Quel sorriso e quello sguardo dolce erano quanto di più bello avesse mai visto. La consapevolezza che questi fossero rivolti proprio a lei la fece sentire incredibilmente fortunata. Poco prima si era posta un obiettivo: dimostrare a quel misero pezzo di vetro che avrebbe potuto farcela anche senza il suo aiuto. Non ci doveva essere nessun ostacolo e nessun intermediario tra loro due. Con sua sorpresa, la vittoria sembrò arrivare prima del previsto. Non appena si mosse, la mano dell’uomo l’afferrò al polso, cogliendola alla sprovvista ed arrestando così il suo movimento. Dante aveva agito con prontezza, ma la sua presa non fu eccessivamente forte. Doveva essere un segno di delicatezza nei suoi confronti, non voleva farle del male, pensò tra sé, rispondendo a quel gesto con un sorriso velato di tenerezza. Anche la voce con cui le parlò sembrava tradire una certa impazienza. Non lasciava spazio a dubbi: non voleva separarsi da lei, non voleva perdere tempo. Fu con trepidazione che Atena tornò a posare gli occhi nei suoi, come se da essi dipendesse il suo stesso respiro. Ma lo sguardo dell’uomo venne per un momento catturato dal fumo argenteo del calderone. Non si era accorta che era arrivato fino a loro, lento e sinuoso, come le spire della passione che – lei ne era certa – li avrebbe avvolti di lì a poco. Seguì attenta i movimenti dell’uomo mentre con un gesto della bacchetta lo ricacciò da dove era venuto. Il suo sorriso si allargò, così come la certezza dei sentimenti dell’uomo nei suoi confronti. Non doveva esserci nessun ostacolo tra loro, anche lui lo aveva capito, aveva cacciato quell’intruso come lei aveva cacciato i pezzi di vetro. Forte di questa nuova certezza, stava per avvicinarsi ulteriormente al suo amato, annullando anche gli ultimi centimetri che li tenevano separati. Ma prima che potesse farlo, Dante riprese a parlare, tornando a chiederle il suo pegno. «Tutto quello che vuoi.» disse allora, pendendo dalle sue labbra e dalla sua volontà. Stavolta non vi era più nulla che potesse ostacolare quella semplice richiesta. Ancora una volta, la ragazza mosse la mano sinistra verso la tasca, realmente intenzionata a consegnargli ciò che chiedeva. Sarebbe stato il suo trofeo e poi finalmente... Sentì una fitta allo stomaco. Una fitta lieve, come un sottile rigagnolo d’acqua. Ma freddo. Qualcosa nel tono nervoso del Mago era riuscito a penetrare tra i fumi della pozione, seppure ad un livello ancora inconsapevole; un livello che sfiorava solo le sensazioni e non arrivava chiaramente alla ragione. Abbassò lo sguardo, leggermente confusa da quella nuova sensazione. Per una ragione che ancora non le era chiara si sentiva in pericolo. Il suo cuore ebbe un’accelerata. La stretta al polso non sembrava più sottendere un piacevole desiderio, la sentiva come una morsa volta a intrappolarla. Lui era vicino, davvero troppo vicino. Eppure desiderava averlo vicino. Perché si sentiva minacciata? Continuando il gesto iniziato, fece scivolare la mano nella tasca, una mossa più meccanica che razionale. Sapeva che quello era ciò che doveva fare, ma la ragione di quell’azione iniziava a sfuggirle. Si sentiva confusa, come se si trovasse in un limbo in cui le certezze iniziavano a sfumare, fino ad arrivare lentamente a dissolversi, dimenticate. Sentì alcune gocce di sangue scorrerle sulla pelle della mano, solcarle il dorso e scivolare lente sulle dita. Erano calde, quasi brucianti, in netto contrasto con la sensazione di freddo che si stava insinuando sotto la sua pelle. Non sapeva dire se quel sangue fosse il suo o se appartenesse al Mago. Non ricordava di essersi ferita, ma non sapeva nemmeno come fosse finita così vicina a lui. La morsa allo stomaco si fece più pesante, come un peso materializzatosi all’improvviso, o che forse c’era sempre stato ma del quale solo in quel momento si fosse accorta. La mano nella tasca si strinse intorno all’involucro di carta in cui era custodito il pezzo di vetro. Fu un gesto istintivo, dettato dalla tensione provocata dalla nuova consapevolezza e dalla lucidità che stava riaffiorando. Il contatto del polso con la stoffa della giacca le fece dolere la ferita. La