Behind your mind, Quest Legilimens

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view post Posted on 5/12/2017, 23:25
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Il Fato

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Noncurante del fatto che comunque potesse eseguire tutti i movimenti che voleva anche con la spalla leggermente ustionata, Alice, spostò la bacchetta nella sua mano sinistra per eseguire uno degli incantesimi curativi più semplici in circolazione.
Facendo attenzione al disegnare un corretto cerchio con la sua bacchetta, non appena puntò la stessa sull’ustione, vide la ferita restringersi e sparire completamente (+1 PC; +1 PS).
Ce l’aveva fatta; era riuscita a curarsi.
Galvanizzata dal successo appena ottenuto, fece due passi in direzione dell’ignoto quando, d’improvviso, i gemiti ritornarono alle sue orecchie.
Un lamento, lento e profondo, con forza entrò nelle sue ossa, cancellandole dalla testa il Lumos che voleva eseguire.
Che cosa la stava attendendo? Chi era che sembrava soffrire in quel modo?
Barcollando leggermente per la sorpresa di sentire così vicino a sé quel lamento, spostò gli occhi scuri a terra notando delle corde rovinate.
A cosa erano servite? Perché si trovavano lì? Era il caso di preoccuparsi?
Dei lenti sospiri si stavano facendo largo in lei mentre procedeva verso lo svincolo. Cosa poteva fare ora? Come era meglio agire? Era giusto usare quella bacchetta (ancora nella mano sinistra) a suo favore o era meglio evitare?



Alice Lastrange

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Edited by Master Adepto - 6/12/2017, 15:08
 
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Alice Lastrange
«Tutte le cose hanno origine nella mente,
la mente le produce, di mente sono fatte»
Osservando la ferita scomparire sotto i suoi occhi, Alice provò una sensazione di enorme sollievo, non tanto per il dolore in sé che, essendo la ferita superficiale, non la tangeva particolarmente, ma più per un fattore psicologico. Doveva ammetterlo, non apprezzava particolarmente sangue ed escoriazioni, non le erano mai piaciute, l'ex-prefetta cercava di starne lontana il più possibile, il che non era difficile, ma infondo la carriera di medimago non le era mai interessata.
Mosse i primi passi con una ritrovata sicurezza e con l'intenzione di illuminare l'ambiente per poterlo osservare con più cura, ma qualcosa tornò a turbarla. Nuovi versi, sofferenti e vicini, immobilizzarono la corvonero, che, spaventata, si guardò attorno senza però trovare nulla che potesse generare tali suoni. La sofferenza traspariva ad ogni lamento che udiva, ma da dove e da chi provenivano quei gemiti? No, non stava perdendo il senno, qualcosa c'era, qualcosa che si nascondeva ai suoi occhi. Non li sopportava, era come avere una voce nella proprie orecchie che si insinuava nella sua testa. Barcollando, i suoi occhi caddero sul pavimento, per terra qualcosa attirò la sua attenzione: delle corde, sporche e usurate. Cosa ci facevano delle corde li dentro, a cosa erano servite? Un brivido di ribrezzo le percorse l'intera schiena, l'immagine di Turbin le tornò alla mente. Se pensava che era stata lei a liberarlo dalle grinfie del tranello del diavolo, inorridita sentì le sue viscide mani sul suo viso. Non poteva correre il rischio di incappare in un altro come lui... e se fosse lui? No, impossibile! Dubitava sarebbe riuscito a trovare casa sua così facilmente.
Respirò a fondo, spostando la bacchetta dalla mano sinistra a quella destra, in quel momento di ritrovata lucidità capì che lasciarsi immobilizzare dalla paura non l'avrebbe aiutata e, per quanto non avesse intenzione di utilizzarla, era sempre meglio tenersi pronta a qualsiasi evenienza.
Dopo qualche passo però dovette fermasi ancora una volta, i gemiti di dolore, o quelli che per lei sembravano tali, si tramutarono in sospiri, lenti; socchiuse gli occhi per qualche secondo, cercando di focalizzare la sua attenzione su di essi, se la vista non voleva saperne di darle una mano, sarebbe passata al senso di cui si stavano prendendo beffa. Doveva solo riuscire a focalizzare una direzione, se ci fosse riuscita, l'avrebbe seguita, muovendo i suoi passi in tale direzione.

