~ I really need a Unicorn, Privata.

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view post Posted on 28/6/2017, 15:43
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Ad Amber piaceva il modo di porsi di Thalia, forse derivato dalle origini della rossa o forse acquisito nel tempo. Era sincera in ogni reazione, lo era perfino quando mostrava di non voler parlare di un dato argomento. Senza saperlo, la ragazza possedeva una dote essenziale che, forse, le avrebbe permesso di guadagnare un briciolo di fiducia da parte della bionda. L'ironia con cui sfioravano spesso entrambe i limiti del consentito dal primo tacito accordo, le permise di sorridere in rimando tra un boccone l'altro, mentre l'ennesima battuta lasciava le labbra della rossa ed un sorso di vino accompagnava il tutto. «Istinto di sopravvivenza» rispose, fingendo quasi di voler giustificare l'affermazione precedente, ma senza averne il reale desiderio. Non le sfuggì il dettaglio di quel "la prossima volta", ma non volle sbilanciarsi oltre. Quel genere di frase aveva sempre un sapore amaro per lei e dunque era bene che non si fossilizzasse su quella, al momento. Ad Amber sembrava che entrambe, sotto sotto, avrebbero preferito scegliere una destinazione differente, eppure entrambe erano finite lì, l'una senza bloccare l'altra. Che ci fosse in comune qualcosa in più della semplice spilla o dei colori di casata? Con il boccone successivo, la tassa si chiese se in effetti fosse il caso si scoprire di cosa si trattasse per la precisione. Non trovò una risposta nell'immediato, ma quella pausa le permise di lasciare che Thalia stessa riprendesse la parola, accennando in maniera più approfondita alle proprie origini ed al cugino Desmond. Il paragone di quel rapporto con quello - ora mai inesistente - che lei aveva avuto con i suoi cugini. Amber non era mai stata invidiosa di qualcosa o qualcuno a tal punto da desiderare di essere una persona differente, ma non poteva nascondere il nodo alla gola che si formava ogni volta che si trovava ad ascoltare racconti normali di famiglie apparentemente unite o felici. Le piaceva venire a conoscenza dell'esistenza di nuclei familiari ancora in piedi, solidi come alberi secolari. Ed al tempo stesso, come un coltello con due lame e senza un manico, veniva trafitta dalla consapevolezza che lei, di racconti simili, non ne avrebbe mai avuti da raccontare. La luce che parve brillare negli occhi della rossa, fu il colpo di grazia. Amber tenne in piedi il sorriso gentile e curioso di poco prima, nascondendo abilmente il dolore che invece sapeva di provare. Poteva non essere più un'undicenne alle prese con mille novità, ma la maturità non aveva portato indietro le sabbie del tempo e nemmeno riportato in vita Eveline. Gli anni che erano passati non avevano fatto altro che confermarle che il desiderio di poter far parte di una famiglia come tante era talmente utopistico da dover essere accantonato sempre con più vigore. Istintivamente afferrò più saldamente il bicchiere di vino e lasciò che il leve sentore alcolico sciogliesse il nodo in gola, o almeno ci provasse. Se c'era però una cosa che sapeva fare, era ascoltare, e forse lo faceva fin troppo bene, senza quasi permettersi di intromettersi e spezzare il flusso di un discorso. Fu per quella sua capacità innata che attese qualche secondo di troppo prima di commentare l'avventura di Thalia, subendo così una domanda che minò ancora di più le fondamenta della sua stabilità. Draghi. Era riuscita ad evitare di pensarci troppo intensamente durante il racconto della collega, ma la domanda sulla conoscenza personale di Amber a riguardo, si conficcò come una freccia attraverso una parente già crepata.«...» mentire?non mentire? Qual era la giusta via? La risposta a quella domanda non poteva trasformarsi in un'omissione di informazioni, non del tutto. Eppure c'era un segreto che aveva promesso di mantenere, legato a doppio filo con un'avventura che avrebbe preferito dimenticare. Posò lo sguardo sulle sue mani, intente ad agire per automatismi mentre tagliavano l'ennesima fetta. Bastò una connessione mentale veloce per posare di nuovo le posate attorno al piatto. Amber era perfettamente consapevole di non aver ancora risposto e di aver solo aperto bocca per poi richiuderla in fretta. Si passò il tovagliolo sulle labbra, prima di alzare le iridi verso Thalia e decidere in breve come sarebbe andata avanti la serata. Una parte di lei si sarebbe alzata ed avrebbe lasciato la collega al tavolo, da sola. Ma l'altra parte sapeva benissimo che in ballo c'erano più di due semplici chiacchiere e che sarebbe stato ulteriormente imbarazzante farsi il turno di pattuglia dopo una fuga simile. Contrariamente all'entusiasmo mostrato dalla rossa per i draghi, l'espressione di Amber rimase impassibile, a tratti più seria del dovuto. «Si» rispose, meditando inizialmente di non andare oltre con la spiegazione. Sapeva però che l'altra meritava più di un tono secco e due lettere in croce. «Allo Zoo ce ne sono alcuni, ma una volta, un paio di anni fa..» cercando di scacciare il ricordo della caduta quasi-mortale, si concesse una breve pausa. «.. ho affrontato un incarico per il Ministero. Ungaro spinato, Ironbelly e Petardo Cinese, dovevamo trasportarli con un treno volante fino ad una riserva.» L'immagine del Petardo Cinese che sfrecciava fuori dal vagone ed apriva le fauci pronto a fare di lei la sua persona bistecca di strega, tornò ad invaderle la mente. «Diciamo che... sono fortunata ad essere ancora qui.» Non toccava a lei fare la paternale alla collega su quanto pericolosi fossero i draghi, per quanto Amber stessa provasse un letale mix di paura, rispetto e curiosità verso quelle bestie. Nel tentativo di non far morire del tutto la conversazione, e non trasformarla in un monologo, aggiunse: «Tuo cugino ci avrebbe fatto molto comodo.»


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view post Posted on 29/6/2017, 12:59
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
Capì di aver toccato l'ennesimo tasto dolente nell'esatto momento in cui la risposta di Amber tardò ad arrivare.
In altre circostanze avrebbe ritenuto opportuno colmare quel silenzio con una frase qualunque o un movimento improvviso, come a voler distogliere l'attenzione da quell'impasse; invece, scelse di tacere, iniziando a capire quanto fosse difficile entrare in relazione con la rampolla di casa Hydra senza urtare la sua sensibilità. I suoi trascorsi le erano ignoti e ciò che per lei, una ragazza amante del brivido e della scoperta, poteva essere entusiasmante per Amber poteva, semplicemente, non esserlo.
La vista dei draghi, l'estate precedente, le aveva lasciato una serie di ricordi piacevoli e la sensazione che le creature magiche, in fondo, non fossero "mostri" come la maggior parte dei maghi poteva pensare. Certo, le Chimere in Messico non si erano comportate esattamente come teneri micetti, ma con il beneficio del dubbio che si era sentita di concedere loro, quelle quattro tenere bestioline dalle dimensioni a dir poco fuori della norma stavano solamente conducendo la propria esistenza scandita da un ritmo ben preciso. Nonostante i traumi subiti in quell'occasione e la sorpresa di assistere alla nascita di un piccolo Gallese Verde, non era riuscita a scartare l'idea di un futuro in stretta relazione con quell'ambiente. Occuparsi di qualche Schiopodo o di un Asticello, forse, non era la sua massima ambizione, ma chi poteva dire che cosa le riservasse il futuro?
Era logico supporre che Amber avesse sperimentato ben altre situazioni, provato sensazioni opposte alle sue, e la risposta che giunse, infine, comprovò quella teoria.
Rimase educatamente in silenzio, mentre la ragazza richiamava alla memoria i propri ricordi, aggiungendo qua e là dettagli che - la rossa lo capì solamente in seguito - dovevano servire a chiudere definitivamente l'argomento.

