Nope! I'm not drunk!, Privata

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Nickness
view post Posted on 6/4/2017, 22:37




Narrazione | *Pensieri* | «Dialoghi» | "Citazioni"

Un chiacchiericcio diffuso per 'High Street spezzava il silenzio di Hogmeade e sommesso giungeva alle orecchie di Rowan. Il giovane sedeva su una panchina di legno, in una viuzza che si districava tra due file di abitazioni; nella mano destra reggeva un boccale di idromele, nell'altra un toast al prosciutto e formaggio. Con morsi decisi addentava il toast, ingurgitando nel frattempo metà dell'idromele che la brocca conteneva. Il sapore zuccherino del miele faceva a pugni con l'amarezza e l'acidità dell'alcol, ma - ormai Rowan lo sapeva molto bene - l'alcol vinceva sempre. Ma no, non era ubriaco. Come se le papebre cadenti, la mente offuscata,in viaggio per chissà quali lande non fossero sintomi di ubriachezza. Inghiottì l'ultimo pezzo di toast rimasto e con entrambe le mani sorseggiò l'idromele. Una fresca brezza sferzava decisa nella via in cui si era cacciato, come minuscoli coltelli che sfioravano il volto del ragazzo. L'alcol cercava di contrastare il freddo pungente che stava penetrando nelle sue ossa, ma con scarsi risultati: nonostante il cappotto e la calda sensazione che provava, il gelo si era comunque insinuato nel corpo del giovine. «Dannazione! Che vuoi che sia un po' di calvizia? I capelli ricrescono, suvvia!» borbottava tra sè e sè, mentre frugava nello zaino in cerca della sua bacchetta. Il motivo per cui era fuori, al freddo è presto detto: aveva lanciato un incantesimo di calvizia istantanea ad una strega nel locale, che in preda alla disperazione si era messa a strillare e sclerare in tutte le lingue del mondo. E com'era prevedibile, Rowan era stato cacciato, con una smorfia sardonica stampata in faccia. Ed, ora, era lì a morire di freddo in una stupida via del cavolo.* Già, che schifo la vita.*
«Bingo!». Estrasse la bacchetta dallo zaino pieno di cianfrusaglie e, dopo un leggero movimento della mano, disse trionfante: «Fuocondro!». Un leggero tepore si irradiò dalla bacchetta lungo tutto il corpo del giovane mago. Un suono gutturale, una sorta di intermezzo tra un rutto e un verso di piacere, risalì dalle profondità della gola, mentre il suo corpo e la sua mente lo rigraziavano del calduccio che la magia aveva generato. *Mi manca solo un cuscino e un sonnellino non me lo toglie proprio nessuno, neanche se Voldermort venisse a pregarmi in russo*. Ma il problema della comodità non lo separò dal suo agognato riposo: prese una piuma del suo giubotto e la tramutò con un incantesimo generico in un mordido cuscino bianco latte. Lo sistemò sullo schienale e pensò al passo successivo. Tracciò con la bacchetta un misero perimetro - giusto l'area che comprendeva la panchina - e con Salvio Hexa si rese invisibile agli occhi degli altri. «Che bel lavoretto!». Si compiacque da solo mentre si distendeva sulla panchina, cadendo tra le dolci braccia di Morfeo non appena sfiorò il guanciale. Già, poteva dormire sogni tranquilli finchè qualcuno non si fosse introdotto nel perimetro dell'incantesimo, visto che non aveva previsto alcun sistema di protezione da intrusi. E probabilmente, sarebbe successo abbastanza presto.
 
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view post Posted on 7/4/2017, 09:16
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«Ooooh Uooooh Oooh» un ruzzolone. «Per tutti i gorgosprizzi, ci mancava anche questa!» La polvere alzata da terra creò una nuvoletta intorno alla strana figura che era piovuta dal cielo. «Etciù!» a fatica si rialzò. Dalla polvere emerse una ragazza e un vecchio manico di scopa tutto spelacchiato. La ragazza aveva fili di paglia tra i capelli e impigliati tra le trame del mantello. Cercò di lisciarsi le maniche e spazzolarsi via la paglia, ma ottenne solo di inciampare nel manico di scopa, che si era aggrovigliato in un angolo del mantello. «Miseriaccia!».
Quella giornata era filato tutto liscio. Atena si era alzata di buonumore. Aveva mangiato biscotti al cioccolato per colazione e bevuto una tazza di the caldo con una spolverata di cannella, la sua preferita. Aveva dato da mangiare al gatto e fatto sgranchire le ali alla sua civetta. Nonostante l’aria fosse ancora pungente, il sole splendeva nel cielo. Si, era davvero una bella giornata. Almeno finché non aveva preso in mano quel vecchio manico di scopa.
Era un manico di scopa appartenuto a suo padre. Lo teneva in casa per le emergenze, nel caso in cui avesse avuto bisogno di un mezzo di trasporto di riserva.
*E’ una giornata perfetta per una bel giro sulla scopa!* si era detta. Con un Gratta e Netta aveva rimesso a lucido il vecchio manico, aveva indossato - come d’abitudine - il suo mantello blu notte ed aveva imbracciato la scopa, pronta per partire. *E’ un po’ antiquata, ma sicuramente reggerà!*. Ed effettivamente aveva retto. Per i primi dieci minuti.
Al primo soffio di vento il manico aveva sbandato, facendole perdere il controllo per alcuni istanti. Aveva avuto il suo da fare per evitare uno scontro a cielo aperto con due grosse oche, che le avevano scoccato un’occhiataccia offesa e lanciato un “Quek!” accusatorio. Al secondo colpo di vento, il manico aveva preso definitivamente una strana traiettoria e lei era finita dritta in un grande mucchio di paglia, probabilmente l’unico mucchio di paglia che ci fosse mai stato ad Hogsmeade. Nel tentativo di salvare la situazione - o, meglio dire, la reputazione - era risalita sul manico di scopa, ma il viaggio non era durato a lungo. Dopo solo una decina di metri era di nuovo a terra.

