| Improvvisamente, Williams gli riempì il bicchiere. Tristan osservò con gli occhi il collo della bottiglia che veniva inclinata davanti ai suoi occhi ed il liquido color menta che velocemente entrava nel suo bicchiere, schizzando qualche gocciolina di troppo sul bancone. Quanto meno non rimaneva a bocca asciutta. Senza pensarci troppo, il bicchiere venne avvicinato alle labbra cremisi e tutti d'un fiato, l'assenzio andò a dar fuoco nuovamente alla gola di Tristan che però questa volta attutì meglio il colpo, riuscendo a tenere gli occhi aperti e tenendo un secondo di più la bocca chiusa per fare in modo che il sapore dell'alcolico si diffondesse per tutto il cavo orale. Un sorriso, piccolo e sporgente da un solo lato delle sue labbra, si disegnò sul volto del Medimago quando Seamour gli domandò con fare retorico come si potesse dimenticare il suo soprannome; in effetti, il vago di ricordo dei suoi anni a scuola era contornato più da 'Mantide' che da Von Kraus. Per lo meno negli ambienti non formali. Teneva ancora il bicchiere in una mano, quando Seamour Williams, in puro stile nostalgico, decise di lasciare andare i freni inibitori -come se dal suo arrivo questi fossero stati tenuti a bada- e cominciò a sulla scia dei ricordi. "Sapessi quello che ho sempre pensato di te, maledetto idiota..." Pensò di riflesso Tristan, voltando la testa verso il vecchio compagno di casa e cominciando a sorridergli affabile. Lo ascoltò attentamente, come si poteva fare con un pazzo che stava evidentemente delirando o come quando durante il suo trascorso, gli era capitato di improvvisarsi psicologo. Era talmente preso dalla delusione di quella giornata infame, dalla voglia di ubriacarsi e dal fatto che fosse rimasto nuovamente a secco, che Tristan quasi sorvolò le parole dell'uomo. Erano passati troppi anni per ricordare i fatti, ma in effetti, probabile che ci fosse stato un Josh di Grifondoro o Tassorosso, che se ne era tornato a casa per le vacanze invernali con un occhio nero e qualche squarcio qua e là; ad ogni modo, fu interessante quando Seamour Williams fece quel riferimento a suo nonno. E come diamine faceva a ricordarsi così nei minimi particolari un evento di 10 anni prima? Ormai Tristan era stato così assorbito dal suo lavoro e dai suoi obbiettivi che aveva pure dimenticato di avere avuto un nonno. Troppo sbattuto da quella marea di informazioni che il suo cervello aveva ricevuto, che Tristan esplose: si voltò completamente verso Seamour, continuando a sorridergli e posando il bicchiere sul bancone di legno, lo osservava bere ancora una volta dalla sua bottiglia e raccontare storie che probabilmente la sua mente annebbiata da fumi psichedelici e dall'alcol, gli faceva ricordare come realmente successe. Tristan sbatté violentemente la mano sul bancone, scompigliandosi ulteriormente i capelli e rimanendo fermo seduto sullo sgabello, rivolto verso Seamour, urlò con decisione per richiamare l'attenzione del barista: -ASSENZIO!- Poi stette in silenzio, il sorriso largo e affabile che si era affacciato sul suo volto era diventata una smorfia irritata e sebbene gli occhi fossero puntati sull'ex compagno di casata, quello sguardo indagava sulla persona di fianco a lui, più che rimproverarlo. In un certo senso, aveva sempre amato ricordare concetti ed episodi passati e Williams aveva sollevato qualcosa che il cervello del buon Von Kraus aveva rimosso. -Mio nonno ha soltanto sparso nel modo giusto il suo seme nel ventre di quella psicopatica di mia nonna...- Cominciò lentamente Tristan, con tono ora più basso e formale, ma non per questo esente da una isterica forma di rancore che si affacciò in quel torrente di parole. -...non me ne frega un cazzo di lui. Come di quegli altri figli di puttana che non hanno fatto altro per tutta la mia vita che dirmi di non perderci troppo tempo a capire come e perché un uomo potesse urinare.- Si interruppe, riprendendo fiato e respirando lentamente. Nonostante ciò che desse a vedere, non era totalmente arrabbiato con la sua famiglia: erano stati i loro galeoni a farlo diventare ciò che era. Che il risultato finale fosse un mostro o un genio, non si era mai posto quella domanda. Ecco però che, nuovamente, un enorme sorriso sbucava sul suo volto: -Dunque eri presente quando ho fatto ciò che racconti?- Domandò curioso, spostando fulmineo gli occhi sul barista, nella speranza che avesse compreso la gravità di quello che aveva fatto ignorandolo nella sua richiesta. La mano destra affondò nella chioma verde, riavviandola e cercando di sistemarla quel tanto che basta per non dargli l'aria di un poveraccio.
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