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Al vedere quelle corde, la mente di Alice si spostò nel tempo.
Erano passati pochi mesi dall’incontro con il creatore del falso diadema di Helena, tale Jack Turbin, il quale era stato salvato da lei prima che l’aggredisse e di certo tutto ciò non facilitava il processo di cancellazione di quella persona dalla sua mente.
Che fosse lui lì? Che la stesse aspettando? Per quanto Jack fosse un mago abile, il sapere dove si trovava Alice in quel momento era decisamente al di sopra della sua portata, specialmente ora che era considerato un fuggitivo da tutto il mondo magico.
Allora cosa diamine era quel lamento? Da dove arrivava? Perché giungeva alle sue orecchie?
Non appena Alice svoltò l’angolo, un rumore di catene si fece lentamente largo in lei, così come il timore che qualcosa potesse essere bloccata lì contro la propria volontà.
Perché c’erano funi e catene in quel posto? Perché diamine la sua famiglia aveva voluto celare quel mistero in quel modo? Da quanto tempo c’era quel qualcosa lì?
I passi si fecero sempre più lenti allo stringersi del varco creato nella roccia. Dove stava andando? Cosa stava per vedere?
Mentre si poneva quelle domande, i suoi occhi scuri, si posarono su una catena di ferro che venne decisamente strattonata all’indietro.
Un piede dal colore olivastro si spostò dal suo sguardo, nascondendosi dietro la parete che occultava quella stanza.
Cosa si poneva dietro quella parete di roccia? Cosa si trovava davanti a lei?
Se avesse fatto attenzione, avrebbe notato un piccolo varco sulla destra per proseguire ulteriormente in quel posto.
Sarebbe bastato strusciare con la schiena sulla parete per andare avanti nel suo cammino e vedere che l’aspettava.


«Vieni, sono qui.»

A quelle parole, la pelle d’oca arrivò su tutta la schiena.
Chi aveva parlato? C’era qualcuno lì? Era impazzita?
Il silenzio regnava sovrano, ma qualcosa non quadrava.



Alice Lastrange

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Alice Lastrange
«Tutte le cose hanno origine nella mente,
la mente le produce, di mente sono fatte»
A piccoli passi, cauti e lenti, la corvonero sembrava avvicinarsi sempre più alla soluzione di quella situazione così enigmatica, guidata da una sorta di istinto, che l'aveva portata ben lontana da quelle che erano le sue conoscenza della Dimora dei Lastrange.
Per quanto vasta, Alice era convinta di aver impresso nella sua memoria ogni meraviglioso angolo di quel luogo, ne conosceva a fondo la storia poiché, come ultima dei Lastrange, anche lei avrebbe contribuito a farne parte. Era per lei quasi un tradimento venire a conoscenza di quel posto in quella maniera, cosa mai poteva essere servito un luogo come quello alla sua famiglia? Era impensabile che uomini di cultura come i suoi avi avessero delle prigioni, ciononostante più andava avanti nell'esplorazione e più quell'insana verità si palesava davanti ai suoi occhi.
Quando poi, poco dopo, un suono metallico giunse alle sue orecchie, per lei non ci furono quasi più dubbi, e per quanto si ostinasse a non voler credere a quello che stava accadendo, era sicura che fosse proprio il suono di catene, smosse da qualcosa o da qualcuno. Chi era stato rinchiuso li dentro? Ma soprattutto, perché? I suoi genitori sono auror e suo nonno lo era a suo tempo, perchè tenere una persona li e non portarla direttamente in prigione. No, c'era qualcosa che non quadrava in quella situazione. Ad ogni passo i suoi respiri si facevano più lenti, come se volesse azzerare ogni suono mentre procedeva in questo cunicolo sempre più stretto, fino a quando i suoi occhi si posarono sulle catene di cui poco prima aveva sentito il tintinnio. Veloci furono strattonate da qualcuno, potandola a fare un istintivo passo in dietro, e mentre si muoveva riuscì a vedere uno dei capi delle catene. Un piede dai colori molto simili ai suoi si mosse, spostandosi oltre la parete.
Finalmente qualche risposta era arrivata e presto molte altre sarebbero giunte, un senso di sicurezza e di coraggio pervase la ragazza, forse a causa della piccola grande scoperta o forse per il fatto che chiunque fosse l'estraneo era più che intrappolato. Questa volta non avrebbe fatto lo stesso errore che aveva commesso con quel maledetto Turbin, voleva prima delle rispost... «Vieni, sono qui.»
Inaspettate, quelle parole fecero impallidire Alice adornata interamente da una fulminea pelle d'oca. Scosse il capo come a voler cancellare quella sensazione dalla sua mente, mentre i suoi piedi si muovevano già nella direzione in cui aveva visto spostare il piede.
« Non un movimento brusco, ne azioni avventate, sta fermo. Sto arrivando. »
Per quanto il suo animo fosse di indole gentile, nella sua voce non vi era traccia di cortesia ne di rassicurazioni, solo avvertimenti, forse più per tranquillizzare se stessa che per incutere timore.
Qualcosa però non le quadrava, le parole dello sconosciuto avevano rotto il silenzio, eppure nessun'altro suono era emerso da quella direzione. Non riusciva a capire e la mandava in bestia, ma, se fosse riuscita a raggiungere il luogo in cui aveva visto muovere il piede, forse sarebbe arrivata davanti a qualcuno capace di darle delle spiegazioni e le avrebbe avute ad ogni costo.



