrere dietro il vetro. Era uno dei motivi per cui, quando poteva, non disdegnava spostarsi con i mezzi pubblici babbani. Alla luce rossa di un semaforo l’auto rallentò e la voce di Huges la portò di nuovo a girarsi verso di lui.
«Certo, nessun problema.» disse con tranquillità, guardandolo a sua volta negli occhi. I tempi babbani erano incredibilmente lunghi. Se il caso avesse coinvolto solo il mondo magico probabilmente a quell’ora sarebbe stata molto più vicina alla verità di quanto non lo fosse in quel momento. Ma i babbani erano coinvolti sin dall’inizio in quel caso e senza di loro difficilmente avrebbe potuto anche solo avvicinarsi alla verità.
Mentre l’auto svoltava a destra in una via secondaria, un’altra curiosità si affacciò nella mente della ragazza: chissà in quale zona della città si trovava l’appartamento del Detective?


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Il Fato

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Le luci di Londra si inseguivano a ritmo costante, mentre la vettura superava uno dei punti nodali del centro, per infilarsi in una stradina appena più buia e meno trafficata.«Scozzese» Huges sembrò soppesare quell'informazione, senza però smettere di osservare la strada. Non si poteva dire che non fosse attento. Esattamente come aveva promesso, fu prudente e rispettoso di ogni limite. L'uomo avrebbe dovuto aspettarsi una richiesta simile a quella posta, ormai doveva anche aver compreso come la curiosità portasse Atena ad un passo dal limite. «Mi piace considerarmi un cittadino del mondo, Agente.» disse, prima di concedere di nuovo l'attenzione al volante e puntare le ruote nella giusta direzione. Quando la vettura fu di nuovo in asse, proseguì, probabilmente contro ogni aspettativa.« Sono stato ovunque, ma sono stabile a Londra da un paio di anni. La madrepatria ti resta nel cuore, dicono aggiunse, prima che un condominio molto moderno e di recente costruzione svettasse nel panorama di fronte ai due. Era scuro, perfettamente simmetrico e stonava un po' con le costruzioni appena più vecchie che lo attorniavano. «Ci siamo quasi» Le disse, con un tono rassicurante, prima rallentare a scalare ad una ad una le marce. La vettura perse gradualmente la velocità acquisita e venne fermata definitivamente in un parcheggio privato e con pochi posti, proprio sotto il condominio moderno. Il Detective uscì appena dopo aver sollevato la leva del freno a mano, e rapidamente raggiunse il lato del passeggero, aprendo la portiera all'Auror. «Non penserà che lasci qui da sola? Non è uno dei quartieri migliori. Abito proprio qui sopra, faremo in fretta, le prometto che non perderemo troppo tempo.» Sfoderando il suo miglior sorriso, Huges allungò la mano verso Atena, un invito più chiaro difficilmente l'avrebbe ricevuto. Se avesse accettato, l'uomo avrebbe mantenuto quel contatto solo il tempo necessario per assicurarsi che la ragazza fosse in piedi e stabile, prima di richiudere la porta. Se fosse uscita dalla vettura, avrebbe anche potuto notare come il parcheggio dell'uomo fosse estremamente preciso. Appena fuori dalla linea gialla che ne delimitava i contorni, in maiuscolo, vi era una scritta. La stessa sigla era riportata anche in un cartellino metallico che svettava appena dal fronte dell'auto. Lettere bianche, sfondo scuro.

Dante H.

Da vicino, l'alto condominio appariva in tutta la sua freddezza. Muro grigio, finestre perfettamente regolari e identiche, alcune illuminate, altre no. Era composto da ben dodici piani, dodici esattamente come il numero di posti auto presenti, ognuno con una sigla all'inizio, alcuni pieni, altri vuoti. Come tutto quanto sembrava circondare il Detective, anche quello aveva un'aria lussuosa. Il portone d'ingresso, a poco più di una decina di metri da loro, si trovava in linea d'ara con il retro dell'auto. «Non soffre di claustrofobia, vero?» Una domanda insolita?


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Atena McLinder
Ascoltò con serietà e interesse le parole del Detective, sorpresa che avesse acconsentito a rivelarle qualche fugace dettaglio di sé. «Un cittadino del mondo, molto interessante». Provò a immaginare la sua vita in quell’ovunque in cui diceva di essere stato. Sarebbe stato stimolante approfondire l’argomento. «Già, così dicono» disse, riflettendo tra sé su quelle parole. Londra. Città di confine. Capitale del mondo babbano e capitale del mondo magico. Portale d’accesso e allo stesso tempo linea di separazione. Fulcro della sua vita attuale e depositaria di memorie passate. Era quella la sua patria?
Di fronte a loro si stagliò un grande edificio scuro, dalla tipica architettura moderna - austera ed elegante. Lentamente l’automobile diminuì la sua velocità, sotto i comandi e le manovre disinvolte del Detective, fino a scivolare con precisione in un posto auto proprio sotto il palazzo. Senza perdere tempo, l’uomo scese dall’auto ed Atena ebbe a malapena il tempo per guardarsi intorno che la sua portiera si aprì e Huges la invitò a scendere con lui.
«Molto gentile da parte sua». Restituì il sorriso e, dopo essersi slacciata la cintura, accettò il suo aiuto per rimettersi in piedi, ponendo con un gesto naturale ed elegante – la stava forse contagiando? – la mano sulla sua. La portiera si richiuse alle sue spalle, mentre la ragazza si sistemava la giacca ed iniziava a guardarsi intorno. Il grande edificio svettava in tutta la sua grigia presenza. Contò in tutto dodici piani, tutti uguali, simmetrici e apparentemente anonimi. Non vi erano segni che li differenziassero uno dall’altro, se non per qualche riquadro casuale illuminato da una luce interna. Anche quell’edificio sembrava in contrasto con i mattoni intrisi di storia su cui era fondata la città, così come l’automobile e il Detective stesso erano sembrati appartenere ad un altro mondo rispetto a Roupell Street e alla casa al numero 24. Non si sorprese dell’aura di lusso che avvolgeva quel condominio, né della ricercatezza del parcheggio privato. Ogni posto era riservato e segnato da un cartellino con una scritta, probabilmente il nome del suo proprietario. Lo sguardo le cadde sulla scritta accanto all’automobile da cui era appena scesa. Dante. Doveva essere il suo nome. Un nome importante, pensò, piuttosto insolito per un inglese. Le ricordò un illustre Autore Babbano di cui aveva letto alcune opere. Sorrise tra sé a quei caldi ricordi. Non disse nulla a riguardo, nonostante avesse voglia di condividere quel suo pensiero. Questa volta sarebbe risultata davvero troppo invadente e non voleva oltrepassare il confine. Il nome era qualcosa di importante, non si poteva rubare da una targhetta, ma solo rivelare al momento giusto. Quindi tacque, limitandosi a sorridergli e affiancarsi a lui per apprestarsi a seguirlo. «No, certo che no» rispose con tranquillità alla sua domanda, una sottile ruga a incrinarle la fronte. Dove viveva, in un bunker? Ipotesi alquanto surreale. Ritentò. «Abita forse all’ultimo piano?». Avrebbe indovinato?

