Nope! I'm not drunk!, Privata

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view post Posted on 18/4/2017, 11:39
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Fu con sollievo che vide il ragazzo riprendere il controllo di sé. La tensione era ormai svanita e il sorriso che lui mostrava era di nuovo come quello di sempre: divertito, sprezzante, ma meno arrogante rispetto a prima. Riprese il mantello che il ragazzo le stava restituendo, dopo averlo ripulito dalle ultime pagliuzze, sorpresa per quel gesto di gentilezza a cui nemmeno lei aveva pensato. «Una pianta eh?» disse alzando un sopracciglio divertita «Molto bene, Row, vorrà dire che lo terrò a mente per il futuro, nel caso abbia voglia di prenderti in giro» disse in risposta alla sua strizzata d’occhio. Con un gesto fermo si riallacciò il mantello intorno alle spalle. Ora, con meno pagliuzze addosso, le sembrava di aver riacquistato del tutto la sua consueta compostezza e sicurezza. Riprese la bacchetta che poco prima aveva lasciato accanto all’albero, guardandosi attorno per la prima volta. Si trovavano su un’altura circondata da prati verdi. *Hai idea di dove possiamo essere finiti, Willy?*. Ma l’amico immaginario non le dette alcuna risposta. Forse era perplesso tanto quanto lei, pensò. Dopo aver abbracciato con lo sguardo la radura, alzò gli occhi per scrutare il cielo, come a cercare in esso una risposta al suo interrogativo. Il cielo era ancora limpido, ma la luce stava iniziando ad assumere alcune sfumature dorate. Il sole sarebbe presto tramontato. Con un gesto naturale si pose la bacchetta sul palmo della mano, dove scattò subito indicando un punto alle sue spalle, come se quel compito le fosse ormai consueto e fosse bastata l’ombra di un pensiero per farla ubbidire. Il nord doveva essere dietro di lei. In lontananza, guardando verso il punto in cui il cielo era più arancione, si potevano scorgere i tetti di alcune case. Dovevano trovarsi più o meno a nord-est di Hogsmeade, non molto lontani dalla cittadina, dedusse.
La domanda di Rowan giunse interrompendo le sue riflessioni. Si guardò intorno, tamburellando la bacchetta sulla mano, soppesando la risposta da dare. Non aveva affatto voglia di affrontare subito il viaggio di ritorno. Gli eventi frenetici e insoliti di quella giornata le stavano lasciando addosso un velo di stanchezza. Sentiva il bisogno di riprendersi qualche momento di tranquillità.
«Il primo volo di questa giornata mi ha portata a schiantarmi su un mucchio di paglia. Nel secondo sono ruzzolata in questa radura sperduta. Sai, non sono sicura di essere pronta a scoprire dove mi condurrà il terzo» disse, lo sguardo sulla radura. Riprese subito dopo.«A breve dovrebbe sorgere Vega in quel punto» indicò con un cenno del capo un punto a nord-est del cielo «E là invece» spostò lo sguardo verso sud-ovest «Si dovrebbe vedere Sirio. Sono stelle molto luminose in questo periodo, è possibile scorgerle ad occhio nudo anche prima che faccia completamente buio» Atena conosceva molto bene come sarebbe stato il cielo ogni notte. «Quest’altura libera da ostacoli non sembra male come punto di osservazione». Quella scampagnata non era certo stata in programma, ma dato che ormai vi ci erano finiti, tanto valeva approfittarne. Dopo un attimo di silenzio, tornò a posare lo sguardo sul ragazzo, inclinando leggermente la testa, come faceva sempre quando pensava a qualcosa. «Dimmi un po’, Row, chi sei?» si rese conto che di quel giovane non sapeva pressoché nulla. «Non mi sembra di averti mai visto nei paraggi» faceva spesso giri di ronda per pattugliare Hogsmeade, Diagon Alley o Londra e ormai sapeva riconoscere i visi più noti, ma non aveva memoria di avere mai visto quel ragazzo. «Da dove vieni? Cosa fai nella vita? Sei una sorta di…giocatore di Quidditch?» azzardò, ripensando alla sua abilità nel volo, un angolo della bocca ad abbozzare un sorriso divertito. «...non sarai per caso un criminale in fuga?» concluse, con un’alzata del sopracciglio, lanciandogli un’occhiata indagatrice. Chissà come le era venuta in mente quell’ipotesi.
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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Nickness
view post Posted on 18/4/2017, 22:23




