It was a dark and stormy night, Privata

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view post Posted on 18/6/2017, 11:56
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It was a dark and stormy night
Era una notte buia e tempestosa.
No, non era una notte. Era una sera. E non era buia, né tantomeno tempestosa. Non ancora, almeno. Le giornate si erano fatte più lunghe e, nonostante l’ora di cena fosse ormai vicina, il sole allungava ancora i suoi raggi sull’allegra cittadina di Hogsmeade. Insomma, era una sera - pomeriggio inoltrato, per la precisione - piuttosto luminosa e il tempo era sereno.
Ci troviamo ad Hogsmeade, come si è capito, in una delle vie principali. Diciamo tra Mielandia e BiblioMagic? Più o meno all’altezza di Zonko, negozio più, negozio meno. Atena indossava il consueto mantello blu notte e un cappello di colore giallo. In realtà non lo stava indossando, lo stava tenendo in mano. Ci giocherellava facendolo roteare tra le dita o tentando di tenerlo in equilibrio sull’indice. Talvolta, quando se ne ricordava, lo metteva anche sulla testa. E si, era giallo. Perché il giallo era il colore del mese di giugno. O forse era il colore di luglio? Ad ogni modo, non ha importanza.
*Aspetta, non dimenticare di dire che era di paglia! Lo sai, no? Il grano, la paglia, ”giugno la falce in pugno”, come diceva sempre sua nonno. Lo ricordi quel bastone che brandiva minacciosamente nella mano ogni volta che lo diceva?* Willy, ma che c’entra? Non farmi divagare!
Dicevamo, quel giorno teneva in mano un cappello giallo. Di paglia. E si trovava sulla via principale di Hogsmeade, nei pressi di Zonko, in una sera che non era una notte, né buia, né tempestosa.
Ed è da qui che ha inizio questa storia.

Con un sospiro Atena si lasciò cadere su una panchina. Quella giornata si era rivelata davvero noiosa. Anche quel giorno ad Hogsmeade non vi erano stati particolari disordini: nessun duello, nessun furto, nemmeno una misera rissa tra studenti! Avrebbe potuto sfruttare quel tempo per occuparsi di casi più intriganti e urgenti, invece aveva dovuto fare il consueto giro di ronda nella cittadina. Un incarico importante e doveroso, ma decisamente poco entusiasmante, soprattutto se alle spalle aveva del lavoro incompleto che l’attendeva.
Negli ultimi tempi il Quartier Generale brulicava di lavoro e mai come in quel periodo era stato così attivo. Paradossalmente, sembrava che più Auror venissero assunti, più i casi si moltiplicassero, tanto che spesso era costretta a fermarsi in Ufficio oltre il consueto orario di lavoro. Per non parlare del Capo che si innervosiva ogni qual volta finiva le ciambelle, o degli animali - gatti, falchi, pulcini e chissà cos’altro - che con il primo caldo avevano iniziato a fare la muta. Si, il Quartier Generale si stava trasformando in un posto davvero selvaggio.
Con un altro sospiro si calcò il cappello in testa, forse ricordandosi che era quello il posto in cui doveva stare. Lanciò un’occhiata attorno a sé. Poco lontano l’allegra insegna di Zonko attirava l’attenzione di ogni passante, con i suoi colori allegri e gli articoli posti in bella mostra in vetrina. Sorrise tra sé ai ricordi legati a quel negozio, quando l’acquisto di una Pasticca Vomitosa o di una Caccabomba sembrava una delle cose più trasgressive che una studentessa potesse fare. Era da molto tempo che non vi entrava, forse prima o poi avrebbe dovuto farlo, anche solo per la curiosità di vedere cosa fosse cambiato.
Una folata d’aria le accarezzò la pelle, distogliendola da quei pensieri e ricordandole che ormai era tempo di andare. Si alzò, apprestandosi a cercare un posto tranquillo dove poter cenare. Dopodiché - finalmente - avrebbe potuto sfruttare il tempo rimanente per sistemare gli ultimi lavori in sospeso, che tanto le premevano. Almeno la serata sarebbe stata proficua, si disse. Del resto la giornata volgeva al termine, cos'altro poteva accadere?


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view post Posted on 23/6/2017, 23:30
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Era una notte buia e tempestosa.
Buia per via della polvere buiopesto peruviana che era per tutto il locale e tempestosa perché, non vedendoci, era andato a sbattere il mignoletto contro lo scaffale con i vermi sibilanti, facendoli volare in aria.
Effettivamente più che tempestosa, era una notte viscidosa. I vermi gli erano cascati sul volto rendendolo stranamente spaurito e incapace di muoversi.
Quante volte era capitato in quella situazione? Mai? E perché quel mai era dovuto accadere proprio quel giorno? Misteri della vita.
Forse era sfigato o forse il narratore voleva fare un intro delirante degno della sua collega, fatto sta che era lì e non ci vedeva nulla.
Si spostò prima a sinistra riandando contro quegli esseri viscidi di cui era completamente ricoperto, poi a destra cascando poco distante dalle bombe denudanti, le quali avrebbero sancito una morte degna del Wizard Crime.
Passarono alcuni minuti di nulla e rischio furto nel negozio, poi l’effetto della polvere cessò. La notte buia e viscidosa finalmente era finita. Poteva lavarsi e risistemare tutto prima che Zonko lo cazziasse a dovere.