«Mi spiace.» - esordì, assumendo un atteggiamento distaccato, ma pentito, tenendo gli occhi fissi sul proprio piatto e tagliando il pezzo di carne successivo - «Sono stata... invadente.»
Non era sicura che fosse quella la parola giusta per definire la sensazione provata in quel preciso istante e, benché la curiosità di sapere come fosse finita con quel Petardo Cinese la stesse divorando dall'interno, preferì tacere. Non immaginava che la sua spontaneità potesse creare tanti danni, compromettendo una serata ed una cena cominciate con il piede giusto, seppur incerto. Credeva di aver trovato un equilibrio e, invece, aveva sbilanciato nuovamente la conversazione.
In quel momento, alle sue spalle, il tavolo occupato dalla donna assetata di sangue e dal Mezzo-Folletto fu abbandonato dai due commensali: dopo aver pagato, lei si diresse a passo pesante verso l'uscita, mentre il piccoletto arrancava alle sue spalle con timore ed esitazione. Era un'impressione o le aveva lanciato un'occhiata disperata?
Li seguì con lo sguardo, cercando di non attirare l'attenzione di entrambi, preferendo porre un nuovo quesito all'inglese e pensando di aver visto solamente ciò che la sua mente suggestionata aveva voluto farle vedere.

«Immagino che non cercherai un impiego simile, dopo il settimo anno...» - esordì, portando la forchetta alla bocca e portando le iridi grigie sulla compagna.
Le sembrò che a parlare fosse stata una persona diversa, seduta ad un tavolo vicino; il tono calmo e misurato ed ogni parola pronunciata con una certa esitazione avrebbero suggerito il timore di toccare un nuovo tasto dolente, l'ennesimo nervo scoperto che avrebbe definitivamente posto fine alla chiacchierata.

 
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view post Posted on 7/7/2017, 08:33
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Nascosta dietro il bicchiere di vino, la Tassa si maledì per aver nuovamente appesantito la situazione. Era talmente brava a chiudere i suoi segreti in profondi scantinati mentali, che non aveva mai dovuto preoccuparsi della forma che questi avrebbero preso, una volta liberi. Perché liberarli era una cosa estremamente rara. Con il tempo, però, il desiderio umano di far parte di una qualche sorta di "branco", aveva iniziato a coglierla di tanto in tanto, convincendo anche la difesa più solida, a farsi da parte per una volta, lasciando fuggire qualche informazione utile su di sé. Il problema stava esattamente lì, dunque, nel come affrontare la loro liberazione senza apparire sgradevole. L'espressione di Thalia fu l'ennesima cartina tornasole, ovviamente riportò un altro fallimento. Amber scosse il capo, nel tentativo reale di dimenticare la caduta quasi mortale da quel maledetto treno. «No, non è colpa tua... non potevi saperlo.» Ed era sincera, d'altronde se lei per prima non imparava a selezionare qualche dettaglio e rivelarlo un po' alla volta, come poteva pensare che nessuno facesse domande? Forse rendersi più "aperta" verso il prossimo le avrebbe anche permesso di anticipare discorsi simili, senza dover ogni volta compiere uno sforzo madornale per recuperare le redini della biga e ritornare in corsia, possibilmente senza aver subito troppi danni. Intimamente, ad ogni modo, decise che non avrebbe tracciato una croce scarlatta sul nome della concasata. Per quanto il discorso con lei finisse spesso per sfiorare i confini della sua sicurezza, la Moran era una compagnia valida. Non lo avrebbe mai ammesso, ma sentiva di aver bisogno di una serata come quella. Nelle iridi verdi si riflesse la fiammella della candela, prima che queste tornassero ad osservare quel che ancora rimaneva della bistecca. Le barriere erette dalla sua mente, stavano subendo l'attacco del Vino Elfico, riusciva a percepire un certo ammorbidimento in quelle zone. Forse fu proprio quella la ragione di un nuovo lieve sorriso, che spazzò via la considerazione sui draghi ed in seguito il silenzio teso che ne era seguito. Con la coda dell'occhio vide la donnona uscire dal locale, portando con sé tutte le congetture che le due tasse avevano elaborato durante la cena. *Peccato* si ritrovò a pensare, mentre il coltello affondava ancora nella carne di Ippogrifo. Gli occhi di Amber si sollevarono verso Thalia solo quando le rivolse una nuova domanda. Sempre sui draghi. Stranamente non si sentì infastidita da quel perseverare. Forse la ragazza stava davvero cercando il giusto registro comunicativo, poteva essere un male? Certamente la bionda non si spiegava il motivo di quell'interesse nei suoi confronti, ma percepì una sensazione positiva, nonostante tutto. Dall'esterno il tutto sarebbe parso particolarmente strano, sembrava quasi che la rossa si stesse approcciando ad un nuovo drago, evitato l'approccio più spensierato, aveva assunto un tono più pacato e calmo e questo aveva attirato l'attenzione della bestia bionda, senza però spaventarla, senza costringerla a ritirarsi in tana. Sull'onda della sincerità, che come una barchetta senza remi si lasciava trasportare dalla corrente del vino, Amber rispose. «Non penso. Ma non è per i draghi, in generale io e gli animali magici non andiamo molto d'accordo.» regalò quell'informazione senza pensarci troppo.«Non saprei spiegarti, ma proprio non c'è feeling.» Generalmente lei non temeva le bestie, ma non trovava abbastanza interesse all'idea di approcciarsi con loro. I draghi, per quanto maestosi e di indubbia bellezza, avevano sempre attirato la sua attenzione, ma dopo l'esperienza provata anni prima avrebbe impiegato del tempo prima di desiderare di vedere un altro, e di certo non sarebbe diventata una domatrice. «Però mi piacerebbe vedere un Thestral, ci sono alcune cose che vorrei capire.» Ed eccolo, il punto in cui il vino prendeva totalmente controllo delle sue labbra, lasciando che un altro intimo pensiero sfuggisse al suo controllo. C'erano tanti segreti in quella semplice frase: la morte di Eveline, il nucleo della sua bacchetta ed un desiderio che per molti sarebbe parso assurdo poiché strettamente collegato alla morte.«Sai già cosa vorrai fare tu, dopo il settimo?» Tentò di sopperire alla mancanza con una domanda che, forse, avrebbe deviato la curiosità di Thalia. Ma solo "forse", non poteva esserne certa. Nel mentre, inforcò l'ennesimo boccone, ancora tiepido.


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view post Posted on 12/7/2017, 13:39
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
Di rado si era sentita in colpa per una frase pronunciata con leggerezza ed altrettanto sporadicamente era riuscita a superare il rimorso verso se stessa e la persona alla quale aveva rivolto simili attenzioni.
Non aveva mai avuto grossi problemi nel relazionarsi con gli altri: persino i Babbani con i quali aveva stretto amicizia erano riusciti ad incontrare la sua benevolenza, conquistandola lentamente, giorno dopo giorno, senza che nulla della sua vita - tanto diversa dalla loro - potesse turbare l'equilibrio di quelle conoscenze. Certo, mentire a Máire e Tomáas non le andava esattamente a genio, ma come avrebbe mai potuto spiegare la presenza di Fuochi Fatui in giardino o il laboratorio di pozioni di sua nonna se uno dei due avesse ficcato il naso dove non avrebbe dovuto?
In genere le sue amicizie rimanevano stabili nel tempo, come monumenti di un'epoca passata sottoposti al giogo dei venti e delle piogge; alcuni angoli smussati, qualche crepa qui e lì, ma in linea di massima la struttura di base rimaneva miracolosamente in piedi.
Non poté fare a meno di chiedersi, mentre Amber la perdonava per quella caduta di stile, se la bionda Tassina avesse la minima idea di come si sentisse in quel momento. Forse non le sarebbe stata chiara la ragione di tanta e tale contrizione, eppure sarebbe stato semplice comprendere perché, ora, temesse di aggiungere altro a quella già vacillante conversazione.

«Immagino sia lecito...» - rispose, gli angoli della bocca rivolti verso l'alto in un timido sorriso - «Credo che per ciascuno esista un percorso diverso.»
Di percorsi alternativi sembrava intendersene parecchio in quel periodo: tutte le sue certezze erano crollate come un castello di sabbia eretto a pochi passi dal mare; la profezia, quella maledetta profezia, aveva cambiato ogni cosa e distrutto ogni speranza per il futuro. Quasi in contemporanea, Amber le rivolse una domanda temuta al pari di un contagio di Vaiolo del Drago.
«Non ci ho pensato molto, a dire il vero...» - ammise, cercando di dedicarsi nuovamente alla bistecca ed iniziando a percepire il raffreddamento della carne sul piatto di ceramica.
Non aveva più pensato al futuro. Ogni cosa, dal chiacchiericcio delle compagne di dormitorio ai compiti e gli esami di fine anno, aveva iniziato ad infastidirla. Non avrebbe smesso di puntare all'eccellenza, non le sarebbe stato possibile, eppure aveva ritenuto necessario posporre alcune priorità, lasciando il passo a questioni più importanti ed urgenti.
Se le avessero posto la medesima domanda all'inizio del suo percorso scolastico, forse avrebbe avuto una risposta pronta: all'epoca desiderava diventare come sua madre, una donna in grado di servire il Ministero con il solo ausilio della parola, portando a termine compiti complessi che non solo richiedevano l'eventuale utilizzo della magia, ma che principalmente richiedevano arguzia e carisma. Col passare del tempo aveva persino valutato una carriera sportiva, ma le recenti sconfitte nel Campionato scolastico l'avevano dissuasa dal proseguire la strada intrapresa dal padre.