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L 'uomo, evidentemente avvezzo alle buone maniere, accolse gentilmente la mano di Atena per aiutarla a sollevarsi. Le diede il giusto tempo per sistemarsi prima di avviarsi verso il portone d'ingresso. In quel condominio che facilmente sarebbe stato ancora accomunabile ad un Hotel, non fosse stato per la mancanza di un'insegna luminosa, sembrava però mancare qualcosa. Non c'era personalità in quei muri spenti, poteva davvero essere un luogo adatto ad un uomo così? Era vero che non si poteva giudicare un libro dalla sola copertina, ma non era forse quella ad invitare il lettore ad avvicinarsi? «Meraviglioso» commentò il Detective non appena ebbe la conferma dell'assenza di quella particolare fobia. «Penultimo, a dir il vero, ma l'ascensore è rimasto quello di molti anni fa, stretto ed angusto.» si apprestò a specificare, senza smettere di guardare sottecchi Atena.
Senza alcun preavviso, Huges si fermò ad un paio di metri dal portone scuro, e si voltò verso la ragazza con una rapidità quasi allarmante.
«Ora che mi ci fa pensare.. c'è un altro modo Lo sguardo si posò sul braccio di lei, che venne repentinamente afferrato in una morsa, un sorriso sinistro e raggelante deformò le labbra dell'uomo, che si limitò a guardarsi attorno una sola volta, prima di estrarre un lungo bastoncino scuro con la mano libera. Si trattava inequivocabilmente di una bacchetta magica. Bastò un movimento ben preciso ed in un "pop" i due svanirono dal parcheggio. Atena non poté evitarlo, né prevederlo con precisione. Venne risucchiata in un familiare vortice, ed in breve ogni cosa cambiò.

Dopo l'abituale sensazione di nausea provocata dalla smaterializzazione, Atena avrebbe potuto notare il cambiamento di panorama. La stradina asfaltata che ospitava il parcheggio era svanita in un batter d'occhio, lasciando il posto ad una stanza stretta e piuttosto spoglia, eccezion fatta per un mobile con ante vetrate che racchiudeva tante piccole boccette, piene e vuote, ed un calderone posto in un angolo, appena sotto una mensola chiusa. La finestra, priva di tendaggio, mostrava appena il panorama costellato di lucine, mentre alle spalle dell'Auror una scura porta d'ingresso faceva da tappo alla stanza. Dal calderone, privo di fiamma, provenivano dei rivoli di fumo chiaro, che s'innalzavano fino a disegnare piccoli arabeschi aerei, nello sfondo scuro di un muro grigio. La luce era spenta, solo una candela flottante, alla sua destra, illuminava la stanza, ma la fioca luce lasciava comunque in ombra metà dei loro corpi. Ma quel che più avrebbe attirato l'attenzione della ragazza, sarebbe stato il nuovo sguardo di Huges, che le lasciò il braccio quasi subito, arretrando abbastanza per puntarle la bacchetta contro. Non sembrava lo stesso uomo che fino ad allora aveva creduto di conoscere, l'espressione sinistra ed il ghigno storto le avrebbero mostrato un lato ben più pericoloso di quanto avrebbe potuto immaginare.
«Mi dispiace, ma non c'era altro modo, capisci?» niente più formalità, «Ora mi devi dire chi ti manda e perché eri in quel posto.» Lo sguardo scurito dalla penombra di quella stanza, non la lasciò andare un solo istante. Come avrebbe reagito ora che le piccole certezze raggiunte erano state brutalmente cancellate? Lui poteva essere sicuro che lei non fosse Babbana? Oppure anche quello era un azzardo? Ed Atena avrebbe usato il dialogo o la forza?...Ma soprattutto: chi era Dante Huges?



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Bene Atena, la situazione si complica. Puoi scegliere una via irruenta come una via diplomatica. Ogni azione comporterà una reazione, ovviamente.
Come sempre sei libera di agire come più ritieni opportuno, nei limiti del regolamento. ^^ E, come sempre, l'esito di ogni possibile azione/incanto, verrà poi decretato da me. D'ora in poi saranno presenti anche le statistiche tue e di Huges.

Sono sempre a disposizione per qualsiasi chiarimento ^^
Ti lascio in spoiler una piantina che possa chiarire la vostra posizione.
2nHXWVw

La zona giallina è quella più illuminata dalla candela (evidenziata in giallo scuro) alla tua destra. Il resto delle sigle penso sia facilmente intuibile, Atena è nel puntino viola e Dante si trova nel nero, con la bacchetta puntata verso di lei, a meno di un metro dal suo volto.