Finito il turno scappò dall’edificio.
Dove si trovava? Davanti le vetrine di Zonko, giusto?
Avviandosi verso il sentiero che lo avrebbe riportato ad Hogwarts, notò qualcosa che lo sorprese. Cosa era tutto quel giallo che si trovava poco distante da lui? Il sole era per caso tornato a splendere forte nel cielo o c’era qualcuno che teneva in mano un cappello a dir poco appariscente e GIALLO?
La risposta non tardò ad arrivare. Infatti, non appena alzò di poco il capo, notò una donna degna di nota e forse non solo quello.
Ne scrutò i movimenti e l’andatura elegante, ma soprattutto il mantello blu che poteva significare tanto per lui e i suoi strani pensieri.
Si avvicinò con fare noncurante, poi provò a poggiare il braccio sinistro attorno al collo della giovane.
Quante volte lo aveva fatto ed era stato rifiutato? Chi gli diceva che quella volta sarebbe andata come voleva lui?


-Cara, da quanto tempo mi aspettavi? Dove vogliamo andare a mangiare?-

Il tono di voce era dolce e apprensivo, degno del miglior fidanzato al mondo.
Se qualcuno fosse passato in quel momento, li avrebbe potuti veramente confondere per una coppietta un po’ strana, dove la donna in carriera si trovava con il giovane arrogante di turno.
Mentre mostrava il suo sorriso smagliante alla ragazza, aspettava una sua reazione a quella situazione.
Come si sarebbe comportata? Avrebbe accettato di buon grado quel suo fare spavaldo oppure si sarebbe discostata e lo avrebbe guardato con aria scandalizzata?
In cuor suo, le probabilità che lei rifiutasse quelle pseudo avances erano altissime, eppure quel mantello blu lo attirava come il miele attrae le api.
Camminando lentamente al fianco della donna dai capelli corvini, ne osservò la fisionomia per poi iniziare a stabilirne l’età.
Perché quella giovane si trovava fuori dal castello a quell’ora? Lui aveva un permesso speciale per lavorare lì, ma lei come faceva a trovarsi in quel luogo? Che fosse una diciottenne? Possibile che avesse avuto la fortuna di trovare una ragazza amante del blu, con i capelli corvini e della sua stessa età?
Oramai le domande erano tante, così come era tanta l’attesa alla fatidica domanda che gli aveva proposto.
Stava per implodere, ma doveva sembrare sicuro di sé. Dopotutto, in quel momento si stava giocando la carta dello spaccone e non poteva di certo sembrare un novellino alle prime armi.

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view post Posted on 30/6/2017, 21:47
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Le era bastata quella breve pausa per rilassare la mente. Nonostante la giornata fosse trascorsa tranquilla e senza particolari incidenti, il lavoro riusciva sempre ad assorbirla completamente. Ogni pensiero ed ogni azione erano costantemente focalizzati sul compito che doveva svolgere. Fu solo in quel momento che si accorse di quanto fosse in realtà affamata, come se quel semplice bisogno fosse rimasto anestetizzato da occupazioni più importanti. Dai vicini pub e locande le arrivavano folate di pietanze prelibate, pronte per essere consumate dagli avventori serali. Lei invece avrebbe optato per un pasto veloce prima di tornare al Ministero. Ma se pensava che la giornata non avesse più nulla di nuovo in serbo, si sbagliava di grosso.
Si era appena incamminata sulla strada principale - il cappello di nuovo tra le mani - quando un braccio le scivolò intorno alle spalle. Colta di sorpresa posò dapprima lo sguardo sulla mano comparsa dal nulla sulla sua spalla sinistra; si girò poi verso destra, scoprendo che quella mano aveva anche un volto, un sorriso smagliante ed una voce. Era un ragazzo. Ma cosa stava blaterando? Ce l’aveva forse con lei? Le aveva forse letto nei pensieri invitandola a mangiare qualcosa? Si chiese per un attimo se la fame non le avesse fatto dimenticare di avere un fidanzato. Eppure, soppesando quella possibilità per un momento, non le sembrava proprio che vi potesse essere qualcosa di vero. Confusa, si girò di nuovo per assicurarsi che a fianco a loro non vi fossero altre persone e che lui non avesse semplicemente sbagliato mira acchiappando le spalle di qualcun altro. Appurato che lei fosse davvero l’unica persona in quella strada, giunse alla logica conclusione che il ragazzo dovesse essere solamente un po’ ammattito. Si fermò, girandosi a guardarlo con maggiore attenzione. Era un ragazzo giovane, ad occhio e croce non doveva superare i vent’anni. Aveva una faccia simpatica, da mascalzone, ma simpatica. E poi che altro? Sguardo un po’ spaccone, occhi chiari, dei pettorali niente male -
*Ferma, ferma, non sai nemmeno se sia maggiorenne, pervertita!* -.
«Potresti iniziare con il dirmi chi sei» esordì, senza distogliere lo sguardo dallo sconosciuto, mentre con una mano si scostava una ciocca di capelli che l’aria le aveva fatto scivolare sulla guancia. Non vi era irritazione né sgarbo nella sua voce. In un certo senso quella situazione la incuriosita, forte forse della convinzione che la sua evidente maggiore età e la sua posizione le conferivano un certo vantaggio sul ragazzo. Probabilmente, pensò, doveva essere uno studente. Del resto non era raro incontrarne in quella cittadina, soprattutto tra quelli che frequentavano gli ultimi anni. «I bambini non dovrebbero essere al Castello a quest’ora?» continuò, azzardando la sua ipotesi con l’accenno di un sorriso divertito. Non pensava realmente a lui come ad un bambino, naturalmente, ma quell’aria da spaccone chiedeva solo di essere stuzzicata e lei non poteva certo lasciarsi sfuggire quell’occasione.
Prima ancora di concedergli il tempo per rispondere, il suo sguardo si posò su un punto al di sopra del suo orecchio.
«E’ forse un…pezzo di verme sibilante quello che hai tra i capelli?» disse inclinando leggermente il capo con fare curioso e interrogativo. In realtà, non sapeva se ciò che le sembrava di scorgere tra i capelli del ragazzo fosse proprio un verme sibilante. Era semplicemente appena passata accanto alla vetrina di Zonko e disse la prima cosa che le venne in mente. Avrebbe potuto essere qualunque cosa: della polvere, una foglia, anche solo uno strano riflesso. Non si sarebbe stupita se la fame le avesse fatto vedere cose strane. Non aveva forse appena creduto di essersi dimenticata un fidanzato?
Tornò a guardarlo in viso. Nonostante tutto, lo doveva ammettere, aveva un aspetto decisamente attraente. Attese quindi, non senza curiosità, le risposte ai suoi interrogativi. Chi si nascondeva dietro quell'atteggiamento sicuro e quel sorriso beffardo? Poteva davvero essere uno studente? Un ragazzo che stava frequentando la Scuola che lei stessa aveva frequentato, anni prima?
E soprattutto, chiunque fosse, che cosa voleva esattamente da lei?