«Forse l'Auror.» - mormorò, dopo qualche istante di silenzio ed un sorso di Burrobirra - «Anche se non stravedo per la violenza.»
C'erano giorni in cui la rabbia per ciò che sarebbe potuto accadere prendeva il sopravvento, trascinandola in una spirale silenziosa di pensieri negativi che si tramutavano in pugni su un cuscino che non aveva colpe; solo dopo quello sfogo blando, la maschera della ragazza gentile ed accondiscendente chetava l'animo in subbuglio dentro di lei. Il suo cuore appesantito dalla paura sembrava gridare vendetta per quel Fato avverso al quale era stata destinata senza apparente motivazione.
«O forse l'Ufficio Misteri.» - concluse, mantenendo intatto il timbro pacato e lo sguardo basso, rivolto alla pietanza quasi terminata.
Non c'era motivo di ritenere che la bionda avrebbe posto ulteriori domande in merito, ma si costrinse ad aggiungere una breve frase in più, per terminare quell'argomento e tornare all'equilibrio che lei, così maldestramente, aveva rovinato.

«Ora che quei due se ne sono andati... temo dovremo inventarci una nuova storiella per il nostro gioco, non credi?»
Ancora metà boccale di Burrobirra e un quarto di bistecca: c'era tutto il tempo per salvare la serata.
 
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view post Posted on 23/7/2017, 22:17
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Thalia aveva assunto un'espressione nota ad Amber, una di quelle che spesso ritrovava sul volto di chi finiva per interagire con lei. Come poteva aspettarsi qualcosa di diverso, quando lei stessa non era pronta a concedere mai nulla? Alla fine, si era detta, avrebbe dovuto prepararsi a momenti di stallo simili, fin tanto che non fosse decise a svelarsi un pochino. La cosa positiva, però, era che in fondo l'altro Prefetto sembrava perfettamente in grado di reggere un incontro simile, tanto che forse non si sarebbe trattato solo di un momento unico nella sua linea temporale. Tutto quanto tentò di percepire, dal volto dell'altra, rimase ben chiuso nella sua mente, appuntato in un immaginario foglio di carta. Avrebbe dovuto aggiungere qualcosa, probabilmente dichiarare che Thalia non avesse colpa di nulla non era stato abbastanza, ma Amber era sempre stata dell'idea che lasciare tempo al prossimo fosse indispensabile, o semplicemente sperava che così facendo l'avrebbero trattata allo stesso modo. Straordinariamente in tensione, si rilassò non appena vide un nuovo - anche se appena accentato - sorriso, all'altro capo del tavolo. Ancora non sapeva se credere nel destino, per certi versi lei era stata incredibilmente fortunata a trovare esattamente chi stava cercando, quasi un anno prima, in tempo record, ma non poteva e non voleva affidare quell'incontro ad un qualcosa di intangibile. La rossa però aveva ragione, ognuno avrebbe infine trovato la propria strada... quale fosse la sua, però, Amber non lo sapeva. «Suppongo di si... » Rispose distrattamente, mentre il coltello tagliava una parte dell'ultimo terzo della bistecca. Non si poteva dire che lei fosse vorace, ma la carne di Ippogrifo era talmente strana che quel sapore aveva iniziato a non dispiacerle affatto! Nel tentativo di sviare l'attenzione da sé, Amber scagliò l'ennesima frase-arma che si sarebbe facilmente rivoltata contro di lei. Il Vino Elfico, doveva essere colpa sua, senza dubbio! Come le era venuto in mente di continuare a nominare il futuro? Per lei non era altro che una fitta nebbia nera, a volte intervallata da qualche lampo grigio qua e là, nulla più. Un'idea, in vero, l'aveva, ne aveva parlato anche con il professor Midnight, ma questo non le dava la certezza che fosse la strada giusta da seguire. Quando Thalia pronunciò la parola "Auror", alla bionda sfuggì la forchetta, che tintinnò al contatto con il piatto. La gola si seccò d'un tratto, e bere l'ennesima sorsata di vino divenne l'unica alternativa all'evidenziare il momentaneo disagio. Inutile nascondere - a se stessa - che non appena udiva, anche solo distrattamente, quella parola, la sua mente volava da Lui. Era capitato proprio nell'ufficio del professore di Difesa, così come per poco non le era successo in Villa, ed in seguito lì, davanti a Thalia. Avrebbe dovuto imparare a controllarsi, lo sapeva benissimo, ma più tempo passava senza avere sue notizie e meno riusciva a frenare i suoi illeciti pensieri. «Interessante, all'Ufficio Misteri di sicuro non avresti mai tempo di annoiarti. Ma non bisogna essere prima.. Auror? O Dipendenti? » Tentò di dissimulare il lieve tremore che le aveva impedito di tenere saldamente la forchetta, infierendo quasi sadicamente sul suo stesso animo, rimanendo in tema di Auror e Ministeriali. La dipartita della coppia del secolo, inevitabilmente richiese uno sforzo delle due per la ricerca di una nuova storia. Amber si guardò attorno cercando di non fissare nessuno dei presenti nel locale, per evitare che uno sguardo di troppo desse il via ad un qualcosa di spiacevole. Solo quando fu soddisfatta della ricognizione, tornò ad osservare Thalia. «L'uomo al bancone, cappuccio verde in testa, due boccali, uno per mano, sta bevendo da entrambi.» Abbassò il tono di voce perché a sentirla fosse solo la diretta interessata, «Chi è? » diede di nuovo il "la" aspettando che fosse la rossa a proseguire con una prima ipotesi. L'uomo in questione era presente fin dal loro arrivo. Il mantello verde scuro lasciava fin troppo all'immaginazione, coprendo quasi in toto il corpo dell'uomo. Due pesanti scarponi fuoriuscivano dal tessuto, poggiati saldamente a terra, nonostante lo sgabello. Doveva essere alto. Il cappuccio copriva gran parte del volto, il cui profilo però rimaneva visibile, così come due boccali a cui sembrava destinare tutta la propria attenzione.

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view post Posted on 25/7/2017, 16:46
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
Nessuno nella sua famiglia, dopo Connor almeno, aveva optato per la carriera di Auror. Non che fosse esplicitamente vietato, ma nella grande abitazione dei Moran aleggiava la strana convinzione - quasi fosse uno spettro - che quella specifica occupazione non fosse esattamente la migliore o, meglio, che non rispondesse esattamente alle aspettative del capostipite.
Egli di certo non aveva fatto segreto della sua precedente occupazione tra quelle fila e non aveva fatto nulla per non incuriosire le giovani menti dei nipoti. Fiona, in particolare, sembrava aver sviluppato una vera e propria passione per quel lavoro, come se si fosse trattato di scegliere il proprio piatto preferito tra cinque a disposizione. Iris era troppo piccola per pensare a che cosa fare della propria vita, ma se la sorella aveva le idee ben chiare, Thalia non poteva dirsi altrettanto certa. Era chiaro che si sarebbe dovuta applicare, dopo il settimo anno, ad un'occupazione più o meno prestigiosa: vivere da disoccupata sotto lo sguardo dei genitori e dei nonni era certo la scelta più allettante e, con un'altissima probabilità, non sarebbe stata la risposta adatta alle aspettative che vedevano protagonista la più grande delle ragazze Moran.
Desmond sapeva di volersi rapportare alle Creature Magiche sin da ragazzino e gli aveva sempre invidiato quella determinazione che, tra un sacrificio e l'altro, l'aveva condotto a realizzare il proprio sogno. Alla domanda di Amber, dunque, si era limitata a rispondere di getto, senza riflettere troppo.