«V-va tutto bene! Non vi preoccupate» disse ai passanti che avevano assistito alla scena e che ora la guardavano con aria interrogativa, allontanando i bambini dal suo raggio d'azione. «Sto bene, sto bene…». *Ho solo bisogno di sedermi un secondo*. Cercò con lo sguardo una panchina su cui riposare. Non vedendone nessuna nei paraggi, si incamminò lungo la viuzza, zoppicando leggermente da una gamba. Non fece in tempo a fare molti passi che andò letteralmente a sbattere contro una panchina in legno. *Ma questa panchina è sempre stata qui? Avrei giurato che non ci fosse. Probabilmente la botta in testa è stata più forte di quanto credessi*. E senza indugiare oltre, vi si abbandonò sopra. Fu solo quando cercò di adagiare il manico di scopa accanto a sé che si accorse che su quella panchina vi era già un’altra persona.
«Santo Merlino! Mi scusi» Un filo di paglia le cadde dai capelli, mentre si raddrizzava sul posto. «Non l’avevo proprio vista» disse desolata e sorpresa allo stesso tempo. Si, la botta in testa doveva essere stata decisamente più forte di quanto immaginasse. *Che razza di giornata!*. Riacquistata una postura dignitosa, posò finalmente lo sguardo sul ragazzo disteso sulla panchina, scrutandolo da cima a fondo per la prima volta. «E tu chi sei? Non sarai per caso ubriaco?» e un altro filo di paglia le si staccò dal mantello.
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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Nickness
view post Posted on 7/4/2017, 16:46




Narrazione | *Pensieri* | «Dialoghi» | "Citazioni"

L'abbraccio di Morfeo lo stava coccolando come una madre culla il figlio. Morfeo lo stringeva così forte tra le sue braccia che avrebbe voluto dormire per sempre. Non sognava, o meglio pensava di non farlo: era semplicemente sospeso in una sorta di limbo colorato, un caleidoscopio di mille tonalità. Il sonno stava cancellando ogni residuo di alcol nel suo corpo, finchè un qualcosa del suo mondo onirico andò in frantumi: prima non era nient'altro che una presenza, poi divenne un vero e proprio peso che lo schiacciava. Il sonno si spezzò e gli occhi di Rowan si aprirono in una fessura contrariata. Una donna si stava letteralmente sedendo sopra di lui, quando all'ultimo si rese conto che la panchina era occupata. Si raddrizzò con estrema svogliatezza, la bocca impastata dal sonno e le palpebre ancora socchiuse. «Desidera?» Si diede un leggero schiaffetto in faccia per accendere il suo cervello e mettere a fuoco la persona che aveva davanti. Sotto il velo di pagliuzze sparse un po' dappertutto si celeva il volto di una ragazza, probabilmente di qualche anno più vecchia di Rowan, dai lineamenti delicati e la pelle diafana. La squadrò un attimo. «NO. Sono perfettamente lucido, mia cara» - apostrofò la ragazza, con una voce un po' roca, dovuta un po' al sonno e un po' all'alcol - «Lei, piuttosto» Si avvicinò alla strega, gli angoli della labbra piegati all'insù in un sorrisetto malizioso. «Mi è quasi saltata addosso, sa. Capisco che l'idea di un affascinante ragazzo addormentato metta in funzione i suoi ormoni femminili, ma si dia una controllata». Si alzò in piedi, stiracchiandosi e scrocchiando ogni osso che gli capitava a tiro. Nel recuperare la bacchetta e lo zaino sulla panchina, un balugginio dorato al limite del suo campo visivo attirò la sua attenzione. «Un momento!» - esclamò, voltandosi e avvicinandosi al manico di scopa appoggiato alla panchina. Si concesse di prenderla in mano, analizzarla in ogni sua parte senza chiedere il benchè minimo permesso da parte della proprietaria. «Le scope da volo non sono utilizzate per pulire per terra, sa?». Ironizzò, esaminando la fragilità dei rametti della scopa, il manico di legno lucido, ma con qualche graffio qua e la e altri elementi che fecero storcere il naso al mago. Rimise a posto il manico di scopa e con uno sguardo indagatore tornò ad osservare la ragazza, attendendo un qualche tipo di risposta.


Edited by Nickness - 7/4/2017, 20:38
 
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view post Posted on 7/4/2017, 21:12
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Con ogni probabilità, constatò, la sua intrusione doveva aver interrotto il sonno del ragazzo. Ritta in piedi, lo osservò mettersi seduto di malavoglia, gli occhi ancora semichiusi e annebbiati dal torpore, mentre cercava di scrollarsi di dosso ogni rimasuglio di stanchezza e tornare al mondo reale. «Perfettamente lucido?» alzò un sopracciglio con aria divertita «E allora si può sapere cosa ci faceva sdraiato su una panchina in pieno giorno con accanto un boccale vuoto di…» fece uno svolazzo nell’aria con la mano – una pagliuzza svolazzò a sua volta - «…idromele, burrobirra, o qualunque cosa esso sia?» l’altra mano sul fianco, la testa leggermente inclinata, ribatteva prontamente al giovane, che ormai sembrava essersi del tutto destato e si stava avvicinando a lei. Il mago la superava di una ventina di centimetri in altezza ma Atena, ritta nella sua posizione e dimentica di essere ricoperta di pagliuzze, sembrava essere decisa a tenergli testa, sfoggiando tutta la dignità di cui era capace.
Un lieve sorriso di stupore, nato dalla sorpresa per la sfacciataggine del ragazzo, le si disegnò sul volto. La modestia non doveva essere il suo forte. Fissò lo sguardo su di lui. Gli occhi nocciola, ora non più assonnati, erano accesi da un leggero guizzo di malizia.
«Ma senti un po’! Molto spiritoso, scommetto che le sarebbe piaciuto. Per sua sfortuna, invece, si dà il caso che non l’abbia minimamente vista. E ad ogni modo le ho già chiesto scusa». Aggiunse distogliendo lo sguardo, con un leggero imbarazzo per il gesto maldestro che aveva compiuto.
Approfittò del fatto che il ragazzo si fosse alzato per riprendersi il tanto agognato posto sulla panchina.
«Finalmente!» disse piano con un sospiro di sollievo, accasciandosi sullo schienale e rilassando i muscoli. Chiuse per alcuni istanti gli occhi, godendo di quella piacevole sensazione. La gamba le doleva ancora, ma non aveva ferite di cui preoccuparsi. E anche la testa sembrava andare meglio, non le aveva più giocato brutti scherzi. Avrebbe voluto anche lei appoggiarsi sul cuscino, come quel ragazzo, e poter restare così, con gli occhi chiusi, a respirare la fresca aria pungente e sentire il sole caldo sulla pelle. Un rumore al suo fianco, accompagnato dalla voce del giovane, le fece riaprire gli occhi. Il ragazzo si era impadronito del suo manico di scopa. Sgranò gli occhi. «Ehi ehi ehi, ci vada piano con quello!» si alzò allarmata, procurandosi una fitta alla gamba a causa del movimento improvviso. «E’ un ricordo di famiglia, ci sono molto affezionata. E, NO, non ci spazzo per terra» disse in tono canzonatorio «Ci mancherebbe! Volevo solo farci un giro». Si rilassò non appena vide che il manico fu rimesso al suo posto. «E’ prezioso» disse piano, rimettendosi a sedere, ma tenendo con la mano il manico, onde evitare che lo sconosciuto potesse riappropriarsene ancora una volta. *Per concludere in bellezza la giornata ci manca solo che questo ragazzo mi rovini il mio manico preferito*. Eppure, i suoi gesti non erano sembrati maldestri e il suo sguardo mentre analizzava la scopa - per quanto questo la potesse infastidire - era parso attento. Gli occhi del giovane erano puntati su di lei. Atena ricambiò lo sguardo, soppesandolo a sua volta.
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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Nickness
view post Posted on 7/4/2017, 22:29