Già, una pianta. Chissà cosa avevano in mente i suoi genitori, cosa frullava in quella loro testolina babbana per aver chiamato il loro unico figlio con il nome di una pianta. Il giovane mago se l'era sempre chiesto e le possibili ipotesi che aveva formulato erano principalmente due: o che entrambi avevano una qualche forma di dendrofilia tale da aver chiamato Rowan con il nome di una pianta, oppure le idee scarseggiano e non appena un albero di sorbo era entrato nel loro campo visivo, il nome era presto deciso. «Prendimi pure in giro. Ti accorgerai di quanto io possa essere pungente, come pianta», Si voltò come per scrutare di nuovo la radura, su cui battevano gli ultimi raggi di luce, lo sguardo rivolto verso Atena che, sembrava, stesse analizzando a sua volta il campo in cui entrambi erano capitati. La guardò, gli occhi attenti ad osservare Atena che senza pronunciare alcun incantesimo, riusciva a far ruotare la bacchetta nel suo palmo. Non sapeva con certezza cosa stesse facendo, ma la leggerezza e la manualità con cui la strega brandiva la bacchetta gli fecero subito capire che Atena stesse probabilmente cercando di identificare la posizione in cui erano atterrati. Abbandonò un secondo i suoi pensieri, quando Atena espresse la volontà di voler rimanere lì. «Perfetto». Il tono di voce caldo e rilassato, di quello che non aveva nessuna voglia di fare un'ulteriore passo, ma solo di stravaccarsi e poltrire. Si abbandonò dunque per terra, gambe incrociate e bacchetta alla mano, non per lanciare qualche incantesimo, ma per levarsi il prurito che lo tormentava sulla schiena. Emise un verso rilassato dopo essersi liberato dal prurito, quando Atena riprese a parlare. Sembrava che veramente avesse capito dov'erano e dunque era stata in grado di stabilire la posizione delle stelle. «Ma quanto sei secchiona? Ti si addice proprio il nome sai?». Spintonò con la spalla Atena, un gesto che, almeno secondo Rowan, avrebbe sancito l'inizio di una stramba amicizia. Un'amicizia che probabilmente non si sarebbe configurata come seria e piena di convenevoli, ma fatta di risposte per rime, battute e strizzate d'occhio sardoniche. La domanda che Atena gli porse non potè non provocargli l'insorgere di una risatina beffarda. «Già sono un pericolosissimo criminale. Faccio gestacci alle suore, rubo le caramelle ai bimbi e nel tempo libero metto i gattini appisolati sulle chiome degli alberi». Sorrise e poggiò i palmi delle mani per terra dietro la schiena. Alzò la testa in alto, come per assaporare il vento che gli accarezzava i capelli, per poi tornare con lo sguardo verso Atena. «Raccontami un po' di te e magari io farò altrettanto». Ammiccò con l'occhio, il tono sempre sfrontato, ma con una leggera venatura di serietà.