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Il Fato

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Con la schiena, la giovane ragazza, sentì l’umidità presente sulla roccia sinistra di quella strettoia nella quale si era inserita.
Voleva sapere Alice, ora. Non avrebbe più aspettato, non ci sarebbero stati più tentennamenti. Avrebbe saputo.
Non appena superò quel cunicolo a lei sconosciuto, arrivò in uno slargo dove notò finalmente cosa si palesava davanti ai suoi occhi.
Era possibile quello che vedeva? Veramente aveva visto una cosa del genere?
Avrebbe voluto pulirsi gli occhi, darsi un pizzicotto sulla guancia al vedere davanti a lei la sua medesima figura, solamente con un liso vestito bianco.
Chi era quella figura che era stata celata fino a quel giorno? Perché diamine si trovava lì?
Lo sguardo di Alice incrociò quello della sua coetanea e simile. I caratteri facciali non si scostavano di molto, anzi, si poteva dire che erano uguali in tutto e per tutto, per fino peso e altezza erano identici.
A quella visione la giovane sentì le gambe cedere, la forza mancarle, mentre degli strani tremiti sopraggiunsero alle braccia.
Perché mai ci stava quella cosa lì? Era tutto frutto della sua fantasia?
Ora più che mai sentiva qualcosa mancarle, qualche pezzo di storia non essere presente nella sua mente, visto che comunque lei non avrebbe mai e poi mai dubitato della bontà dei suoi genitori.
Perché? Come? Quando? Erano tante le domande che la ragazza si stava ponendo mentre le sue frasi cascarono nel nulla più totale.

Silenzio.
Ora le parole sembravano essere sparite in quel confronto che vedeva la sua sosia avere una catena sul piede.
Era carcerata per caso? Era vittima di qualcheduno della famiglia?
In quel momento molte delle certezze della ragazza crollarono e i pensieri su Turbin svanirono per far posto a qualcosa di maggiormente pesante.
Era il capolina, la fine dei pensieri. Doveva raggiungere delle risposte, ma doveva capire come. Doveva capire il nesso tra lei e quella persona che ora poteva anche considerare sua sorella gemella.
L’oblio si era fatto largo dinanzi alla Corvonero che ora si specchiava negli occhi a lei più familiari al Mondo. Chissà se la giovane studentessa aveva mai pensato di arrivare a specchiarsi nel suo stesso volto, chissà se aveva mai pensato di trovarsi in una situazione talmente orribile.
Bambole di vario tipo erano poggiate a terra, come se quella donna fosse in realtà una bambina. Poteva essere quella la fine che le fosse spettata se avesse fatto qualcosa di male? Possibile che quella storia vedesse qualcuno fare qualcosa di abietto nei confronti di tutti quanti?
I Misteri erano tanti in casa Lastrange, ma ora vi era il silenzio.




Alice Lastrange

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Alice Lastrange
«Tutte le cose hanno origine nella mente,
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Nemmeno lo stretto passaggio da cui era appena giunta era riuscita a toglierle il fiato quanto quello che si palesava davanti agli occhi. Tutte le sue certezze e il suo coraggio era ormai solo un vago ricordo, seppur recente, mentre la sua pelle olivastra sbianchiva dinanzi all'orrenda visione che mai avrebbe potuto immaginare. Di tutti gli scenari, di tutte le persone o creature, che Alice aveva ipotizzato, la figura di quella ragazza, non le era nemmeno minimamente passata per la testa, neanche per un breve e fugace momento di turbamento psicologico.
La sua mente parve perdersi per qualche secondo, che alla corvonero sembrarono anni, in un oblio da cui era impossibile uscire, impossibile come la stessa immagine che i suoi occhi erano costretti a riflettere. Immobile, la ragazza sentiva il peso di quella scoperta giungere sul suo corpo, mosso da incontrollabili tremori, circondata dal silenzio, sentiva l'accelerare crescente del suo cuore, fino a quando, specchiandosi nei suoi occhi, sentì il peso farsi sempre più grande, fino a che le gambe non furono più abbastanza forti da reggerla.
Il contatto umido con il pavimento roccioso passò inosservato, poiché null'altro poteva surclassare ciò che era costretta a guardare. Davanti a sé vi era una ragazza, la sua situazione e il modo in cui era stata costretta a stare li era già di per se fonte di turbamento per la corvetta, ma, per quanto credesse di aver visto cose assai incredibili, non avrebbe mai creduto di trovarsi di fronte a sé stessa. Ricoperta da un logoro vestito bianco, vi era una ragazza totalmente e inquietantemente identica a lei: lineamenti, aspetto fisico, persino il suo così estraneo colore della pelle era uguale. Alice però non aveva sorelle, ne zie o zii o cugini, niente! Eppure quella persona eri li, era reale, o forse non lo era?
Il suo sguardo vuoto tornò a farsi attento, scrutandosi attorno al fine di trovare un senso a tutto, ma ciò che vide fu solo la ragazza e delle bambole, diverse l'una all'altra, adagiate al pavimento. Per la miseria da quanto tempo quella ragazza era stata incatenata li, e soprattutto per quale motivo? Mai nella sua vita si era ritrovata a dubitare della sua famiglia, era cresciuta circondata dall'arte, dalla cultura, dall'amore per la bellezza e su una profonda e sincera bontà nei suoi confronti e verso il prossimo, ed era inutile, per quanto si sforzasse, non riusciva a crederci, non poteva assolutamente pensare che la sua famiglia fosse in grado di compiere un tale abominio, doveva esserci per forza un altra spiegazione logica per quello che stava succedendo in quella grotta.
Cosa mai poteva aver commesso quella ragazza per essere trattata in questo modo, cosa faceva lei stessa migliore? Ma soprattutto, da dove era uscita? Dall'uovo di pasqua? Una gemella in offerta al supermercato dev'essere difficile da trovare! Le sue dita si intrecciarono nei suoi capelli, coprendole momentaneamente il volto, che a quel tocco, riscoprì essere bollente.
I suoi battiti non davano segno di voler rallentare il loro ritmo, mentre sentiva ancora su di sé gli occhi della sua sosia.

