La sensazione della presenza di sua madre nella sua mente si era fatta viva troppo tardi, non si era reso conto subito di che effetto potesse fare un’intrusione mentale. Fu come se un fiume limpido e cristallino fosse stato inquinato dal catrame, il che fece salire la nausea al rosso.
La prima esperienza fu talmente rapida da non aver quasi lasciato tempo ad Aiden di realizzare il tutto, dalla
presenza alla percezione della lettura e quindi di aver fallito. Sua madre forse aveva cercato di dargli un piccolo assaggio, ma non gli aveva permesso di capire bene come comportarsi, di scoprire la giusta dinamica sul come ribellarsi a quella intrusione.
Aveva teso i muscoli per tutto il tempo e aveva preso a sudare, le vene delle tempie che pulsavano pericolosamente. Quando non avvertì la sensazione di “
sporco” nella mente, Aiden si rilassò sulla sedia e prese a respirare a pieni polmoni. Era davvero stato come il catrame gli fosse entrato nella bocca e nelle narici, lasciandogli uno strano sapore in bocca, incapace di definire se fosse realmente la sensazione della percezione del catrame o dei primi conati di vomito. Sua madre, dopotutto, glielo aveva detto che avrebbe potuto vomitare.
Si allentò la camicia di qualche bottone e fece profondi respiri, mentre fissava sua madre con lo sguardo ferito per quel rimprovero. «
Avresti dovuto insistere e darmi maggior tempo per capire come cacciarti via!» sbottò adirato.
I lineamenti che si erano induriti nel dire tali parole, si rilassarono nel momento in cui sua madre gli porse il calice di vino. Fissò per qualche secondo il contenuto, poi sua madre, un sopracciglio alzato, mentre la ascoltava. «
Uhm, un po’ come essere ubriachi?» domandò, confuso.
Essere
inconsistente era una sensazione che si aveva da ubriachi -
pesantemente ubriachi - in cui la mente era offuscata, leggera come l’aria, incapace di sviluppare pensiero alcuno. Sua madre gli stava forse lanciando indizio su come comportarsi, oltre che a sfruttare le indicazioni che gli stava dando in maniera
diretta?
Bevve il vino tutto d’un fiato e fece una faccia schifata. Ora avvertiva sia l’acidità del vino sia la sensazione del vomito. Era orribile, da far schifo!
Le porse il calice e si passò un dito sul mento per asciugarsi una goccia che gli era sfuggita, mentre fissava sua madre con il petto che si alzava e abbassava ancora per l’esperienza appena vissuta. Sembrava avesse corso per miglia e miglia, eppure era sempre stato seduto.
«
Questa volta devi insistere. Non m’importa se vomiterò l’anima o perderò i sensi per lo sforzo. Devo capire la tecnica e non ho alcuna intenzione di appellarmi alla tua clemenza! Il nemico non riposa e nemmeno io!» Era caparbio e determinato, mai avrebbe gettato la spugna davanti alla minima difficoltà, ma si sarebbe intestardito fino a quando non sarebbe riuscito ad ottenere ciò che voleva. Aiden Weiss poteva essere molte cose, ma di certo non uno che se ne andava con la coda fra le gambe, piuttosto qualcuno che lottava fino allo stremo per raggiungere i propri obiettivi, con le zanne e con gli artigli.
Si accomodò meglio sulla sedia e fissò gli occhi della madre. «
Non mi illudo... io insisto finché non ottengo ciò che voglio!» ribatté con asciuttezza. Forse sua madre aveva ragione, probabilmente non ci sarebbe riuscito subito, ma tanto valeva tentare e ritentare fino a riuscirci. «
Resterai fuori, prima o poi...»
Poi accadde di nuovo.
Sua madre entrò e la sensazione del fiume sporco, inquinato dal catrame, si fece di nuovo sentire. Per Aiden fu uno strazio, ma anche uno stimolo per combattere, per farlo cessare il prima possibile…
▼▼▼
Il bianco che regnava nell’Infermeria di Hogwarts rendeva l’atmosfera fin troppo brillante per gli occhi di Aiden. Troppo luminoso, tanto da ferirgli gli occhi appena riaperti da quella lunga convalescenza.
La partita di Quiddich, Grifondoro contro Serpeverde, si era conclusa da tre giorni e Aiden era disteso su un lettino con diverse costole fratturate e la zona sotto l’occhio sinistro interamente pestata e con una lacerazione che gli avrebbe lasciato una piccola cicatrice per il resto della sua vita.
Tutta colpa di suo fratello Richard, che aveva preso la mazza da Battitore da un suo compagno e lo aveva travolto a tradimento con un Bolide, disarcionandolo dalla scopa e facendolo precipitare, la cui corsa verso il basso venne rallentata da una serie di schianti contro il palo di uno degli anelli di Grifondoro. L’arbitro doveva sicuramente aver contribuito ad evitare che Aiden si riducesse ad un budino, perché sarebbe stato un miracolo essersela cavata con solo un paio di costole rotte e non l’osso del collo.