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view post Posted on 8/7/2017, 12:35
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La osservò guardare prima la sua mano, la quale si era delicatamente poggiata sulla sua spalla, poi il suo volto.
Era sorpresa, ne era sicuro. Non aveva usato la Legilimanzia su quella mente, ma sapeva che era così.
Sentì un brivido percuotergli la schiena, non appena la vide girarsi all’indietro per valutare se ci fosse qualcun’altro assieme a lui. Non era uno scherzo, stava facendo seriamente il provolone con lei.
Alzando leggermente le estremità delle labbra all’insù, facendo spuntare un sorriso beffardo e sornione dalla barba curata, rimase in attesa delle parole che presto sarebbero arrivate alle sue orecchie.
Lo sapeva, stava per parlare, stava per domandargli perché tra le tante persone da stressare aveva scelto proprio lei, anche se non ci voleva molto a capirlo.

I lineamenti delicati, il naso perfetto, i capelli corvini e quegli occhi color ghiaccio, avevano ottenuto in lui un insano effetto magnetico, che era giusto far sfociare in una conversazione interessante.
Brevi istanti furono quelli in cui la vide pensare sul come comportarsi di fronte a quella sua aria da spaccone. Aveva una scuola di danza nello stomaco, mentre vedeva gli occhi di lei poggiarsi lentamente sui suoi lineamenti e caratteristiche fisiche delineando il primo parere di carattere puramente estetico.
Sperava bene in quel matching di gusti personali, mentre aspettava di affrontare la sfida più interessante e personale, quella che difficilmente in pochi riuscivano a passare con lui.
Che tipo era quella ragazza? Che carattere aveva? Era introversa oppure spigliata con chi gli stava attorno? Era in grado di tenergli testa oppure si sarebbe arresa?
Non appena sentì la sua affermazione, si girò verso di lei per scrutarla a fondo. La prima mossa che aveva utilizzato era una affermazione per capire con chi aveva a che fare. La poteva capire, dopotutto non era di certo la normalità avere a che fare con un così convinto fidanzato.


-Come chi sono? Sono Daddy, il tuo ragazzo. Non ricordi? Mi hai detto che mi aspettavi per mangiare ed eccomi qui. -

Rispose divertito, sentendo la ragazza effettuare una domanda e svelar parte del suo sorriso.
Eccolo lì, era arrivato. Il primo accenno di complicità tra loro due era entrato in gioco e non lo avrebbe perso per un sol secondo.
Rimanendo sbalordito per un sol istante dalla domanda provocatoria della ragazza, la quale sicuramente stava cercando di confutare i suoi dubbi sull'età di lui, rispose cercando tra le sue mille espressioni facciali quella più scandalizzata.


-Amore mio, quale castello? Ho venticinque anni e sono il Vice di Zonko. Cosa ti succede? Tutto bene? Sembra che non ti ricordi di me. -

Cercando di metter in mostra nuovamente il suo sorriso beffardo, legato ad una beneamata faccia di bronzo, allungò la mano che non era a contatto con il corpo della giovane per provare a staccare quello che poteva essere uno dei tanti vermi sibilanti che gli era volato addosso.

