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| Il primo scontro del campionato si era concluso con una sconfitta, nonostante questo, Camillo aveva riconosciuto in quella battaglia un’enorme occasione per crescere come giocatore. Trattandosi della sua prima - primissima - partita, l’olandese si era reso conto di non aver saldato un forte legame sul campo con i suoi compagni, o almeno non forte come quello nella vita quotidiana. Aveva capito che l’intesa doveva ancora essere costruita, che era questione di tempo, che il processo si sarebbe affinato in modo del tutto naturale con la pratica e con l’esperienza. Ci aveva riflettuto. Sebbene ciò avesse portato a galla un forte dolore emotivo, la determinazione nel portare a termine il suo obiettivo lo aveva aiutato a sopportare il pesante carico. Sbalzato da un’implacabile tempesta di pensieri, era comunque riuscito ad individuare il suo sentiero. Quella prima esperienza non si era però conclusa al termine della partita. Il Battitore aveva ripercorso mentalmente i suoi errori, analizzandoli singolarmente uno alla volta. Non era stato difficile individuare quelli nati e morti nel giro di un’azione, tanti - troppi - per essere elencati; la vera sfida per lui era stata comprendere cosa avesse lasciato in sospeso. Un’unica battuta, fine a se stessa, aveva inclinato il suo già precario equilibrio mentale. Breendbergh non era solito provare rimorso, specialmente per crimini legittimati dal gioco, ma quella volta era diverso. Se con quel colpo aveva portato avanti una strategia, era stata la sua squadra a non approfittarne. In quanto materiale esecutore dell’aggressione, ricadeva però su di lui il dovere di incontrare fuori dal campo la sua vittima per rimediare a quanto accaduto. Jenifer McLoen. Questo era il nome della cacciatrice colpita dal suo attacco. Di lei sapeva poco, solo casata e ruolo sul campo, per forza di cose, ma anche il suo anno scolastico: la vedeva spesso durante le lezioni, doveva avere la sua stessa età. Facendosi coraggio era riuscito a comunicarle che avrebbe avuto piacere di rivederla in un contesto più tranquillo, fuori dalla competizione, ed insapettatamente lei aveva accettato. Camillo non aveva mai avuto fortuna con le ragazze, il pronostico aveva stabilito un netto rifiuto e già lui aveva iniziato ad abituarsi al quell’idea, ma fu ben lieto di uscire dagli schemi della sua sfiga, almeno una volta. Il luogo e l’orario dell’incontro vedevano Testa di Porco come meta alcolica per un piacevole sabato pomeriggio. L’olandese era abbastanza teso, non aveva mai bevuto, se non occasionalmente, prima di quel momento. Non ne aveva mai avuto bisogno. Non disdegnava certo gli alcolici, ma non gli piaceva la sensazione che una copiosa assunzione degli stessi gli procurava, per alterarsi preferiva rimedi differenti. Allo stesso modo era fiducioso, in quanto come attività sociale poteva risultare più divertente di una bevuta solitaria. Con quella speranza nel cuore si fece trovare al pub leggermente in anticipo. Vestiva una t-shirt bianca, con qualche scarabocchio geometrico e colorato, che rendeva facile intuire non fosse un capo d’abbigliamento tipico della società magica; jeans al ginocchio e scarpe sportive confermavano questa teoria. Breendbergh si mise in attesa nei pressi dell’ingresso del locale, guardandosi intorno con curiosità, domandandosi se la ragazza avesse deciso di presentarsi davvero o la sua conferma fosse solo stata un espediente per liberarsi di lui alla svelta. Lui, nei suoi panni, avrebbe scelto la seconda opzione.
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