«Non saprei. Mio nonno sarebbe contento di vedere qualcuno di noi nei suoi panni, magari nel suo vecchio ufficio, ma l'Ufficio Misteri non gli è mai interessato e quel poco che so a riguardo è stato, come dire, estrapolato da discorsi altrui.» - *Perché ammettere di aver "origliato" sembra troppo brutto.*
La bistecca di Ippogrifo era quasi terminata e, ancora col suo sapore particolare in bocca, l'Irlandese ingollò un sorso generoso di Burrobirra. L'abbinamento non era dei migliori, ma tutto sommato quella cena non si stava rivelando troppo anomala. Le sue papille gustative erano abituate ai sapori della cucina della sua terra, a quella degli Elfi del Castello e ai dolci di nonna Martha, ma doveva ammettere - quasi a malincuore - quanto fossero state superate le poco rosee previsioni sul locale meno consigliato di sempre.
Raccolse con favore il nuovo input di Amber, iniziando ad interrogarsi silenziosamente sul nuovo commensale divenuto inconsapevolmente oggetto dei loro giochi di fanciulle annoiate.
Si prese qualche istante per osservare l'uomo, il cui profilo era celato alla vista dal cappuccio, passando con sguardo apparentemente distratto ad osservarne la corporatura, l'abbigliamento e i due bicchieri dai quali sembrava attingere in egual misura.

«Di sicuro ha un problema con l'alcol.» - esordì sottovoce, infilzando l'ultimo pezzo di carne e portandolo alle labbra. Il suo boccale era ancora pieno per metà, il che lasciava una buona mezz'ora di tempo prima che le due ragazze tornassero alla realtà per dedicarsi ai propri doveri di Prefetti.
«Sembra alto, il che non dice molto.» - ammise - «Ma sembra corpulento, quindi le opzioni sono due: amante dello sport o scagnozzo di qualcuno. Magari della donnona di prima.»
Un sorriso divertito illuminò il suo viso, prima che potesse pulirsi completamente gli angoli della bocca.
Le donne in carriera avevano sempre qualcuno che eseguisse il lavoro sporco al posto loro. Accadeva nel mondo babbano e quello magico non avrebbe costituito un'eccezione; sua madre, ad esempio, nei suoi viaggi all'estero aveva avuto modo di incontrare illustri personaggi - alcuni più di altri - e con lei, sempre al seguito, un giovane mago appena diplomato. Axel, Alfred o come diavolo si chiamasse, sembrava il più preparato dei giovanotti, ma a quanto pareva sua madre era un capo difficile da soddisfare. Di tanto in tanto Leanne lo nominava nelle missive che le inviava da Cork o Londra e una risatina sommessa condiva quelle letture a tarda notte, l'unico momento di pace nella vita di un Prefetto.

«Mia madre vorrebbe vedermi accanto a lei... ma non so quanto sia vero.» - quel pensiero a voce alta le sfuggì ed il Prefetto dalla chioma bionda avrebbe di sicuro notato il repentino cambio di discorso e l'aria contrita che la rossa avrebbe assunto subito dopo aver pronunciato tali parole. Astio, disillusione ed un briciolo di tristezza avevano condito ogni singola sillaba di quella riflessione poco attenta e l'Irlandese avrebbe colto con estremo favore un successivo cambio di argomento.
Magari tornando a quell'uomo incapucciato al bancone.

 
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view post Posted on 2/8/2017, 13:44
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No. Amber sapeva benissimo di non dover proseguire con i discorsi sugli Auror o tutto quanto riguardasse quell'area. Non era pronta ad ignorare le fitte, a tratti deboli ed a tratti più forti, al cuore ogni volta che qualcuno entrava in argomento... ed ancor meno era pronta a dissimulare. Si allenava, in casa soprattutto, a deviare abilmente i suoi pensieri, ma stranamente con John ci riusciva bene, forse perché lui aveva smesso di guardarla cercando sempre qualcosa. Che fosse un bene o un male, era presto per dirlo, ma di certo il suo strano modo di ignorarla non la rendeva più felice. Mayline poi, era un altro degli argomenti tabù di casa. Non la vedeva da quasi tre mesi, ogni volta le visite divenivano strane e brevi, troppo brevi perché Amber potesse capirne il senso. Anche lei, oltretutto, era un Auror, ma quell'informazione non sarebbe mai uscita dalle sue labbra, pronte invece a schiudersi per l'ennesimo boccone di bistecca. «Immagino... gli Indicibili non si lasciano sfuggire informazioni facilmente.» Aggiunse, prima di allungare nuovamente la mano verso il calice di vino elfico. Sarebbe stato un peccato lasciarlo lì, in fondo le piaceva ed ora che quasi tutta la bistecca era finita nel suo stomaco, anche l'effetto dell'alcool iniziò a scemare, minacciandola molto meno di prima. Inoltre, pensò, tutto il tragitto fino al castello le avrebbe permesso di svegliarsi totalmente e riprendere ogni funzione cognitiva in tempo per la ronda che le due avevano in comune. Apprezzava, anche senza dimostrarlo eccessivamente, l'interesse che Thalia sembrava avere nei confronti di quell'argomento tanto spinoso quanto intrigante. Amber poteva dire di non essere la sola ad "estrapolare" informazioni dagli altri in modo non convenzionale, ma dubitava che la rossa fosse un legilimens. Il solo pensare a quella strana abilità che aveva scoperto di poter, almeno in parte, gestire, la stranì. Non era ancora pronta a metabolizzare il tutto, ma non era raro che in Villaggio le apparisse ogni tanto il miraggio della Donna Rossa. Il Circo della Notte però non s'era più visto. Il discorso venne abilmente deviato sull'incappucciato beone, ancora poggiato con entrami i gomiti al bancone del locale, ancora solo. Mentre Thalia spiegava la sua fantasiosa storia, Amber voltò appena il capo per poterlo osservare meglio. L'uomo era comunque girato, non avrebbe visto gli occhi chiari posarsi sulla sua schiena. Fu comunque una questione di attimi. «Oh questo è certo, sembra totalmente a suo agio con i suoi due amici di vetro. » commentò, prima di sentirsi in dovere di aggiungere un appunto alla storia. «... ed è qui per assicurarsi che qualunque cosa accada con l'omino, il suo Capo abbia ciò che desidera. Certo che se dovessi scegliermi un collaboratore, lo troverei con meno problemi.» Sorrise, pur consapevole che lei non avrebbe mai desiderato avere davvero qualcuno alle sue strette dipendenze, non certo in quel momento almeno. Non poteva mentire a se stessa, lei già sapeva di non essere totalmente sola, ma un compagno di avventure ed un collaboratore erano due cose ben diverse. Di nuovo dovette concentrarsi sul presente, mentre l'ultimo boccone di Ippogrifo veniva impietosamente infilzato. Thalia parlò del desiderio di sua madre ed un nuovo tuffo al cuore scosse Amber. Se la Tassa non avesse notato l'espressione che la rossa aveva assunto non appena - di sua spontanea iniziativa - aveva nominato la madre, forse avrebbe fatto un passo avanti, magari chiedendo qualcosa di più. Ma Amber quello sguardo lo conosceva bene e non vi fu bisogno di aggiungere altro per rendere ben chiara la pericolosità di quell'argomento. La fitta al cuore raggiunse il suo triste apice, lasciandola con l'amaro in bocca, al pensiero che mentre Thalia avrebbe avuto tutto il tempo per esplorare il proprio rapporto con la donna, la bionda non avrebbe mai potuto farlo. Non si era mai chiesta, però, quanto gli altri sapessero della storia di Eveline. In fin dei conti, quello poteva essere scritto nel suo personale fascicolo, uno di quelli che la Bennet indubbiamente teneva da qualche parte nel suo ufficio, ma al di fuori della donna chi altri sapeva? Amber non aveva mai raccontato quella storia. Alcuni avrebbero potuto supporre che non avesse una madre più che altro perché non parava mai di lei. «Mio padre preferirebbe che io non lavorassi, ma non ho intenzione di assecondarlo.» Disse, infine, stranamente senza nemmeno pentirsene. Immaginava di dover "dare il turno" alla compagna, svelando a piccole dosi anche qualcosa di suo, per equilibrare la situazione. Gli occhi, ancora fissi sul piatto vuoto, risalirono la tavola spoglia, fino ad incontrare di nuovo quelli di Thalia.


