Sunglasses at Night, Cottage Wilde

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view post Posted on 24/8/2017, 14:13
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« The peaceful times have made us blind

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Segue Bittersweet Lies

Take me down to the fighting end, Wash the poison from off my skin, Show me how to be
whole again.
Rhaegar Wilde
¬ Hogsmeade/London; ¬ Weather; Unsettled
Da quant’è che conosceva Camille? Quante volte l’aveva vista infervorata? Tante, tantissime, uuuh, un’infinità. C’era sempre qualcosa, però, come un elastico legato al ferreo palo della Ragione, che la tratteneva dal buttarsi dal dirupo dell’ira, facendole fare bungee jumping fra momento di rabbia e lucida razionalità. Non l’aveva mai vista perdere davvero le staffe, nemmeno quando la Dalton, una sua presunta amica, aveva infangato il Ministero e tutto il lavoro che avevano fatto per nascondere ai media e alla popolazione i dettagli di quegli assurdi Golem. Non l’aveva mai vista sbroccare, fino a quel momento. Investito completamente dalla furia della donna, Rhaegar rimase sconvolto da quell’inaspettata reazione. Immobile, la sua enorme figura si rimpiccioliva in mezzo all’affollata strada, mentre la voce di lei, sempre più tonante, costringeva i passanti a girarsi. Inebetito, incapace di dire o reagire e colto alla sprovvista, le minute mani di lei avevano premuto sul suo petto trovandolo incredibilmente indifeso e l’avevano sospinto con insospettabile forza. Rhaegar aveva indietreggiato, l’occhio sano spalancato e le labbra socchiuse, senza nemmeno prodigarsi in scuse in direzione di quei disgraziati che per poco non aveva investito. Aveva mantenuto l’equilibrio portando indietro un piede e mulinando le braccia (decapitando quasi un povero vecchio Mago che s’era azzardato a passargli di fianco), ancora attonito da quel turbinio di reazioni. Era capace di tenere a bada, anche senza la Magia, il più indisciplinato degli Auror o il più feroce dei criminali, ma di fronte Camille Pompadour incazzata come una iena, Rhaegar Wilde rimaneva atono e sconvolto.
*IO MI DEVO CURARE?!* Fu il primo razionale pensiero, ma ben lungi dal pronunciarlo ad alta voce, l’uomo si morse il labbro, aggrottando la fronte mentre la donna gli vomitava addosso accuse insospettabilmente ridicole. Quali torbide storie? Ma soprattutto QUALI vene varicose? Sudò freddo e guardò con inquietudine dietro di sé, mentre si faceva largo nella sua mente un dubbio grosso come una casa e fragile come un bicchiere di cristallo. Poteva Camille essere… *No no, impossibile*Si disse, incrociando le braccia al petto ed aspettando pazientemente che la donna finisse il suo sfogo con un cipiglio indispettito dipinto sul viso barbuto. Non percepì alcuna vergogna, non momentaneamente, ma l’istinto gli disse di non reagire alla discussione, ricordandogli che doveva portare Camille via da lì il prima possibile. Del resto, il Ministro della Magia che urlava come una pazza in mezzo ad Hogsmeade avrebbe sicuramente drizzato qualche orecchio. « Camille… » Provò a chiamarla nel momento di silenzio che seguì, scoccando eloquenti occhiate ai passanti che li osservavano curiosi. Era finita? Deglutì a fatica; si ritrovò decisamente inquietato da quel siparietto, ma il motivo principale per cui si sentiva a disagio era il non sapere minimamente cosa l’avesse provocato. Imbizzarrita come un cinghiale (poteva esserci paragone più calzante?), se Camille avesse avuto delle corna gli avrebbe infilzato il culo come uno spiedino, poi l’avrebbe cotto su una griglia e se lo sarebbe mangiato di gusto. « Senti, forse hai bevuto troppo e… » E si rese conto troppo tardi della pericolosa accusa che le aveva appena mosso. Oddio, pensò, sono fregato. Si immaginò la donna gonfiarsi come un tacchino, diventando grossa dieci volte più di lui, per poi sputare fuoco come un drago o scoppiare facendogli implodere gli organi. Si fece piccolo piccolo, sentendosi vagamente in colpa per quell’uscita: tutto ciò che voleva fare era spezzare la tensione, fare qualcosa di divertente e… *MA CHE OOOH MA COSA MI GIUSTIFICO?* Urlò improvvisamente nella sua mente, perplesso da quella sua sciocca arrendevolezza. Col cazzo che si sarebbe giustificato, pensò, serrando la mascella. Era incredibile come quell’inaspettato risvolto l’avesse completamente messo fuori gioco. Dannata te, Camille, pensò mentre la donna, con sua sorpresa, lasciava intendere d’essersi calmata acconsentendo tacitamente a seguirlo in un luogo più appartato. Sospirò di sollievo, passandosi una mano fra la folta chioma per abbandonare la tensione di cui si era caricato. Avrebbe rimandato le domande a breve e stava per porgerle il braccio da affettare afferrare, quando una vocetta pigolante si insinuò fra loro. Sobbalzò vistosamente, dimentico fino a quel momento di: a. essere un Mago e b. di avere un occhio Magico che avrebbe dovuto tenere controllare la situazione. Maledicendo Camille mentalmente, si voltò verso la fonte della voce con un’espressione a metà fra l’orrore e cortesia: una ragazza sorprendentemente giovane dagli acquosi occhi azzurri lo guardava sognante. *Ma che è oggi?* « Ssssssììì? » Rispose quasi automaticamente, girando il busto verso di lei e notando con terrore l’eloquente taccuino che la fanciulla stringeva a sé. Intuendo dove ella volesse andare a parare, l’Auror per anticiparla quando Camille lo interruppe e, strabuzzando gli occhi, Rhaegar si voltò celere verso di lei sillabando un: “ma sei deficiente?”.