ATENA = PS: 174 | PC: 120 | PM: 120 |

DANTE = PS: 180 | PC: 130 | PM: 135 |
 
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view post Posted on 25/5/2017, 10:05
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Atena McLinder
Tic Toc. Tic toc. Le grandi lancette dell’orologio del Fato scandivano incessantemente il Tempo di ogni cosa. Ogni secondo, un attimo in meno allo scoccare dell’ora. Un movimento, e la distanza si faceva sempre più breve, nella completa inconsapevolezza di ogni Essere che a quel Tempo sottostava. Finché accadeva. La distanza si azzerava. La lancetta più lunga scattava e gli ingranaggi all’interno del quadrante si muovevano. Ma l’orologio del Tempo era imprevedibile. Vi potevano essere secondi lunghi decenni ed altri che scivolavano via velocemente. Vi erano situazioni in cui il tempo procedeva lineare, imperturbabile. Ed altre in cui il tempo si azzerava e riprendeva il suo corso dal principio. Una folata d’aria e il castello di carte costruito con tanta dovizia e precisione si afflosciava su se stesso. Questo era quanto era successo in quella manciata di secondi, davanti un grande palazzo grigio, nel centro di Londra.
Atena si trovava a pochi passi dal portone, seguiva con attenzione le parole di Huges mentre camminava con disinvoltura al suo fianco. Senza preavviso questi si arrestò, voltandosi. Alcune criptiche parole, un ghigno sinistro, una stretta al braccio e una bacchetta apparve davanti a lei. Sul volto dell’Auror si disegnò un’espressione interrogativa e sorpresa, e prima che potesse rendersi conto della piega che gli eventi stavano inesorabilmente prendendo si ritrovò risucchiata in un vortice familiare, senza che potesse fare nulla per evitarlo. In quel turbinio che seguì il ben noto “pop”, poteva quasi sentire il rumore degli ingranaggi che si azionavano e tornavano al loro punto di partenza, bloccandosi di scatto e riprendendo poi il consueto corso dall’inizio.
«E’ stata una mossa molto azzardata» disse con tono secco, quasi sottovoce, sfoderando con prontezza la bacchetta non appena i suoi piedi tornarono a posarsi su una superficie solida. Prima ancora di guardarsi intorno per capire dove si trovasse, il suo pensiero era andato alle conseguenze che potevano derivare dall’uso della magia in un luogo pubblico. Come poteva essere sicuro che fosse una Strega? Come lo aveva capito? Oppure non gli importava affatto e voleva semplicemente liberarsi di un ostacolo comparso sul suo percorso? Fece per dare uno strattone al braccio per sottrarsi dalla sua stretta, ma non fu necessario completare il gesto, lui la lasciò andare senza troppe proteste. Diede una rapida occhiata al nuovo ambiente, ma solo il tempo necessario per individuare la posizione della mobilia. Candela, mobile, boccette di vetro, mensola, calderone, fumo, finestra. Tutto chiaro. E una bacchetta puntata su di lei, a poco meno di un metro di distanza. Forse il particolare più importante. Il suo sguardo tornò a posarsi sull’uomo che aveva di fronte. Non poteva ancora sapere con certezza chi fosse. Si trattava forse del Pozionista che stava cercando? Che l’uomo si dilettasse nell’arte delle Pozioni non v’era dubbio. Di certo, quella che aveva davanti a sé era una persona diversa, il suo ghigno – reso ancora più inquietante dalla luce che lo illuminava solo a metà - non lasciava molte perplessità sulle sue reali intenzioni. Huges riprese a parlare. Dalle labbra della ragazza uscì un sorriso divertito, quasi l’accenno di una risata, quando lui pronunciò la parola “devi”. «Bisogna riconoscere che è un uomo dalle continue sorprese, Detective disse, ponendo particolare enfasi sull’ultima parola. La sua voce era seria, così come i lineamenti, ma estremamente calma. «I miei complimenti» si era fatta portare in quel luogo come una mosca attirata lentamente dalle fila di un astuto ragno. Con la mano libera estrasse il distintivo Auror e, senza mai distogliere lo sguardo da Huges, lo sollevò per alcuni secondi in modo che l’uomo lo potesse vedere, per poi riporlo nella giacca con un gesto risoluto. Niente più identità da nascondere. Niente più ruoli da recitare. Se fino a poco prima aveva assunto un atteggiamento volutamente accondiscendente e cortese al fine di non rivelarsi, ora si trovavano ad agire in un campo aperto. «Sul motivo della mia presenza in quella casa…penso che ora sia facilmente intuibile». E lui, invece, chi diavolo era? Le domande si affollavano nella mente della giovane Auror, mentre cercava di ridare una forma ai pezzi del puzzle che si erano disgregati nel giro di un istante, ricomponendoli alla luce dei nuovi avvenimenti. Molti particolari stavano assumendo sfumature completamente diverse. «Ora è il tuo turno di rispondere, Dante Huges.» pronunciò il suo nome con lentezza. Se vi erano ancora dei confini, l’uomo li aveva spostati ben oltre i limiti della cortesia e della pura formalità. La sua voce ora era asciutta e sicura, tipica del ruolo che ricopriva. Non si mosse dalla sua posizione, se non di qualche impercettibile centimetro in avanti, verso l’uomo che le puntava la bacchetta contro. Dalla rapida occhiata che aveva dato alla stanza aveva dedotto che si trovava in una posizione piuttosto buona, era più in ombra rispetto al Detective e da quel punto l’angolazione dell’unica fonte di luce presente sembrava illuminare le mani dell’uomo più delle sue. «Chi sei e cosa ci facevi in quella casa?» continuò. Tutto era ripreso dall'inizio, erano tornati al momento del loro primo incontro. Quello era il loro primo - vero - incontro. Il suo spirito razionale prevalse su ogni azione impulsiva. Voleva capire. Comprendere quanto più possibile di quella situazione, dare un senso a quanti più tasselli poteva prima di passare allo scontro fisico. Il nuovo Dante Huges era un mistero, un mistero che non poteva fare a meno di provare il desiderio di sondare e, a poco a poco, svelare. Un mistero che, come ogni mistero, la affascinava.

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- Pezzo di vetro triangolare rinvenuto nella camera da letto


Che colpo di scena!
Perfetto, tutto chiaro. May the Force be with you me.
 
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Il Fato

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Il sorriso sadico e spavaldo del mago non fece che ampliarsi una volta recepite le prime reazioni della ragazza. L'aveva rapita contro la sua volontà, e questo aveva scatenato qualcosa in entrambi. Ma quando l'aveva vista estrarre la bacchetta a sua volta, aveva avuto conferma di quanto già immaginato. Il fatto che non sembrasse particolarmente intimidita dalla minaccia che Dante sentiva di rappresentare, accese ancora di più in lui il desiderio di metterla alla prova, di "giocare" con lei. Senza abbassare di un centimetro la bacchetta, puntò gli occhi grigi sul distintivo che gli veniva mostrato, con un'espressione consapevole e quasi affascinata. Non sembrava per niente spaventato, ma piuttosto maggiormente attratto da quel dettaglio. Era come se, ogni informazione che lei rivelava, non facesse che alzare la posta di un gioco che lui era prontissimo a giocare. «Ah, un Auror.. immaginavo che prima o poi sareste arrivati ad infastidirmi. A dir il vero, potrei quasi dire che vi stavo aspettando.» Inclinò appena la testa a lato, curioso di percepire ogni reazione possibile. Atena dal canto suo aveva già capito molte cose da quel primo fugace e scombussolato attimo. Il calderone, le boccette contenenti probabilmente pozioni di ogni sorta e la presenza stessa dell'uomo sulla scena del crimine non potevano essere solo coincidenze. «Grazie,
ed invece io speravo che mandassero un mastino.. e non un bel cucciolo. Suppongo che mi dovrò accontentare di te.»
Huges scosse appena il capo, squadrandola per intero. Era chiaro come non la ritenesse all'altezza di un duello con lui, ma al tempo stesso non era scomparsa l'affascinante scintilla che dall'inizio aveva brillato ad intermittenza negli occhi freddi di Dante.«Oh, avanti, Auror.. c'è davvero bisogno che io risponda alla tua domanda? Devo davvero dirti chi è Dante Huges? So che puoi fare di meglio. So che sai benissimo chi sono.» Ancora divertito, allargò il braccio libero, in un gesto appositamente teatrale, quasi in attesa di una lode. Non smise un solo attimo di guardarla letteralmente dall'alto al basso, come un'aquila con un topo, perché era chiaro oramai che lui si credesse abbastanza superiore da permettersi di giocare con il cibo. Fece un passo indietro, lentamente, indicando con la mano libera il mobile con le ante vetrate. In ognuno di quei quadrati c'era spazio per almeno cinque boccette, ma uno ne era privo, al loro posto lì vi era una cornice molto simile a quella che la stessa Atena aveva trovato al civico 24, ma nella foto contenuta la terza figura era ben visibile, ed il volto visibile era identico a quello di Huges. «Hai qualcosa di mio. Dammelo e potrai tornare a casa solo con un leggero mal di testa.» Con un tono più serio accompagnato da uno sguardo simile, l'uomo pose l'attenzione su quanto, a suo dire, lei aveva preso. A cosa si riferiva? Non aveva ritenuto necessario specificarlo, così come era vero che Dante non aveva nemmeno posto altre alternative a quella richiesta. Erano in stallo, ma per quanto sarebbe durata quella situazione, quanto avrebbero impiegato a castare i primi incantesimi? Inoltre, era davvero necessario che lo facessero? Nuove trame andavano intessute e le mani del Fato si muovevano freneticamente.


