La pioggia di Novembre, Concorso a Tema: Luglio 2017 || Autoconclusiva

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Ðrea
view post Posted on 19/7/2017, 00:09




drea isla mcneil
11 - HALF-BLOOD - GRYFFINDOR
« I'M FLOWING IN BLACKWATER »

PS: 100 || PC: 50 || PM: 50 || PE: 1
Le era sempre stato caro il concetto di entropia: il continuo e inarrestabile disordine che si formava nell'universo. Una valanga che cresceva alimentata dai gesti avventati, parole che non si volevano dire o semplicemente da cose prive di senso e inopportune. Ma il caos e il disordine come l'energia non si creano né si distruggono. Sono il risultato di anni di errori e di sbagli che si riversa come un'onda su tutto quello che incontra. Con una sola e semplice definizione cercava di giustificare in qualche modo quando tutto andava storto, semplicemente quando non seguiva i piani da lei prestabiliti, ma era solo un modo palese per scaricare le colpe su un'entità astratta invece che su sé stessa.

Tutto era normale quella mattina di Novembre: Drea respirava ancora, il suo cuore continuava a battere la solita alternanza monotona di sistole e diastole, il suo cervello funzionava a dovere e i suoi arti non avevano acquisito volontà propria. Con gli occhi sgranati era rannicchiata in posizione fetale sotto la calda coperta, da fuori proveniva il ticchettare sommesso della pioggia che si scontrava contro le fredde finestre del castello. La nebbiolina si estendeva all'orizzonte coprendo indistintamente le cime verdi della Foresta Proibita e lo specchio scuro del Lago Nero, banchi di nuvole grigie viaggiavano vorticosamente seguendo il vento. E la sua arruffata testolina castana sbucava da sopra la coperta, con gli occhi cisposi e assonnati mentre la luce fredda del giorno entrava dalla finestra. Disordine. Tanto disordine. E non era assolutamente da lei. Volumi colorati, riviste e pergamene ingombravano i piedi del letto e buona parte della scrivania. Un tornado era appena passato nella Torre Est. Zero superstiti. Rotolò su un fianco mentre con l'aiuto di un braccio si accingeva a coprirsi. Il tonfo sordo di libri che cadevano a terra ed il frusciare di un paio di ali la costrinsero ad abbandonare il suo luogo di calda felicità per scontrarsi con la dura realtà; lentamente aprì la finestra e uno spiffero crudele di aria gelida penetrò nella stanza. *Hemingway, stupido Hemingway.* Il vecchio gufo reale le rivolgeva una delle sue solite occhiate glacialmente rassicuranti. Ricambiò mentre con la mano ficcata nell'intercapedine tra finestra e finestra cercava a tentoni la missiva da casa. Il gufo di tutta risposta le beccò la mano vista la sua poca grazia nei suoi confronti. Tirò più forte e il volatile virò in aria senza neanche aspettare una sua ricompensa, che sicuramente non sarebbe arrivata vista la vivace razione del pennuto. *Figlio del Demonio, che cosa ci fai qui il sabato mattina?* Hemingway le ricordava una della tante lezioni di galateo impartite dalla zia, sorella della madre. La piccola doveva diventare una sottospecie di “Lady-Mezzosangue”, una bambola di porcellana sorridente e cordiale e che se osava avere modi troppo bruschi veniva sgridata, appunto come quella mattina dal pennuto. Provavano un odio reciproco, di quello immotivato e che dura per anni. Era una certezza quasi come che il sole sorge ad Est e tramonta ad Ovest. Il segno del becco diventò subito rosso, con il pollice e l'indice reggeva la missiva asciutta, sicuramente grazie a un Impervio castato ben bene dalla zia, non voleva leggerla perché all'interno non avrebbe trovato nulla di interessante. Portò l'arto dolorante al labbro e cominciò a vagare per la stanza alzando qua e là gli oggetti di sua appartenenza disseminati sul pavimento. Dal disordine si genera altro disordine. Anche pulire è un metodo per creare nuovo disordine. Sistemate le sue cianfrusaglie, tra cui il volantino di una divinatrice a Soho e che cosa ci faceva lì lo sapeva solo Merlino, si preparò per uscire.