Narrazione | *Pensieri* | «Dialoghi» | "Citazioni"

Rowan non era mai stato un tipo timido. Ciò che doveva - o voleva - dire lo spiattellava in faccia senza mezzi termini. Si era beccato, per questo, una marea di note disciplinare ad Hogwarts, nonchè punizioni per aver ingaggiato qualche rissa magica - e non - di troppo. Neanche, ora, provava un qualche forma di pudore ad esprimere ciò che pensava. «Senza quell'aria da saputella e con qualche filo di paglia in meno, saresti anche molto attraente, sai?» Con un gesto della mano, eluse la domanda provocatoria di Atena per poi riprendere posto sulla panchina, di fianco alla strega. Non era rimasto altro che un residuo dell'incantesimo del fuoco che Rowan aveva lanciato per scaldarsi: l'ennesima sferzata di vento attraversò la via secondaria di Hogsmeade e il freddo cominciò di nuovo la sua veloce insinuazione sotto cutanea. «Accetto le sue scuse, signorina sbadata». Strizzò l'occhio verso Atena, mentre con un rapido movimento si alzava in piedi. La scopa era sempre lì, appoggiata alla panchina, nella sua forma quasi fatiscente. Era sempre stato bravo con le scope magiche: con i kit di pulizia adatti riusciva a ripristinare la velocità e l'agilità di qualsiasi scopa, anche quelle più vecchie e malconce. Se la cavava egregiamente anche con il volo: entrare in sintonia con la scopa e adattarsi al suo stile di volo, erano ormai diventati quasi dei processi automatici. Disciplina e compostezza erano requisiti necessari per domare la propria scopa e Rowan lo sapeva molto bene. Con un veloce movimento di polso, cercò di attirare la scopa di Atena verso di sè. «Sa calcolare l'inclinazione che in base alle condizioni di vento deve assumere per non essere strattonata in volo, mh?» Domandò improvvisamente con un tono di voce profondo e pacato, quasi appartenente ad un'altra persona. La sua espressione rimase tuttavia invariata: la sua bocca si ripiegò per l'ennesima volta in un attraente sorriso malizioso, quasi di scherno. «Signorina...?» Si rese conto che non sapeva il suo nome. Certo, un vero galantuomo inglese si sarebbe presentato per primo, magari con tanto di inchino e chapeau. Ma stiamo parlando di Rowan, non certo di una persona posata ed educata. Pazienza, glielo avrebbe detto dopo. Nel frattempo, con un rapido saltello sondò la prestanza della scopa e dopo aver verificato che potesse reggere il suo peso, si sedette sopra, mentre questa cominciava a levitare a mezzo metro da terra. Il baluginio che si accese nei suoi occhi nocciola, la curva all'insù della labbra: tutti elementi che indicavano che aveva qualcosa in mente e che anche uno stupido avrebbe potuto capirlo.
 
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view post Posted on 8/4/2017, 15:57
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Quel ragazzo sfacciato sapeva decisamente come coglierla di sorpresa. «Cos..? Saputella? Io?» lo guardò con un’espressione sbigottita e gli occhi stralunati «Io non sono una saputella! E non ho alcun interesse ad essere trovata attraente, carino» sentenziò, incrociando le braccia e puntando lo sguardo in un’altra direzione.
Tuttavia, se la sfrontatezza di quel giovane la irritava, doveva anche ammettere che i suoi modi spontanei la incuriosivano e ben presto, con la coda dell’occhio, tornò a posare lo sguardo su di lui, se non altro per tenerlo sotto controllo. L’ombra di un sorriso divertito stava quasi per comparirle sul volto, ma la scintilla fu smorzata sul nascere quando lui si alzò all’improvviso, mettendola di nuovo sull’attenti. Con un rapido movimento della mano il ragazzo riuscì a impossessarsi della scopa, che le scivolò via da sotto il naso prima che lei potesse fare qualunque cosa per evitarlo. Era successo un’altra volta.
«La rimetta giù immediatamente!» si alzò sospettosa, ma non fece in tempo a proseguire oltre che fu interrotta dalla domanda che il ragazzo le rivolse a bruciapelo. Non fu tanto la domanda in sé a colpirla, quanto piuttosto il tono profondo e pacato, che sembrava rivelare qualcosa che andava oltre quella facciata da ragazzo sfrontato. Per quanto la riguardava, i calcoli e la matematica erano il suo forte e sapeva cavarsela piuttosto bene anche in volo, ma non poteva certo definirsi un’esperta. Quella scopa le apparteneva da…probabilmente da sempre, da che avesse ricordo. Fu su quel manico che fece il suo primo volo, quando era ancora poco più che una ragazzina e suo padre le insegnava come usarla. Conosceva quel vecchio manico come poteva conoscere ogni centimetro della sua pelle. Ma era da molto che non lo usava e il tempo e l’inattività l’avevano sicuramente logorato. Lo sentiva cambiato e questo pensiero le provocò una leggera fitta di tristezza.
Non fece in tempo a soppesare la risposta da dare che un’altra domanda la raggiunse. Solo allora si rese conto che non si erano ancora presentati.
«Atena, Atena McLinder» rispose, il tono conciso e pacato, deformazione professionale dovuta alla compostezza che era solita dimostrare in qualità di Auror. «E lei ce l’ha un nome, ragazzo delle scope?» ricambiò la domanda, un mezzo sorriso ad alzarle un angolo della bocca. Per alcuni istanti aveva riacquistato la sicurezza e la determinazione che le si confacevano e che quel ragazzo riusciva a minare con così tanta facilità.
Ma, com’era prevedibile, quell’alone di serietà non durò molto e si infranse non appena il ragazzo imbracciò la sua scopa e – sacrilegio! – vi salì sopra.
«Che cosa ha in mente di fare? No, non ci provi nemmeno, sa». Ma il luccichio che aveva negli occhi le diceva che, si, ci avrebbe provato eccome.
Fu allora che – dimentica di tutta la dignità e la compostezza che aveva cercato di mantenere, dimentica del dolore alla gamba e dimentica anche di tutte le pagliuzze che aveva sulla testa - con un agile balzo saltò anche lei sulla scopa, dietro al ragazzo, aggrappandosi al suo cappotto. La scopa avrebbe retto benissimo il peso di entrambi, lo sapeva, conosceva quel manico.
«Non la lascerò mai da solo con la mia scopa» disse decisa «Tantomeno considerando il fatto che è mezzo ubriaco» aggiunse, più rivolta a se stessa che a lui. Nonostante non lo vedesse in volto, immaginò dipingersi sul suo viso quel sorrisetto che tanto lo contraddistingueva ed alzò gli occhi al cielo. *Ma guarda te cosa mi tocca fare*. Ma del resto, si trattava della sua scopa, la sua scopa preferita. Nessuno poteva imbracciarla senza il suo permesso. Nessuno. Qualunque cosa avesse in mente quello sconosciuto, lei era altrettanto decisa a non lasciargliela fare da solo.
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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Nickness
view post Posted on 8/4/2017, 19:23