« Tu..» la sua voce uscì distorta dalle sue labbra, il che fu quasi un piacere, ora persino qualcosa di "diverso" le sembrava ad un tratto appetibile « ... sapresti esattamente spiegarmi chi *diamine* sei? » una nota di rabbia si disperse in quella melodia di dubbi sotto forma di parole, perché se c'era una cosa che Alice non sopportava erano le incertezze e fino a quel momento ci stava navigando, anzi, stava affondando in quel mare di domande a cui non era ancora riuscita a dare una risposta.
Quindi fece quello che le riusciva meglio, sfoderò il suo sorriso migliore, e, cercando di rialzarsi, si rivolse nuovamente alla giovane:
« Io e te, adesso, dobbiamo assolutamente parlare »
Perché Alice era fatta così, per quanto gli ostacoli fossero alti, lei li avrebbe superati, sorridendo loro, e a prescindere dal fatto che la sua copia carbone fosse buona, cattiva o solo una vittima, sbatterla al muro non avrebbe risolto nulla, e non era da lei. Sarebbe partita con la diplomazia, e la gentilezza; un po' di luce in quella tenebrosa storia che, da inguaribile ottimista qual era, sapeva non avrebbe mai fatto del male a nessuno, tanto meno alla ragazza, incatenata a pochi passi di distanza da lei.

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La sorpresa colse alla sprovvista la Corvonero dai capelli corvini.
Una gemella - o quello che poteva essere - mai se la sarebbe sognata davanti a sé, eppure era lì.
Che ci fosse da dubitare della bontà d’animo dei suoi genitori? Che in realtà fossero delle persone che davano un’altra tipologia di “amore” a quella ragazza?
Questo la giovane non lo poteva sapere, tuttavia, poteva iniziare a dedurre perché diamine lei fosse fuori da quel posto mentre quella ragazza si trovava lì dentro, incatenata.
Che fosse un mostro? Che dietro quella pelle olivastra si nascondesse un essere di pura malvagità?
Ad occhio e croce non sembrava così, non sembrava essere una persona “cattiva” o con chissà quali capacità magiche, piuttosto l’apparenza dava modo di pensare che fosse timorosa e spaurita.
Gli occhi color nocciola di Alice osservavano con curiosa rabbia quelli della ragazza di fronte a lei mentre provava a dosare le sue parole per ottenere maggiori informazioni.
Erano identiche, in tutto e per tutto. Se non fosse stato per il vestito, si sarebbe potuto dire che erano la stessa identica persona.

Le domande aleggiarono nell’aria senza avere nessuna risposta. Gli occhi della sconosciuta, oramai gonfi di lacrime, sembravano voler dire alla ragazza qualcosa che però non veniva a galla.
Cosa doveva fare? Era il caso di proseguire quel gioco? E se qualcuno l’avesse colta in flagrante come si sarebbe comportata?
Stava rischiando tanto Alice stando lì e forse se ne rendeva conto; doveva sbrigarsi.