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DANTE = PS: 180 | PC: 130 | PM: 135 |
 
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view post Posted on 26/5/2017, 12:50
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Atena McLinder
Che il posto in cui si trovava fosse la tana del Pozionista non v’era ormai alcun dubbio. Così come le successive reazioni dell’uomo fugarono nell’Auror le ultime perplessità sul fatto che il Pozionista stesso fosse proprio lui.
«E’ la tua giornata fortunata, allora. O forse la mia». Alzò un sopracciglio con fare curioso. Tutto si aspettava, fuorché di trovare così presto il responsabile degli omicidi. Era convinta di avere ancora molta strada da percorrere, invece lo aveva sempre avuto sotto il naso. Sin dall’inizio. Un sorriso si fece strada sulle sue labbra, andando ad aggiungersi all’espressione curiosa, quando la paragonò ad un “bel cucciolo”. «Suppongo di sì. Mi duole davvero deludere le tue aspettative». Lo squadrò a sua volta, muovendo lentamente un passo verso di lui. Se c’era qualcosa che accumunava il vecchio Detective Huges con il presente Dante Huges era la sua capacità di incuriosirla ed affascinarla. Aveva intuito un certo divertimento da parte sua, voleva metterla alla prova. Ma questo, anziché intimorirla, non fece che accrescere il suo interesse. La intrigava. Seguì con attenzione i suoi movimenti mentre allargava le braccia in modo teatrale, indietreggiava e indicava il mobile vetrato. Seguì anche la traiettoria del suo dito, non fu difficile individuare all’interno del mobile l’ormai nota fotografia, in cui era ben visibile il viso dell’uomo. Questa nuova scoperta non la stupì eccessivamente, ebbe la conferma di un’idea che già aveva iniziato a farsi strada dentro di lei. Riportò ben presto lo sguardo su Dante Huges, il vero Dante Huges che aveva davanti. Il Mago riprese a parlare, stavolta con tono più serio. Alle sue parole Atena sorrise divertita. Cosa si aspettava, che lo invitasse anche a prendere un tè? «Quanta clemenza da parte tua.» indugiò con lo sguardo su di lui. Si riferiva forse al pezzo di vetro che aveva rinvenuto sulla scena del crimine e che ora si trovava nella sua tasca? Non c'erano molte altre alternative, dato che non aveva quasi nulla con sé. Probabilmente, pensò, lo aveva visto nella camera da letto ed aveva notato la sua scomparsa. Quali pensieri erano passati nella mente del Detective, in quegli attimi? «Pensi davvero che sia così ingenua?» un angolo della bocca si alzò in un mezzo sorriso divertito. Fece un altro passo verso di lui, lentamente, la bacchetta sempre puntata sull'uomo, stretta saldamente. Schiuse di nuovo le labbra per dire qualcosa, inclinando leggermente la testa. «Potrei quasi ritenermi offesa» disse con voce suadente. Mantenendo lo sguardo fisso sul Mago, con un movimento del polso veloce e sicuro, mosse la bacchetta a formare una L, prima dall’alto verso il basso, poi - continuando il movimento con fluidità - da sinistra verso destra, come a disegnare un ipotetico sgambetto nell’aria. *Decàdo* pronunciò con decisione la formula tra sé mentre eseguiva il movimento, ponendo particolare attenzione all’accento. Se l’incantesimo fosse riuscito, il Mago sarebbe finito a gambe all’aria, disteso per terra. Era un incantesimo che dalla sua attuale posizione poteva eseguire con dei semplici movimenti del polso, sicuri e decisi, senza attirare troppo l’attenzione. Utilizzando la formula non verbale poteva inoltre sperare di giocare maggiormente sull’effetto sorpresa. Aveva scelto un incanto che non provocava danni seri all’avversario. Non era il suo obiettivo ferire il Mago - non ancora - bensì stuzzicarlo, stare al suo gioco e invitarlo a sua volta a giocare. Voleva destabilizzarlo, in tutti i sensi. Qualunque fosse stato l’esito dell’incanto o la risposta di Dante, il suo messaggio sarebbe arrivato a destinazione, o almeno così sperava.
Dopo aver eseguito l’incantesimo tenne la bacchetta ben salda in mano, pronta ad un eventuale contrattacco. La sua espressione era tranquilla, ma i sensi erano acuiti. Sapeva che non era solo la bacchetta dell’uomo a rappresentare una minaccia per lei, ma l’intera stanza, con le sue misteriose pozioni e i suoi effluvi. Un regno in cui Dante Huges era il re.
Un ultimo atto, prima di passare il testimone al Mago.
«Chi erano per te Dharma e Carlyle? Perché li hai uccisi?». Passò a domande di cui non poteva conoscere le risposte. Risposte, non si accontentava di avere il criminale davanti a sé, voleva andare più a fondo. Che si conoscessero era ovvio. Ma cosa li legava? Chi erano i due giovani? Quali eventi li avevano legati al loro tragico destino?

● Auror ● Scheda Outfit


STATISTICHE:
Punti Salute: 174 (160 +10 Auror + 4 Votazioni)
Punti Corpo: 120 (110 +10 Auror)
Punti Mana: 120 (110 + 10 Auror)
Punti Esperienza: 26,5 (23 + 3 Auror + 0.5 Votazioni)

ATTIVO:
Bacchetta
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view post Posted on 31/5/2017, 12:58
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Il Fato

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Paragonare Atena ad un topo e Dante ad un aquila non sarebbe stato propriamente corretto. Da un primo scambio di battute, l'Auror si dimostrò ben più scaltra di quanto lo stesso Detective avesse immaginato. Il tentativo dell'uomo di indebolirla psicologicamente, di imporre il suo dominio su di lei, non ebbe effetto nell'immediato. Per quanto tempo Huges avrebbe scherzato prima di usare la forza? Quando si sarebbe stancato di giocare con lei? Dismesse le formalità già da qualche minuto, i due proseguirono in quella danza, fatta di strani sguardi, ghigni contorti e pensieri celati. "Una bella collezione, non trovi?", sembrava voler comunicare lo sguardo del mago, rivolto un solo attimo verso il mobile. Era chiaro come andasse fiero del suo operato, certamente per lui non c'erano rimorsi di sorta. L'espressione fiera rimase tale anche dopo il movimento di bacchetta della sua avversaria. Nonostante volesse ardentemente replicare alle provocazioni, l'uomo scartò alla sua sinistra, avvicinandosi di un metro alla sua collezione di pozioni, ma nonostante il movimento non riuscì a schivare del tutto l'incantesimo che con una sferzata lo costrinse a poggiare a terra il ginocchio destro. «Abbiamo le unghie, allora disse l'avversario, facendo uso di un tono ben meno calmo del precedente. Una lieve risata accompagnò il movimento del capo, mosso ancora una volta per il solo scopo di incontrare gli occhi di Atena. «No no no, Auror, se fossi in te non lo farei.» Aggiunse non appena la vide riportare la bacchetta in posizione. Con un gesto rapido Dante estrasse dalla tasca una fialetta contenente un liquido madreperlaceo. La tenne sollevata davanti a sé, per il tempo necessario a rialzarsi in piedi. Con l'altra mano non smise di puntare la becchetta verso Atena, il colpo precedente non era stato previsto, ma non avrebbe permesso che accadesse una seconda volta, quel messaggio era esattamente quanto il suo sguardo voleva comunicarle. «Erano clienti, come tutti i babbani. E non li ho uccisi io, hanno fatto tutto da soli. Volevano la magia e l'hanno avuta. Ottusi.» Illuminato totalmente dalla candela, perfino il liquido nella boccetta parve brillare un attimo, in coordinato con il sinistro brillio nello sguardo di Huges. Il sarcasmo divertito di poco prima era stato sostituito da un suo cugino più crudele e spietato. «Dovevi accettare la mia offerta, ora è tardi.» Il tono chiaro della minaccia risuonò nell'aria, mentre i fumi argentei della pozione sconosciuta iniziavano ad allungarsi tanto da avvicinarsi alla finestra, come tentacoli di una piovra eterea. Cosa c'era nella fiala di Huges? E cosa c'era nel calderone?