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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
Il pensiero dell'uomo incappucciato riuscì a strapparla per un fugace momento dalle pesanti riflessioni sul proprio contesto famigliare. Non provava una sofferenza tale da impedirle di ingollare l'ultimo sorso di Burrobirra ed il boccone finale di Ippogrifo, tuttavia nella sua mente era iniziato un lungo processo alle intenzioni, una serie di elucubrazioni inutili con le quali avrebbe dovuto fare i conti una volta rimasta sola nel dormitorio a lei destinato.
Apprezzava particolarmente la riservatezza di Amber, il modo in cui la Tassina riusciva ad ascoltarla senza scivolare in giudizi sciocchi o superficiali, annotando ogni informazione in un taccuino invisibile senza darle l'impressione di aver parlato troppo. Era un carattere piuttosto affine al suo e si stupì di averlo scoperto solo in quel momento; era raro riuscire a trovare un individuo tanto affine nelle comuni attività di ogni giorno, figurarsi se poi - l'affinità - si trovava sul piano prettamente personale ed emotivo.
Amber era ancora un libro chiuso per lei, dalla spessa copertina in cuoio ed un fermaglio ben serrato, che non permetteva una lettura completa di ogni singola pagina; al massimo, dovette tristemente ammettere, sarebbe stato possibile sollevare l'angolo tra una paginetta e l'altra, sbirciando con fatica qualche parola, ma nulla che potesse permetterle di comprendere la trama insita tra le righe d'inchiostro.
Abbozzò un sorriso striminzito, voltando appena il capo in direzione dello sconosciuto scagnozzo, proprio quando la bionda si limitò ad un commento circostanziale sulle sue probabili abilità e scopi nel locale famoso per il contrabbando di merci illegali.

«Non oso immaginare gli escamotage del mezzo-Folletto per sopravvivere allora...» - replicò, il tono acceso di chi ha immaginato un'intera scenetta nella propria mente.
Tacque, procedendo ad ultimare la cena, lasciando al Prefetto il tempo di confrontarsi sulle aspettative del capostipite della famiglia Hydra.
Ascoltando quelle poche parole, si convinse a pensare all'uomo come ad una versione più giovane di Connor: suo nonno si era prodigato tanto per la comunità magica attraverso l'occupazione scelta in gioventù ed aveva desiderato che anche i suoi figli si realizzassero professionalmente seguendo le rispettive inclinazioni. Questo non gli aveva impedito di storcere il naso alla notizia che due su tre dei rampolli di casa Moran avessero scelto il Quidditch come fonte di reddito.

«Immagino sia molto legato a te se desidera che non ti preoccupi del tuo sostentamento...» - azzardò a quell'ipotesi con incertezza, lasciando che lo sguardo ricambiasse l'occhiata della giovane inglese. Per quanto la riguardava, i genitori avevano la chiara intenzione di lasciare campo libero a ciascuna di loro, pur tentando di influenzarle in modi non sempre leali. I Babbani l'avrebbero definita corruzione, ma a Leanne piaceva pensare di persuadere le figlie con gli argomenti più azzeccati.
«Credo che... se svolgessi un'occupazione che ti rende felice... tuo padre non avrebbe nulla da rimproverarti.» - concluse, senza sapere davvero quali tasti dolenti, questa volta, avesse sfiorato.
 
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Esattamente in che punto della conversazione aveva deciso che fosse buona cosa parlare di John Hydra? Se lo chiese mentre quel che rimaneva del Vino Elfico le scivolava pericolosamente in gola. Il bicchiere ormai vuoto venne poi posato davanti al piatto. Doveva essere impazzita, non v'erano troppe spiegazioni... eppure il modo in cui Thalia reagì non la sconvolse, ma la convinse quasi a rispondere perfino alle domande che le pose in seguito. In qualche modo, la sua prima impressione sull'irlandese si era rivelata corretta, le due erano simili sotto molti aspetti, tanto quanto differivano su altri, ma quel che più contava era che Amber non si sentiva giudicata. A dispetto di come si era immaginata quella cena, la Tassa ebbe modo di notare come Thalia non fosse per nulla incline ai giudizi affrettati o immune ai segnali della stessa bionda. Era invece riuscita a capire i punti da non toccare e ridimensionare i discorsi nei giusti punti, rendendo infine quella serata più piacevole del previsto. Nel suo immaginario si sentiva spesso un fenomeno da baraccone, nel peggiore delle accezioni. L'amore per il silenzio, per la tranquillità ed il carattere totalmente introverso, non avevano mai giocato a suo favore negli anni, eppure in quel momento comprese che non tutto poteva proprio dirsi "perduto", perché chi aveva di fronte era infine in grado di capirla. Per troppo tempo aveva sminuito l'idea di stringere solide amicizie all'interno delle mura di Hogwarts, convinta più che mai di non aver bisogno di nessuno, ma consapevole di quanto quell'idea fosse fondamentalmente sbagliata. Doveva esserci un motivo per cui Thalia aveva proposto quella cena, e stranamente Amber non volle più sapere con precisione quale fosse, convinta invece che davvero potesse nascere qualcosa di buono, un'intesa nuova. Però, per permettere a quel germoglio di crescere, avrebbe dovuto curarlo a dovere, che tradotto voleva dire: rispondere alle domande. Era stata lei ad introdurre il padre in quella conversazione, non poteva davvero sperare che bastasse un solo intervento per chiudere quel capitolo, ma avrebbe comunque potuto condurre il discorso laddove lo riteneva più idoneo. L'affetto di John, benché spesso messo in discussione dalla stessa figlia, era un qualcosa su cui avrebbe sempre potuto contare. Diverso invece era il modo in cui l'uomo lo palesava, mostrandosi spesso più possessivo del "normale". La morte di Eveline l'aveva distrutto, Amber lo aveva visto in prima persona, benché piccina, aveva sempre mostrato una certa empatia con John, tanto che spesso se lui era giù di morale, lei assorbiva quello stato d'animo, e di riflesso si sentiva in egual modo triste. Funzionava anche per i momenti di gioia, anche se molto rari nei primi anni dopo l'omicidio. In cuor suo Amber non avrebbe davvero voluto parlarne, per non appesantire la conversazione, inoltre la cena era quasi finita ed alle due spettava una ronda notturna non da poco, eppure le parole fluirono da sole, pilotate dal Vino Elfico. «Si, dopo la morte di Eveli.. di mia madre, è diventato sempre più apprensivo.» verità pura e semplice, ed in parte anche liberatoria. Non c'era voluto nemmeno troppo, era bastata una buona dose di vino per scioglierle la lingua, ma in parte il merito era anche di Thalia che si era mostrata degna di ricevere un po' di quanto racchiuso in Amber. Inconsapevolmente, contro ogni aspettativa, era stata la bionda a testare la rossa in quell'uscita, desiderosa forse di trovare qualcuno con cui parlare che fosse più simile a lei, per capire anche se quella speranza fosse ben riposta. E, beh, i fatti avrebbero parlato da soli: era indubbiamente ben riposta. Sforzandosi di rimanere inespressiva, come spesso capitava quando parlava di Eveline con i parenti in villa, proseguì. «Non lo so, molte volte non capisco cosa voglia. Ma sono certa che se vivessi in una teca trasparente, al centro del nostro appartamento, sarebbe l'uomo più felice della Terra. Oppure dovrei vivere ad Hogwarts per sempre, ma non farei mai l'insegnante!» Un sorriso sarcastico e rassegnato fece capolino. Oh si, poteva anche sembrare un'esagerazione, ma lei sapeva che John avrebbe apprezzato l'ironia e condiviso quell'idea. Ogni volta che tentava di parlare con lui del futuro dopo Hogwarts, il padre s'irrigidiva, sopportava la conversazione per qualche minuto e dopo cambiava argomento... o stanza. Sembrava non volesse nemmeno concepire la crescita della figlia e l'imminente bisogno di sentirsi guidata o supportata. «Ad ogni modo penso dovrà farsene una ragione» Concluse quasi freddamente, ma tentando al contempo di rivolgere un mezzo sorriso a Thalia. Anni prima non avrebbe avuto il coraggio di compiere gesti che avrebbero potuto far soffrire John, ma nel tempo aveva imparato a dare il giusto peso agli atteggiamenti dell'uomo. Aveva imparato a dare un valore enorme ai rari abbracci che concedeva dopo qualche discussione, assorbendo più calore ed affetto possibile da quei momenti, ma aveva anche imparato a non assecondare le paranoie del padre, già consapevole di dover convivere con le proprie. Diversi pesi, diverse misure, diverse situazioni. In alcun modo, però, si sarebbe lasciata condizionare da quelli che sembravano timori esagerati dell'uomo. Una vaga idea sulla strada da percorrere l'aveva, ma lui ne era totalmente all'oscuro. «Tuo padre, invece? Com'è?» Mai. Amber non faceva mai domande sulla famiglia di qualcuno. Un po' perché temeva di trovarsi ad affrontare qualcun altro con un lutto in famiglia, magari proprio riguardante il familiare tirato in ballo, ed in parte perché non voleva che poi la stessa conversazione le si ritorcesse contro. E dunque, *Ti prego, dimmi che non è morto* fu esattamente quello che si ritrovò a pensare mentre indagava lo sguardo della tassina.