*Maledetti! Pensavo di avervi fatto fuori tutti*

Prendendo il pezzettino di verme, lo lanciò lungo la strada per ridere allegramente.

-Ops, incidenti del mestiere…Come ti è andata la giornata? -

Stava barcollando, ma non poteva mollare la presa.
Per quanto sentisse dentro di sé l’insicurezza farsi sempre più forte, sapeva che se avesse parlato a lei con arrendevolezza avrebbe fatto scemare tutta quell’intimità e strana attrazione che si poteva essere creata(sempre se si era creato qualcosa NdN*).
Lo sguardo placido, dopo alcuni momenti di turbolenza, osservava la giovane provocatrice. Non sapeva come si chiamava, tantomeno quanti anni avesse, ma alla fine quei dettagli a lui poco interessavano.
Amava il brivido, il sentir il profumo di lei inebriargli lentamente il cervello mentre cercava ostinatamante di creare il primo legame tra loro due.
Era un’impresa quella che si poneva agli occhi di Daddy, ma era ben entusiasta di affrontarla.


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*NdN: Nota del Narrator cretino. :dance:
 
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view post Posted on 12/7/2017, 22:07
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Alzò un sopracciglio con fare divertito alla risposta del giovane sconosciuto. Imperterrito e sempre più convinto, continuava a dichiararsi il suo fidanzato. Nonostante il suo primo tentennamento, aveva ormai definitivamente abbandonato l’idea di essersi dimenticata di avere un ragazzo. Era palese: quel tipo ci stava provando con lei. Solitamente si liberava di seccatori del genere con un colpo di bacchetta, non le piaceva perdere tempo in smancerie che l’avrebbero solo messa in situazioni spiacevoli, o che le avrebbero attirato qualche ammiratore fastidiosamente appiccicaticcio. Tuttavia, la persona che aveva davanti non sembrava appartenere a nessuna delle due categorie. Era bizzarra, ma pareva godere ancora di una certa stabilità mentale. Scosse la testa con l’accenno di un sorriso. «Certo che hai un bel coraggio. A quest’ora avrei già potuto schiantarti» ci tenne ad informarlo. Non che fosse esattamente vero, non schiantava qualcuno per così poco. Non sempre, almeno. Spesso si limitava ad immobilizzare o a giocare qualche scherzo più o meno innocente. Eppure qualcosa in quegli occhi verdi e nell’allegria di quel sorriso la incuriosiva. Inoltre, di lui poteva dire di conoscere già il nome, l’età - venticinque anni, quasi un suo coetaneo - e l’occupazione - Vice di Zonko, interessante!. Come inizio era piuttosto soddisfacente. Certo, l’indirizzo di casa, il numero della patente di Smaterializzazione, la fedina penale e il nome del suo gatto avrebbero ulteriormente giovato, ma per il momento poteva essere sufficiente. Prese per buone le informazioni che le diede, anche se da uno svitato del genere poteva aspettarsi qualunque stramberia. E, si, di lui sapeva anche che era il suo fidanzato, lo aveva ripetuto un’altra volta. Se non altro era da lodare per la perseveranza, lo doveva riconoscere. «Molto bene, Daddy di venticinque anni e Vice di Zonko» disse incrociando le braccia, continuando a guardarlo con curiosità e un cipiglio divertito. «Non ti hanno mai detto che per avere una ragazza è necessario innanzitutto che lei sia a conoscenza di tale decisione? O conoscere particolari come la sua occupazione, l’età o…il suo nome?» il tono era tranquillo, con una nota di giocosa sfida, ma lontano dall’essere ostile. Non vi era alcun bisogno di mostrarsi ostile, era abituata ad affrontare tipi ben più loschi e sapeva che avrebbe potuto liquidarlo in un attimo, se lo avesse voluto. Continuò ad osservarlo mentre si toglieva ciò che rimaneva di un verme sibilante dai capelli. Nonostante il ragazzo continuasse ad esibire un’espressione beffarda sul viso, la sua reazione riuscì a strapparle un sorriso, per la prima volta sincero. Quella lieve incrinatura che per un istante le sembrava di aver visto passare sul suo viso, quel lieve tentennamento, come l’ombra di un pensiero fugace, lo avevano fatto sembrare per un attimo più umano e naturale, esattamente come piaceva a lei. Forse vi era davvero la possibilità che tra i due si stabilisse un legame. O forse, a loro insaputa, quel legame si stava già creando. «Ce ne hai messo di impegno per farlo finire lì» asserì con una nota di dolcezza nella voce. «Sai, penso che tu abbia bisogno di questo più di me» disse posandogli il cappello – quello giallo, di paglia, che aveva continuato a tenere in mano – sulla testa «Si intona bene con…» gli occhi? Nah. I vestiti? Nemmeno. Il portamento mascolino? Decisamente NO. «Beh, se non altro ti ripara la testa» concluse risoluta, con un leggero svolazzo della mano, come a chiudere lì la questione o cancellare ciò che nell’aria era rimasto delle sue parole.
Ma stavolta anche lui le aveva posto una domanda, facendole ricordare i progetti e gli impegni che aveva per quella serata. Mordendosi un labbro distolse per un attimo lo sguardo dal ragazzo, posandolo sulla strada che fino a poco prima stava percorrendo, come a soppesare una decisione. Com’era andata la sua giornata? Era stata una completa perdita di tempo e poteva sentire il richiamo minaccioso delle scartoffie che le intimavano di occuparsi di loro.
«La mia giornata è stata decisamente poco produttiva» riprese, tornando a guardarlo, ora leggermente più seria rispetto a prima «e per quanto mi piacerebbe passare altro tempo con te...» con sua sorpresa si accorse che era vero, non le sarebbe dispiaciuto capire chi si nascondeva dietro quella facciata da mascalzone. Le stranezze la incuriosivano e quel ragazzo bizzarro sembrava averne a sufficienza per stuzzicare la sua curiosità. «...ho molto lavoro che mi attende» si passò un dito sulla tempia, pensando alla mole di lavoro che aveva da sistemare. La sua razionalità e il suo perfezionismo esercitavano su di lei un ascendente pari all’influenza che potevano avere le stranezze. Ed aveva fame, non poteva attardarsi ulteriormente. «Ma ora che so dove lavori, tornerò sicuramente per farmi restituire il cappello, uno dei prossimi giorni» continuò, riprendendo il consueto tono leggero e lanciandogli un sorriso complice. "COSA? Come minimo lo troverai infestato da caccabombe, vedrai!" *Zitto Willy, non dire sciocchezze!* «Quindi, a meno che tu non voglia rapirmi o prendermi in ostaggio – e ti sconsiglio caldamente di farlo - ora devo proprio andare» concluse con l’accenno di una risata, facendo per muovere alcuni passi verso la strada. Del resto era un Auror, anche se non glielo aveva ancora detto apertamente.Quale pazzo avrebbe potuto anche solo pensare di rapire un Auror? E chi mai avrebbe potuto farlo e sperare di uscirne incolume?

● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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view post Posted on 20/7/2017, 22:48
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Il bello degli approcci è che non si sa mai cosa può accadere.
Ti si può avvicinare il tipo appiccicoso, voglioso di attenzioni manco fosse una Puffola Pigmea, il maniaco, capace di stalkerarti anche nel bagno di Mirtilla Malcontenta e Daddy, voglioso di riempire la sua giornata con qualcosa di nuovo e interessante.
Che quel qualcosa di nuovo e interessante avesse preso i connotati di Atena era oramai chiaro a qualsiasi passante, ma c’era altro che lo aveva affascinato.
Osservandola mentre lo minacciava con tranquillità, il suo volto assunse un’espressione divertita. Stavano giocando, valutando le loro capacità mentali nello scherno e quella tensione lo coccolava dolcemente portandolo ad essere innegabilmente attratto dalla giovane.


-Veramente mi avresti potuto schiantare? Eppure, sembri così piccola e docile. -

Sorrise, beffardo, cercando di individuare nel suo sguardo una reazione durante il canzonamento. Una donna forte ma insicura a quelle parole si risentiva, una di polso rispondeva a tono.
C’era un certo feeling mentale tra di loro oltre l’amore per il colore blu, ne era certo e ora voleva saperne di più.
E pensare che a quell’asserzione avrebbe potuto rispondere anche in maniera più spavalda. Ad esempio, avrebbe potuto usare un'affermazione triste del tipo “Baby, con quegli occhi già mi hai schiantato” o arrogante come “Bella, a me basta solo mostrarti il six pack per schiantarti”. Che fosse realmente attratto da quella conoscenza?
Sentendo la ragazza rimbrottarlo con aria scherzosa sul suo atteggiamento fin troppo diretto, si passò una mano sul volto per mostrarle un leggero sorrisetto di sfida. Amava quell’incontro-scontro di pareri, ma avrebbe tirato la corda, come sempre.
Proprio quando stava per rispondere alle mille e uno provocazioni della ragazza, vide il capello di lei arrivare sul suo capo e lei dire che se ne voleva andare.
In quel preciso istante, una leggera stretta allo stomaco che stava come a designare la fine del divertimento, prese il sopravvento. Togliendosi il cappello dal capo, superando la giovane con passo svelto disse:


- Hey, dammi il tempo di rispondere!-

Provando a farle rallentare la corsa verso la sua uscita di scena, cappello alla mano, disse:

- Perché mai dovrebbe interessarmi sapere il tuo nome, la tua età e il tuo lavoro? Non pensi che potrebbe rovinare tutto questo? -

Le avrebbe fatto decelerare il passo che improvvisamente si era velocizzato al solo pensiero del lavoro? Che diamine era tutta quell’ansia? Che lavoro faceva? L’autista del Nottetempo?

-Spesso ci ancoriamo a questi dettagli futili che servono per caratterizzarci e distinguerci nella società, quando ci sono domande ben più importanti. Una di queste è: che diamine è tutta questa fretta? -

Sorridendo, sperando di avere almeno in parte rallentato la sua corsa verso l’isola che non c’è, proseguì a parlare. Quello era il momento topico dell’incontro, quello che stabiliva se sarebbe o meno riuscito a convincere la ragazza a passare del tempo con lui.