Alice Lastrange

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Alice Lastrange
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Le sue domande rimasero senza risposta e le sue parole svanirono nella penombra di quella grotta, senza far altro che terrorizzare ancor di più il riflesso di se stessa che aveva di fronte a se. Non vi sarebbe stata risposta da parte sua, non al momento almeno, eppure il suo viso raccontava qualcosa di terribile, seppur in modo sfocato. Non riusciva a togliersi dalla testa tutte le domande che voleva porgli e più il silenzio cresceva tra loro due e più le sembrava di trovarsi davanti ad uno specchio inanimato. Voleva fosse solo uno specchio, un enorme specchio che mostrava una realtà fittizia, ma era lì, li davanti ai suoi occhi e non poteva più ignorarla.
I secondi scorrevano veloci, e temeva che qualcuno potesse giungere da loro, soprattutto dopo il casino che aveva combinato prima di arrivare li, ma cosa fare adesso? Era giusto liberarla?
Poi si fermò...che razza di domande erano quelle, non poteva mai lasciare una ragazza li, e non era certa che fosse qualcuno della sua amatissima famiglia ad averla imprigionata in quella grotta, era suo dovere farla uscire. E si, liberare gente in luoghi sperduti non le aveva mai portato vantaggio, ma per una fanatica della verità anche rimetterci la vita sarebbe stato un prezzo adeguato pur di dare una risposta a tutte quelle domande che le affollavano la testa.
Osservò attentamente la catena che il suo clone aveva al piede, sembrava una comune catena, ma l'aspetta non le vietava di essere incantata. La afferrò in modo da tenerla ben distesa davanti a se
« Non so se mi comprendi, ma, ti prego, cerca di non muoverti, non voglio farti del male » i suoi occhi si rispecchiarono in altri identici ai suoi, mentre parole dolci cercavano di tranquillizzare la ragazza a cui decisamente non voleva graffiare parti del corpo a caso. La sua mano impugnò saldamente la bacchetta, cercando di puntarla esattamente in direzione della catena che vincolava la libertà della sua gemella. Quando si sentì pronta, pronunciò con decisione la formula, che, sperava avrebbe tagliato di netto la catena: «Diffindo»
Se ci fosse riuscita, allora la ragazza sarebbe stata libera di muoversi, e chissà quale reazione avrebbe avuto di fronte a tale evento, Alice avrebbe dovuto scacciare via la paura e affrontare qualsiasi risvolto di quella situazione e prendersi tutte le sue responsabilità, ma per allora, la prima cosa che avrebbe cercato di fare era prendere la mano di quella ragazza e correre via da li, in un posto più sicuro, magari all'aperto, dove poter fintamente ascoltare la sua voce.


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L'ennesimo tentativo di Alice fallì.
Provando ad eseguire sulle catene il Diffindo, la ragazza, non ottenne il risultato sperato.
Si sentì un forte rumore metallico, ma nulla di più, nulla accadde oltre a ciò.
La ragazza davanti a lei, osservandola con occhi languidi provò ad aprire la bocca, ma non disse nulla.
Cosa stava succedendo lì? Prima aveva sentito chiaramente la sua voce, ora non riusciva a percepirla, cosa diamine stava succedendo?
Le lacrime iniziarono a scendere visibilmente sul volto della ragazza.
Dalle macchie sulle braccia sembrava che fosse stata anche maltrattata, probabilmente picchiata.
Ma chi poteva essere stato a farle questo? Chi diamine poteva averle fatto tutto ciò?
Alice doveva sapere, doveva scoprire qualcosa, avere dettagli.
L'unico modo era parlargli? Veramente serviva questo per cavare un buco dal ragno? O aveva un'altra possibilità? C'era per caso un'ultima pazza risorsa a cui poteva attingere la ragazza?
La voce l'aveva sentita, il lamento pure.
L'aveva percepita la presenza di quella ragazza fin da prima di entrare nella grotta.
Era così oppure no?
Ora la Corvonero doveva ragionare, capire e riuscire, altrimenti tutto quel tempo lì sarebbe risultato vano.