Con il permesso rigorosamente firmato dai suoi genitori, Drea si diresse ad Hogsmeade; le vie di quel villaggio le sembrarono più vuote del solito, probabilmente a causa della pioggia. Anche se oramai era cessata del tutto, aveva costretto i visitatori e gli abitanti del villaggio a rifugiarsi al chiuso, al riparo dalle fredde gocce d'acqua. Affondò senza volere il piede in una pozzanghera, il rumore che produsse il gesto fu simile a un enorme Plop! amplificato in tutta la semi-deserta High Street. Le sembrava di essersi persa in quel minuscolo villaggio che sfigurava a confronto dell'immensa Londra. Si strinse nel cappotto di lana rossa, colore troppo sgargiante per quel sabato primo novembre dove tutto pareva tacere avvolto nel silenzio della coltre di nebbia. Voleva creare altro disordine fermando un passante per chiedere informazioni e che sicuramente si sarebbe fatto commuovere dal viso infantile di un'undicenne sprovveduta qualunque. Se la sarebbe cavata da sola, almeno quella volta. Camminava piano, calibrando i passi a un ritmo inesistente. Abbassò la testa, i capelli, coperti dal floscio berretto in lana, caddero davanti al volto in una castana cascata caotica. Li spostò mentre cercava di ragionare su dove volesse realmente andare. Possibile che uscisse così poco dalle quattro mura del castello? Casa stranamente non le mancava, almeno non ancora, le lettere arrivavano regolarmente ed era come se fosse ancora lì. Sorpassò i Tre Manici di Scopa da cui proveniva il chiacchiericcio di studenti tracannatori di Burrobirra e avventori abituali amanti del FireWhiskey. La voglia di passare la mattinata da sola davanti a un bicchiere era pari a zero. Infine, vide una panchina; nel suo campo visivo distorto fece capolino una panchina in legno, così le si avvicinò e vi si sedette.

Drea era ferma, immobile, come una statua, ad osservare il vuoto difronte a sé. Era difficile capire se stesse pensando a qualcosa di profondo o più semplicemente si trovasse in modalità passiva. La modalità passiva per lei era quello stato di trance in cui la mente di un essere umano si spegne temporaneamente permettendo ad essa di liberarsi da qualsivoglia pensiero. Ogni tanto lo faceva, si metteva in quella modalità, anche involontariamente. A poco a poco il cielo nuvoloso iniziò ad aprirsi, facendo largo ad una volta celeste; da lì a qualche minuto, la gente parve magicamente ricomparire per le strade di Hogsmeade, come se in realtà in precedenza si fossero tutte nascoste sotto un mantello dell'invisibilità per non farsi vedere per poi rivelarsi al'improvviso nel momento opportuno. Un gruppo di studenti, apparentemente della sua stessa età, iniziarono a giocare ai margini di un negozietto di vestiti e, con impugno le loro bacchette, cominciarono a vandalizzare proprio i vestiti posti nella vetrina del negozio. A suon di incantesimo Colovaria, i giovani maghi si divertivano a cambiare il colore dei vestiti in quello che più gli piaceva. Era un susseguirsi di cambio colore, che andava dal verde vomito al giallo catarro, tutte sfumature che non mostravano un particolare interesse nell'acquisto del capo di abbigliamento. Drea iniziò a ridere e la sua risata arrivò alle orecchie dei ragazzini che, puntualmente, decisero di prenderla di mira. La giovane Grifondoro si alzò di scatto, capendo all'istante di essersi cacciata nei guai e per evitare di essere ridicolizzata, iniziò a correre nella direzione opposta. Fra una risata e l'altra, i maghi presero a seguirla in lungo e in largo e fu allora che ebbe l'idea di nascondersi dietro un muro, iniziando a pensare a come uscire indenne da quella situazione. *Ci sono!* ebbe l'illuminazione. Annuì fra sé e sé e tirò fuori la sua bacchetta; l'unico modo era rispondere al fuoco con il fuoco. Appena udì i loro passi svelti, uscì di scatto dal nascondiglio e puntò la bacchetta contro di loro. Al ché pronunciò con fermezza l'incanto.
-Florikus!- ora, probabilmente anche grazie al tempo lì presente e alle precipitazioni dovute dalla velocità del vento, l'effetto del suo incantesimo ebbe una esecuzione pressoché eccellente, tanto che il colpo d'aria fredda sprigionato dalla sua bacchetta riuscì a colpire i tre ragazzini che avevano osato inseguirla. Caddero a terra, colpiti in pieno e diedero una rumorosa sederata al suolo. A quella visione la Grifondoro iniziò a ridere a crepapelle, e si avvicinò infine a loro. -Così la prossima volta ci penserete due volte a prendermi di mira!- e concluse facendo loro la linguaccia. Intontiti - ma non troppo - i giovani maghi si alzarono e si spolverarono i vestiti, poi uno di questo esordì con un -Ma non volevamo mica ferirti o che! Ci sarebbe piaciuto giocare con te per divertirci insieme! Abbiamo notato come ridevi mentre ci svagavamo a cambiare il colore ai vestiti di quel negozio e pensavamo di invitarti ad unirti a noi!- a quelle parole, la ragazza si sentì un pelino mortificata per la reazione avuta ma al tempo stesso lusingata che avessero pensato di invitarla. Sorrise ai ragazzi e li ringraziò dell'invito, scusandosi subito dopo per averli colpiti con l'incantesimo.

Pace era fatta! Drea col suo spirito infantile e avventuroso si incamminò insieme ai suoi compagni di scuola verso una nuova meta e un nuovo bersaglio su cui destreggiarsi nell'utilizzo della loro vena magica. Perché la magia è questa: l’arte di applicare cause naturali per produrre effetti sorprendenti. E' influenzare il mondo dietro le apparenze, per poter trasformare le apparenze stesse. Per mezzo della magia le cose cessano di essere ciò che sono per divenire ciò che noi desideriamo che siano.
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