« I-io mi chiedevo se… potessi intervistarla… ihihih. » La risata cavallina che animò la ragazza lo fece gemere di dolore. « Guarda eh, ehm, perché non parli con… uhm… la… la… » Spaesato, l’occhio Magico di Rhaegar roteò a destra e a sinistra alla ricerca di un qualcuno di imprecisato a cui poter appioppare la marmocchia. Individuò una Strega con un grosso cappello verde smeraldo dall’età indefinita che passeggiava per cavoli suoi e senza pensarci due volte la indicò. « LA ZIA DEL MINISTRO? Sono sicura che saprà darti un sacco di belle notizie e CIAO CI VEDIAMO ADDIO. » E senza dar alcuna spiegazione alla ragazzina e afferrando il braccio di Camille senza troppi complimenti per la seconda volta, Rhaegar roteò su se stesso e si Smaterializzò. Si concentrò sulla destinazione, il giardino di casa sua, mentre il cuore impazzito perdeva definitivamente il controllo. La sgradevole sensazione della Smaterializzazione durò poco e pregando ogni buon Dio esistente di non lasciarsi dietro né un pelo di barba né una chiappa di Camille, si ritrovò davanti il rassicurante profilo di casa sua. Era un piccolo e caratteristico cottage in stile Tudor dalla forma ad “L” realizzato in pietra e legno disposto su un unico piano. Il giardino, minuto e privo di piante ad eccezione di una splendida magnolia in un angolo e di una grossa quercia che copriva, in parte, la finestra a bovindo più grande della casa. Una sedia di legno spuntava solitaria vicino la porta d’ingresso, una modesto portone nel medesimo materiale con un discreto battente nero con un effige di tigre. Dietro la casa, oltre la palizzata di legno scuro che delimitava i confini della proprietà, si intravedeva un fitto boschetto. L’intero quartiere era tranquillo e le casette spuntavano irregolari qui e là: doveva essere una zona di Londra ben lontana dal caotico centro.
« Aaaaaaoooooh a’ matta! » Sbottò infine Rhaegar, prendendo per le spalle la donna e agitandola come un dindarolo. Al sicuro nell’ambiente di casa, l’uomo aveva ritrovato la consapevolezza di sé e, punto nel vivo da quanto successo, aveva accantonato ogni cautela. « Ma te droghi? Che cazzarola t’è preso? » La rimproverò, costringendosi ad abbandonare il contatto con lei prima di provocarle inconsulti movimenti di stomaco. « Ma di che torbide storie vai cianciando? La vecchia melanzana dietro di te m’ha guardato languida, stavo per vomitarti addosso il cenone del Novanta e m’è presa l’angoscia. Oh. C’avresti avuto prescia d’annattene pure te al mio posto. » Raccontò la terribile esperienza omettendo il particolare della lingua biforcuta che si leccava le labbra incartapecorite e rabbrividì con un’evidente espressione di disgusto sul volto. « D’accordo, avrò pure esagerato e mi meritavo na pizza nbocca, ma hai sbraitato in mezzo ad una strada che PULLULAVA di giornalisti! PULLULAVA COME I NARGILLI DENTRO LA TUA TESTA. Siamo già nella merda fino al collo e te me sbrocchi come ‘na pazza isterica? Ma almeno sbroccame a casa, Merlino ‘nfame! » Aveva perso le staffe ed ora che il suo autocontrollo era venuto meno, l’importante accento scozzese che si era premurato di censurare prima di allora venne fuori con tutta la sua mirabolante classe. « Me dici o no che cazzo t’è pigliato? E poi che era quella scenata davanti a’ regazzina? » Le chiese, abbassando di un tono la voce e guardandola con le mani sui fianchi come una vecchia (e barbuta) madre. Gli veniva leggermente da ridere nel ripensare all’intera vicenda. Si rivide pochi minuti prima, in piedi come un baccalà, mentre lei faceva il diavolo a quattro spingendolo come una Gobbiglia verso incauti passanti. Ri-immaginò la scena della fuga da Piediburro, il putto decapitato, i Galeoni lanciati quasi negli occhi del cameriere di turno, Camille che per poco volava e dava gengivate agli stipiti delle porte. Le spalle cominciarono ad agitarsi ed il petto si muoveva convulsamente per un respiro concitato mentre Rhaegar cercava di tenere a bada il riso. Merda, pensò, se rido Camille mi ammazza. E più cercava di trattenersi, più gli veniva da ridere, finché la faccia non gli si deformò in una strana espressione costipata. *NON RIDERE RHAEGAR NON RIDERE* Quell’assurda situazione aveva assunto una piega a dir poco paradossale. Eccoli lì, in piedi davanti il giardino di casa sua, salvi per miracolo dal fenomeno mediatico che ignoravano di aver scatenato, a discutere come una coppietta. Quel pensiero gli congelò l’espressione indefinita sul viso ed il sorriso sfumò; in quel momento, Rhaegar ricollegò tutto e riascoltò nelle orecchie le parole sciorinate con la sfuriata e l’ultimo sfogo sulla ragazzina giornalista. Batté le palpebre un paio di volte e poi, sentendo sfumare via la rabbia, aggiunse un sentito: « Scusa. »
Sostenne il suo sguardo, allungando una mano e cercando di sfiorare la sua per sottolineare la sincerità di quel che aveva appena detto. Non seppe perché aveva sentito improvvisamente un moto empatico verso di lei e per quanto quel dubbio che l’aveva attraversato prima ed ora fosse difficile da metabolizzare ed accettare (sempre se fosse stato vero), aveva cercato quel contatto ancora prima di rendersene conto. Capì cosa aveva fatto solo quando la mano, a mezz’aria, aveva quasi incrociato la sua e, stranamente, non la ritirò.