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Nulla, assolutamente nulla, non era successo dannatamente nulla. Come era possibile? Perché ogni suo tentativo di risolvere quella situazione falliva miseramente? Cosa stava sbagliando? La Corvonero avrebbe voluto gridare a squarciagola, dare di matto, buttare per terra qualunque cosa le fosse capitato a tiro, ma non poteva. No, non poteva lasciarsi prendere dalla rabbia ne lasciare nulla al caso. Eppure l'aveva sentita, la sua voce l'aveva guidata come una sirena attira il folle marinaio, e lei lo era, o almeno lo stava per diventare, estremamente folle.
La sua testa era un caos, un groviglio di emozioni, perplessità e dubbi. Doveva svuotare la mente, doveva farlo immediatamente o non sarebbe mai venuta a capo di quella situazione.
Si sedette dinanzi alla copia di se stessa, dandole il giusto spazio, incrociò le gambe, chiuse gli occhi e respirò.
Respirò, lentamente.
Molto lentamente.
I suoi pensieri gradualmente cercavano di trovare il loro posto, e la sua mente stava tornando alla normalità, serena quanto le sarebbe bastato per cercare una soluzione per lo meno accettabile. Respirò profondamente ancora una volta e quando si sentì pronta riaprì gli occhi.
La sua mente era aperta e serena, pronta per fare quello che più sapeva fare: leggere tra le righe.
Osservò nuovamente la sua ipotetica gemella, il suo volto trasudava paura, e la sua pelle era segnata da lividi. Evidentemente era stata maltrattata, ma questo poteva dedurlo solo da come si presentava il luogo in cui l'aveva trovata. La vera domanda era: Perché? Doveva procedere per gradi, se per lei doveva essere stato uno shock chissà per l'altra cosa poteva aver significato la sua apparizione.
Alice era triste, non sapeva se faceva bene o meno, ma qualunque cosa avesse potuto fare quella ragazza, non meritava certo questo. La giustizia esiste per un motivo, o libertà o Azkaban, non potevano esistere vie di mezzo.
Quando lacrime copiose cominciarono a rigarle il viso, non stentò a credere quanto potesse essere difficile per lei parlare, Alice stessa in quel momento avrebbe faticato a farlo consapevole che avrebbe ceduto anche lei alle lacrime.
Eppure era sicura fosse proprio la sua voce ad averla guidata fino a lì, perché adesso non riusciva nemmeno a dirle il proprio nome.
Adagio, iniziò ad avvicinarsi a lei, i suoi occhi bramavano il contatto visivo, aveva bisogno di vederla realmente. Le sorrise, un sorriso dolce, che sperava potesse tranquillizzarla nonostante non poteva nemmeno lontanamente immaginare cosa poteva aver passato, ma ora lei era lì e voleva proteggerla.
Non sapeva per quale ragione, forse perché era praticamente identica all'immagine che ogni mattina ritrovava allo specchio, o per la situazione in cui l'aveva trovata. Sapeva che spesso non tutto è come ci sembra inizialmente, però doveva pur cominciare da qualcosa.

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Quella storia sembrava non finire mai.
Alice aveva parlato ad Alice? Le aveva detto qualcosa? Avevano comunicato? Si erano trasmesse qualche informazione?
Vista da fuori quella storia poteva rasentare la follia. Da una parte, si vedeva lei parlare alla sua gemella, evidentemente maltrattata, dall'altra lei parlava a se stessa convinta di aver comunicato con la ragazza, la quale non aveva proferito alcuna parola.
Tutto ciò era un mistero. Un mistero misto paura e tristezza, di incredulità e sconforto.
Proprio mentre ciò che accadeva pareva crollare sulle spalle della Corvonero, qualcosa accadde.
Per la prima volta in assoluto la ragazza provò a concentrarsi, ad ottenere le informazioni in maniera diversa, con un'energia del tutto nuova.
Fissava il suo specchio in silenzio, cercando di carpire qualcosa, qualcosa che nuovamente non arrivò.

Un altro fallimento? Un altro insuccesso? Assolutamente no.
Per quanto potesse essere assurdo, la ragazza iniziò a percepire un suono vuoto nelle orecchie, un lento rimestarsi di un rumore continuo che forse significava qualcosa.
C'era questo nella mente della persona davanti a lei? Possibile?
La ragazza poteva continuare in quel percorso, su quella strada. Si vedeva che il ferro in quel modo poteva venir battuto, ma doveva capire come fare per migliorare, per risultare maggiormente incisiva.
Troppi rumori, troppi pensieri circondavano la giovane studentessa. Forse doveva fare a meno di loro, lasciarli andare via lontano. Forse doveva fare, pensare e allo stesso non percepire.

Perchè pensare alle volte non porta a considerare.




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«Tutte le cose hanno origine nella mente,
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Ancora una volta, in quell'angusto spazio, regnò il silenzio, ma questa volta fu diverso, c'era qualcosa di diverso in quel nulla che Alice stava percependo, era forse possibile?
Era forse quella la via giusta da seguire?
Non poteva far altro che sperimentarlo a sue spese, quella era l'unica soluzione che non aveva portato ad un aggravarsi della situazione.
Eppure, per quanto ci provasse, la sua mente non riusciva a placarsi del tutto, e forse questo tormentava la ragazza dinanzi a lei. No, entrambe avrebbero dovuto essere il più serene che mai, per quanto possibile. La corvonero aveva più possibilità, non poteva nemmeno lontanamente immaginare quali terribili pensieri potessero passare per la mente della copia di sé stessa.
Le sorrise nuovamente, stando sempre nel più complete silenzio. Agitarsi o gridare, come aveva fatto poco prima, potevano solo peggiorare la situazione. Ma come poteva biasimarsi, segui un richiamo alquanto ambiguo e inquietante, cerchi di capirne l'origine e trovi, legata e maltrattata, la copia carbone di te stessa. Per l'adepta di Priscilla questo era bastato per mandarla completamente in tilt.
Ora però era il momento di concentrarsi. Eliminare, zittire, tutti i suoi pensiero, circondarsi del nulla più assoluto e dar voce di nuovo a quel richiamo che l'aveva attirata fino a li.
Prese fiato, respirando lentamente cercò di rallentare il più possibile il suo battito cardiaco, rilassarsi a tal punto da permetterle di chiudere completamente gli occhi.
Lasciare alle spalle qualsiasi preoccupazione, qualsiasi timore, dubbio o perplessità, doveva eliminare tutto, circondarsi del nulla più assoluto e aspettare.
Tutto ciò che era superfluo veniva lentamente accantonato, lasciando spazio solo al silenzio.
Cercò di eliminare tutto, i rumori esterni, il freddo che percepiva sulla pelle, la sensazione opprimente che quel luogo trasudava. Tutto doveva sparire, nella sua testa doveva esserci soltanto lei.