Disprezzo. Un profondo disprezzo verso Richard, il fratello con cui era impossibile avere un normale rapporto, quel fratello che fin da quando era nato lo aveva sempre odiato a causa di una gelosia che considerava irrazionale.
Si accorse all’ultimo di avere Lena e Ophelia lì con lui, a tenergli compagnia, ma non c’era Sam… «
Sorelline...»
mormorò a mezza voce, stanco e dolorante. «
Dov’è Sam?»
Entrambe gli stringevano le mani, per confortarlo, ma fu Ophelia a rispondere, con aria grave. «
E’ andato in Guferia a spedire una lettera a mamma e papà, devono sapere… Ho come il presentimento che con questo atto Richie si beccherà una bella punizione.»
E storse il naso. Era evidente che Ophilia provasse disappunto. «
E lui dov’è ora?»
Questa volta fu Lena a rispondere, il viso contratto dalla rabbia. «
Con Peverell. Ma la punizione del professore è niente in confronto a quella che gli daranno mamma e papà...»
«
E’ la mia che deve temere!»
▼▼▼
Aiden si agitò nella sedia. Sua madre non avrebbe dovuto vedere il seguito del ricordo, non avrebbe dovuto vedere cosa
aveva fatto a Richard. Ne sarebbe rimasta delusa, molto delusa, eppure poteva essere comprensibile visto il rapporto che c’era tra loro dopo l’episodio del circo. Non che Aiden non avesse provato ad amare suo fratello nonostante tutto, ma da adolescente il fulvo era sempre stato impulsivo e ciò che era accaduto quel giorno in Infermeria aveva spinto Aiden a vendicarsi.
Si concentrò, raccolse tutta la propria forza di volontà e determinazione e si preparò a cacciarla via. Adesso era più deciso che mai a volerla fuori, non volendo arrecarle un’altra delusione.
La mente di Aiden era come un Tempio e andava difeso. Se la presenza di sua madre era come del catrame versato nel fiume, allora quel fiume attraversava il Tempio e andava ripulito. Solo così avrebbe mantenuto puro e inviolato il suo Tempio.
Si focalizzò sul fiume, in particolare l’acqua. L’acqua doveva spingere via il catrame dalla parte opposta e allontarnarlo dal Tempio, di conseguenza avrebbe dovuto allontanare sua madre. In quell’acqua vi infuse tutta la sua forza e la sua potenza, poi prese a spingerla, per direzionarla e per tentare di generare una forte corrente mirata a mandare via sua madre.
Spinse e spinse sempre più forte, sperando di riuscire a mandarla via…
▼▼▼
Le porte dell’Infermeria si aprirono ed entrò Richard, un ringhio selvaggio stampato sulla faccia. Non ci voleva un genio per capire che era furioso, per la punizione ricevuta, ma anche perché pochi secondi dopo entrò pure Samuel che lo afferrò per la collottola e trascinò il secondogenito Weiss fino al lettino di Aiden. «
Di tutte le cattiverie che potevi attuare nei confronti di Aiden, questa è quella che avresti potuto risparmiarti!»
L’urlo di Sam rimbombò e Richard venne mollato in malomodo. «
Questa volta non ti coprirò dalla furia di mamma. Questa volta te la meriti tutta, Richie!»
Il dito del maggiore dei Weiss si mosse con assoluto rimprovero, come era giusto che fosse. Era compito di Samuel tenere i fratelli minori in riga quando i loro genitori non c’erano.«
Bah! Non so di cosa ti lamenti, Sam. E’ vivo, respira. Il Quiddich è uno sport, lo sanno tutti. Di cosa di stupisci? Gli incidenti capitano.»
Le parole di Richard erano superficiali, come sempre. Minimizzava ogni cosa e le sue giustificazioni era insignificanti, come se realmente non gliene importasse se venisse creduto o meno.«
Incidente? Tu questo lo chiami incidente? Richard, tu lo hai colpito di proposito, volevi che finisse in quel modo!»
Lena non era mai stata così arrabbiata, ma era chiaro che avesse visto tutta la scena dagli spalti e avesse interpretato l’atto di Richard come un tentativo per sbarazzarsi di Aiden.
Questo provocò nel fulvo un cambio di emozioni e sentimenti verso il fratello più grande. Se prima si era sempre sforzato di comprendere Richard, di amarlo nonostante le angherie e i rancori nei suoi confronti, ora lo disprezzava a tal punto che poteva essere paragonato all’odio. E i suoi genitori non avrebbero mai voluto che i loro figli si odiassero.
Aiden scattò, impetuoso, saltando fuori dal lettino nonostante una fitta alle costole per poco non gli tolsero il fiato e lo costringesse a crollare per il dolore intenso. L’adrenalina, la rabbia, erano alle stelle, ormai non ci vedeva più e la sola cosa che gli importava era arrecare danno a suo fratello.