Legale Neutrale
Capo Auror
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Rhaegar è scozzese anche se nessuno lo sa. Il romanesco è per rendere l’accento/dialetto scozzese giacché mi sembrava molto calzante :*-*:
 
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view post Posted on 17/2/2018, 00:44
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Dire che si sentiva "leggermente" frastornata era una galante clausola di stile.
In verità non aveva capito un ciufolo dell'ultimo quarto d'ora, gli eventi si erano succeduti in maniera del tutto atipica.
Ricordava di aver inveito contro Rhaegar in modo piuttosto deciso senza ottenere nessuna palpabile reazione. Ricordava che l'aveva nuovamente agguantata per un braccio tirandola nel vortice stomachevole della smaterializzazione, senza dirle o chiederle niente e, soprattutto, mettendo in conto la possibilità che gli vomitasse tutto il pranzo sulla maglietta.
Ora, non aveva ben chiara la natura dell'ubicazione ma la supposizione che lui l'avesse portata a casa sua si fece abbastanza palpabile.
Quel cottage in pietra e legno era proprio il tipo di casa che avrebbe collegato al Capo Auror.
Tranquillo. accogliente, semplice.
Il giardino seguiva un po' lo stile "essenziale", era candito da due grandi alberi e estremamente curato.
Per un attimo si immaginò Rhaegar seduto sulla sedia di legno, con il gatto acciambellato sulle gambe e un boccale di birra appoggiato di fianco.
Tutto sommato era una visione piacevole, molto più piacevole dell'immagine di lei, seduta sulla poltrona dell'Ufficio al Ministero, con Putridino che le gorgogliava sulle scarpe e una tazza di caffè amaro in bilico su una pila disordinata di documenti.
Sbattè le palpebre sforzandosi di riagguantare mentalmente la visione di prima.
L'avida curiosità con cui si stava dilettando nel guardarsi intorno si scontrò con la voce quasi stridula di lui, non aveva idea del motivo per cui inveisse in quel modo, la sciaguattò come una stoviglia e la strizzò come una spugna e lei dovette, gioco forza, interrompere l'opera di studio per fissarlo negli occhi.
Le parve piuttosto nervoso, a tratti isterico e il suo marcato accento scozzese galoppò a briglie sciolte come mai le era capitato di udire.
Attese, paziente, che terminasse lo sproloquio e mentre blaterava di melanzane, sguardi languidi e nargilli tutto il peso della tragica esperienza da Madama Piediburro le caracollò sulle spalle come un'incudine.
Quasi istintivamente, si portò le mani sui fianchi, pronta ad inserirsi in una pausa del sermone. Quel dannato cavernicolo la conosceva più di chiunque altro a Londra, sapeva perfettamente cosa le piaceva e cosa non le piaceva, dove battere e dove non battere, cosa dire e cosa non dire. E quel preciso momento, dopo lo scherzo che le aveva giocato invitandola in quel posto stucchevole, dopo averla sbatacchiata come una maracas su ogni stipite di Hogsmeade, dopo averle dato zero spiegazioni, era il preciso momento di non dire.
Era vero, lei per prima aveva perso le staffe di fronte a quella fuga incomprensibile e la tardiva spiegazione riguardo le avances della inopportuna melanzana non riuscirono a placare il bollore che ancora le gorgogliava dentro. Poteva spezzare svariate lance a suo favore, quello non era propriamente un periodo facile e sereno fra cadaveri riversati sugli scalini del castello, duelli che finivano con tredici morti e ventordici feriti, la Gazzetta che scriveva stronzate immani e i foschi pensieri che imperversavano nella sua mente.
Avrebbe dovuto dirgli che si sarebbe allontanata definitivamente da Hogwarts?