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view post Posted on 23/4/2020, 20:20
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Il rumore perpetuo si fece sempre più grande nelle orecchie di Alice.
Era un suono ovattato, fatto di pensieri vuoti, inesistenti che continuava a circolare in un loop continuo, irrefrenabile.
Era un mistero per la ragazza che aveva iniziato finalmente a capire che potesse fare di più con il suo pensiero e la sua concentrazione, forse poteva leggere o percepire qualcosa senza che gli venisse proferito.
Era possibile tutto ciò? Era concepibile?
Quello che era certo è che forse qualche suo parente gli aveva già parlato della Legilimanzia, di quella strana e arcana vocazione che solo pochi maghi avevano e di cui si raccontava anche male.
Era un malocchio o una benedizione quel dono? Un fardello o un bene?
La ragazza poteva avvicinarsi ai pensieri di ciò che aveva avanti, ma ancora non riusciva a sbloccare nulla.
Perchè? Cosa c'era che la frenava? Cosa diamine la teneva lontana da quella mente?
Il grande problema era che, oltre ad allontanarsi da ciò che la circondava, doveva approfondire quella esperienza, sviluppare dentro di sè quel passo in più che l'avrebbe portata a rendere suo un dono che per quanto invisibile poteva esistere.
Ci doveva credere, doveva credere nelle sue capacità e andare più a fondo, con convinzione.
Gli occhi di lei si riflettevano in quelli di fronte. Ora o mai più.





Alice, ricordati che è pur sempre un apprendimento, quindi l'utilizzo della vocazione se avverrà, non avverrà in maniera spontanea. Ci deve essere quel quid che fa scaturire il tutto, la scintilla che accende la fiamma.
Mi raccomando, più grinta d'ora in avanti.


Alice Lastrange

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view post Posted on 23/4/2020, 21:41
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Alice Lastrange
«Tutte le cose hanno origine nella mente,
la mente le produce, di mente sono fatte»
Lentamente qualcosa stava venendo a galla, quei rumori persistevano nella sua mente, continui, ma ancora senza nessun senso. Cercava di mantenere la calma, di concentrarsi, voleva farlo, voleva a tutti i costi ricevere informazioni, Alice era li, che attendeva che qualsiasi cosa arrivasse da chissà dove. Eppure c'era qualcosa che non le tornava, se voleva essere ascoltata perché adesso che lei era qui, Alice non riusciva a sentire più nulla? Era possibile che la presenza della corvonero intimorisse a tal punto la ragazza da non voler più mandare più alcun pensiero nella sua testa?
C'era qualcosa che non tornava ai conti. Se davvero era stata lei a mandarle quei suoni, come aveva fatto a sapere che lei era li? Sarebbe stato un grave rischio se ad ascoltarla ci fosse stato qualcun'altro, o magari addirittura il suo aguzzino.
Come poteva quella ragazza aver raggiunto la sua mente, con tanta facilità, se avesse avuto quel potere forse sarebbe potuta anche riuscita a fare qualcosa per salvarsi da quella situazione.
C'era un pezzo del puzzle che mancava.
E se... se non fosse stata la sua copia a mandarle quei segnali? Se in realtà lei non era un semplice "ricettore" utilizzato da qualcheduno che stava giocando con la sua mente? Se fosse in realtà la sua di mente a giocare con lei?
C'era questa abilità, Alice ricordava di averne sentito parlare suo nonno durante un accesa discussione con suo padre. *Andiamo Alice, ricorda* la sua mente era tornata attiva, cercava in tutti i cassetti della memoria quell'evento di qualche anno fa.
*Ricordo qualcosa, papà era arrabbiato, si lamentava di qualcosa, forse più che arrabbiato sembrava irritato. Adoro quando fa così, è adorabile.
Ma non è questo il momento.
Si lamentava, credo si stesse lamentando di un caso che gli era stato assegnato... Ma certo il ladro! Erano settimane che cercava di catturare questo ladro di Manufatti Magici, ma appena la sua squadra era pronta per acciuffarlo quello scopriva l'agguato e scappava con il bottino.
Si, ecco perché me lo ricordo, perché subito dopo il nonno rimproverò il papà come se fosse un bambino di cinque anni*