Edited by Nickness - 19/4/2017, 11:34
 
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view post Posted on 19/4/2017, 22:32
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«Pungente? Non mi risulta che il sorbo abbia le spine. Piuttosto, pare che i suoi frutti siano alquanto acidi…» puntualizzò, stuzzicandolo, ponendo enfasi sull’ultima parola «…Rowan» aggiunse con un tono leggermente più basso, guardandolo divertita.
Si sedette accanto a lui, le ginocchia alzate, in una posizione rilassata, ma più composta rispetto a quella sfrontatamente stravaccata del ragazzo. Con una mano iniziò a giocherellare con i fili d’erba. Le piaceva affondare le dita nel manto erboso, sentendo il pizzicore fresco dell’erba sulla pelle.
La spinta amichevole che il ragazzo le diede con la spalla le strappò una sorriso divertito, che si confondeva quasi con l’accenno di una risata. Era vero, lo sapeva, spesso si prendeva troppo sul serio. Da se stessa pretendeva il massimo, il suo perfezionismo non ammetteva sgarri. Vi erano momenti in cui la sua razionalità prendeva il sopravvento, non poteva farne a meno, era un piacere, un bisogno, a cui non sapeva rinunciare. Alcuni si sentivano messi a disagio da questo atteggiamento, altri la trovavano una persona strampalata. Molti la consideravano semplicemente su una lunghezza d’onda diversa. Non era comune trovare qualcuno che avesse la capacità di andare oltre quella facciata. Eppure Rowan sembrava riuscirci con una semplice battuta. Quell’insolita leggerezza le faceva sentire quel rapporto naturale. Forse, chissà, quello poteva essere l’inizio di una strana amicizia.

«Quindi sei tu il famoso criminale che sta seminando il panico a Londra, attentando alle vite dei gattini? Potrei anche arrestarti, lo sai?». Sorrise, portando lo sguardo davanti a sé, verso i prati e il cielo arancione. Si aspettava che lui iniziasse a parlare rispondendo alle sue domande, ma la sua replica la colse alla sprovvista. “Raccontami un po’ di te”. Avrebbe dovuto aspettarsi che lui non avrebbe risposto ad una domanda diretta, se non prima che fosse stata lei a farlo. Lo aveva fatto anche in precedenza. Ad Atena non piaceva parlare di sé, non era brava a farlo. Per nulla. Quella domanda, arrivata così a bruciapelo, la lasciò in silenzio per alcuni istanti, mentre continuava a guardare l’orizzonte, giocherellando con i fili d’erba.
«Qualcosa di me» iniziò, cercando le parole più adatte. «Da alcuni mesi vivo a Londra, in compagnia di un gatto e di una civetta. Passo gran parte del mio tempo libero a fare la secchiona sui libri. Vado in giro con un mantello fingendo di essere un supereroe e di salvare il mondo. E qualche volta mi capita anche di incontrare qualche strano personaggio» disse, riportando lo sguardo sul ragazzo mentre pronunciava le ultime parole, come a fargli intendere che - si - alludeva proprio a lui. «Ah, e non di rado parlo con Willy, il mio amico immaginario!» aggiunge, con un guizzo divertito negli occhi, dandogli un amichevole pugno sul braccio. Non si capiva se stesse dicendo sul serio o lo stesse prendendo in giro. *Tranquillo Willy, va bene così, non essere timido* lo rassicurò.
Iniziava così a rivelargli alcuni particolari della sua vita, senza tuttavia andare troppo in profondità, come inizio poteva bastare. Lasciò che fosse lui, eventualmente, a chiederle qualcosa di più specifico, se lo avesse voluto.
«E’ il tuo turno ora» ribattè. «Passi spesso il tempo a fare l’ubriacone su una panchina e rubare scope a delle povere ragazze indifese?». Non che si sentisse una povera ragazza indifesa, ma questo lui non poteva saperlo. Lo guardò, inclinando leggermente la testa, incuriosita, aspettando una risposta che - questa volta - non fosse evasiva.
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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Nickness
view post Posted on 20/4/2017, 17:52