- Piuttosto, invece che riprenderti il cappello tra due, tre, giorni, che ne dici se ci andiamo a mangiare qualcosa subito? Potrei aiutarti anche nel lavoro sono…- * Uno degli studenti più bravi del castello*- …un ragazzo abbastanza intelligente-

Ne era certo, quella farsa presto lo avrebbe portato ad una scomoda situazione, quella di dire la verità, ma non se ne preoccupava.
C’era la possibilità di uscire con una splendida ragazza e il suo animo da cacciatore lo spingeva a convincerla in tutti modi a fidarsi di lui.
Non sapeva se sarebbe riuscito o meno nell’intento, ma tanto valeva provare. Vivere di “se” e “ma” non era nella sua indole, la vita è tutta una chiamata e una risposta.


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view post Posted on 2/8/2017, 09:08
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L’incontro proseguiva in un susseguirsi di parole, gesti, sorrisi, sguardi. Talvolta bastano pochi istanti per capire molte cose di una persona. Istanti preziosi, nei quali possono crearsi legami di complicità, si può sentire il solletichio frizzante della curiosità o il fascino di una giocosa sfida. Oppure può prevalere l’amaro della repulsione, il grigiore dell’indifferenza o il peso della noia. Le prime battute di quel bizzarro incontro erano ormai state recitate e tutto sembrava essere giunto ad un bivio decisivo: proseguire ognuno per la propria strada o fermarsi ed imboccare una deviazione inaspettata?
Atena sorrise alla provocazione del ragazzo, scuotendo leggermente il capo nell’accenno di una risata. Non si era dimostrato intimorito o arrendevole, né era stato arrogante. Sapeva stare al gioco e questo le piaceva.
«Tu invece sembri un ragazzo alquanto strambo e sfacciato» rispose divertita, senza nascondere l'impressione che lui le aveva dato. «Veramente pensi che potrei cenare con te stasera?» disse avvicinandosi di un passo. Non smise di guardarlo con curiosità e un bagliore di complicità nello sguardo. Scherzava, lo provocava per vedere fino a che punto si sarebbe spinto. Frugava il suo viso cercando di carpire ogni reazione alle sue parole.
Proseguire o restare? Il senso del dovere era forte in lei, non poteva sottrarsi. Mosse i primi passi lungo la strada, eppure il suo orecchio era teso a cogliere i movimenti del ragazzo.
Non fece molti passi che se lo ritrovò di nuovo davanti, tanto che quasi ci andò a sbattere contro. Si sorprese della sua rinnovata avventatezza, ma ancora di più si sorprese a sorridere dentro di sé. Una parte di lei sperava che lo avrebbe fatto. Proseguire o restare? Arrestò il passo.

«Non vedo in che modo questo potrebbe rovinare tutto» constatò serenamente. Era uno strano modo di pensare il suo, si disse, ma il tentativo del giovane di difendere quel punto di vista la divertiva. Si chiese se non l’avesse scambiata per una sorta di senzatetto e cercasse solo di fare la sua buona azione giornaliera. Ma in fondo era stata una giornata tranquilla: nessun duello, niente abiti sporchi di polvere o sangue, niente vestivi strappati o ferite sulla pelle. Forse puzzava? Impossibile!
Lui continuò a parlare.
Che cos’era tutta quella fretta, le chiese. Domanda molto importante. Non riuscì a trattenere un sorriso, abbassando gli occhi, si sentiva pungolata sul vivo per quel suo comportamento. Lui continuò ancora nel suo discorso. «Ehi dammi il tempo di rispondere» rise, riprendendo inconsapevolmente l’espressione che lui stesso aveva usato. La stava ubriacando di parole. «Che cos’è tutta questa fretta?». Sbatté gli occhi, dove le aveva già sentite quelle parole?
Proseguire o restare? C’era qualcosa in lui che la intrigava, al di là della sfacciataggine, del suo punto di vista bizzarro e di quell’aria da mascalzone. Forse era il modo in cui il sorriso si adagiava in modo naturale sulle labbra, o il guizzo di allegria che sapeva suscitare l’inclinazione della sua voce, o forse la sensazione di qualcosa che li accomunava, anche se non sapeva ancora darle un nome. Probabilmente era solo la stanchezza di quella giornata e la fame che la faceva straparlare. Esisteva davvero quel ragazzo? O era un’allucinazione, un essere uscito dalla sua fantasia? Non sembrava essere un’ipotesi così strana, a pensarci bene. Forse si era addormentata su quella panchina ed era tutto un sogno.
Proseguire o restare? Oh, al diavolo. La vita è tutta una chiamata e una risposta.
“Ehi, hai ripetuto anche tu!”” Willy finiscila di intrometterti nella narrazione!”.
«Va bene, Daddy. Andiamo a mangiare qualcosa» acconsentì, accettando quella singolare deviazione che il destino le aveva offerto. In fondo poteva rivelarsi divertente, e lei amava il brivido dell'imprevisto. «Ma ti avviso, non amo particolarmente i posti affollati e rumorosi». Sorrise guardandolo, mentre anche lui si rigirava tra le mani il cappello giallo. Era strano, sembrava che su quel cappello aleggiasse una qualche forza magnetica che spingesse la gente a tenerlo in mano anziché sulla testa. «E…il cappello lo dovrai tenere in testa comunque». Scrutò la sua reazione. Sarebbe stato disposto ad accettare quelle condizioni?
Un ragazzo piuttosto intelligente… le parole riecheggiarono nella sua mente. Ancora una volta. C’era forse un problema di echi? Qualche collegamento spazio temporale che si stava sovrapponendo?
«Eri un Corvonero ad Hogwarts?» non riuscì a trattenersi dal chiedere. Una domanda a bruciapelo, detta cercando di ostentare una certa indifferenza. Ma non era così. Quelle parole avevano mosso qualcosa in lei, Corvonero era stata la sua Casa. La domanda le pungolava la gola, la curiosità di sapere se fossero entrambi legati da quel particolare era troppo forte. Alzò lo sguardo per fissarlo negli occhi.