Forse si, avrebbe dovuto. Ma col cavolo, Perfesone era fuggita nella brughiera in ciabatte e con un tozzo di pan secco, avrebbe seguito l'esempio, magari portandosi appresso una cassa di Acquaviola.
Rhaegar finalmente tacque, non ricordava di averlo mai visto così agitato e, soprattutto, non ricordava lui le avesse mai parlato di possedere un cottage. Schiuse le labbra e assottigliò lo sguardo, pronta a fulminarlo come un giungo assolato ma si bloccò di fronte alla sua espressione colpevole. Conosceva perfettamente quel preambolo, il Capo Auror stava trattenendo sonore risate. La cosa la fece infuriare ancora di più.
Se ride lo seppellisco sotto la Magnolia, si disse.
Dopo tutto sto macello, dopo scleri e controscleri in lingua originale, dopo "ti spiaccico contro i muri ma poi invito nella mia umile dimora a prendere il carcadè alla curcuma" non poteva assolutissimamente finire a tarallucci e vino.
Quindi attese con calma glaciale ma lui riuscì a trattenersi. Non solo riuscì a trattenersi ma addirittura si scusò!!
Probabilmente, in quel lasso di tempo fra il desiderio di ridere e la morte, Rhaegar rivisse i concitati momenti della fuga da Madama Piediburro e forse anche il pregresso. Glielo lesse negli occhi, la sua espressione si trasformò totalmente.
Avrebbe dato tutta la cassa di Acquaviola, quella che voleva portarsi nel viaggio da Hogwarts al Ministero, per leggere la sua dannata mente in quel preciso momento. Inspirò l'aria fresca della sera, le parve realmente più pulita in quell'angolo d'Inghilterra. Decise, seppur a malincuore, seppur con i virgulti di orgoglio che le cazzottavano le tempie, di sedare ogni ulteriore discussione. Le sarebbe spettata la sacrosanta controreplica ma non voleva macchiare quel posto con parole che si sarebbero dissolte in una refola di vento.
Il suo rapporto con Rhaegar era una discussione continua ma non poteva fare a meno di quella discussione.
Non poteva fare a meno di lui?
Spezzò l'atmosfera con una frase a caso. Una stupida frase a caso.


"Dunque è qui che ti rifugi ..."

Tornò finalmente padrona di guardarsi intorno, notò l'effige di tigre sul battente e la grande finestra a bovindo semi nascosta dalla quercia.

"Non ho mai pensato che tu potessi possedere un posto come questo ... al di fuori del Ministero intendo

Lo disse quasi con rammarico. Era una notizia importante e lei non ne sapeva nulla.
Era davvero così arida e distante con i suoi colleghi? Non le importava se Pinco Palla avesse una palafitta sul Nilo piuttosto che una casa sull'albero ma le importava di sapere che Rhaegar dormiva nel suo cottage.
Tornò a guardarlo, priva di espressione e senza quasi percepirne il senso, incontrò, accolse e stinse la mano che si era pericolosamente avvicinata.
Anche in precedenza lui l'aveva presa per trascinarla via ma il calore che il contatto emanava in quel momento era diverso
.

"Fai bene a scusarti"

Gli disse voltando la testa e muovendosi verso la porta del cottage.

"Non ho ancora speso il mio diritto alla controreplica, tutto dipende da cosa sarai capace di offrirmi ..."

Un attimo dopo aver pronunciato quelle parole si rese conto di quanto potessero apparire "ambigue", soprattutto in quel luogo.
Le venne da ridere ma si trattenne.
Rhaegar non avrebbe mai frainteso. Ma si sarebbe rotolato sul tappeto piuttosto che sorbirsi le sue tediose arringhe.
Quindi decise di non rimangiarsi e di non modificare nulla.
Semplicemente continuò a guardare avanti, gli occhi violacei fissi sull'effige della trigre.



 
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