L'erba gli solleticava i palmi delle mani callose. Nelle ultime settimane aveva incominciato ad indossare dei guanti da motociclista, quelli senza dita, ma non erano diminuiti. Le morbidezza della sue mani era continuamente messa a repentaglio dai lavoretti che svolgeva a casa, giusto per racimolare - in nero, si intenda - qualche galeone in più. Si sarebbe ripromesso - non appena avesse trovato lavoro al Ministero - di abbandonare quell' attività poco lecita e non dichiarata, ma al momento era il suo unico mezzo di sostentamento. Aveva allestito nel garage di casa sua una piccola officina, in cui si cimentava nell'aggiustare le scope magiche che gli venivano portate, di cambiare pezzi obsoleti, quali manici graffiati e poco levigati, saggina o rametti delle setole per renderle più veloci e aerodinamiche, per quanto una scopa lo potesse permettere. Era abbastanza conosciuto nei bassi fondi, tra coloro che non avevano un portafoglio tanto ampio da permettersi di pagare le revisioni ufficiali del Ministero, ma che volevano che la loro scopa fosse in splendida forma per le gare di Quidditch o di velocità. Stava pensando che forse avrebbe dovuto ricomprare l'olio lubrificante che forse gli era finito, quando la voce di Atena lo riportò con la testa per terra. «Ti sei ingoiata un'enciclopedia da piccola?» Probabilmente, Rowan non sapeva neanche che forma avesse un sorbo. Già solo il fatto che Atena gli avesse rivelato che il sorbo avesse dei frutti acidi fu per lui esaltante. Non gli interessava granché il suo nome, tanto meno la botanica in generale.
Era stanco e questi suoi continui divagamenti ne erano la conferma. Si sdraiò dunque sul manto d'erba verde, accavallò la gamba destra su quella sinistra e piegò i gomiti a livello delle testa, i palmi delle mani rivolte verso a la nuca, il dorso a contatto con il manto setoso dell'erba. «Cosa sei una specie di poliziotta dei maghi? Aspetta, non dirmi che sei un Auror?» Ne aveva visti pochi, considerati i folli requisiti per entrare e le altrettanto folli azioni che compivano, ma apprezzava il lavoro che facevano. Ma forse era meglio tacere la questione dell'officina, almeno per ora. In previsione del colloquio con il Ministro, non era esattamente il caso di tornare in manette per l'ennesima volta. Non avrebbe fatto una buona impressione. Annuì come per confermare i suoi pensieri e tornò a rivolgere la sua attenzione ad Atena, la mano sopra il viso a coprire gli ultimi raggi di sole. La confessione di Atena sul suo amico immaginario Willy gli strappò una smorfia, a stento riusciva a contenere le risate. «E poi sono io quello strano, eh?». Strappò un ciuffo di erbetta verde e glielo gettò addosso. Ma ora era il suo turno, come aveva più o meno promesso prima. «E va bene». Disse, sospirando, mentre afferrava la bacchetta e cominciava a far levitare i fiori recisi e i ciuffetti di erba in aria. Disegnava dei cerchi con la bacchetta e in risposta l'erbetta volteggiava in aria, prima a sinistra, su e giù e poi contro Atena. «Oltre a quello che hai già visto» - indicò con la bacchetta e l'aria assonata l'albero alle loro spalle - «non c'è altro da dire. Ho ventidue anni e faccio lo straccione per lavoro.» Neanche a lui piaceva parlare di sè, come prevedibile. Forse era per questo che entrambi andavano così d'accordo? «Vado da uno strizzacervelli ogni settimana, seduta obbligatoria dal Ministero, già bello schifo». Inarcò le sopracciglia e riempì di aria fresca i polmoni, poi continuò: «Mi piacciono le scope da quando ero ad Hogwarts» - pronunciò la parola Hogwarts quasi sottovoce, come per evitare che il suono della parola giungesse alle sue orecchie. «E niente» - scrollò la spalle e sorrise in modo quasi tenero - «O mi prendi o mi butti via». Domanda retorica, ma l'ego di Rowan avrebbe voluto comunque ricevere una risposta positiva.



