| «I AM THE LUNGS THAT BREATHE THE WND» Camminava spedita, in quel tardo pomeriggio di marzo, le labbra serrate in una linea sottile, un libro spesso e dai bordi consunti tra le mani. Ombre lunghe e strette percorrevano le pareti, ogni qual volta incontrava una delle torce che illuminavano il corridoio: sembravano sogni che sorgevano dal buio, scrutavano avidi il mondo dei viventi prima di venire fagocitati nell’oblio, per poi risorgere nuovamente, subito dopo, e morire ancora, nel tempo di un respiro, al ritmo incalzante dei passi contro la pietra. Erano passate diverse settimane da quando era stata assunta come Docente ad Hogwarts. Erano passati diversi mesi da quando, quella lontana mattina di maggio, aveva scoperto di essere un’Elementalista. Non di rado, da allora, quando gli impegni accademici e ministeriali glielo consentivano, passava il tempo china sulle pagine di un libro. Conoscere la natura della sua Abilità era una prerogativa essenziale, un dovere e una necessità a cui non poteva – e non riusciva – a sottrarsi. Le iridi azzurre danzavano allora sui tratti d’inchiostro, sinuosi e seducenti, che formavano le parole, sulle parole che formavano le righe, sulle righe che riempivano le pagine. Un luccichio illuminava il suo sguardo: il riflesso tenue della fiamma di una candela, tremolante nella semioscurità, o forse il bagliore trepido della Conoscenza, vibrante sulle corde del suo cuore. Il tempo passava senza fare rumore e l’alba sorgeva senza nemmeno che se ne accorgesse. L’Elementalismo non era un’Abilità comune, e ancora meno comuni erano i Maghi o le Streghe che erano riusciti a padroneggiarla. Sapeva di avere tra le mani un potere che sfuggiva dal suo controllo, una forza ancora informe che trasbordava da ogni tentativo di essere contenuta; selvaggia come il Vento impetuoso che ulula tra gli scogli appuntiti di un mare in tempesta; inafferrabile come la brezza leggera che fa trasalire le gocce di rugiada sui petali vergini di un fiore, le mattine di primavera. Il cammino che le si prospettava davanti era ancora molto lungo, e per lo più sconosciuto. Tuttavia, la consapevolezza di possedere un dono precluso alla maggioranza dei Maghi, aveva fatto nascere in lei il desiderio di apprendere nuovi Incantesimi: sentiva forte il legame con la Natura – come un sussurro incessante che la chiamava a sé – e sperava che un giorno, con il tempo e l’esercizio, potessero aiutarla a raggiungere una sintonia più profonda con Essa. La posizione che ricopriva ad Hogwarts le concedeva il privilegio di accedere senza restrizioni al Reparto Proibito e la conseguente possibilità di fruire dei tomi custoditi in quel luogo. Una rara fortuna, a pensarci bene, una strizzata d’occhio da parte del Destino, una volta ogni tanto. Era uno di quei tomi che, quella sera, reggeva tra le mani. △ △ △ Varcato il portone d’ingresso – o d’uscita, che dir si voglia – si diresse verso le rive del Lago Nero. Il sole era tramontato oltre l’orizzonte, non vi erano Studenti a bighellonare sulla spiaggia, tutti troppo occupati a studiare per le imminenti esercitazioni del Professor Channing, o almeno così avrebbe dovuto essere. Posò il libro ai piedi di un albero poco distante e fece scorrere le pagine tra le dita – l’odore di polvere e di tempo sbiadito le giunse alle narici, solleticandole il naso – fino al punto indicato da un segnalibro. Infine, lesse: NAPTERIA - 4 CLASSE - Tipologia: Incantesimo Offensivo Medio - Effetto: Il Napteria è un incantesimo di media difficoltà che consente al mago di generare forti folate di vento. A differenza dell'Anemos e degli altri incantesimi FATA però, l'esecutore non sarà in grado di manipolare l'elemento Aria, ma solo di controllarne l'intensità, in base alla propria potenza magica. - Esecuzione: L'esecuzione necessita di buona concentrazione, bisogna impugnare saldamente la bacchetta ed eseguire un semicerchio a seconda della direzione che si vuole imprimere al vento e, infine, pronunciare la formula mantenendo sempre presa salda sulla bacchetta. Sapeva che l'Elemento a lei affine era l’Aria ed era per questo motivo che, tra tutti gli incantesimi elementali che desiderava apprendere, aveva scelto di iniziare proprio dal Napteria. Nelle ore antecedenti si era preoccupata affinché al suo arrivo potesse trovare sulla spiaggia un fantoccio, di quelli che sovente gli Studenti utilizzavano durante le esercitazione nelle Aule del Castello, e fu con sollievo che constatò che la sua richiesta era stata esaudita.
I TENTATIVO Si portò ad alcuni metri di distanza dall’obiettivo, puntò i piedi uno davanti all’altro e, con alcuni movimenti preparatori, sciolse i muscoli delle spalle e del collo, come un atleta che si prepara per una prova particolarmente importante. Tese poi il braccio davanti a sé, in linea con la spalla e la testa. Decise che la direzione che avrebbe impresso al vento sarebbe stata una semplice linea orizzontale, che iniziava dal suo fianco sinistro e terminava nel punto analogo alla sua destra, ovvero di fronte al manichino. Calibrò l’ampiezza del semicerchio e memorizzò la sequenza corretta dei gesti da compiere: non erano particolarmente complessi, anzi, probabilmente si trattava della parte più semplice dell'Incantesimo, tuttavia non era un aspetto da sottovalutare. “Napteria” sussurrò più volte tra sé, anche stavolta soltanto per saggiare il suono della formula. Quando le parve di aver memorizzato il movimento corretto e la giusta pronuncia, impugnò saldamente la bacchetta, puntandola verso il fantoccio. Trasse alcuni respiri profondi, concentrandosi sul suo obiettivo, finché non le sembrò che la mente fosse abbastanza libera da ogni distrazione e il corpo pronto a sferrare l'attacco. Portò quindi l'attenzione sull’Aria – la sua Aria, alleata indomita e capricciosa – visualizzando nel pensiero l’immagine di un forte vento. Infine, con un colpo deciso, disegnò un semicerchio che dalla sua sinistra puntava verso l’obiettivo. «Napteria!» disse infine.
