"There are many here among us who feel that life is but a joke. But you and I, we've been through that, and this is not our fate, so let us not talk falsely now, the hour is getting late."
Quella era il genere di serata che Tristan von Kraus cercava per dedicarsi al suo hobby. Scura, non particolarmente calda -seppur fosse un periodo decisamente caldo- e sopratutto ben ventilata.
Nello specifico, di sera, la Stamberga Strillante era uno dei posti meno frequentati. Oltre che per le dicerie sui poltergeist e tutte le creature senza pace che si diceva infestassero quel posto, i ragazzini più curiosi non se ne avvicinavano e -in generale- vi ruotava intorno un'area di ancestrale squallore che teneva lontani i più.
Soltanto chi nell'ancestrale e chi nello squallore, riusciva dunque a trovare pace si sarebbe concesso una visita in tale ora a quel posto. Erano mesi comunque che Tristan studiava gli orari, gli spostamenti delle masse attorno alla Stamberga e tuttavia secondo una stima, quelli erano i momenti più idonei per muoversi sperando di non destare troppi sospetti. Doveva comunque muoversi con attenzione, giacché non troppo prima, proprio nelle vicinanze di quelle chiome verdeggianti, aveva avuto un incontro non propriamente piacevole; c'era comunque da sottolineare l'elevato livello di alcol nel corpo.
Quella sera, seppur con qualche tremore di troppo alla mano destra, si era deciso a non immaginare nemmeno per un istante il whisky.
Si era preso un permesso dal San Mungo quel giorno, poiché aveva da lavorare in santa pace su qualcosa che aveva lasciato nei pressi della Stamberga qualche tempo prima; qualcuno per, meglio dire.
All'interno della borsa in cuoio scura, aveva preparato tutto: coltelli, seghe con varie filettature, martelli, punteruoli, bisturi...tutti tipi di lame che gli sarebbero servite in un modo o nell'altro per effettuare diversi tipi di incisione su determinate parti del corpo, delle vesti in plastica e più di qualche paio di guanti in lattice. Si era dovuto accontentare quella volta, la vecchia catapecchia trovata vicino al San Mungo tempo prima non si era rivelata in posizione tanto affidabile da permettergli di operare in santa pace con i
vivi.
Con i morti era diverso.
Poteva adoperare qualunque tipo di stregoneria, pozione o azione sconsiderata, senza il rischio che cominciassero a urlare.
Aveva indossato uno dei soliti abiti preparati appositamente per il suo corpo e cuciti dalle mani più sapienti della sua amata Germania; era convinto che affidarsi ai sarti inglesi equivalesse ad indossare perennemente un tight. E lui non era assolutamente un tipo cerimoniale, a meno che non si trattasse della sua famiglia ed avesse ricevuto formale invito per presenziare; in quel caso, il Dottor von Kraus per evidenti ragioni di galateo e
rispetto alla sua famiglia, si agghindava secondo la maniera più consona richiesta dalla cerimonia in se.
L'abito scuro, gli serviva principalmente per due motivi: il primo, era certamente quello di camminare all'interno dell'oscurità inglese indisturbato e con l'aria di chi, si appresta a partecipare ad una cerimonia più che ad un'autopsia; il secondo era per pura vanità. Non si sarebbe mai adattato all'informale modo di vestire degli uomini comuni. Lui era il
Dottor Von Kraus. Non un ammazza polli da quattro soldi.
La chioma verde splendeva sotto i colpi della fioca luce lunare, in netto contrasto con il nero che lo nascondeva -o quanto meno credeva- dalla vista dei più. Non era uno sprovveduto, ma certamente viveva la sua vita con sicurezza.
Raggiunse piuttosto rapidamente il punto doveva aveva sotterrato il cadavere procuratosi l'ultima volta. No, non v'era stato il piacere di privarlo della vita in prima persona, ma per quello che doveva
sperimentare era ugualmente perfetto.
Il terreno era già smosso, era coperto dalle fragili assi in legno della Stamberga, proprio così vicino ad essa ed a tutta una serie di fitti alberi che soltanto chi vi si fosse trovato nei dintorni avrebbe potuto vederlo o sentirlo; dubitava, ancora, che ivi fosse qualcuno. Sopratutto in quel punto.
Afferrò la bacchetta con fare visibilmente annoiato, quasi affranto e con la fretta di chi vuole liberarsi il più rapidamente di quel fardello dalle mani, cominciò a muovere con moto longitudinale la bacchetta, dal basso verso l'alto:
-Defòdio.-Pronunciò marcando bene l'accento sulla "ò" e facendo un movimento piuttosto ampio, in modo da scoprire a primo impatto il sacco di juta che si mostrò alla brezza serale; i lineamenti racchiusi nel materiale traspirante, dolci e sinuosi messi in risalto dalla nudità del corpo e dalla morbidezza del sacco che non era evidentemente tra i più di nuova produzione.
Quando ebbe finito, ripose rapidamente la bacchetta in una delle tasche e cominciò a respirare più profondamente, preda di un'orgasmo mentale, qualcosa che lo portava all'accettazione del piacere, prima che fosse materialmente pronto ad assaporare lo stesso con le sue mani.
Gli occhi spalancati sul sacco e sul terreno smosso. Rimase immobile qualche istante, godendosi la scena e provando un perverso senso di magnificenza e potere, seppure avesse solo a che fare con un involucro
vuoto, privo della coscienza necessaria per un eventuale rifiuto. Alzò lo sguardo e fissò la luna per qualche secondo.
Infine non vi fu null'altro.
Un ghigno sul pallore enfatizzato del suo viso e sul profondo squarcio cremisi delle sue labbra, fece capolino lentamente.