Edited by Nickness - 21/4/2017, 20:36
 
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view post Posted on 22/4/2017, 13:13
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Una folata di vento catturò i fili d’erba che Rowan stava facendo volare un po’ troppo vicino ad Atena, trasportandoli in alto, dove volteggiarono leggeri per alcuni istanti, prima di ricadere piano a terra, lontano da loro. Atena li osservò nella loro corsa, sistemandosi una ciocca di capelli che il vento le aveva scompigliato.
Rowan aveva iniziato a rivelare i primi brevi sprazzi della sua vita. La ragazza ascoltò con interesse, mantenendo un’espressione rilassata, mentre il suo sguardo attento non si lasciava sfuggire i gesti con cui accompagnava il racconto e il modo in cui parlava. Non erano solo le parole a rivelarle dettagli su di lui. Le parve di capire che Hogwarts non doveva essere stata una bella esperienza, e poteva facilmente immaginare il motivo. Il tono laconico e i movimenti della bacchetta - come a voler distogliere la sua stessa attenzione da ciò che stava dicendo - le suggerivano che probabilmente non amava parlare di sé, forse si sentiva in imbarazzo a farlo, non poteva saperlo. Non le era sfuggito che la mano con cui reggeva la bacchetta presentava dei punti più ruvidi, segno che doveva dedicarsi spesso a qualche attività artigianale, chissà, forse qualcosa che aveva a che fare con le scope. Del resto erano la sua passione, le aveva detto.

«E dove potrei buttarti? Giù da una scopa? Con ogni probabilità ti metteresti a volare su un’anatra di passaggio» disse con l'accenno di un sorriso, rispondendo alla sua implicita domanda. Riportò lo sguardo davanti a sé. Poco prima aveva volutamente eluso il riferimento del ragazzo al suo impiego, limitandosi a distogliere lo sguardo e a fare un cenno con la mano. Rifletté alcuni istanti, indecisa se rivelargli quel particolare o tenerlo per sé. Per qualche strano motivo, sentiva che quella rivelazione avrebbe reso quell’incontro più reale. Con un gesto fluido e naturale sfilò il distintivo dalla tasca, tenendolo per alcuni momenti tra le mani. Era molto affezionata a quel pezzo di metallo, per lei aveva un significato particolare. Non rappresentava soltanto un lavoro, rappresentava una scelta, una missione, una promessa. Un mezzo per lottare per i suoi ideali. «Ad ogni modo, non ci sei andato molto lontano» disse con un sospiro, come riprendendo un discorso che era stato lasciato in sospeso. Gli lanciò il distintivo, con la speranza che avesse la prontezza di afferrarlo al volo e di non lasciarselo cadere sulla testa. «Atena McLinder. Dipartimento Auror» il tono asciutto, come le dettava l’abitudine. Si voltò verso di lui, fissandolo negli occhi. L’espressione si era fatta seria. «Mi aspetto che tu non faccia sciocchezze, Rowan, almeno finché sei con me» il tono ora non ammetteva scherzi. Gli sfuggi il suo nome completo, ma non lo fece per canzonarlo, quanto per sottolineare la serietà di quello che stava dicendo, come se in quel modo le parole potessero raggiungere una parte più profonda di lui. «Non posso permettermi di fare sconti, per nessuno». Non era sua intenzione essere dura con quel ragazzo, sapeva che non era una cattiva persona, ma aveva altrettanto compreso quanto la sua natura potesse essere sfacciata e impulsiva. Voleva mettere sin da subito le cose in chiaro. Autocontrollo, disciplina, razionalità. Questo era il suo lavoro. Non avrebbe permesso che lei, o quel ragazzo, venissero trascinati nei guai. «Chiaro?» concluse, dandogli un paio di colpetti sulla spalla, come a chiudere lì quella parentesi. Si alzò, per andare verso l’albero su cui aveva lasciato appoggiata la scopa. «Hai detto che te ne intendi di scope» disse, prendendo il manico e tornando verso di lui «Che ne pensi di questa scopa? Ha bisogno di qualche manutenzione?» il tono si era ammorbidito, nel tentativo di intavolare una conversazione che poteva rivelarsi proficua per entrambi. Tornata al suo posto, tese la mano per farsi ridare il distintivo. Aveva concesso al ragazzo abbastanza tempo per ispezionarlo e, dentro di lei, iniziava a sentire la mancanza di quel peso addosso, a ricordarle in ogni istante le scelte che aveva compiuto e le promesse che aveva fatto.
● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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Nickness
view post Posted on 23/4/2017, 00:31




