L'opprimente presenza di sua madre non sembrò vacillare. Anzi, era più viva che mai, ma per lo meno diede modo ad Aiden di percepirla per quello che realmente era. La mente di sua madre era come un velo che, garrito dal vento, voleva avvolgersi in maniera salda e ferrea attorno alla sua, come in una morsa pericolosa, lasciandolo intrappolato.
I suoi strani
esperimenti nel volerla cacciare via risultarono
ancora una volta infruttuosi. Nulla di ciò si era dimostrato utile quanto adeguato per contrastarla, anzi, lei si era insinuata ancora più a fondo dentro di lui, in quel labirinto mentale. Tuttavia, Aiden era conscio che lei fosse maestra nella sua disciplina e che lui, inesperto, ai primi tentativi, non avrebbe potuto fare niente.
Si era impegnato e, sebbene sua madre non ne fosse molto convinta, lui la fissò con severità, gli occhi blu che lanciavano saette in ogni direzione. Era ovvio che fosse adirato per quella provocazione, si era spinto fino all’estremo nonostante il palese buco nell’acqua e questo gli bruciava l’animo fino al midollo.
«
Molto bene...» sibilò stendendo le labbra in una linea sottile. «
Basta esperimenti, farò a modo tuo...»
Era stanco, glielo si leggeva in faccia, senza considerare che era parecchio sudato e piegato in due sulle ginocchia, come se avesse corso per miglia e miglia. Da uno spiraglio della camicia, lì dove i bottoni si erano tolti perché troppo lenti durante quei momenti in cui aveva teso ogni muscolo del corpo per lo sforzo, fecero capolino il ciondolo argentato raffigurante una testa più o meno geometrica di una volpe e un pesante anello con le fattezze di un lupo, anch’esso in argento, che un tempo era appartenuto a suo padre.
Se sua madre fosse stata attenta a ciò, se avesse riconosciuto l’anello, prima che Aiden potesse prontamente rimetterlo dentro la camicia, allora avrebbe certamente voluto scavare nella mente di suo figlio per scoprire come l’aveva ricevuto ed era proprio ciò a cui stava pensando…
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«
Aprilo. Sono cose tue, di questo sono sicuro.»
furono le parole di incoraggiamento di Murtagh dopo avergli consegnato la scatolina di latta impacchettata in malomodo.
Lui non seppe cosa pensare, tranne che mancava il biglietto stropicciato come avevano visto nel ricordo.
Lentamente, e con mani tremanti, Aiden prese il pacchetto e tolse la carta prima di aprire la scatolina di latta. Ciò che trovò dentro fu sconcertante, quasi gli esplose il cuore.
L’anello di suo padre, il massiccio anello d’argento con la testa di lupo, uno di quegli effetti personali con cui suo padre non si separava mai era lì, tra le sue mani. Si era sempre domandato che fine avesse fatto in tutti quegli anni, se gli era stato rubato o lo avesse perso. Invece era lì ed in ottime condizioni.
Ma fu il ciondolo a forma di volpe, sempre in argento, a rompere in mille pezzi il suo forte autocontrollo e a gettarlo nella disperazione più totale. Si ritrovò a piangere come un bambino, come il giorno in cui gli avevano dato la triste notizia della morte di suo padre.«
Sapeva che ce l’avrei fatta, che sarei diventato Auror...»
singhiozzò, stringendo la scatolina. «
E che sarebbe arrivati a me! Murtagh… Non sono degno del suo anello! Non ancora! Devo ancora guadagnarmelo!»
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Sua madre aveva agito proprio nell’istante in cui aveva pensato a Murtagh Rose e al giorno in cui l’aveva incontrato al Quartier Generale, di come non si era fidato di lui subito, temendo il peggio, ma per poi venire a sapere da lui molte cose su suo padre. Proprio in quell’occasione aveva ricevuto il regalo lasciatogli dal padre, il ciondolo e l’anello.
Se Richard avesse saputo dell’anello avrebbe ucciso per esso, questo sua madre lo sapeva di certo se si fosse accorta dell’oggetto ormai in possesso del terzogenito.
Il timore di venire meno alla promessa fatta a Murtagh di mantenere il riserbo fu micidiale. Aiden tremò nella sedia quando avvertì la presenza di sua madre nella mente. Se prima non aveva l’imput giusto per resisterle, adesso di sicuro aveva un motivo per combattere fino alla fine, con ogni fibra del suo essere.
Sua madre gli aveva suggerito di appellarsi a qualcosa che placasse il suo stato d’animo, che lo facesse star bene, che gli conferisse la
pace di cui aveva tanto bisogno.
Si aggrappò quindi al ricordo di suo padre, alla sua figura, ma quello che la sua mente riuscì ad ottenere fu più l’ombra di un fantasma con le fattezze del genitore. Anche solo vedere i lineamenti di suo padre gli regolò il respiro e lo fece calmare. Non era più spaventato, era in
pace con sé stesso. Chiuse gli occhi per rilassarsi ancora di più.
Le emozioni vennero però azzerate quando il fantasma mutò in un candido lupo bianco, il
lupo buono che anche lui aveva scelto di nutrire e di essere, piuttosto che abbracciare il lupo nero, il
lupo cattivo. Alla fine gli insegnamenti di suo padre avevano dato i suoi frutti, in un modo o nell'altro.
Aiden fece un respiro profondo e lasciò che il lupo bianco facesse il resto, mentre lui si lasciò colmare dall’Oblio, arrivando a non pensare a niente, solo a mantenere quella pace e a desiderare che sua madre rimanesse a mani vuote questa volta. O almeno era ciò che si augurava, ciò che sperava di aver ottenuto.
Riaprì gli occhi. Voleva vedere la reazione di sua madre, voleva sapere se era riuscito a tenerla fuori oppure se aveva fallito. Mantenere la pace di sé stesso non gli dava la sicurezza effettiva di poterla ancora percepire nella sua mente, o così credeva lui.
Era tutto un
forse, solo lei poteva dirglielo.