II TENTATIVO Non accadde nulla, ma del resto non si aspettava un risultato al primo tentativo. Senza demordere, tornò a puntare la bacchetta verso il fantoccio. “L'esecuzione necessita di buona concentrazione” recitava il libro. Chiuse gli occhi, concentrandosi sul proprio respiro. Tentò di isolare ogni distrazione superflua, accantonando con delicatezza – senza violenza alcuna, ma con la dovuta fermezza – ogni pensiero che sorgeva nella sua mente; per aiutarsi, si focalizzò sui rumori che l’Aria provocava soffiando tra i rami più alti degli alberi, sulla sensazione che le dava sulla pelle, sul ritmo con cui entrava e usciva dai suoi polmoni. Quando la mente tentava di vagare, accantonava solerte il pensiero ribelle, con la dovizia e la premura di un monaco che toglie la polvere dal suo altare. Infine, visualizzò l’immagine di vento impetuoso, che dalla sua posizione investiva il bersaglio, spazzandolo via. Ne evocò alla memoria il rumore e ne immaginò la potenza; riuscì a sentirne quasi l’odore. Il suo braccio doveva essere la verga che avrebbe dato origine al turbine. Strinse forte la bacchetta, disegnò un semicerchio partendo da sinistra e che puntava contro il fantoccio. «Napteria!».
III TENTATIVO Ancora nulla. Non bastava il desiderio di provocare un effetto, era necessario sentirlo scorrere sulla propria pelle, prendere vita dai propri pensieri. Era necessario volerlo, con ogni fibra del proprio essere. Senza permettere al suo insuccesso di scalfire la concentrazione ottenuta, tornò a volgere l’attenzione, e lo sguardo, verso l’obiettivo. Socchiuse gli occhi, stringendo la bacchetta. Ancora l’Aria intorno a lei, unico legame diretto tra la sua persona e quella del nemico, ancora l’immagine di un vento nella mente. Forte e deciso, come doveva essere il suo movimento. Nessuna distrazione a turbare i pensieri. Con fermezza disegnò un semicerchio nell’aria. «Napteria!».
IV TENTATIVO Nulla si mosse. In lontananza si levò il canto di una civetta, cupo e sinistro, come una beffa o una risata di scherno al suo insuccesso. Atena iniziava a percepire la stanchezza e la frustrazione dovuta all’incapacità di eseguire l’incantesimo. Dove stava sbagliando? Sciolse la posizione, sgranchendo le gambe e le spalle, allentando la tensione che sentiva accumularsi nei muscoli e che stava irrigidendo i suoi stessi pensieri. Il movimento doveva essere naturale: deciso, si, ma non rigido. Dopo alcuni secondi, fece un respiro profondo e tornò in posizione: i piedi uno davanti all’altro, il braccio disteso, la presa salda sulla bacchetta. Concentrazione, impegno, volontà. La mente focalizzata sull’obiettivo: provocare una folata di vento abbastanza intensa da investire l’avversario. La determinazione era ferma. Senza permettersi distrazioni, portò l’attenzione sull’Aria che la circondava, sostanza invisibile agli occhi ma vibrante e malleabile – pesante; immaginò di muovere e radunare ogni particella dell’Elemento, come se i suoi pensieri mettessero in moto una sorta di forza centrifuga, e di sospingerle con violenza verso il bersaglio. Immaginò, e desiderò, che il vento riuscisse a divellere il fantoccio, strappandolo dal suo ancoraggio al terreno. Con fermezza fletté quindi il braccio, disegnando un semicerchio, come aveva fatto in precedenza, mantenendo la presa salda. «Napteria!».
V TENTATIVO Rabbia. Irritazione. Fu quello che provò quando anche il quarto tentativo non andò a buon fine. Con fermezza, quasi con stizza, tornò a puntare la bacchetta contro il manichino. Non permise alla sua mente di perdere la concentrazione, nemmeno per un istante. Autocontrollo, risolutezza, erano doti essenziali. Portò i pensieri a focalizzarsi maggiormente sull’obiettivo. L’immagine di una corrente d’Aria inarrestabile si fece ancora più nitida, le sensazioni più intense: sentiva le proprie emozioni in perfetta sintonia con il vorticare del vento; quel vento nasceva ora da dentro, e il suo braccio era il canale attraverso il quale prendeva una forma tangibile nel mondo reale. Prima di eseguire il movimento, nei suoi pensieri si stagliò vivida l’immagine del manichino che schizzava via alla potenza della raffica. Il suo avversario fermato. Il nemico battuto. La vittoria conquistata. Con decisione disegnò ancora una volta un semicerchio: un movimento preciso, una sferzata studiata che partiva dal fianco sinistro e si chiudeva nel punto esatto della traiettoria verso il bersaglio. «NAPTERIA!» gridò, mantenendo la presa salda sulla bacchetta. Se l’incanto fosse andato a buon fine e il vento fosse scaturito come potente alleato, avrebbe tenuto il braccio teso e la concentrazione fissa, atta a mantenere il più a lungo possibile l’intensità del vento contro l’avversario. ☆ IN ATTESA DEL MASTER ☆
|