Il suo istinto da ex cacciatore di Quidditch si destò rapidamente quando Atena gli lanciò un oggettino scintillante. Lo afferrò al volo con un mano, come avrebbe fatto per afferrare un boccino d'oro sfuggente. Lo staglio in aria, contro il cielo, e lo scrutò per bene: il materiale rifletteva flebilmente la luce e la scritta "Dipartimento Auror" impressa in rilievo sul distintivo era ben visibile. Atena aveva assunto un'aria autorevole, le sue parole erano decise, suonavano perentorie e, benchè Rowan morisse alla voglia di spezzare la serietà che aleggiava, si limitò ad inclinare la testa di lato ed annuire. «Non ti darò problemi» - esordì Rowan, con un tono che apparentemente appariva serio - «che un fulmine mi colpisse ora, se dicessi una falsità». Guardò in alto, in cerca di qualche fulmine che avesse voglia di colpirlo, e rotolò rapidamente a fianco di Atena, con un sorriso sornione stampato in faccia. Non avrebbe cacciato nei guai Atena, questo era sicuro, ma per quanto riguardava se stesso, non poteva prometterle nulla. Non era il tipo che subiva a testa bassa, quanto piuttosto quello che interveniva e, la maggior parte delle volte, combinava danni. Ma, almeno, lo faceva per qualcosa in cui credeva.
Un bella pacca sulla schiena sembrò voler dissolvere il clima serioso che Atena aveva creato e che, volontariamente, Rowan aveva contribuito a distruggere con la battuta di prima. Da sdraiato, la osservò andare a prendere la scopa vicino all'albero della disperazione, come aveva deciso di chiamarlo. Gli chiese alcuni consigli sulla scopa, ma tese la mano come per richiedere il distintivo. Si leggeva nei suoi occhi quanto fosse importante per lei il distintivo, il simbolo dell'impegno che si era ripromessa di investire nel suo lavoro. Rowan lo aveva stretto nella mano e glielo restituì senza fare storie. Si rimise seduto e appoggiò la scopa di Atena sulle gambe allungate. Passò più volte le dita sul manico graffiato, tastò le setole di ramoscelli della scopa e verificò che il filamento che li teneva insieme non fosse troppo largo. Lo sguardo cui cui studiava la scopa era concentrato e serio, il sorriso era sparito per far posto ad un espressione neutra, impegnata. Quando alzò lo sguardo, le labbra erano di nuove ricurve all'insù. «Guarda qua» - indicò con il dito le rigature sul manico della scopa - «il manico deve essere levigato. Non che crei particolari problemi, ma sempre meglio renderlo liscio». Girò la scopa, portando la chioma della scopa dalla parte di Atena. «Hai perso un po' di ramoscelli, questo riduce la velocità della scopa. Se la chioma è ben folta, la scopa va' molto più veloce». Lanciò un'ultima rapida occhiata alla scopa prima di appoggiarla a terra. «Per il resto mi sembra tutto okay. Il legno non sembra usurato e l'incantesimo di frenata è ancora attivo, forse per poco però. Purtroppo non ho gli attrezzi adatti ora, ma se vuoi posso riparartela a casa mia». Afferrò la bacchetta e la mosse in direzione di Atena. «Ora però sei in debito, Aty cara». Si picchiettò la punta della bacchetta sul mento, riflettendo sul da farsi. «Dammi qualche ripetizioni di qualche incantesimo offensivo e siamo pari» - esordì, dopo aver posato lo sguardo sul distintivo di Atena. Non conosceva particolari incantesimi di offesa, giusto i principali, ma ci teneva quantomeno a saperli usare per bene. Forse era l'occasione giusta per combinare qualcosa di utile, ogni tanto.