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Il manico della scopa non era esattamente una morbida poltrona su cui sedersi. Era proprio ciò che sembrava: un ruvido pezzo di legno. Ma a ben poco serviva la comodità, quando la scopa volante avrebbe iniziato la sua ascesa verso il cielo. L'adrenalina avrebbe cominciato ad entrare in circolo, una nuova linfa che avrebbe ridato respiro ad un corpo assonato. Il vento avrebbe iniziato a sferzarti in faccia e la terra ridursi ad un'estesa piana colorata, costeggiata da piccoli puntini neri. Non possedeva una scopa, ma conosceva benissimo tutte le sensazioni che il volo implicava. Ed, ora, che stringeva saldamente il manico di una scopa con entrambe le mani, niente lo divideva dal cielo. In verità, la proprietaria dello strumento magico gli stava scoccando degli sguardi ammonitori e con uno sguardo vigile lo sorvegliava neanche fosse un criminale. Ma a Rowan non interessava. «Temo sia impossibile». L'ennesima strizzata d'occhio confermò la veridicità delle speculazioni di Atena: la sfrontatezza permeava tutto l'essere del giovane mago, ma non era che un velo, una cinta che circondava qualcosa di ben più profondo di comune lascivia. «Oh? La Dea della saggezza? Devo ammettere che ti sta a pennello, Aty cara». canzonò, con tono beffardo e affibbiandole già un soprannome. La domanda che seguì la presentazione di Atena non lo scosse e probabilmente anche la risposta che Atena avrebbe ricevuto sarebbe stata facilmente prevedibile. «Ragazzo delle scope mi piace, chiamami pure così Aty». Si poteva dire che nonostante le ripetute rimostranze di arroganza a sfrontatezza che il ragazzo continuava ad ostentare, Atena riacquistava l'aspetto risoluto e determinato che probabilmente le apparteneva. In genere, una qualunque ragazza si sarebbe sciolta di fronte alla sensuale prepotenza con cui il giovane attaccava filo, complice il suo aspetto men che meno burbero, ma Atena sembrava riuscire a tenergli testa. Che quel viso delicato celasse ben altro che bellezza giovanile? Certamente, Atena risultava agli occhi di Rowan una tipetta da non sottovalutare. Pazienza, si sarebbe beccato una bella strigliata dopo che le avrebbe riportato la scopa, al termine del suo giretto in cielo. Aveva i piedi in posizione, la testa rivolta verso il cielo e la mente proiettata all'immensità che aveva colore azzuro, quando la scopa si smosse per permettere ad Atena di salirci. «Ehi, ehi» - obiettò Rowan in un primo momento, voltandosi verso il retro della scopa dove Atena si era seduta. Ma il significato del suo sguardo, l'ardore con cui i suoi occhi esprimevano dissenso e ostinatezza, era palese: la strega non si sarebbe mossa di millimetro. Cercare di convincerla sarebbe probabilmente risultato includente, anche con le abilità di persuasione a cui Atena sembrava stranamente immune. «E va bene». L'espressione contrariata di Rowan aveva fatto posto ad un sorriso, una smorfia per la priva volta sincera che sembrava apprezzare la cocciutaggine di Atena. «Stringimi forte» - suggerì Rowan prima di voltarsi di nuovo e stringere saldamente il manico della scopa. Inclinò la scopa e il bacino verso l'alto, mentre con tono perentorio ordinava alla scopa di elevarsi: «Su!» La scopa, con un po' di insicurezza, seguì le istruzioni del mago e si alzò di quota stabilizzandosi sotto il saldo controllo del mago che la comandava. «Ti faccio vedere come si vola, Aty» disse, mentre la scopa cominciava a sfrecciare in aria seguendo una traiettoria diagonale. In breve tempo, entrambi si ritrovarono nel cielo sgombro di nuvole, sopra Hogsmeade.
 
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view post Posted on 9/4/2017, 20:38
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A nulla era servita le protesta del ragazzo, Atena non era intenzionata a cambiare idea, né tantomeno a chiedere il permesso per salire sulla sua scopa, perbacco! Dopo averle lanciato un’occhiataccia, il ragazzo sembrò arrendersi alla sua decisione ed accettare il cambio di programma.
*Pff… ‘Stringimi forte’, ma neanche per sogno!* in tutta risposta strinse più saldamente la stoffa del cappotto al quale si era aggrappata in precedenza, badando bene di mantenere quanta più distanza tra i due. Tuttavia, non appena la scopa si inclinò leggermente all’indietro e, dopo una leggera titubanza, iniziò la sua salita verso l’alto, dovette ricredersi, se non voleva rischiare di cadere un’altra volta. Alzando gli occhi al cielo e dopo l’ennesimo “Cosa mi tocca fare”, strinse le braccia intorno ai fianchi del ragazzo, reggendosi a lui mentre la scopa saliva sempre più in alto.
Atena guardò in basso. Sotto di loro il paesaggio si faceva sempre più piccolo. Inizialmente poteva distinguere i tetti delle case e le singole persone che affollavano le strade della cittadina: chi camminava dritto per la sua strada, chi si fermava davanti alle vetrine dei negozi o entrava in un pub, chi alzava la testa verso il cielo e con un gesto della mano li indicava. Ma ben presto tutti loro non furono altro che puntini indistinguibili, e le case piccoli rettangoli scuri persi in un mare di verde. L’aria pungente le sferzava la pelle, scompigliandole i capelli. Anche alcune pagliuzze si levarono in volo, lasciando dietro di loro i luccichii dorati dei raggi del sole che si riflettevano su di esse.
Amava la sensazione di libertà che il volo le faceva provare, quel fremito nello stomaco che cresceva man mano che - veloci - si spingevano sempre più alto, e che salì fino a disegnarle un sorriso liberatorio sul viso. Respirò a pieni polmoni quell’aria fresca e frizzante e per un istante si dimenticò di tutti i battibecchi appena avuti, come se questi fossero rimasti giù, pesanti, a terra, insieme alla miriade di puntini e rettangoli scuri. Per un istante dimenticò anche che uno sconosciuto aveva appena tentato di sequestrarle la sua scopa e dimenticò che quello sfacciato era proprio il ragazzo a cui era aggrappata.
Doveva però riconoscere che il giovane sembrava portare bene la scopa, la sua presa era salda e il manico rispondeva prontamente ai suoi comandi.
*Almeno per ora* si disse. Le titubanze nei suoi confronti non erano ancora del tutto dissipate..
«Allora, ragazzo delle scope» si era arresa ormai a chiamarlo così, ma solo dopo avergli lanciato un'occhiata sorpresa e stizzita quando lui si era preso la libertà di affibbiarle un soprannome «tutto qua quello che sai fare?» disse provocatoria, stuzzicandolo, non appena ebbero preso quota. Il sorriso ancora disegnato sulle labbra.
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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Nickness
view post Posted on 11/4/2017, 19:11