ferita. Era stato il Mago a colpirla. Subito dopo che lei aveva lanciato un incantesimo. Poi la boccetta si era rotta. Ora ricordava. La nebbiolina perlacea: Amortentia. Si, aveva riconosciuto la pozione appena prima di cadere vittima delle sue spire. Lo stato di confusione iniziava ora ad abbandonarla. Ma non ricordava altro, non riusciva a ricordare cosa fosse successo nel lasso di tempo intercorso tra il momento in cui aveva iniziato a sentire le fragranze e l’istante in cui si trovava ora. Cosa le aveva fatto il Mago? E cosa lei aveva fatto? Erano ricordi ancora assopiti in qualche angolo della sua testa, celati dagli ultimi residui della pozione. Una cosa era certa: aveva perso tempo, troppo tempo. Era pericolosamente vicina a lui e doveva trovare il modo per liberarsi ed allontanarsi. Intorno a lei percepì una luce maggiore rispetto a quella che le sembrava di ricordare. Probabilmente si era spostata dalla sua posizione originaria, era abbastanza logico pensarlo, dal momento che si trovava così vicina a Dante. Ma non aveva il tempo per guardarsi intorno, aveva già perso troppi secondi - o forse minuti, ore? quanto tempo era passato? -. Ancora con lo sguardo abbassato, con un rapido movimento degli occhi riuscì a individuare la mano del Mago che reggeva la bacchetta, rilassata lungo il fianco. E a destra la sua mano, stretta al polso da quella di Huges. Non sembrava una presa molto salda. Forse avrebbe potuto liberarsi facilmente, ma quel gesto avrebbe sicuramente messo in guardia il suo avversario. Ciò di cui invece aveva bisogno era un incantesimo che non attirasse eccessivamente la sua attenzione, ma che allo stesso tempo riuscisse ad allontanarla da lui. Discreto ed efficiente. Forse, se avesse agito con attenzione, avrebbe potuto coglierlo di sorpresa. Con un attento movimento delle dita, scostò leggermente la bacchetta in modo che la traiettoria della sua punta fosse rivolta verso la gamba dell’uomo, in un punto sopra la caviglia, anziché sul pavimento. Eseguì il movimento con cautela, facendo attenzione a mantenere il polso rigido. La presa del Mago non sembrava essere così salda da impedirle quel semplice movimento e forse poteva sperare che non se ne accorgesse nemmeno. Contemporaneamente, l’altra mano lasciò andare il pezzo di vetro nella tasca, sfilandola poi a pugno chiuso, ma vuota. «E’ ora di finirla con questi trucchetti da donnicciole, Mago» disse quasi sottovoce, il tono asciutto. Alzò di nuovo lo sguardo su di lui. Ora era duro e fermo. Così come l’espressione si era fatta più severa. Sentiva la rabbia crescere in lei, insieme ad una nuova determinazione e fermezza. Odiava perdere il controllo, non sopportava il non essere padrona di se stessa. Huges aveva osato utilizzare una pozione proibita su di lei per piegarla al suo volere, e ancora non poteva dire con certezza in che misura fosse riuscito nei suoi intenti; aveva utilizzato un filtro d’amore, espediente tanto in voga tra giovani ragazzine infatuate o tra vecchie zitelle in cerca di avventure. Lei non era mai stata interessata a quelle sciocche frivolezze, né a metodi così poco leciti, nonostante i filtri d'amore in commercio avessero effetti di gran lunga più blandi. Senza perdere nemmeno un altro istante prezioso, e con la bacchetta ancora puntata contro la gamba del Mago, continuò decisa nel suo intento. «Incendio!» scandì con fermezza. Stavolta pronunciò la formula a voce alta, con particolare ardore e decisione, come ad esprimere anche esteriormente ciò che stava provando interiormente. Se l’incanto fosse riuscito, gli abiti del Mago avrebbero dovuto prendere fuoco. Contava sul fatto che l'istinto di sopravvivenza lo portasse ad estinguere le fiamme - sperando che non avesse la strana aspirazione di ardere vivo - costringendolo a distogliere momentaneamente l'attenzione da lei e dandole così la possibilità di allontanarsi. Forse nel frattempo i ricordi avrebbero iniziato a tornare e lei avrebbe potuto capire cosa fosse successo in quel lasso di tempo e quanto quell'incidente fosse o meno riparabile. Era di nuovo padrona di se stessa e pronta allo scontro. Stavolta non avrebbe risparmiato alcun colpo.