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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
Una spiacevole sensazione di gelo nelle vene si impadronì di tutto il suo corpo, lasciando la forchetta sospesa a mezz'aria mentre a stento riusciva a deglutire l'ultimo boccone. Temere il peggio, in ogni singola situazione, era una sua specialità: non tanto per un pessimismo cosmico insito nella sua natura, quanto più per una completa visione degli eventi. Calcolare ogni dettaglio era un'abitudine, ormai, ma la costante presenza di un'incognita annullava quasi totalmente l'attenta pianificazione portata avanti con tanta razionalità e zero emotività. Scoprì con un misto disappunto e sincera empatia della reale condizione di Amber. Diciassette anni, una studentessa tra le migliori della Casata, Prefetto ligio alle regole... e orfana di madre.
Chiunque si sarebbe aspettato un gesto di conforto, una qualsivoglia frase di circostanza od un'espressione cupa in volto; eppure, l'Irlandese non si lasciò andare a nessuna di queste reazioni, percependo quanto fosse più logico ascoltarla senza pronunciare alcuna parola. Provava, al contrario, ammirazione e stupore verso quella ragazza ancora sconosciuta eppure così sincera. Omettere dettagli della propria esistenza non significava necessariamente mentire ed Amber usava quella tattica elegante e sottile per celare la probabile tristezza e solitudine con sapiente maestria. Inoltre, si sarebbe potuta gettare a capofitto in esperienze totalmente contrarie al buon senso e alla liceità: tuttavia, era divenuta Prefetto - una dimostrazione ancor più lampante della sua indole positiva - ed era pronta ad aiutare il prossimo in caso di difficoltà. Indubbiamente la Tassorosso aveva già iniziato ad occupare un posto d'onore in quell'invisibile classifica in cui ciascun compagno era entrato senza averne la minima idea; ora, ammise, tutto aveva un senso. Il suo essere schiva e taciturna, la concentrazione nello studio ed il rispetto assoluto delle regole. Da fuori, Amber - un nome singolare vista la natura della persona in questione - poteva sembrare un involucro di fredda alterigia, ma bastava sfiorare quella superficie per capire quanto fosse diversa all'interno.
Scelse consapevolmente di glissare sull'argomento della madre, per rivolgersi solamente alle tipiche preoccupazioni dei genitori.

«Posso capirti. Mia madre non era assolutamente d'accordo sul mio ingresso in squadra.» - mormorò abbassando la forchetta e posandola con delicatezza al centro del piatto nella classica posizione di chi ha definitivamente terminato il proprio pasto.
«Figuriamoci poi quando le ho scritto di aver concluso la prima partita e di avere una contusione alla spalla come souvenir.» - ridacchiò appena a quel ricordo, la lettera di risposta di sua madre aveva sortito un effetto strano in lei, come se potesse sentirla davvero pronunciare quelle parole cariche di disappunto ed apprensione. Una Strillettera, probabilmente, non avrebbe reso comunque l'idea.
«Temo che sull'insegnamento ti stia sbagliando, se posso permettermi.» - aggiunse infine, prima di sollevare le iridi chiare a cercare il contatto con quelle della bionda. Un sorriso quasi affettuoso si dipinse sulle sue labbra al ricordo di una lezione di Trasfigurazione seguita insieme. - «E non fingere di non sapere di che cosa sto parlando.»
Le avrebbe lasciato il tempo di replicare, conscia che qualche frecciatina sarebbe giunta in risposta.
L'argomento principale, ad ogni modo, non sembrava essersi esaurito e, consapevole delle perdite di Amber, cercò di non dare a vedere la gioia di potersi esprimere liberamente sul padre, la figura che più tra tutte sembrava averle forgiato il carattere.

«Mio padre è la persona migliore del mondo. O meglio, ai miei occhi è così.» spiegò, abbozzando un sorriso sincero «Era un Tassorosso anche lui, ma non credevo avrei percorso la sua stessa strada... è una persona equilibrata e piuttosto divertente. Praticamente mi ha insegnato tutto quello che so.»
Giunse le mani in grembo, appoggiandosi allo schienale prima di proseguire. Suo padre era uno dei migliori argomenti di discussione che potesse desiderare di affrontare, ma si sarebbe fermata lì, senza aggiungere altro. Visti i suoi precedenti, Amber non avrebbe gradito, forse, una dose eccessiva di entusiasmo.
 
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view post Posted on 4/9/2017, 13:03
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Non sapeva come sentirsi. Fragile? Esposta? Forte? Indipendente? Sicura? Orfana? Fortunata? Ricordava nitidamente gli avvenimenti di quella sera di dieci anni prima e non era raro che tentasse invano di riavvolgere il nastro e cambiare il corso degli eventi. Inutile dire che non v'era proprio la possibilità che accadesse. Si era illusa, anche con la Scuola di Atene, di potersi intromettere nel passato al punto da poter salvare Eveline Snow da un destino ormai scritto, ma così non poteva essere. Avrebbe voluto far finta che l'argomento che lei stessa aveva portato alla luce, non la ferisse in continuazione. Era come gettare a terra puntine e poi camminarci sopra, a ripetizione. Quella volta però era consapevole di ciò che faceva, sapeva quanto male avrebbe fatto rievocare la memoria di sua madre, o quel poco che ne restava e quindi era più preparata a gestirle l'argomento. Nel profondo, Amber credeva che Thalia non vi avrebbe apparentemente dato troppo peso. L'idea che si era fatta di lei, era quella di una ragazza sensibile ma non invadente, all'apparenza rigida ma con una personalità ben delineata. E così, non si stupì quanto il discorso non venne rimarcato, quando la morte non divenne che un corollario, un contorno alla portata principale, e non il fulcro del loro dialogo. Ne fu infinitamente sollevata. Sentiva che non sarebbe nemmeno servito chiedere una certa segretezza alla rossa, certa che Thalia non avrebbe rivelato a nessuno quell'informazione tanto intima. La storia della sua famiglia era nota a pochi e così sarebbe rimasta. Era pur vero, però, che parlarne ogni tanto non sembrava essere così catastrofico, almeno non quanto avrebbe creduto. Probabilmente anche lo scudo costruito negli anni, stava iniziando a svolgere la propria funzione principale. Osservò il piatto, ora vuoto, prima di riportare lo sguardo verso Thalia e scorgere con ancor più serenità che non v'era traccia della compassione tipica di chi veniva a sapere di Eveline. Fin da bambina aveva odiato i parenti, o amici di John, che si improvvisavano apprensivi tutto d'un tratto e si sentivano in dovere di abbracciarla o consolarla quando non aveva chiesto niente di tutto quello. «Oh» Fu la delicata reazione che ebbe nell'apprendere che la madre di Thalia non avrebbe desiderato vederla giocare a Quidditch. Eppure in cuor suo sentì di comprendere quella donna, seppur per ragioni differenti: Amber non amava il Quidditch, lo trovava uno sport troppo cruento in modo del tutto "sbagliato". A riprova di quanto pensato, vi fu la conferma della contusione ricevuta dalla rossa sul campo. «Ora va meglio la spalla?» Chiese, sinceramente interessata. Per una volta non fu costretta a ricordarsi come ci si comportava in determinate circostante, diede solo voce al proprio istinto, scoprendosi in parte preoccupata per la salute della collega. Sull'insegnamento, Amber si ritrovò a sorridere in un misto di sarcasmo e divertimento, prima di ricambiare lo sguardo di Thalia con finta incredulità. Oh, lei sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo. «Ce l'avresti fatta anche da sola, lo sai» espose con gentilezza, ammiccando appena in sua direzione. Oh, non aveva nemmeno dimenticato la sfida con Black, per la quale forse avrebbe perfino dovuto scusarsi. «A proposito, ehm.. io forse non avrei dovuto intromettermi, ma Black. Beh, è un'altra lunga storia.» Non era vero, la storia non era poi così lunga, ma non voleva guastarsi la cena ricordando il perpetuo astio nei confronti di William che, con la gita in Messico, era aumentato. «Non immaginavo che arrivassero a smuovere una statua.» Stava rivelando troppo di sé, i campanelli d'allarme iniziarono a suonare di nuovo e lei dovette fermarsi, preferendo proseguire invece con un cambio di argomento. Fu sollevata nel sapere che il padre della rossa fosse vivo, non avrebbe mai superato il timore di porre certe domande. In parte, Amber, provò una certa invidia per il modo in cui Thalia parlava del padre. Se non fosse stata in mezzo ad un locale, con avanti la diretta interessata, avrebbe perfino ammesso di esserne commossa. La bionda aveva adorato John Hydra allo stesso modo ed avrebbe pagato tutti i suoi Galeoni pur di poter ritrovare quell'amore parentale, ma non sarebbe stato così semplice. Qualcosa si era infranto... se solo avesse saputo cosa! Se avesse saputo da dove il telaio raffigurante il loro rapporto aveva iniziato a scucirsi, avrebbe tentato di ripararlo. Però era tardi, lo sentiva. Con meno entusiasmo di Thalia, Amber trovò le parole per definire anche John, pur ancora sorridendo amaramente per la descrizione del genitore dell'altra. «Anche il mio era un Tassorosso. Un battitore in squadra e decisamente divertente, da giovane.» aggiunse, limitandosi ad immaginare John così come lo descriveva Eveline nei suoi diari, nulla a che vedere con il padre che era poi divenuto. «Sarebbe il colmo se si conoscessero.» Proseguì, prima di guardarsi intorno. La cena era finita, che fosse ora di alzarsi e tornare in luoghi ben più "normali"?