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Non aveva mai volato con qualcuno. Era la sua prima volta e, nonostante la scopa non fosse esattamente omologata per due persone, non era un'esperienza del tutto da bocciare. Appena Atena si strinse come una vipera ai fianchi di Rowan, sul suo visetto squadrato si fece strada un sorriso impudico che lasciava trapelare il suo apprezzamento per un tale gesto. Rowan poteva sentire il calore che la ragazza corvina irradiava attraverso il suo petto e giungeva smorzato contro la schiena del ragazzo, gli sguardi e i sorrisi liberatori che Atena aveva dipinti sul volto, ora che poteva godersi il panorama senza aver la necessità di dirigere la scopa. Si erano stabilizzati ad un velocità media e viaggiano in rettilineo, affiancati dalle matasse color latte delle nuvole. Il vento soffiava in faccia ad entrambi, facendo vibrare ciuffi di capelli e cappotti invernali, ma considerato che Rowan sedeva davanti riusciva a proteggere Atena da buona parte del vento sferzante. Certo, la sua fisicità non era così dirompente da imporsi come macigno irremovibile, ma aveva delle spalle abbastanza larghe e un fisico tonico che, ovviamente, non esitava a mettere in mostra ad ogni occasione utile. Per buona parte del volo, Rowan si era limitato a guidare la scopa ed ogni tanto voltare lo sguardo per osservare Atena e la palese sensazione di libertà che le si era disegnata in volto. Forse per distrazione o per chissà quale altro motivo, il volo aveva cominciato a farsi un po' fiacco e, nonostante la stabilità con cui Rowan reggeva il manico di scopa, la loro velocità stava calando. Atena non esitò ad incalzarlo con un tono volutamente beffardo. «Se vuoi davvero volare» - iniziò Rowan con una voce che cercava di sovrastare l'intensità del vento - «allora voleremo davvero». Si voltò ancora verso Atena e con una strizzata d'occhio, le fece segno di stringersi contro di sè. Afferrò saldamente il manico della scopa con entrambe le mani e con un comando non detto che sapeva di libertà e velocità, la scopa cominciò rapidamente a rincarare la precedente rapidità. Riacquistarono la velocità in pochi secondi e ben presto si ritrovarono a sfrecciare in cielo. Ma Rowan sapeva che Atena non voleva solo andare più veloce: voleva assaggiare qualcosa di nuovo, un qualcosa che non fosse il solo vento in faccia. Neanche a dirlo che Rowan inclinò la scopa verso l'alto e con un abile movimento delle braccia, la scopa descrisse una curva che li portò nella direzione opposta, con la testa in giù. Durò solo qualche secondo prima che Rowan eseguì l'operazione inversa e si ritrovarono di nuovo a viaggiare con grande velocità. Atena era ancora dietro di lui, stretta a suoi fianchi, ma un movimento sbagliato, una mano appoggiata in quella particolare zona della sua schiena ridestò in lui ricordi perduti. La sensazione che Atena gli trasmetteva attraverso la schiena ora non fece che accrescere l'immagine di un coltello insanguinato che incideva con forza, come una penna su un foglio di carta. Improvvisamente, perse un attimo la lucidità e la scopa si destabilizzò, prima che Rowan ne riprendesse il controllo e si precipitasse a terra. Smontò rapidamente dalla scopa e si appoggiò contro un albero, la testa china e il volto coperto da qualche ciuffo ribelle di capelli, con i ricordi che riaffioravano come bolle che dalla profondità degli abissi ritornavano verso la superficie.


Edited by Nickness - 13/4/2017, 14:04
 
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view post Posted on 12/4/2017, 21:22
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Amava la velocità. Sin da ragazzina era sempre stata in grado di volare più veloce di qualunque altro dei suoi amici, era sempre stato il suo forte. Tante volte, nei momenti più bui della sua vita, aveva imbracciato la sua scopa ed aveva volato, dimenticando ogni preoccupazione ed angoscia, come se il vento avesse il potere di scrollarle di dosso qualunque pesantezza. Per questo, quando la scopa iniziò a sfrecciare nel cielo, non poté che sentirsi nel suo elemento naturale. Chiuse gli occhi, appoggiando la fronte alla schiena del ragazzo, godendo di quella sensazione di libertà che il volo le faceva provare, mentre questi disegnava acrobazie in aria. Doveva ammetterlo, quel giovane era bravo a volare. Era dannatamente bravo. Sapeva essere in perfetta sintonia con il manico e il vento stesso, un tutt’uno che sfrecciava nel cielo senza che il minimo gesto fosse lasciato al caso. Aveva il pieno controllo della situazione, il cielo era suo.
Non aveva mai volato in quel modo prima d’ora, con nessuno. Ripensò a quando suo padre la faceva volare davanti a lui, le sue braccia forti a proteggerla da ogni cosa e la sua risata frizzante a donarle allegria. “Tocca le nuvole ed esprimi un desiderio!” Le diceva sempre, sorridendo, anche quando non era più una bambina.
Ma anche un altro ricordo affiorò nella sua mente. Il ricordo dell’ultima volta che aveva volato con qualcuno su quella scopa. Un ricordo che le cadde addosso come un macigno, inaspettato. Il sorriso che aveva avuto fino a quel momento si rabbuiò. Per molto tempo, in passato, non aveva più volato su quella scopa, aveva preferito lasciarla chiusa in una stanza, a custodire i suoi bei ricordi nel segreto. Ma ormai aveva superato il dolore, aveva una nuova vita e ora, anche quando si soffermava sui ricordi più felici, il vuoto lasciato dalla perdita non era più tanto soffocante.
Tuttavia…era stato saggio salire su quella scopa con quel ragazzo?
*Che sciocchezza* pensò. Quel giovane - di cui non sapeva nemmeno il nome - si era appropriato del suo manico, aveva violato senza permesso i suoi ricordi. E ora si trovava lì, dietro di lui, mentre gli permetteva di guidare una scopa che solo poche, pochissime, persone avevano avuto il permesso di guidare. Avrebbe dovuto fermarlo prima che salisse, si disse. Si scostò dalla schiena del ragazzo, ritraendo un braccio e poggiandogli la mano sulla schiena. *Fermati* avrebbe voluto dirgli, ma in quel momento la scopa ebbe un tremito e sfuggì al controllo del ragazzo. Accadde all’improvviso, e Atena fece appena in tempo a reggersi al suo cappotto per non scivolare. «Che stai facendo?» gli gridò. Con la prontezza e la lucidità che le erano proprie sfoderò la bacchetta, pronta a lanciare un incantesimo che avrebbe attutito la caduta ad entrambi, ma all’ultimo minuto il ragazzo sembrò riacquistare il controllo del mezzo e si precipitò a terra, in un atterraggio che non si poteva dire tra i più dolci. «’Ti faccio vedere come si vola’, eh?» bofonchiò tra sé Atena. Scese dalla scopa, dove era stata lasciata sola, i capelli spettinati e le guance arrossate dal vento. Le pagliuzze erano volate via durante il volo, ad eccezione di una, che ostinatamente le era rimasta impigliata tra i capelli. Il suo primo pensiero fu raccogliere il manico di scopa ed assicurarsi che fosse ancora integro. Sentì una stretta allo stomaco quando vide che tre piccoli graffi erano comparsi nel punto in cui l’atterraggio era stato più duro. Quella giornata non stava decisamente andando nel migliore dei modi. *Lo sapevo, probabilmente è ancora ubriaco*. Chiuse gli occhi, per non farsi sopraffare dallo sconforto e per mantenere i nervi saldi. Quel giovane sapeva davvero come farle perdere il controllo. Strinse la bacchetta che aveva ancora tra le mani, si girò verso di lui con l’intento di puntargliela contro e dirgliene quattro, ma l’immagine che vide la bloccò ancora prima che potesse fare qualunque movimento. Il ragazzo era appoggiato ad un albero, a testa china, in una posa che mai si sarebbe aspettata da lui. Sembrava sconvolto. Una ruga di preoccupazione le si disegnò sulla fronte e si insinuò dentro di lei. Rilassò la mano che teneva la bacchetta e, dopo aver adagiato il manico di scopa ad un albero vicino, gli si avvicinò. «Ragazzo» disse appoggiandogli una mano sul braccio – il primo contatto davvero intenzionale e sincero da quando si erano incontrati - «Va tutto bene?».
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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Nickness
view post Posted on 13/4/2017, 14:44