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Atena McLinder
Con un colpo di bacchetta, il teatro in cui inizialmente l’Auror e il Detective si erano trovati a recitare era cambiato all’improvviso. Il gioco era ricominciato in un nuovo scenario, con nuove regole e nuovi avversari. Dopo il primo scambio di battute, la partita stava iniziando a mutare. Il turno di riscaldamento volgeva al termine, si avanzava di livello.
«Problemi di equilibrio, Mago?». La ragazza fu attenta alla reazione dell’uomo al suo incantesimo. Studiava il suo avversario. Era stato veloce a scostarsi nel tentativo di schivare il colpo, lo doveva riconoscere. Ed ora non poteva sperare di coglierlo impreparato una seconda volta. Atena inclinò leggermente il capo quando Huges estrasse con prontezza la fialetta dalla tasca. Si chiese cosa avesse intenzione di fare e che cosa fosse quel liquido opalescente che egli brandiva davanti a sé come uno scudo e un’intimidazione allo stesso tempo. La sola cosa certa era che quel liquido non avrebbe favorito l’Auror.
Anche davanti a questa nuova circostanza la ragazza non perse la calma che la contraddistingueva, senza tuttavia smettere di impugnare saldamente la bacchetta e di essere attenta ad ogni gesto dell’uomo
. «Hai uno strano senso della responsabilità» commentò in risposta alla sua spiegazione. «Quindi traffichi pozioni illegali ai Babbani» chissà quante altre volte lo aveva fatto fino a quel momento «violando ogni Statuto ed ogni morale» fece un passo in avanti «e pensi che un Auror acconsenta docilmente alle tue richieste. Acutonon trattene l’accenno di un sorriso divertito, lo sguardo puntato nel suo. «La domestica sapeva quello che avevi fatto, rappresentava una seccatura da eliminare?» azzardò la sua ipotesi. Altre risposte. Immaginò il senso di superiorità e l’intimo sadismo che doveva aver animato il Mago nel tessere quella trama di morte intorno ai due giovani. Astuto e spietato. Eppure, non poté fare a meno di provare una sottile fitta di disapprovazione anche nei confronti della coppia. Fino a quale punto poteva portare l’avidità e il desiderio di potere?
Dopo il rifiuto di arrendersi all'avversario e il successivo incantesimo castato, la giovane non poteva che aspettarsi una maggiore determinazione da parte del Mago. Era riuscita a coglierlo di sorpresa, ma sapeva anche che questo lo aveva reso più fermo nel perseguire il suo intento. La stanza stessa, con il fumo che sinuosamente avanzava lento verso la finestra, sembrava animarsi all’eco delle sue efferate intenzioni, disegnando figure ipnotiche nell’aria. La mano invisibile del Mago stava schierando le sue pedine sul campo di battaglia. Quale di esse avrebbe attaccato per prima? Cos’era il liquido contenuto nella fialetta? Contro quali nemici doveva combattere? "Ora è tardi", disse brandendo le due armi in mano.
Due armi in mano. Un’idea balenò nella mente dell’Auror. Forse era azzardata, ma non poteva restare inerme aspettando che la minaccia del Mago si abbattesse su di lei. «Tardi? Quanta fretta.» accennò una risata «Non correre, Mago, non prima che mi sia complimentata con te per la tua collezione» con un movimento degli occhi posò per un attimo lo sguardo sul mobile accanto all’uomo, prima di portarlo nuovamente a fissarsi in quegli occhi grigi e freddi, come se un semplice movimento dello sguardo bastasse ad entrambi a capire a cosa si riferisse. «Magari con un applauso». Senza aspettare alcuna risposta, la mano libera si alzò con un gesto fluido, andando a congiungere i due palmi delle mani. La bacchetta che spuntava tra i due indici era puntata dritta verso l’avversario. *Acclamatio* pronunciò tra sé, non appena ebbe raggiunto la posizione corretta. Non le era passata inosservata la fierezza con cui il Mago aveva ostentato il suo operato e non fu difficile focalizzare l’attenzione su un applauso scrosciate. Ma non era per la lode o la beffa che Atena aveva scelto quell’incantesimo. Vi era un aspetto nel gesto che l’incanto avrebbe provocato che incuriosiva l’Auror: non era possibile applaudire con entrambe la mani occupate. O, perlomeno, sarebbe risultato molto difficile. Vi era forse una possibilità che l’uomo lasciasse andare la bacchetta o la fiala, privandolo così di una delle due armi? La sua speranza era che lo spasmo alla mano provocato dall’incantesimo facesse in modo che l’uomo lasciasse andare la fialetta e che questa si infrangesse ai suoi piedi. Era una azzardo, perché non sapeva cosa essa conteneva. Ma - pensò - se quel liquido fosse stato qualcosa di nocivo, allora era preferibile che si riversasse sul Mago anziché su di lei. Scartò l'ipotesi che potesse essere nocivo per entrambi, difficilmente l'avversario avrebbe messo volontariamente in pericolo se stesso. Vi era anche la possibilità che servisse ad acuire le capacità del Mago o che provocasse conseguenze che l’Auror non poteva immaginare. O, ancora, che l'incanto non riuscisse nel suo intento, che l'uomo la colpisse o… *Al diavolo, che sia quel che sia*. Meglio andare incontro ad un infausto destino che rimanere immobili nel dubbio. Di questo Atena era certa. Strana filosofia di vita.