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view post Posted on 11/9/2017, 22:17
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Strambo? Sfacciato? Lui era di più, molto di più!
Sicuramente era scemo, su questo non vi erano dubbi. Fin da piccolo faceva scherzi di ogni genere, la maggior parte pessimi, tipo quello in cui nascondeva i suoi calzini puzzolenti in camera dei genitori facendoli ammattire.
Era sempre stato così, strano e incapace di farsi reputare dal prossimo come una persona normale e distinta.
Osservando la ragazza divertito, cercando di bloccargli la via così da potersi assicurare l’uscita tanto voluta, la osservò fare la domanda che avrebbe tentato di spezzare il suo ego in mille pezzi.
Perché mai un pezzo di donna come lei doveva cenare con un deficiente come lui? Quella si che era una domanda, ma aveva anche una risposta.


-Perché non dovresti cenare con me stasera? -

Sapeva che ad una domanda non si doveva rispondere con un'altra domanda, ma in quel momento gli serviva tempo per pensare.
Ogni risposta, dalla più profonda alla più futile, doveva andare a centro e segnare un piccolo percorso nei confronti di quella donna in carriera che aveva fin da subito amato disturbare.
Sentendola continuare a parlargli con aria divertita, una vocina dentro di lui iniziò a gongolare soddisfatta. Che fosse fatta? Che avesse colto l’attenzione della fanciulla dai colori blu?


- Beh, rovineresti tutto perché mi lasceresti qui ad aspettarti con questo bellissimo cappello. A quel punto io inizierei a pensare solamente a te e al tuo viso, non lavorerei più e Zonko mi licenzierebbe.
Quindi, dopo un tempo indefinito, tu ritorneresti qui, ti avvieresti felice da Zonko convinta di trovarmi e…-


Allargando le mani, così da creare un po’ di suspense, disse:

- …Non mi troveresti. Disperata, chiederesti al garzone di turno dove mi trovo e, dopo aver saputo che sono stato licenziato, te ne andresti alla mia ricerca, ma io…-

Sorrise. Oramai di cagate ne stava dicendo una marea, tanto valeva continuare:

-…a quel punto sarei a Hong Kong a creare fuochi d’artificio da contrabbando. Ne accenderei uno difettoso, esploderei e morirei. FINE.


Non ti senti in colpa per la fine che mi hai fatto fare?-


Non ci poteva fare nulla, il suo cervello era un cumulo di storie strampalate che uscivano tranquillamente dalla sua bocca senza troppi problemi.
La nonna glielo diceva sempre “ Parla con nesso di causa”, ma a cosa serviva parlare con quel nesso se poi non ci si divertiva?
Proseguendo all’indietro nel sentiero, con la paura di inciampare su una radice e fare una figura barbina davanti alla ragazza, rimase ad osservarla fino a che non disse le fatidiche parole.

Va bene, Daddy. Andiamo a mangiare qualcosa

Oramai il suo corpo era prossimo a fare un balletto per manifestare tutta la sua incommensurabile gioia per quella risposta, ma si fermò.
Era giusto essere scemi, ma non troppo; se avesse continuato così l’avrebbe fatta scappare.


- Affare fatto!-

Lanciando il cappello leggermente in aria, si spostò al fine di metterselo sul capo, quindi porse il suo avambraccio alla donna in modo da procedere con lei verso il luogo designato.
Ovviamente di posti tranquilli e dove si mangiava sereni ne conosceva veramente pochi li in zona, che la dovesse portare al Testa di Porco?
Mentre pensava su dove fosse meglio portare la fanciulla, camminando vicino a lei, rimase sorpreso alla sua domanda. Leggermente spiazzato, facendo intravedere per alcuni secondi sul suo viso una faccia sorpresa, disse:


- Corvonero?-

Ma che lo aveva già sgamato? Che quella fosse una trappola imbandita dalla Bennet in persona per gli studenti che lavoravano nel villaggio?
Abbozzando un sorriso, cercando di tamponare in qualche modo la sorpresa iniziale disse:


- Ehmm, no, sono un Ex Grifondoro. Anche se, ora che mi ci fai pensare, mi hanno sempre detto che, se fossi stato Corvonero, sicuramente sarei stato Caposcuola.-*Ma va?*

Rise dentro se stesso tanto. Quante ne stava dicendo? Sicuramente quelle bugie si stavano lentamente legando attorno al suo collo come un cappio, ma il vivere una vita di un altro gli stava piacendo.
Quali altri misteri nascondeva Daddy Toobl, ex Grifondoro?