Nemmeno si accorse dei vani tentativi delle sorelle di afferrarlo per la veste e trattenerlo. Vide solo Samuel tentare di frapporsi fra lui e Richard, ma anche lui aveva agito troppo tardi: Aiden era già addosso al fratello, il pugno pronto ad abbattersi contro quel suo ghigno perfido…▼▼▼
La presa sulla sedia si fece più forte e le nocche sbiancarono. Era uno sforzo immane, a livelli estremi, tentare di riuscire nell’impresa. Sentiva ogni fibra del proprio corpo urlare, la Bestiolina che risiedeva dentro di sé ringhiare di rabbia.
Voleva sua madre
fuori da quel groviglio di ricordi! Subito!
Inarcò la schiena e urlò di rabbia, mentre imprimeva la propria forza ed essenza in quell’acqua che avrebbero dovuto travolgere la mente della madre e indurla ad uscire.
Grondava di sudore, lo sentiva, perfino che gli scendeva dal naso. Ammesso che si trattasse realmente di sudore. Ma le proprie condizioni fisiche non erano niente in confronto a quanto stava sentendo nella mente, dalla disgustosa sensazione di sporco a livello nauseanti.
Voleva solo che finisse, che il fiume fosse ripulito… Perciò non lasciò la presa, l’acqua era il suo target, doveva solo modellarla per spingere via sua madre. Nient’altro contava, solo l’acqua.
▼▼▼
Uno, due, tre pugni. Il braccio di Aiden si mosse con rapidità mentre con l’altro cercava di privare a Richard qualsiasi protezione. Voleva davvero cancellare quel ghigno dalla sua faccia, fargliela pagare per aver cercato di ucciderlo.
Voleva fargli male sul serio, desiderava fargliela pagare per tutto, per ogni atto meschino nei suoi confronti e che fino a quel momento gli aveva perdonato. Per un atto del genere non c’era perdono, nemmeno con la scusa della sportività. Non gliene importava delle conseguenze, era sicuro che sarebbe riuscito a farla franca con l’aiuto degli altri suoi fratelli.
Chi avrebbe mai creduto alle parole di Richard dopo quanto aveva fatto?
Riuscì a fargli male, a fratturargli il naso e a rompergli un dente. Solo al quel punto, quando vide il tanto agognato rosso, si fermò. Aiden aveva il fiatone e teneva Richard inchiodato a terra, una mano sulla gola per trattenerlo. «
Fino adesso ti ho perdonato tutto e ti ho amato come i nostri genitori hanno sempre voluto… Però ora basta! La mia pazienza ha un limite, Richard, e tu l’hai superato! Questa non te la perdono e non aspettarti che dimentichi, perché non lo farò!»
Ci fu uno sputo, evidenziando il palese disgusto nei confronti di Richard, che partì dalla bocca del rosso. «
Mi disgusti! E adesso tu uscirai di qui, aspetterai un'ora e poi tornerai e dirai all'infermiera che sei caduto sui gradini. Mi hai capito, idiota?»
La presa sul collo aumentò, minaccioso, tanto per far capire a Richard che non stava scherzando.
In tutta risposta, Richard annuì e si ribellò dalla sua presa, come un ratto che tenta di sfuggire dalle grinfie di un gatto. Aiden lo lasciò andare, stufo e dolorante per tutto quel suo strafare, sotto occhi increduli degli altri fratelli. «
Nessuno dirà niente di quanto è successo, intesi?»
E si girò nel dirlo. Il fratello e le sorelle annuirono, sotto shock da tutta quella violenza improvvisa uscita dal calmo ma ribelle Aiden.
Sebbene il suo sguardo dicesse il contrario, che era furioso, Aiden provava un solo sentimento in quel momento… Pentimento…▼▼▼
Picchiare Richard si era rivelato utile nell’evitare che si ripetesse di nuovo, ma non risparmiò ad Aiden le violenze psicologiche dal fratello maggiore. Tuttavia si era sempre pentito del gesto: un po’ perché non amava essere violento, ma essere gentile, e un po’ perché nonostante tutto rimaneva suo fratello e gli insegnamenti ricevuti dai genitori lo avevano reso la persona che era. Aiden era buono, forse suscettibile all’ira, ma buono… E amava suo fratello in ogni caso. Lo disprezzava, sì, ma lo amava. Erano dello stesso sangue, partoriti dalla stessa madre, con il nome dello stesso padre.
Bastava tutto ciò ad Aiden...
Urlò di nuovo.
Se il Fato era clemente con lui avrebbe impedito a sua madre di assistere al finale del ricordo, premiando lo sforzo di Aiden.
Aiden era l’acqua e l’acqua era Aiden. Doveva solo sperare di aver ripulito la mente dalla presenza di sua madre.