● Auror ● Scheda Outfit


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Il tempo per gli scherzi era finito. Le minacce che i due, verbalmente e non, si scambiavano erano prive di qualsivoglia giocosità. Dante era un individuo pericoloso ed Atena l'aveva compreso non appena gli eventi ne avevano rivelato la vera natura, ma che fosse già tardi? C'erano stati segnali che avrebbero potuto metterla in allarme anche prima? Rimuginare su quanto percepito o meno sarebbe però stato inutile in quella situazione, il presente avrebbe presto richiesto ogni stilla della sua energia, mentale e fisica. All'estrazione della boccetta contenente un liquido particolare era seguito un nuovo momento di stallo in cui l'Auror aveva di nuovo posto altre domande, sulla scia del ballo già in corso. Ma il ghigno di Dante Huges non rivelò risposta alcuna, lui la guardò con una crudeltà disarmante e con l'espressione di chi è già convinto di avere la vittoria in mano, letteralmente. Ma era così? Come poteva sapere l'Auror a cosa sarebbe andata in contro da lì a pochi istanti? Tutto in effetti si svolse in poco tempo, un battito di ciglia. Nel momento in cui lui la vide avvicinare la mano alla libera a quella con la bacchetta in pugno, iniziò a muovere la propria distendendo il braccio ed iniziando alcuni movimenti a spirale. Non fu abbastanza veloce da concludere l'esecuzione come sperato poiché le proprie mani, spinte dall'incantesimo di Atena, si unirono con forza. La breve resistenza di Huges non fece che aumentare la velocità con cui una mano si scontrò con l'altra. Ebbene, in quell'istante ogni cosa cambiò. L'incantesimo non verbale del pozionista andò a segno solo in parte, provocando un bruciore improvviso al polso sinistro della ragazza. [-8PS] Ma prima che quella ustione potesse allargarsi, l'uomo perse la bacchetta in quell'applauso costretto e la boccetta tenuta in mano si ruppe in parte mentre ancora la teneva. Una scheggia di vetro si conficcò con ferocia nel palmo della mano di Huges, che forzatamente dovette proseguire in quell'applauso involontario, [-5PC] ma il liquido della pozione ebbe modo di dargli tregua. Una volta toccato il suolo, la miscela speciale appositamente creata per occasioni simili, evaporò formando una nuvoletta perlacea tra i due contendenti, e lui immune non ebbe da temere. Così non fu per Atena che pur non troppo vicina, ne inalò una parte: Amortentia. L'elisir d'amore più potente al mondo, calibrato sul desiderio di Dante, avrebbe in breve iniziato a fare effetto, D'apprima Atena avrebbe percepito il personale mix di odori che solo lei avrebbe riconosciuto come "suoi", ed in seguito un senso di stordimento l'avrebbe pervasa, così come il successivo invaghimento per il suo nemico. Huges, concluso l'applauso, recuperò rapidamente la bacchetta dal suolo e lentamente iniziò ad estrarre la scheggia di vetro dal palmo. «Auror, Auror.. ma come devo fare con te?». Una smorfia di dolore deformò il volto dell'uomo, nel momento in cui la scheggia cadde ai suoi piedi. «Dovevi andartene, ma ora non vuoi più farlo, non è così?» Dante mosse un passo verso Atena, seguito da un secondo, quasi certo di non rischiare molto con l'effetto dell'Amortentia in atto. Negli occhi chiari brillò un lampo di lussuria. Che ne sarebbe stato di lei, in preda a quell'improvvisa ed inevitabile infatuazione? Sottrarsi a quel filtro d'amore poteva essere impossibile, non vi erano Elisir simili più potenti di quello. L'unica fortuna, se così si poteva definire era che sarebbe durato qualche minuto e non tanto quanto sarebbe accuto se malauguratamente lo avesse ingerito.


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Situazione Generale: Nel fazzoletto di pavimento tra Atena e Dante ci sono frammenti di vetro appuntiti. I fumi grigi dell'intruglio nel calderone stanno coprendo la visuale della finestra.

ATENA = PS: 166/174 | PC: 120/120 | PM: 120/120 |
Lieve ustione sul polso sinistro.
Sotto l'effetto dell'Amortentia per 2 turni.


DANTE = PS: 180/180 | PC: 125/130 | PM: 135/135 |
Taglio abbastanza profondo nel palmo sinistro.

 
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Atena McLinder
Un bruciore al polso fu la prima cosa che sentì non appena ebbe scagliato l’incantesimo. Ma non era stata la rottura della fialetta a causarlo, bensì l’incanto che il Mago aveva a sua volta castato. L’espressione sul suo volto era cambiata, si era fatta più crudele e non lasciava spazio a dubbi: poteva farle del male, voleva farle del male e lo avrebbe fatto, se solo l’incantesimo dell’Auror non lo avesse colpito per primo.
La seconda sensazione fu un odore familiare. Inizialmente lieve, come un ricordo in lontananza. Si chiese per quale motivo le fosse tornato in mente quel profumo in un momento così poco opportuno, quando la sua mente doveva essere interamente focalizzata ad affrontare le minacce che aveva davanti. Ma non le ci volle molto affinché il suo sguardo si posasse sulla nuvoletta perlacea che si stava formando davanti a lei. Il tempo di un respiro e comprese: Amortentia. La pozione d’amore più famosa e potente del mondo. Chiuse gli occhi,
*Stupida* si disse, per non aver riconosciuto il tanto famoso liquido madreperlaceo. *Stupida*, non aveva preso in considerazione quella possibilità. Avrebbe voluto rispondere al Mago con una battuta tagliente, appuntita come il vetro che gli si era conficcato nella pelle, avrebbe voluto colpirlo di nuovo. Ma era tardi, le fragranze si stavano già innalzando fino a giungere rapidamente ai suoi sensi. Ora le poteva distinguere chiaramente.
Odore di carta intrisa d’inchiostro. Era l’odore che riempiva una stanza piena di libri, che aleggiava insieme ai granelli di polvere illuminati dall’unico raggio di sole che filtrava dalla finestra. Un odore che sapeva di caldo. Un odore tranquillo, come il suono lento e cadenzato delle lancette dell’orologio, unico rumore a rompere il silenzio e a scandire il ritmo della piuma sul foglio. L’aveva accompagnata nelle lunghe ore di studio, ad Hogwarts, quando con diligenza e precisione eseguiva i compiti assegnati, approfondendo quanto più poteva gli argomenti affrontati ed andando oltre quella che era la mera richiesta dell’insegnante. L’accompagnava tutt’ora, perché non aveva mai smesso di avere sete di nuove conoscenze. Era l’odore dei suoi successi e delle sue sfide, di ignoti che si aprivano continuamente davanti a lei e che - seducendola - le chiedevano di essere sondati. L’intimo piacere della scoperta, che zampillava dall’interno del suo essere e si espandeva fino a riempire l’intera stanza intorno a lei.
Odore di erba mista a salsedine. Sin da piccola aveva amato sdraiarsi sul prato del giardino di casa sua, l’eco del mare vicino come perenne sottofondo. Le piaceva il contatto fresco con la terra. Spesso si stendeva ad osservare il cielo, somma opera d’arte che la inglobava, senza confini. Di giorno, insieme alle risate rassicuranti dei genitori, quando le striature bianche appartenevano solo alle nuvole che solcavano il cielo e non ai loro capelli. Di notte, puntellato da una miriade di stelle, tante quante erano le voci dei grilli d’estate o le onde del mare d’inverno. Il vento le portava l’odore dell’acqua salata, che le rimaneva appiccicato alla pelle. Poteva quasi sentirne ancora il sapore sulle labbra, anche in quel momento, in quella stanza angusta che odorava di tenebre, persa nel centro di Londra, lontana dal suo mare. In quel posto - unico al mondo - si era sempre sentita al sicuro. Era l’odore di casa.
Infine, l’odore di lui. William. L’amico che aveva perduto. Era il profumo che sentiva quando affondava il viso nel suo abbraccio. L’odore che aveva sentito anche quell’ultima volta, quando stringeva il suo corpo inerme tra le braccia, perdendosi in quel profumo finché la notte non l’ebbe assorbito del tutto, portandolo via con sé. Barcollò all’indietro, colta di sorpresa da quell’odore che non sentiva da anni, un lampo freddo nello stomaco che le tolse il respiro e che le fece sentire il terreno mancare da sotto ai piedi. Lo aveva cercato per tanto tempo, quell'odore, negli oggetti che aveva lasciato o negli antri sperduti della sua memoria. Le era mancato nelle notti insonni o quando, ad ogni nuovo traguardo raggiunto, avrebbe voluto sentire di nuovo la sua presenza accanto, per condividere insieme le gioie. Iniziava a sentirsi stordita, non sapeva se per l’effetto della pozione o la sensazione di ubriacatura che le aveva causato quell’odore. Cercò di recuperare la ragione, tentando di cacciare il turbinio di ricordi che si stavano rimescolando in lei, toccando le corde più intime e profonde del suo essere. Tentò di portare il pensiero alla sua missione, a quel Distintivo di cui poteva sentire chiaramente il peso nella tasca della giacca. Cercò di aggrapparsi a quell’unico peso - materiale e tangibile - che era riuscita a trovare, unico brandello di razionalità che le rimaneva. Cosa sarebbe successo se avesse ceduto, se avesse perso il controllo di se stessa? Cosa le avrebbe potuto fare Dante Huges se fosse stata in suo potere? Sentì l’ombra di una fitta di disprezzo tentare di materializzarsi dentro di lei, ma non fece in tempo a prendere forma che ricadde subito nel vuoto. Perché nello stesso tempo combatteva anche contro se stessa e il desiderio di lasciarsi andare ancora una volta a quell’ultimo profumo. Al bisogno di sentirlo ancora, lì, perché non avrebbe più potuto sentirlo in nessun altro luogo. Solo una volta. Inspirò di nuovo, mossa dagli effluvi della pozione che si stavano avvinghiando dentro di lei. Il senso di stordimento aumentò. La pozione stava avendo il sopravvento. La sua mente parve colorarsi di bianco. Perché fino a un attimo prima stava resistendo? Contro cosa stava resistendo? Stavolta provò un leggero senso di calma. Le sembrava di stare meglio. La voce del Mago la raggiunse di nuovo. Era una voce incredibilmente attraente e si rivolgeva a lei. Batté un paio di volte le palpebre.
«N-no» iniziò, una leggera titubanza, mista a stupore, dovuta allo stato di confusione da cui stava uscendo e alla presa di coscienza della verità delle sue parole. Alzò lo sguardo sull’uomo. «No.» stavolta era più sicura. Perché avrebbe dovuto andarsene? Era esattamente nel posto in cui voleva essere, con la persona con cui voleva stare. Abbassò la bacchetta, rilassando il braccio lungo il fianco. Il polso della mano sinistra le doleva, per un attimo se n’era dimenticata. Non ci badò più di tanto, era secondario. Con la coda dell’occhio notò che il fumo del calderone continuava ad avanzare. Non le sembrava importante. Un solo pensiero le occupava la mente: Dante Huges. Fece scorrere lo sguardo su di lui, apprezzandone i movimenti eleganti, lenti, sicuri. I lineamenti del viso erano perfetti, scolpiti tra il buio della stanza e la luce della candela. Le labbra sottili. Pendeva da quelle labbra. Bramava le sue labbra. Fissò lo sguardo nei suoi occhi chiari, imperturbabili, increspati solo da una venatura di lussuria. Fu quella striatura che la incoraggiò ad osare, più di quanto la sua natura le avrebbe concesso di fare normalmente. Fece a sua volta alcuni passi in avanti, avvicinandosi ulteriormente al Mago. Sul pavimento c’erano dei pezzi di vetro appuntiti: miseri ostacoli che volevano tenerla lontana dall’oggetto del suo desiderio. Illusi. Puntò la bacchetta verso di loro e *Oppugno*, con un movimento veemente tentò di scagliarli verso il muro. Non che le importasse di calpestarli, ma voleva far vedere loro cosa succedeva a chi osava frapporsi tra lei e il suo obiettivo. Continuò ad avanzare, avvicinandosi sempre di più a Dante Huges, fino ad essere abbastanza vicina da posargli lievemente una mano sulla camicia. Si alzò leggermente in punta di piedi, accostando le labbra al suo orecchio. «Non voglio andarmene» sussurrò, facendo scorrere la punta delle dita lungo il fianco, lentamente.
La pozione aveva vinto ogni sua resistenza. Era in suo potere.


