| × Off-Game × × LegendaNarrazione"Pensieri" «Dialoghi»Quando vide il risultato a metà dei suoi sforzi, non capì in cosa aveva sbagliato. Certo, una metà del suo corpo era diventata gassosa, proprio come egli voleva. L'altra metà, invece, era rimasta al suo stato originale, solida. Anche la bacchetta non aveva cambiato il proprio stato. Per giunta nella spalla restava conficcata la scheggia di vetro, che non solo infastidiva l'Akuma, provocandogli dolore, ma gli impediva di muovere il braccio e concentrarsi. Era quello il problema? Una scheggia di vetro aveva fermato qualcuno che blaterava di voler diventare come Lui? Cosa poté dedurre da quel suo fallimento? Che doveva ignorare il dolore meglio. Quello era poco, ma sicuro. Perché, se era davvero deciso, determinato a raggiungere Lui, che come sempre rasentava un ideale, un'ombra situata in fondo al suo cammino, avrebbe dovuto spingersi ancora più in la. Avrebbe dovuto fare molto meglio. Perché il Sire Oscuro, - e di questo Raven era certo, - avrebbe battuto quei due duellanti con una facilità incredibile. Perché dinnanzi a Lui sarebbero stati soltanto dei dilettanti. Perché lui non avrebbe fatto la fine di qualcuno che non solo si chiudeva in una cupola, come un animale in trappola, ma che era persino incapace di eseguire un incantesimo. Che presto, se non fosse riuscito a compiere almeno qualcosa di serio, sarebbe stato gettato fuori dalla quelal Congrega. A Raven bastò un attimo, o anche meno, per valutare la situazione e capire che era una situazione di merda. La cupola ora presentava delle screpolature, indice del fatto che tra pochi secondi sarebbe caduta. Con la cupola Raven si sarebbe di nuovo ritrovato sotto l'effetto dell'alta pressione, che a differenza della cupola non sembrava essere diminuita in potenza o di voler cedere, il che era indice della bravura del mago o della strega che aveva eseguito l'Extendo Gravitas. Con i due sfidanti aveva perso un qualsiasi contatto visivo: vedeva solo delle figure astratte al di là della barriera difensiva. Ed era certo che non appena quelle screpolature nella difesa si sarebbe allargate, egli, Shinretsu Raven, sarebbe stato di nuovo aperto, colpibile, come un animale in gabbia. "Ora o mai più..." - Tutto ciò significava soltanto una cosa: una sconfitta lì avrebbe determinato una sconfitta generale. Se non fosse riuscito a sconfiggere quei due, quali chance aveva di proseguire sulla sua Strada? Non avrebbe potuto cambiare il mondo se avesse perso. Non avrebbe potuto fare nulla se avesse perso. I suoi sogni sarebbe caduti, i suoi ideali sarebbero stati dimenticati, le sue utopie si sarebbero frantumate. L'unica cosa che sarebbe rimasta, certa, sarebbe stata la realtà delle cose e comprensione del fatto che nel mondo sempre 1 valeva 1 e mai due. Che nel mondo non vi erano maghi che potevano sperare di uguagliare almeno altri 2 maghi. Che tutte le sue idee sulla qualità piùttosto che la quantità erano sbagliate... Che bisognava sempre e comunque duellare in superiorità numerica. Non avrebbe mai avuto qualcuno che, in ogni occasione, 2 vs 10, gli avrebbe protetto le spalle. Doveva proteggersele da solo le spalle creando i presupposti per l'esecuzione di quell'incantesimo in battaglia e il suo scudo serviva proprio a quello. Il suo Protego Totalus, che sembrava destinato a rompersi da lì a poco, serviva proprio a quello. "Agire..." Come prima Raven non perse un istante. Non poteva lasciare che tutto ciò accadesse. Non poteva lasciare i suoi sogni cadere, scomparire, evaporare. Non poteva ammettere e non avrebbe mai ammesso la sconfitta. Perché non era un'opzione accettabile e mai lo sarebbe stata. Sperando che la barriera avrebbe retto ancora almeno qualche secondo prima di disgregarsi, - del resto, non era stata colpita da nessun incantesimo, - Raven avrebbe usato la mano destra, quella con la bacchetta, per tirare fuori la scheggia dalla sua ferita utilizzando il pollice e l'indice, estraendola sporca di rosso e resistendo al dolore, per poi lasciarla cadere al suolo. Stringendo i denti, con lo stesso movimento della mano che stringeva la bacchetta avrebbe provato a completare la sua opera d'arte. Non vi erano altre vie d'uscita e non vedeva altre opzioni plausibili per continuare... Beh, a parte alcune, ma erano ancora più rischiose. Del resto, se con la scheggia di vetro nella spalla era riuscito a trasformarsi a metà, senza la scheggia e prestandoci ancora più attenzione, nonché concentrazione, sarebbe forse riuscito a trasformarsi completamente. E a quel punto avrebbe vinto. La vittoria nel duello, insomma, passava da lì. Era un punto cruciale. Un punto fondamentale. Non poteva sbagliare di nuovo. Non poteva sbagliare ancora. "Sii con me..." - si disse fra sé e sé.