Non si era neanche accorto che Atena gli si fosse avvicinata. Era troppo immerso nelle sue elucubrazioni per badare anche al mondo esterno. Era lì, seduto contro l'albero, le braccia che chiudevano in un abbraccio, quasi una morsa, le gambe piegate. Era la tipica posizione da riccio: quella in cui chiudeva fuori da sè tutto il mondo per concentrarsi solo sui propri pensieri. Atena gli aveva poggiato con delicatezza una mano sul braccio, ma a Rowan sembrò solo l'ennesimo coltello che lo trafiggeva. Continuava a rivivere quel momento, un loop infinito da cui non riusciva ad uscirne. Il sangue che gli scorreva dalla schiena, le sue urla che venivano soffocate sul nascere in gola, le inutili contrazioni del suo corpo contro le restrizioni che gli impedivano di muoversi. E poi le risate e battute, come se fosse un normale scherzo tra adolescenti. Uno fulmineo sprazzo di lucidità concesse a Rowan di rispondere all'interessamento di Atena. «Rowan. Il mio nome» - scandì a monosillabi, con un tono di voce che non aveva nessuna traccia dell'arroganza e sfrontatezza che permeavano il suo modo di parlare. Non era rimasto nulla di Rowan, ora non era altro che un ammasso di disperazione e ricordi: i brillanti occhi nocciola avevano perso la brillantezza, il baluginio vivo che caratterizzava lo sguardo aguzzo e sensuale del ragazzo ora erano spenti, persi. «Atena». Pronunciò il suo nome come se fosse un'ancora di salvezza, un modo per uscire dall'abisso in cui era intrappolato. Voleva sentirsi dire che tutto ciò che avesse subito non fosse nient'altro che un incubo da cui presto si sarebbe svegliato. Come purosangue. Ma non sarebbe mai accaduto. Quella era la dura realtà, il suo passato che non aveva mai del tutto accettato, metabolizzato. E come se non bastasse, i ricordi si tramutarono ben presto in dolore fisico: Rowan sentì la schiena tornare a rodersi, ad infiammarsi come un tempo. Cercò con una mano di toccare la zona marchiata della schiena, di sentire l'incongruenza della pelle, la ruvidità della cicatrice, ma il braccio non riusciva a raggiungere il punto critico. Si slacciò il giubotto e lo lanciò via con violenza, si liberò di felpa e maglietta, gli ultimi indumenti che dividevano la sua pelle dal vento freddo. Si abbracciò con entrambe le braccia il busto nudo, per cercare di arrivare al marchio sulla schiena, un modo per cercare di placare il dolore che sembrava provare. Questo sembrò acutizzarsi, ma non era nient'altro che una proiezione della sua mente: la scritta era sempre lì, deturpante e che avvolgeva con i suoi contorni frastagliati l'intera schiena del giovane. Peccato, che neanche in questo modo, le mani riuscirono a sfiorare quella zona. All'espressione terrorizzata e dolorante, si aggiunse anche un lampo di ira per non poter far nulla per porre fine alle sue pene. Ma Atena era lì, stava assistendo alla peggiore manifestazione che Rowan avesse mai avuto rispetto al suo trauma. Sembrava che il trauma da una condizione di quasi inattività si fosse risvegliato in pieno: era come se questa volta i sintomi traumatici si fossero sommati a tutte quelle volte che non li aveva sperimentati. Lo sguardo di Rowan ora rivolto verso il viso di Atena chiedeva pietà, implorava, implicito, un qualsiasi aiuto da parte di Atena. Un abbraccio, una semplice parola di conforto, un misero contatto fisico. Forse, sarebbe servito a qualcosa.

Il mio essere sadico trova sempre modo di esprimersi :creepycrazy:
Era necessario affinchè diventassero amici :asd:
 