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view post Posted on 18/9/2017, 14:35
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
Lo stupore di essere stata colpita in volo, nel bel mezzo di un'azione, era secondo solamente allo shock - quella stessa sera - di non trovare una posizione comoda per dormire. il braccio immobile, le dita della mano intorpidite e l'impossibilità di appoggiare il dorso al materasso. Non aveva voluto correre in Infermeria a fine partita, tale era la delusione per aver perso contro i Corvonero, e per giunta - con un pizzico d'ingenuità - aveva ritenuto la contusione un danno di poco conto. Si era convinta che, in fondo, la Evans l'avesse colpita di striscio, sebbene fosse stata sbalzata all'estremità del campo, là dove non sarebbe stata utile ai suoi compagni di squadra. Così, per una settimana o poco più, aveva dormito su un fianco, lamentando una serie di piccoli fastidi che normalmente si sarebbe risparmiata.
«Ora va decisamente meglio.» - confermò sorridendo, evitando di pensare alle peripezie causate dal Bolide e scacciando i ricordi delle notti insonni.
«Diciamo che ho un conto in sospeso con la Evans. E non intendo aggiungere altro.» - bofonchiò, prima di distogliere appena lo sguardo dalla giovane.
Suo padre le aveva insegnato che la sensazione di vendetta verso gli avversari non si esaurisse affatto una volta terminata la partita, ma che era necessario mantenere diviso il gioco dalla vita quotidiana. Se ciascun giocatore avesse fatto valere i propri diritti al di fuori del campo, le aveva detto, nessuno sarebbe rimasto incolume fino alla partita successiva. Saggiamente, Seamus l'aveva avvisata di non farsi trascinare dallo svolgersi degli eventi, preferendo un approccio più filosofico, riassunto nella frase "Ciò che succede in campo, resta in campo."; tuttavia, la rossa aveva faticato parecchio a trattenersi, nell'incrociare la sua avversaria nei corridoi e durante i pasti in Sala Grande. Ora, per giunta, la Spilla al petto le impediva qualsiasi tipo di presa di posizione, sebbene qualcun altro si sarebbe sentito in dovere di sottolineare la propria supremazia in virtù di quell'oggettino tanto particolare.
Non era sua intenzione mettere a disagio Amber, ma la sua sincerità venne presto ripagata da un complimento inaspettato. La bionda sembrava covare una certa fiducia nelle sue capacità e non avrebbe saputo dire se ciò fosse dovuto alla loro comune esperienza in Messico, durante la quale avevano dato prova di poter lavorare in squadra, o se fosse merito della sua ben nota capacità di accumulare voti positivi.

«Di sicuro senza Barrow ci avrei rimesso le penne.» - rispose divertita, pur mantenendo un'espressione seria che lasciava poco spazio ai dubbi su quale fosse il suo reale pensiero. Black aveva superato di gran lunga il limite, quel giorno, e sapeva quanto Amber si fosse dispiaciuta per averla trascinata in quella diatriba senza motivo apparente. - «Ti ripeto che non è stata colpa tua. Abbiamo esagerato tutti.»
Con il senno di poi, ammise, avevano davvero superato il limite della decenza e che ciò fosse stato compiuto in nome di screzi mai risolti, né sopiti, non faceva onore ai due Prefetti dell'epoca. Ora che lei stessa aveva assunto il compito d'essere d'esempio ai compagni, non sarebbe più incappata in quel genere di disputa, a meno che non fosse necessario per la salvaguardia del bene comune.
«Una cosa è certa. Ho imparato a togliere di mezzo qualche testa... e Black dovrebbe proprio stare attento a questa mia abilità. Se mai ti servisse una mano, sappi che puoi contare su di me.» - commentò ridacchiando. La divertiva pensare di essere una minaccia per il Serpeverde, fermo restando di essere consapevole di non avere alcuna possibilità contro il ragazzo in questione. Il giovane, per quanto i suoi atti fossero estremi, attraeva la sua curiosità e, insieme, il suo astio. Vederlo nei corridoi - o in Sala Grande - non faceva che aumentare il livello di cinismo che spesso l'animava, ma che tendeva a sopprimere con forza. Non avrebbe desiderato trovarsi a tu per tu con lui, né giungere alla resa dei conti. Mike, di sicuro, non gliel'avrebbe permesso.
L'atmosfera nel locale sembrava immutata dal momento del loro arrivo, sebbene la clientela si fosse diradata un po' ed i personaggi più strani fossero scomparsi alla vista, mentre la rossa ascoltava il resoconto sul padre dell'inglese.

«Anche mio padre era un Battitore!» - esclamò, giungendo le mani a coppa sul volto, nascondendo parte del sorriso stupito alla ragazza, ma lasciando chiaramente intravedere la sorpresa dal suo sguardo brillante.
Raramente le era capitato di pensare ai suoi genitori come comuni studenti, giocatori di Quidditch o Prefetti, come nel caso di sua madre. Seamus si raccontava ben volentieri, mentre zia Sheila condiva il tutto con sarcastica dovizia di dettagli, al contrario di Leanne che narrava con il minimo trasporto necessario solo pochi, salienti particolari della sua vita ad Hogwarts.

«Potrebbero davvero conoscersi. E noi non lo sapremmo nemmeno.» - ora sì, si disse, che la curiosità la stava uccidendo davvero.
Rimase in silenzio qualche istante, mantenendo l'espressione allegra e portando nuovamente le mani in grembo. Forse, dopotutto, le due avevano davvero qualcosa in comune oltre alla Spilla appuntata al petto.

«Temo sia ora di andare, comunque. Si è fatto tardi.» - mormorò poco dopo, guardandosi nuovamente attorno. La cena si era conclusa, il locale praticamente vuoto. Al Castello una lunga serata di ronda le attendeva.
 