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Londra ◬ Dante Hugesgrvxtfd

Un amico perduto, il giardino di una casa accanto al mare e l'inchiostro scuro che bagnava le pergamene. Dante non avrebbe mai potuto conoscere quei dettagli, così intimi, così profondi. Era un esperto, un pozionista d'alto livello ma alcune pozioni, come l'Amortentia, riuscivano sempre a far scendere un alone di mistero insondabile. Avrebbe potuto chiedere, ed era certo che in quelle condizioni lei gli avrebbe risposto con la giusta assertività. Ma il suo obiettivo non era quello, a lui non importava cosa avesse percepito l'Auror prima di cadere vittima di una delle inevitabili conseguenze derivate dal mettersi contro di lui. La osservò compiaciuto, mentre con un gesto rapido quanto preciso, rimosse gli ostacoli e lo raggiunse. Nonostante una prima, logica, incertezza, Atena non poté che assecondare il volere di un intruglio che avrebbe potuto riconoscere anche prima di arrivare a quel punto. Rallentando il ritmo di quello scontro che non aveva più ragion d'essere, il mago lasciò che la ragazza lo sfiorasse, ancor più sicuro di non rischiare nulla. Era sua. Avrebbe potuto sfruttare quei momenti in infiniti modi, sarebbe bastato ricambiare quelle carezze con più intensità per dare il via ad una delle sue danze preferite, una di quelle in cui sapeva di eccellere. Ma, per quanto allettante fosse vedere quegli occhi blu perdersi nei suoi, per quanto intrigante fosse percepire il desiderio indotto che istigava una chimica del tutto prevedibile, Dante non colse quell'occasione. Lasciò che la ragazza esprimesse il suo volere, che dichiarasse di voler restare lì ancora a lungo, prima di reagire. Fino a quel momento era rimasto immobile, una statua con cui lei avrebbe potuto giocare, ma una volta compreso il livello di adorazione raggiunto, pose nuovamente una domanda che prima non aveva trovato riscontro. Con la scheggia di vetro sanguinante ormai fuori dal suo palmo, e la bacchetta di nuovo in mano, Huges scostò con dolcezza la mano di Atena dal suo corpo. Non avrebbe negato a se stesso il giusto divertimento con lei se la sua segretezza non fosse stata di importanza più vitale. La strega era una testimone e non avrebbe potuto permetterle di uscire viva, o sana di mente, dal suo laboratorio. L'Amortentia era un'arma a doppio taglio ma non era la prima volta che ne faceva uso per distrarre le sue cavie e rendersi la vita più facile. Con il mestiere che aveva scelto di fare non c'era spazio per il vero amore e lui non l'aveva mai cercato. Poteva sedurre in molti altri modi, ma aveva davanti un Auror, doveva andare sul sicuro. «Immaginavo» rispose allargando il sorriso, «Sii gentile, mia cara, rendimi quello che hai trovato in camera da letto, e poi..» lasciò appositamente passare qualche istante prima di proseguire abbasando di poco il tono di voce.«.. faremo quello che vuoi.» Dante ancora non poteva sapere in effetti se Atena avesse trovato qualcosa, ma tentò ugualmente, assoggettata in quel modo, l'Amortentia avrebbe quasi potuto funzionare al pari di una goccia di Veritaserum.

I rivoli grigi della pozione del calderone, che come tentacoli avevano ormai raggiunto la finestra, la coprirono nella sua totalità, continuando il percorso lungo il muro, quasi il loro obiettivo fosse avvolgere l'intera stanza. Con la coda dell'occhio Huges li vide.



London is fed upon the meat of the dead ◬ They're one shallow inch below the Town

Situazione Generale: I frammenti sono stati rimossi. I fumi grigi dell'intruglio nel calderone hanno coperto totalmente la finestra.