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view post Posted on 14/4/2017, 11:25
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Fu con un filo di voce che gli rivelò il suo nome. Rowan. Non sapeva se a colpirla di più fosse stata quell’inaspettata rivelazione o il tono in cui aveva pronunciato quelle parole. Che fine avevano fatto il sorriso beffardo, il tono sfrontato e canzonatorio e lo sguardo malizioso? Dov’era finito il ragazzo che poco prima le aveva detto “Ragazzo delle scope mi piace, chiamami pure così”?. La sicurezza e la sfacciataggine erano completamente svanite nella persona che ora aveva davanti, lasciando il posto solo ad un ammasso di paura ed angoscia. Atena non era molto brava con le persone. Aveva sempre fatto fatica ad entrare in sintonia con qualcuno, se non dopo una lunga e profonda conoscenza. Ma spesso, le persone si stancavano prima e tra loro non rimaneva che uno sterile rapporto superficiale, che ben presto sconfinava nell’oblio. In fondo non le dispiaceva, amava stare con se stessa, la solitudine non le creava problemi. Al contrario, la trovava ristoratrice. Lei era una persona razionale e pragmatica. Agiva con determinazione e sangue freddo. Combattere l’oscurità era la missione per la quale si era promessa di lottare, con tutte le sue forze. E quella era un’impresa da compiere in solitaria.
Tolse la mano dal suo braccio, lasciandola a mezz’aria, non appena si avvide che gli provocava solo dolore. Lo osservò divincolarsi, togliersi la giacca e il maglione come se il loro contatto fosse fuoco sulla pelle. Vide i segni delle cicatrici sulla schiena, lesioni che dovevano essere penetrate molto più in profondità, fino a ledere l’animo stesso. Vide la paura, l’angoscia, la rabbia alternarsi sul suo volto, mentre lo osservava con uno sguardo serio e indagatore, tentando di scandagliare il suo dolore. A nulla sarebbe servito intervenire. Quel dolore, forse per troppo tempo ignorato e relegato in un angolo scuro e polveroso, aveva trovato la sua valvola di sfogo e doveva essere lasciato libero di uscire. Aveva visto altre volte quell’espressione, la scia di disperazione che il male lasciava dietro di sé. Per un certo tempo, poteva dire che lei stessa lo avesse provato.
Fu solo quando lui alzò gli occhi su di lei, in uno sguardo perso e implorante, che poté intervenire. Con risolutezza si inginocchiò in fianco a lui, con mano ferma gli prese il braccio, ancora avvinghiato contro se stesso, costringendolo a rilassarlo.
«Fermati». Gli pose una mano sulla schiena – dapprima sfiorandolo appena, per assicurarsi che lui avesse accettato quel contatto e che non gli provocasse ulteriore dolore – poi poggiandola con più fermezza. Lo abbracciò, tentando di arginare la sua angoscia. In quell’abbraccio poteva sentire i segni ruvidi delle cicatrici sotto le sue dita. Al di là della facciata sfrontata che quel giovane aveva mostrato si doveva nascondere un abisso ben più profondo. Eppure, era certa che oltre quell’abisso vi fosse anche qualcos’altro. Qualcosa che aveva scorto nel luccichio che aveva acceso i suoi occhi quando teneva in mano una scopa. Scostandosi da lui, si tolse il mantello e glielo pose sulle spalle. Un gesto di protezione, un gesto di pudicizia, un semplice riparo contro il freddo. O forse tutte e tre le cose insieme. Con un gesto della mano gli sollevò la testa. «Rowan» disse il suo nome, cercando il suo sguardo per farlo riemergere da qualunque luogo esso fosse e costringerlo a guardarla. «Rowan. Guardami». L’espressione seria, decisa, ferma, ma il tono era tranquillo e negli occhi si leggeva comprensione e dolcezza. «Raccontami cosa è successo». Sapeva che probabilmente sarebbe stato doloroso per lui. Rivivere quei momenti avrebbe potuto far emergere demoni assopiti. Ma affrontare quei demoni e dare loro un nome era necessario. Lei sarebbe stata lì, ad ascoltarlo. Ad offrirgli un appoggio se si fosse ribellato. Non avrebbe distolto lo sguardo dai suoi occhi. Ancora una volta era lì, anche se lui non poteva saperlo, a combattere contro l’oscurità.
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda


Per la serie...inferiamo ancora di più sul povero Rowan :ihih:
L'ho fatto per il suo bene, con la speranza che non mi tiri un pugno in faccia :fru:
 
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Nickness
view post Posted on 15/4/2017, 10:54




Rowan si sentiva come in un tunnel senza uscita. Procedeva nell'oscurità più mesta, ma in ogni direzione in cui si voltava non c'era nessun luccichio dorato ad accoglierlo, ad indicargli una via d'uscita. Ma almeno non era solo. Atena con il suo atteggiamento calcolatore e pragmatico si stava dimostrando abbastanza lucida da non farsi coinvolgere da sentimenti quali pietà e dispiacere che avrebbero sicuramente peggiorato la situazione. E l'ultima cosa di cui Rowan aveva bisogno era il compatimento. Un "fermati", perentorio, risoluto penetrò nei suoi pensieri, con la forza necessaria a placare i suoi movimenti irrefrenabili e quasi spasmodici. Un abbraccio di conforto cercò di riportarlo con la mente a terra, a trasmettergli la sicurezza e la stima che aveva perso. Come se non bastasse, si ritrovò avvolto in un caldo mantello, con qualche pagliuzza sopra, il che sembrò disegnare per un secondo un sorriso sul volto di Rowan, un residuo della sua personalità. Sentì Atena che pronunciava il suo nome per attirare la sua attenzione, la sua mano a guidare lo sguardo e il viso di Rowan, costringendolo a guardarla negli occhi. Aveva dei brillanti occhi azzurri e Rowan non poté far a meno di restare affascinato dalla dolcezza che celavano dietro al velo di determinazione e risolutezza che li caratterizzavano. Gli intimò di spiegare quello che era successo, cosa lo avesse ridotto in quello stato. Non voleva raccontare ciò che gli era accaduto, riteneva che le parole avrebbero riportato quella situazione un passo più vicino al reale, ma l'espressione di Atena non ammetteva scuse. Così come prima non si sarebbe scollata dalla scopa, neanche ora avrebbe rinunciato a sentire la storia del ragazzo. Raccolse dunque tutta la forza d'animo, tutta la volontà che gli era rimasta e cominciò a narrare le sue tragedie, con una timbro di voce forzato, ma abbastanza deciso. «Ero nel corridoio, stavo andando in dormitorio» - non gli sembrò necessario specificare che si trovasse ad Hogwarts - «Dei ragazzi più grandi di un anno mi hanno aggredito». Continuò, mentre uno strato di lacrime riempiva i suoi occhi, ma non si decideva a scendere. «Mi hanno portato in uno stanzino, immobilizzato e con un coltello mi hanno inciso questa maledetta scritta sulla schiena». Si riferiva a mudblood, la cicatrice che percorreva tutta la sua schiena, simbolo di ciò che la degenerazione di un ideologia poteva portare. «Ridevano, mi insultavano e mi pestavano. Non usarono la magia. Dicevano che era uno spreco usarla su di me, che un babbano dovesse essere trattato con metodi altrettanto babbani». Il coltello al posto della bacchetta, le manette e le corde al posto di un incantesimo di immobilizzazione, metodi babbani al posto di magia: era questo che intendeva. «Ed ora mi ritrovo con questo diavolo di trauma che neanche alcuni magipsicologi da cui sono andato sono riusciti a debellare». Distolse lo sguardo da Atena e lo rivolse altrove, asciugandosi con la mano le lacrime che gli riempivano gli occhi. Perlomeno, sfogarsi lo fece sentire un po' meglio.