La riuscita o meno del suo tentativo avrebbe determinato la vittoria o la sconfitta nel duello, motivo per cui eseguì i movimenti velocemente, muovendo la bacchetta in modo veloce, ma senza forzarli per non sbagliare qualcosa. Concentrazione e velocità. Prima, però, venne l'immaginazione. Come prima l'Akuma visualizzò nella propria mente come gli atomi del suo corpo si distanziassero tra di loro, formando nuovi legami e molecole, molecole gassose. I tessuti e le molecole che immaginò distanziarsi le une dalle altre riguardarono il corpo nella sua interezza: le ossa, il sangue, le cellule della pelle, quelle del linfa, i tessuti del cuore, quelli dermali, per poi concentrarsi sulle molecole che formavano il collo, il cranio, il cervello e persino le proteine dei capelli. Tutto nella sua mente cambiò, distanziandosi, diventando meno materiale, cambiando stato da solido a gassoso, levitando. I legami si trasformarono e alcuni diventarono più lunghi. Il liquido dell'occhio, la retina e quant'altro... Tutto, pur mantenendo la propria forma e le sue capacità originali cambiò stato divenendo... Immateriale. Immaginando gli atomi delle parti già trasformate, cercò di mantenerli tali. Gambe e parte dell'avambraccio sinistro, quindi, goderono di una visualizzazione più breve, in quanto cercò soltanto di fissare quel loro stato gassoso. Sulle parti non trasformate ebbe modo di svolgere un lavoro più duro, ma con egual velocità. Nella visualizzazione incluse anche l'immagine della sua bacchetta, che sarebbe dovuta diventare immateriale e gassosa anch'essa, com'era successo all'Ombra del Salice quella notte, la notte in cui aveva messo a punto il suo capolavoro. Proprio come per il resto del suo corpo, Raven avrebbe immaginato gli atomi e le particelle della bacchetta distanziarsi gli uni dagli altri, creando legami più leggeri, morbidi. Dei legami gassosi che gli avrebbero permesso di ottenere un'altra bacchetta rispetto alla precedente, ma pur sempre di ottenere una bacchetta che avrebbe conservato le sue peculiarità. Che gli avrebbe permesso di agire. Di vincere. Di camminare. Di sacrificarsi. Era quello che voleva. Era quello che desiderava. E se fosse stato veloce, sarebbe riuscito nel suo intento prima che la cupola fosse caduta schiantandosi al suolo. Ne era certo. Glie lo diceva una voce interiore; glie lo diceva la sua determinazione a non mollare mai, nemmeno in quella situazione in cui stava per venire deriso e bersagliato. Non poteva mollare o arrendersi, perché c'era Lui e la sua morte ad aspettarlo in fondo alla strada. In un gesto autodeterminativo serrò i dentri e strinse il pugno sinistro, ricordandosi di quanti sacrifici aveva fatto per arrivare laddove era. Ricordandosi di non poter mollare mai. Contemporaneamente alla fase visualizzativa mosse la bacchetta partendo dal punto più alto del suo corpo, sopra la testa, e procedendo verso il basso a mò di spirale che avrebbe incluso l'intero corpo al proprio interno. Quindi la bacchetta eseguì dei movimenti fluidi e concentrati, ma ugualmente veloci, a spirale intorno al corpo, fino a toccare il punto più basso del corpo stesso e quindi risalire. Alla fine della prima metà del movimento l'Akuma sarebbe risalito verso il punto più alto del suo corpo sempre muovendo la bacchetta a mò di spirale, prima intorno alle sue gambe, poi intorno al bacino (era ancora piegato sulle ginocchia) e quindi intorno al busto e poi intorno alla testa. Durante quel movimento ascendente avrebbe comunque mosso la bacchetta in modo fluido, ma senz'altro veloce, per anticipare la caduta della barriera qualora questa fosse ceduta. Nel mentre Raven non si sarebbe preoccupato più di tanto della stessa: se avesse pensato troppo alla barriera, avrebbe rischiato di disconcentrarsi durante l'esecuzione di un incantesimo che richiedeva la massima concentrazione. Motivo per cui durante l'esecuzione dello Spectrum le attenzioni dell'Akuma vennero puntate solo verso una buona esecuzione dello Spectrum stesso, o meglio su una caratteristica fondamentale: la velocità di esecuzione. Quasi al termine avrebbe pronunciato, questa volta in modo verbale, la formula magica: «Spectrum!» – La pronuncia fu detta con la media velocità, per non sbagliare nulla e puntò a essere detta non con una foga agonistica tipica dell'Akuma, ma con una fluidità come quella dei gas. Come se quella parola fosse un'illusione, come se fosse un fantasma. Una volta terminato il tutto, avrebbe osservato lo scudo: era già rotto? Si sarebbe rotto prima? Si sarebbe rotto nel mentre? O si sarebbe rotto una volta che Raven fosse riuscito a trasformarsi completamente? Il destino dell'Akuma era nelle mura di quella cupola in quei secondi ed era meraviglioso come dei piccoli istanti potessero segnare un'esistenza.
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~ Punti Salute: 309 ~ Punti Corpo: 345 ~ Punti Mana: 498 ~ Punti Esperienza: 74
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