ATENA = PS: 166/174 | PC: 120/120 | PM: 120/120 |
Lieve ustione sul polso sinistro.
Sotto l'effetto dell'Amortentia ancora per 1 turno.


DANTE = PS: 180/180 | PC: 125/130 | PM: 135/135 |
Taglio abbastanza profondo nel palmo sinistro.

 
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view post Posted on 16/6/2017, 22:52
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Atena McLinder
Vi sono forze di fronte alle quali anche la Magia si arresta. Forze talmente potenti che nemmeno il migliore dei Maghi potrebbe mai sperare di dominare. L’amore, una magia che nessun incanto sarebbe mai stato in grado di creare. Solo di imitare.
Il tocco con il quale Dante Huges scostò la mano della ragazza fu dolce, per lei incredibilmente piacevole. Il sorriso che si allargò sul suo viso fu altrettanto incantevole, agli occhi infatuati di Atena parve come il primo raggio di sole che bacia la candida neve d’inverno. A quel sorriso anche gli occhi della ragazza si illuminarono, senza smettere di ammirare quel volto perfetto. Le parole con cui concluse la frase, dopo quello che le parve un momento di infinita attesa, furono come stille di miele cadute dalle sue labbra. “Faremo quello che vuoi” suonava come una dolce promessa. Tuttavia, Dante aveva posto una condizione a quella promessa. Doveva dargli ciò che aveva trovato nella camera da letto. Dopo un brevissimo istante in cui le parole “camera da letto” aleggiarono nella sua mente rimandando a soavi pensieri, prese consapevolezza della richiesta che le aveva appena rivolto. Cosa aveva trovato nella camera da letto? Ah giusto, il pezzo di vetro triangolare. Lo aveva in tasca, avvolto in un foglio di carta.
«Si, il pezzo di vetro, l'ho portato con me» disse, rivelando inconsapevolmente al Mago cosa aveva effettivamente trovato nell’abitazione, ancora incantata da quella sua voce cristallina e persa nei suoi meravigliosi occhi. Fece per muovere la mano verso la tasca della giacca, ma su quelle parole il movimento si sospese sul nascere. Non fu l’ombra di un presentimento ad averla sfiorata, mettendola in guardia - probabilmente, se anche lo avesse fatto, lei non le avrebbe dato retta. Fu quel “pezzo di vetro”. Un altro dannato pezzo di vetro a infrapporsi tra lei e ciò che desiderava più ardentemente. Cosa avevano i pezzi di vetro contro di lei? Era forse una congiura? Una cospirazione? Un vero e proprio complotto? Si era miseramente sbarazzata di quei ridicoli ostacoli che avevano osato trovarsi sul suo cammino. Non avrebbe permesso che la realizzazione del suo desiderio fosse legata ad un pezzo di vetro. Non avrebbe dato loro la rivincita che cercavano. Poteva farcela anche da sola. E lo avrebbe dimostrato. Le sue labbra si aprirono presto in un soave sorriso. «Faremo quello che voglio» ripeté piano le sue parole, assaporandole e pregustando la loro promessa. «Va bene» disse. Aveva preso la sua decisione. Il suo sorriso si allargò ancora. Si mosse quindi a fare una sorta di piroetta intorno al Mago, un misto tra un movimento leggiadro e uno strusciamento, con l’aggiunta di un sorriso un po’ ebete stampato sul volto. Terminato quel movimento dietro di lui, tornò presto davanti al Mago. Ciò che Huges - se fosse restato fermo nella sua posizione - non avrebbe visto, sarebbe stata la bacchetta della ragazza muoversi verso il proprio collo, non appena si fosse trovata alle spalle dell’uomo. Puntandola diagonalmente verso le proprie corde vocali ed eseguendo un movimento rotatorio continuo, pronunciò *Usignòlus* tra sé, ponendo l’accento sulla ò. Nella sua testa la formula suonò come un sussurro velato di estrema dolcezza, come se pregustasse già le delizie che di lì a poco avrebbe potuto assaporare e che in parte sentiva già sue. Concentrarsi sul fascino che la sua voce avrebbe dovuto suscitare nel suo amato non le fu difficile, le risultò piuttosto spontaneo. Voleva davvero essere irresistibile ai suoi occhi, non aveva altro desiderio. Doveva solo battere quel miserabile pezzo di vetro. Il movimento che fece fu fluido e veloce, e forse poteva sperare che la statura del Mago – più alto e robusto rispetto a lei – contribuisse a celarlo. In un attimo fu di nuovo davanti a Huges, tornando a posare i suoi occhi su di lui, non riusciva a tenere lontano il suo sguardo da quel viso meraviglioso più di qualche secondo. «Dammi un bacio, Dante Huges, non farmi aspettare ancora. So che lo vuoi, te lo leggo in fondo agli occhi.» in quegli occhi avrebbe potuto leggerci qualunque cosa; probabilmente anche se fossero stati freddi come il ghiaccio o vuoti come la tenebra ci avrebbe visto una scintilla di speranza. Il ricordo delle sue parole e la sua promessa erano in realtà la sua speranza, la sola cosa che lei riusciva a vedere. Probabilmente si sarebbe accontentata anche di poco, un semplice gesto o una parola erano per lei quanto di meglio potesse desiderare. L’incanto, se fosse riuscito, avrebbe dovuto rendere la sua voce irresistibile, provocando nel Mago uno stato di momentanea arrendevolezza e accondiscendenza. Tanto quanto bastava per decretare la sua vittoria sul pezzo di vetro. Tanto quanto, forse, le sarebbe bastato per tornare in sé, anche se lei non poteva saperlo. Ciò che invece sapeva bene era che quel pezzo di vetro, una volta “neutralizzato”, glielo avrebbe ceduto con immensa gioia. Non era sua intenzione imbrogliarlo. Nelle sue condizioni non avrebbe mai potuto compiere un gesto di tale cattiveria nei suoi confronti. Non avrebbe sopportato il suo disappunto. Desiderava ardentemente acconsentire alla sua richiesta: rappresentava un regalo che solo lei poteva offrire e che avrebbe aumentato la stima dell’uomo nei suoi confronti…e il premio con cui avrebbe potuto ricompensarla. Ma prima aveva un ultimo ostacolo da abbattere.
Frugando in quegli occhi attese la sua risposta con dolce trepidazione, come aspettando che una stilla di zucchero cadesse benevola per sfamarla.


● Auror ● Scheda Outfit


STATISTICHE:
Punti Salute: 174 (160 +10 Auror + 4 Votazioni)
Punti Corpo: 120 (110 +10 Auror)
Punti Mana: 120 (110 + 10 Auror)
Punti Esperienza: 26,5 (23 + 3 Auror + 0.5 Votazioni)

ATTIVO:
Bacchetta
Distintivo da Auror
Indirizzo e fascicolo del caso
- Pezzo di vetro triangolare rinvenuto nella camera da letto


Ho voluto puntare sul lato ossessivo e l'instabilità che crea la pozione, cercando di giustificare quanto meglio possibile il comportamento di Atena ongdr. Spero di non essere andata oltre ciò che l’effetto della pozione consente. Nel caso si rendesse necessario sistemare qualcosa sono disponibilissima a farlo! :)
 
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55 replies since 9/3/2017, 22:55   1132 views
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