Alice non trattenne un sorriso, era così piacevole rivivere quei ricordi, così felici e spensierati.
*Se non erro, gli aveva ricordato che c'erano Maghi che erano capaci di utilizzare un particolare tipo di magia, diversa da quelle che di solito si fanno con l'utilizzo della bacchette, e che solo chi nasceva con tale disposizione poteva utilizzarle. L'aveva chiamata Legilimanzia*
Possibile che Alice fosse nata con il dono di poter leggere nella mente di un altra persona e che proprio quel giorno, per la prima volta, quel potere avesse deciso di risvegliarsi in lei?
Stentava a crederci, ma poteva anche essere vero.
Era quindi per questo che, nonostante si sforzasse a lasciare la mente libera, nulla arrivava, perché non era lei a dover aspettare, lei doveva agire, cercare di intrufolarsi nella mente della ragazza china davanti a lei.
Poteva farcela, anzi, doveva farcela.
Tornò nuovamente a concentrarsi, il silenzio doveva scacciare tutte le sue perplessità, doveva eliminare tutto, focalizzare la sua attenzione interamente al suo obbiettivo, e, guardando quegli occhi così simili ai suoi, doveva cercare di entrare nella sua mente, nella mente di quella ragazza per trovare finalmente tutte le risposte che da tempo stava cercando.


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view post Posted on 26/4/2020, 17:27
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Era assurdo come i pezzi di puzzle arrivassero ad incastrarsi da soli.
Dopo tanto tempo, nascosti chissà dove, vennero trovati nella mente e ricollocati nel punto dove dovevano essere.
Riprendendo una digressione paterna passata, la Corvonero, pensò alla Legilimanzia, a ciò che poteva essere che si celasse nella sua mente quindi provò, nuovamente.
Osservando gli occhi della giovane non trovò altro che il rumore sordo di sempre, il solito e costante rimbombo che alla fine si concluse con una semplice parola:


«Riddikulus»

Il volto della giovane legata divenne improvvisamente imbarazzato quando si trasformò nella figura del suo nonno materno mezzo nudo, con addosso solamente un semplice grembiule su cui vi era scritto "Muy Guapo".
In quel momento, la concentrazione della ragazza era svanita del tutto, colta in flagrante da tante domande e poche risposte.
Che era successo? Chi si trovava in quel luogo? Chi aveva svolto quella magia?
Non appena si girò, la giovane ragazza si trovò dinanzi a Andrew, suo padre.
Era come se con il suo pensiero lo avesse chiamato e portato a sé quando in verità la realtà era un'altra, lui era sempre stato lì.
Cercando di fare un leggero sorriso alla ragazza, avvicinò le sue mani al suo viso per dirgli:


«Lo sapevo, piccola mia.»

Lui sapeva? Cosa sapeva?
L'incredulità era alle stelle, le domande se prima erano tante, ora erano sicuramente di più e si aggrovigliavano tra di loro in una grande complessità difficile da descrivere, ma molto più facile da intuire.
Quando parte del terrore era scemato, l'uomo dagli occhi color ghiaccio osservò la figlia e proseguì a parlare:


«Possiedi il suo stesso dono, possiedi lo stesso dono di tua madre. Leggi la mente alle persone. Dimmi, prima mi hai sentito?»

Fu in quel momento che la giovane capì da chi proveniva quella voce, di chi fosse quel lamento, ma ancora non aveva chiaro il perchè quello fosse il suo molliccio.
Perchè se la immaginava conciata in quel modo? Perchè la ipotizzava incatenata con degli stracci addosso?
Il volto dell'uomo era triste, abbattuto. Aveva la faccia malinconica, ma sembrava non voler piangere, non davanti sua figlia.
Prendendole le mani la fece poggiare su di un sasso, vicino dove poco prima c'era lei, poi suo nonno. Il molliccio era sparito, umiliato per la denudazione e poco importava al momento.


«Leggimi la mente. Fallo ora.»

Disse alla figlia.
Sembrava più una disperata richiesta che un ordine, un modo come un altro per mostrargli qualcosa che non sapeva dire a parole o per meglio dire non voleva dirle a parole.
Ora Alice doveva continuare a fare quello che aveva fatto fino a quel momento. Ora aveva una persona davanti e sicuramente qualche risultato lo avrebbe ottenuto.



Alice Lastrange

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