Ok, direi che dal prossimo post si può tornare alla quasi normalità dei nostri pg :ihih:
Non torturo più Rowan. Per questa role almeno :asd:
 
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view post Posted on 16/4/2017, 22:02
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Rowan iniziò a raccontare la sua storia. Rivelare l’esperienza più dolorosa della sua vita non doveva essere facile, soprattutto ad una persona conosciuta solo pochi minuti prima, ma il tono inizialmente riluttante divenne presto più deciso. Atena stette ad ascoltarlo, senza mai distogliere lo sguardo da lui. Si chiese se non avesse osato troppo chiedendogli di raccontargliela e costringerlo a rivivere quei momenti. Ma era anche convinta che quello sarebbe stato l’unico modo per alleggerire, anche solo di poco, il peso che portava. Non provava pietà o commiserazione per lui, la pietà è per chi fallisce, per chi si è arreso e non ha più alcuna possibilità di riscattarsi. Provava rabbia per il dolore insensato che quei ragazzi gli avevano inferto. Provava ammirazione per la forza e il coraggio che aveva spinto quel ragazzo a risollevarsi, nonostante tutto. Provava fiducia nelle capacità di quel giovane mago.
Le lacrime inumidirono gli occhi del ragazzo, portandolo a distogliere lo sguardo non appena ebbe finito il racconto. Anche Atena distolse lo sguardo, un gesto che voleva lasciare a Rowan un momento di intimità con il suo dolore, senza l’imbarazzo di uno sguardo indagatore fisso su di lui. Si sedette accanto a lui, con la schiena appoggiata al tronco dell’albero. L’atmosfera si stava lentamente facendo più distesa, come se l’aver condiviso un ricordo importante avesse inevitabilmente intessuto un legame tra i due. Anche Atena, ora, sentiva il bisogno di rivelare qualcosa di sé.
«Sai, anch’io sono cresciuta con i Babbani» iniziò, con un tono confidenziale e pacato, l’espressione rilassata. La sua esperienza era molto diversa da quella di Rowan, ma forse poteva creare un punto di contatto. «I miei genitori erano entrambi maghi, ma hanno voluto crescermi nel mondo Babbano. Non ho saputo nulla del mondo magico, né dell’esistenza della magia, fino al compimento del mio undicesimo compleanno» iniziò a giocherellare con un lembo del mantello che ricadeva a terra, togliendo qualche pagliuzza. «Per me era una cosa naturale. Quello era il mio mondo, la mia unica esperienza. Ma a scuola erano davvero pochi quelli che comprendevano questa scelta. Sembrava una decisione assurda, insensata e folle crescere nel mondo Babbano se provenivi da una famiglia di maghi. E forse potrà sembrare assurdo anche a te» aggiunse, lasciando trasparire un mezzo sorriso e chiedendosi se lui avesse mai accettato la sua condizione di nato babbano o se le ferite e gli scherni glielo avessero impedito. «Con il tempo ho semplicemente imparato a non parlarne, evitando così di dover rispondere alle stupide domande che mi venivano poste a riguardo. Probabilmente questo è uno dei motivi che hanno contribuito a farmi preferire la solitudine alla compagnia di tanti altri compagni». Aveva sempre trovato irritante doversi giustificare – per quale colpa, poi? – e tante chiacchiere superficiali la annoiavano. «Io penso che sia stata una scelta coraggiosa da parte loro. Pensavano che conoscere il mondo Babbano, farne parte, mi avrebbe arricchita. Ed è stato così, quella loro scelta mi ha segnata molto, nel bene e nel male». Fece una breve pausa. Da quando era tornata a Londra, solo alcuni mesi prima, era già la seconda volta che rivelava con tanta naturalezza questo particolare della sua vita. Forse qualcosa stava cambiando in lei? Poteva aver incontrato persone che, in un modo o nell’altro, si sarebbero rivelate importanti nella sua vita? «Ti chiamano mezzo sangue, ma penso che non ci sia nulla di più completo di un mago che conosca il mondo Babbano. Io penso che possiamo scegliere in qualunque momento a chi credere. Se credere al giudizio di chi ci ferisce oppure se credere nelle nostre capacità e a chi ha fiducia in noi» alzò lo sguardo per guardarlo. «Ed io, Rowan…» fece un sorriso e si alzò in piedi, dandogli una pacca sulla spalla. Aveva riversato su quel povero ragazzo fin troppe parole, non era decisamente da lei. «…penso che tu sia un ottimo mago» disse risoluta concludendo la frase, mentre gli porgeva una mano per aiutarlo a rialzarsi.
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda


E buona Pasqua :fru:
 
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Nickness
view post Posted on 17/4/2017, 16:38




Atena iniziò a sua volta a raccontare la sua sua di storia. E così come lei aveva fatto attenzione al suo breve racconto, anche Rowan rivolse tutto il suo interesse verso le parole della strega. Certo, il suo passato non era scandito da eventi dolorosi come quello di Rowan, ma era impossibile non notare i punti di contatto, le somiglianze che le due storie presentavano. «Grazie». Fu tutto ciò che aveva da dire. Un grazie per le parole di incoraggiamento pronunciate, ma anche per aver condiviso parte del suo passato con lui. Apprezzava il fatto che Atena avesse ritenuto necessario raccontare qualcosa di sè, un paritario scambio di informazioni, che avesse cercato di raccontare un evento del suo passato che aveva dei punti in comune con il suo, per creare un anello di congiunzione tra di loro. Finalmente, Rowan cominciava a sentirsi meglio. Il dolore psicofisico che si era attutito già da qualche minuto, si era spento del tutto, così come le elucubrazioni, i pensieri negativi di cui la sua mente ne era piena. Non era ancora del tutto in forma, ma perlomeno riuscì ad alzarsi e a recuperare i vestiti che aveva lanciato ai quattro venti. Aveva ancora indosso la mantella di Atena, e prima di rendergliela la pulì con la mano per spazzare le pagliuzze dorate che erano rimaste bloccate nel tessuto. «Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere» - esordì, recuperando il tono di voce che gli apparteneva - «ma ti prego, non chiamarmi Rowan. Mi fa sentire una pianta». Il suo tipico sorisetto divertito riuscì finalmente ad emergere, la sua voce aveva abbandonato i toni deprimenti e sottili di prima ed era ritornata squillante, decisa, quasi sensuale. Anche il suo sguardo sembrava comunicare qualcosa di diverso rispetto a prima. «Row è più che sufficiente» - disse sempre guardando Atena, con un sorriso smagliante, accompagnato da una strizzata d'occhio. Si voltò nella direzione opposta all'albero al quale Atena era appoggiata a guardare cosa c'era nei dintorni. Non si era reso conto del luogo in cui erano capitati: era troppo impegnato a deprimersi per notare l'ampia radura verde e i fiori colorati che riempivano le zolle d'erba profumata. Una leggera brezza sollevava qualche petalo volteggiante che veniva trasportato dal vento per l'aere. Il cielo era ancora limpido, come lo era ad Hogsmeade, ma era sfumato da una leggera tonalità di arancione, simbolo che il sole stava cominciando il suo lento tramonto. Si era sempre chiesto come fosse il tramonto visto da altri pianeti, come si colorasse il cielo quando il sole compiva i suoi ultimi movimenti visibili, se la notte e la luna avessero lo stesso fascino che sulla terra. Scosse la testa e dalla sua posizione vigile, con lo sguardo sottile a rimirare il paesaggio e le braccia incrociate al petto, si rigirò verso Atena. Si trovavano su una leggera altura, sollevata rispetto alla pianura e probabilmente ancora nei pressi di Hogmeade, immersi nelle campagne scozzesi. Con un sorriso letteralmente stampato in faccia, tese dunque la mano verso Atena. «Allora Aty, vuoi restare o tornare indietro?» E, stavolta, avrebbe dato ascolto alla strega.
 
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