Edited by Nickness - 23/4/2017, 11:29
 
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view post Posted on 29/4/2017, 16:08
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Alla risposta del ragazzo, Atena non seppe trattenere un’alzata di occhi al cielo. *Speriamo bene* pensò tra sé, prima di lasciarsi il discorso alle spalle.
Riprese con sé il distintivo che Rowan le diede senza problemi, gesto che apprezzò e che le fece rilassare i muscoli del viso, facendo comparire l’ombra di sorriso intorno agli occhi. Lucidò un paio di volte il metallo con il bordo del mantello prima di riporre il distintivo in tasca, al suo posto. Ora si sentiva di nuovo completa.
Si abbassò, appoggiando un ginocchio a terra, per osservare il ragazzo ispezionare il manico e le pagliuzze della scopa. Ma più che dai suoi gesti, restò sorpresa dall’espressione che aveva assunto in viso. Si era fatto serio, concentrato, attento. Sembrava quasi più adulto. I suoi gesti erano ponderati e ben studiati. Non doveva essere la prima volta che lo faceva, pensò.
«Ti occupi spesso della manutenzione delle scope?» chiese incuriosita, per confermare il suo pensiero. Ascoltò con attenzione quanto le disse sullo stato del manico, annuendo di tanto in tanto. «Va bene, prendila pure con te e sistemala come meglio credi» rispose infine. Aveva ancora alcune riserve sul ragazzo, ma sentiva anche che nessuno sarebbe stato in grado di sistemare quel manico di scopa meglio di lui. Da questo punto di vista, si fidava ciecamente delle sue capacità e l’aver acconsentito a separarsi dalla scopa a cui era più affezionata ne era la dimostrazione. «Magari dai una sistemata anche all’incantesimo di frenata, non vorrei che nel giro di poco tempo mi portasse di nuovo a schiantarmi da qualche parte» disse in tono rilassato, alzando un angolo della bocca in un sorriso. «Però…» riprese, facendosi più seria, una parte del discorso del ragazzo le aveva pungolato lo stomaco. «Non levigare troppo il manico, è sufficiente una lucidata. Ogni graffio ha la sua storia, non voglio sia cancellato». I ricordi che quel manico portava con sé erano di gran lunga più importanti dell’oggetto stesso. Se venivano cancellati quei segni, forse anche una parte dei suoi ricordi sarebbe stata cancellata per sempre, portati via come il tempo che era passato o le persone che aveva perduto. Riportò per alcuni istanti lo sguardo sulla radura, per evitare di sentire il suo sguardo su di sé, quasi imbarazzata per quella sua rivelazione.
Le parole che seguirono le fecero posare di nuovo lo sguardo sul ragazzo, con un’espressione a metà tra lo stupore e il divertimento. Era in debito? Non era forse stato lui a rubarle la scopa, a farli quasi schiantare a terra e farli ruzzolare in quel posto? Se c’era qualcuno che era in debito, tra i due, quello era scuramente lui! Almeno, questo era quello che pensava Atena. Tuttavia, non le dispiacque la sua proposta. Apprezzava particolarmente la voglia di imparare e di mettersi in gioco. Dopo essersi presa un momento di riflessione, nonostante tutto, decise di acconsentire alla sua richiesta.
«Incantesimi offensivi? Non avrai intenzione di immischiarti in una rissa, ragazzo?» iniziò. «Molto bene» continuò, alzandosi in piedi e facendo alcuni passi per posizionarsi ad alcuni metri da lui. «Fammi vedere cosa sai fare» gli intimò, sistemandosi l’allacciatura del mantello e impugnando più strettamente la bacchetta, l’espressione più seria e concentrata. «Colpiscimi». Voleva innanzitutto vedere la sua tecnica, il modo in cui impugnava la bacchetta, la precisione dei movimenti e la forza che metteva nel lanciare l’incantesimo. Attese quindi, dritta in piedi, l’espressione risoluta sul viso, che lui si alzasse e si facesse avanti. «Ma ricorda» ci tenne a puntualizzare «sei ancora in debito con me per avermi rubato la scopa!».

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