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view post Posted on 29/9/2017, 21:01
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It was a dark and stormy night
Di scemenze, nella sua vita, ne aveva sentite davvero tante, ma mai tutte in una sola volta. Seguì divertita il racconto a dir poco strampalato del ragazzo, lasciandosi coinvolgere dall’enfasi della sua voce e dalla mimica dei suoi gesti, tanto che alla fine poté quasi dire di sentirsi realmente coinvolta nelle avventure di quel suo sfortunato alter ego e nel suo tragico epilogo. «Cielo, si, mi stai davvero facendo sentire in colpa. Smettila!» disse ridendo, puntando le mani ai fianchi e sgranando gli occhi, fintamente risentita.
Daddy sembrò accettare senza replicare le sue condizioni. Non si sorprese, del resto la sua capacità di stare al gioco era quasi sovraumana, e in fondo era proprio quel suo guizzo divertito negli occhi ad averla convinta ad accettare la sua compagnia. Il ragazzo lanciò quindi il cappello in aria, fedele alla sua promessa, sistemandolo sulla testa come un perfetto cowboy di quei film americani tanto in voga tra i Babbani. Per non essere da meno, Atena si lisciò il mantello sulle spalle, alzando appena il mento con fare scherzosamente altezzoso e, guardando davanti a sé, gli pose la mano intorno al braccio.
Si avviarono insieme lungo il sentiero, l’azzurro caldo del cielo nell’ultimo abbraccio del giorno e i mattoni delle case accarezzati da lunghe ombre scure a far loro da cornice.
Dopo aver posto la domanda sulla sua presunta ex Casata, lo guardò in viso, attendendo con curiosità la sua risposta. Non le passò inosservato lo stupore che percorse il suo sguardo, né la lieve esitazione iniziale. Il lavoro che svolgeva l’aveva allenata a cogliere le più piccole sfumature nei lineamenti e le più lievi incrinature nel tono della voce - era una dote essenziale per sperare di giungere alla verità di un caso. Ebbe l’impressione che quel ragazzo nascondesse qualcosa, come se fosse stato pungolato su un punto che, per qualche ragione, non avesse voglia di approfondire. Incrinò appena le sopracciglia soppesando tra sé un pensiero, ma quel cruccio - veloce com’era arrivato - si dileguò, sgomitato dalle parole ben più interessanti che Daddy pronunciò subito dopo.
«Caposcuola Corvonero? Tra tutte le sciocchezze che hai detto finora questa è forse la più grossa» disse divertita, senza riuscire a trattenersi dal ridere. Che avesse la tipica sfacciataggine dei Grifondoro meno assennati era ormai ovvio e, sì, era sicuramente un tipo sveglio, ma che potesse essere annoverato addirittura come Caposcuola Corvonero era davvero poco credibile. La stava sicuramente prendendo in giro.
«Che strano» rifletté poi ad alta voce, mordendosi un labbro «abbiamo quasi la stessa età, eppure non ho alcun ricordo di te ad Hogwarts» aveva un discreta memoria fotografica, in genere riusciva a ricordare piuttosto bene ogni volto che incontrava, eppure quel viso non le diceva proprio nulla. Stava forse perdendo colpi? La vecchiaia avanzava prendendosi gioco della sua memoria? Chissà! Fece spallucce, tornando a guardare la strada davanti a sé.
La brezza della sera stava lentamente spazzando via le striature dorate dal cielo, e di tanto in tanto lo sguardo poteva già scorgere qualche timida stella puntellare tenuamente l’azzurro al di sopra dei tetti. Era il preludio della notte. Atena amava quel momento di sospensione che concludeva il giorno, portava con sé il silenzio di una frenesia che si dissolve e il sollievo di un sorriso a lungo trattenuto. In quei momenti lasciava sovente che i suoi pensieri vagassero liberi; talvolta capitava che la malinconia la sorprendesse e la cullasse in porti lontani; altre volte sentiva invece l’animo alleggerirsi, come se lo sguardo di quel cielo lontano potesse in qualche modo ristabilire l’equilibrio nei suoi pensieri e l’ordine nella sua vita. E nei giorni più fortunati, poteva anche succedere che un ragazzo squinternato con un cappello giallo la invitasse a cena!
Un chiacchiericcio sommesso, sempre più distinto, preannunciò loro l’avvicinarsi al cuore della cittadina, centro dei principali pub e locande – dai Tre Manici di Scopa fino alla Testa di Porco; di tanto in tanto dalle porte che si aprivano e si chiudevano giungevano echi di risate scroscianti o sprazzi di parole lasciate a metà, inghiottite di nuovo nel confuso brusio di sottofondo.
«Allora, hai deciso dove portarmi?» chiese con un’occhiata complice. Avrebbe potuto scegliere una porta qualsiasi ed entrare, lei lo avrebbe seguito. Carpe diem!

● Atena McLinder ● Auror ● Scheda
 
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