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No, Amber non avrebbe mai capito il Quidditch. Se ne rese ulteriormente conto quando Thalia la rassicurò sulle sue condizioni attuali, senza negare una frecciatina alla Evans, la sua rivale sul campo. Paradossalmente, la bionda avrebbe preferito un secondo giro al Club dei Duellanti, piuttosto che prendere parte a quel gioco. Per rispetto però nei confronti della rossa, si limitò ad un sorriso di circostanza e non proseguì oltre. Dopo aver stabilito quella connessione, non poteva permettere che questa venisse recisa da un pensiero opposto a quello dell'altro Prefetto. Pochi giorni prima aveva rischiato anche nel rivelare ad Eloise i motivi principali per cui non poteva gradire quel genere di sport e non era propriamente certa di essere stata del tutto perdonata. Non avrebbe rischiato passi falsi in quel campo con Thalia. Fu felice, solo in parte, di poter tornare a parlare di quanto accaduto durante la lezione di Trasfigurazione Animata. Ricordava vividamente lo sguardo di fuoco che aveva rivolto a Black dopo che aveva quasi stritolato la sua compagna di esercitazione con un fante senza testa. Non capiva perché fosse così facile superare la linea di quanto logicamente permesso. Amber non era certo la prima a rispettare ogni confine, ma non aveva immaginato che anche in classe, davanti ad un professore, William potesse esagerare a tal punto. Nonostante tutto però, non avrebbe mai smesso di pensare che in parte fosse anche colpa sua, se non avesse indetto quella tacita sfida probabilmente tutto quel trambusto non avrebbe avuto luogo. Il secondo cruccio della bionda venne messo bellamente in luce proprio dalla rossa. Se non ci fosse stato Barrow, probabilmente la tassina sarebbe finita in infermeria, ma quel che Thalia non poteva sapere era che Amber in parte si condannava anche per non aver agito con la stessa prontezza. Ferma in un momento di preoccupazione, non aveva avuto modo di eseguire un "relascio" fatto bene ed aveva dovuto pensarci il professore. Oh, certo, era comunque compito di un docente assicurarsi che tutti arrivassero vivi alla fine dell'esercitazione, ma in qualità di assistente anche lei avrebbe dovuto agire con più prontezza.«Già, è stato veloce.» Istintivamente fece per portarsi di nuovo il bicchiere alle labbra, ma si ricordò per tempo che l'aveva già vuotato. Quel gesto non poteva che mostrare quanto necessitasse di aggrapparsi a qualcosa che non le permettesse di sentirsi costantemente in colpa. Thalia avrebbe anche potuto ripetere cento volte che non era colpa di Amber, ma questo non avrebbe cambiato le carte in tavola. Perdonarsi era sempre stato estremamente difficile e più cresceva e meno riusciva a farlo. Ogni errore, ogni passo valso, tutto veniva rimarcato pesantemente nella sua mente. Era lei il suo giudice più severo, e forse per quel motivo non considerava mai troppo i giudizi altrui, forse gentili per circostanza. «Le statue erano comunque troppo ravvicinate, ed alcune sembravano più combattive di altre.» Disse, posizionando correttamente le posate sul piatto, anche se immaginava che i camerieri non vi avrebbe fatto caso. Al sentir nominare Black, alzò lo sguardo verso la ragazza. L'astio tra lei ed il Serpeverde sarebbe diventato di dominio pubblico? Se anche fosse stato, non avrebbe avuto troppa importanza per lei, in fin dei conti era tutto reale, anche troppo. «Ne terrò conto, anche se spero vivamente di non doverlo incontrare per il Castello più del dovuto.» rispose abbozzando un sorriso complice, per poi riposizionare nel giusto asse anche il piatto del il bicchiere, in modo che potessero rappresentare un quadro abbastanza simmetrico e regolare. John Hydra aveva lo stesso vizio, a volte anche solo per calmarsi, riordinava la cucina, o lo studio, o perfino il salotto. Ma anche solo raddrizzare un quadro o rimettere al proprio posto un bicchiere, poteva alleviare i suoi pensieri. Amber non si era mai resa conto di essere così simile a lui, ad eccezione del Quidditch ovviamente. Non aveva avuto modo di fare qualche calcolo, ma se il padre di Thalia era stato un battitore, nulla vietava che lui e John potessero davvero conoscersi. Purché non avessero più di sei anni di differenza, per logica. «Ma sai che... potrebbe essere possibile! Mio padre ha trentanove anni, il tuo? Ha giocato praticamente per sette anni...» Il mondo aveva davvero la capacità di restringersi. E se quei due padri fossero stati perfino amici ai tempi di Hogwarts? Amber non aveva mai sentito nominare i Moran in casa, probabilmente con il tempo si erano persi di vista, ma dato l'ammontare di coincidenze recenti, perché escludere quella possibilità? John Hydra aveva giocato come Battitore per tutti e sette gli anni scolastici, ed il rapporto tra i giocatori di una squadra sembrava sempre abbastanza forte, condito forse da un certo cameratismo. Era incredula.

Il tempo a disposizione delle due, però, stava scadendo e come ricordato da Thalia, era ora di muoversi. Con un'espressione serena, Amber si alzò ed indossò lentamente il proprio cappotto.
«I corridoi ci attendono.» Scherzò, confermando il desiderio di uscire da quel postaccio. Era stata un'esperienza strana, ma se ci fosse stata una seconda volta, avrebbe indubbiamente proposto un cambio di location. «Spero che Pix sia clemente, non ho proprio voglia di pulire i corridoi e recuperare indumenti altrui in giro per il Castello.» Aggiunse, con un tono a metà tra il divertito ed il serio. Avrebbe però atteso Thalia prima di avviarsi verso la cassa e verso l'uscita.


“I prefer to remain unenlightened, to better appreciate the dark


 
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view post Posted on 22/9/2017, 14:04
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
Le sorrise divertita, sapendo che non avrebbero mai varcato la soglia del lecito contro Black. Farlo avrebbe significato rischiare la Spilla e persino la propria integrità morale che, purtroppo o per fortuna, entrambe possedevano. Una volta in piedi, allacciò il mantello, assorta nei propri pensieri.
Riflettere oltre sulle vicende del corso di Trasfigurazione Animata non avrebbe giovato a nessuno, specialmente ai sensi di colpa della bionda inglese al suo fianco. Rifletté sugli eventi, mentre insieme si avviavano alla cassa per ultimare quella cena dai risvolti positivi. Avevano cominciato col piede sbagliato, ma in fondo studiarsi a vicenda era servito per porre le basi di una convivenza pacifica dapprima ritenuta impossibile.
Amber la incuriosiva con la sua aura di eleganza raffinata senza tempo. Si chiese se l'avesse ereditata dalla defunta madre - una domanda, quella, che non avrebbe mai ricevuto risposta, poiché non si sarebbe permessa di porla - o se fosse un retaggio della famiglia paterna. La placida consapevolezza della ragazza, poi, di suscitare ammirazione in chiunque le capitasse a tiro, non doveva esserle sfuggita. Sorrise pensando, non senza un certo trasporto emotivo, a quanto ne sarebbe stata fiera la madre; non aveva idea di che persona fosse, ma se Amber era quel genere di persona, Eveline non doveva essere stata una donna molto diversa.
Tacque, attendendo il proprio turno, riflettendo sulle ultime parole della giovane: John Hydra non era un nome noto nella sua memoria, ma del resto non parlava quasi mai con il padre dei suoi anni di studente più o meno scapestrato. Sapeva solamente che il suo ingresso in squadra aveva avuto luogo durante il secondo anno e che aveva mantenuto il suo ruolo di Battitore fino al settimo.

«Credo che mio padre sia più giovane del tuo, ma solo di un anno.» - confermò sorridendo - «E penso proprio che si conoscano, visto che avevano lo stesso ruolo nella stessa squadra.»
Annunciò quella particolare notizia con una punta di esaltazione nella voce, come se avesse mantenuto il segreto sino a quel momento e poi, sul più bello, non fosse riuscita a trattenersi.
«Potrebbe esserci la concreta possibilità che anche mia madre conosca tuo padre. Lei è più giovane di papà, sempre di un anno, e anche se era una Grifondoro di certo si saranno incrociati, di tanto in tanto. No?» - Non si aspettò alcuna risposta, apprestandosi a pagare la propria consumazione. Si sarebbero congedate di lì a poco con il garzone di turno, avviandosi all'esterno insieme. Una volta fuori, l'aria fresca si abbatté con violenza sul suo volto caldo, facendola rabbrividire. Adorava la notte e tutto ciò che comportava il calare delle tenebre, tuttavia si considerò fortunata a trovarsi insieme alla compagnia in un luogo alquanto discutibile. Non appena avessero mosso i primi passi, si sarebbe permessa di commentare quell'accenno a Pix e alle sue abitudini.
«Non contarci troppo. Ti dovrei proprio raccontare di quella sera in cui ho trovato le armature del secondo piano con una gorgiera diversa dal solito... ed il responsabile era un certo Poltergeist.» - così dicendo scoppiò a ridere, iniziando ad intrattenere la giovane inglese con il suo tono allegro e frizzante, mentre a passo svelto tornavano al Castello, percorrendo la via principale.
 
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