| Appollaiato sul sul trespolo, Fergus teneva sottocchio la sua padroncina. I capelli biondi arruffati e sparsi sul cuscino come onde perennemente increspate, le palpebre chiuse e leggere, il respiro profondo e calmo. Il lenzuolo estivo era accartocciato da un lato e copriva appena le caviglie della ragazza, il che le avrebbe garantito almeno un paio di starnuti al suo risveglio. Erano settimane che non la vedeva così tranquilla di notte e, per non guastare l'atmosfera, cercò di non fare rumore mentre ispezionava e ripuliva ad una ad una le sue piume. Fiero come sempre, sembrava prendersi cura di sé almeno quanto credeva di prendersi cura di Amber. Vegliare su di lei era diventato un incarico quasi più importante della consegna delle lettere (che, per inciso, non riusciva proprio ad andargli a genio, così come alcuni destinatari!). Quando la ragazza si agitava nel sonno, lui s'innervosiva e graffiava il trespolo con più intensità, quando invece la sua padroncina era più tranquilla, lui stesso si riscopriva bendisposto nei confronti del suo vero "lavoro". L'alba era ormai alle porte, così come il suo riposino. Diede un'ultima occhiata al corpo profondamente assopito davanti a lui e chiuse gli occhi.
Tic.Tic.Tic.. Non passarono che pochi secondi ed un rumore destò Fergus che, in procinto di lasciarsi andare a quel sonnellino tanto agognato, aprì un solo occhio. Non notando nulla di nuovo (Amber non si era mossa di un centimetro) richiuse le palpebre. Tic. TicTic.. TIC. Oh, non c'era proprio tregua per un povero Gufo?! Ancora una volta fu costretto ad aprire gli occhi, ma stavolta entrambi e scuotendosi dall'intorpidimento a cui si sarebbe volentieri abbandonato, li puntò direttamente verso la fonte del rumore: un falco. Borbottò come un vecchio portinaio svegliato da una spiantata che sbaglia condominio e, così facendo, svegliò Amber.*** Lentamente la ragazza aprì le palpebre e lasciò che gli occhi si adattassero a quella dolce lama di luce che aveva invaso la sua stanza. *Non ho chiuso la tenda!* fu il suo primo pensiero, un ammonimento verso la sua mente sempre tra le nuvole. Si passò una mano sulla fronte e ravvivò un po' la chioma prima di voltare il capo verso la sveglia: era presto anzi, prestissimo! Perché si era svegliata? Assolutamente non in possesso delle sua abilità cognitive, si mise a sedere e si grattò il capo, confusa. Il borbottio di Fergus la fece quasi sobbalzare. « Gnnh.. che c'è ?» chiese con una voce involontariamente roca e bassa. Per contro il gufo schioccò il becco e voltò il capo verso l'ampia finestra esagonale. Ancora più confusa e quasi pronta a rimettersi a letto, assecondò il volere del suo pennuto e ne trovò un altro a fissarla dall'altro lato del vetro. Sgranò gli occhi. *E tu chi sei?* una domanda più che legittima che non ricevette ovviamente alcuna risposta in principio. Dopo essersi strofinata per bene le palpebre per convincersi che non fosse una visione e che la patina sonnolenta fosse svanita, si accorse della missiva che il volatile portava con sé. Aprì la finestra cercando di fare meno rumore possibile e non svegliare John. Stava davvero facendo entrare un falchetto in camera sua? Ma soprattutto: chi diamine poteva spedirle una lettera con un volatile che non appartenesse nemmeno alla specie dei gufi? Se non fosse stata ancora mezza addormentata avrebbe anche potuto trovare la risposta prima di leggerla. L'ingresso si Amigdala non piacque per niente a Fergus che si agitò sbattendo gli artigli nervosamente sul tronchetto in legno. « Shhh... Fergus!» intimò Amber, prima di concentrare la sua attenzione sullo strano postino. Si fece consegnare la lettera facendo estrema cautela, ogni volta che la testa del falco scattava, la bionda tratteneva il respiro. « Ok, fai piano.. per favore.» supplicò, finché non riuscì a stringere fra le mani il pezzo di carta. « Suppongo tu non voglia dei biscottini gufici...» disse, percependo il palato ancora impastato. Seduta sul morbido materasso, si decise ad aprire la busta e scoprire l'identità dello strampalato mittente. Una risata improvvisa e leggera le scosse il corpo non appena riconobbe la calligrafia. Dovette serrare le labbra con l'aiuto di una mano per non produrre troppo rumore! Non aveva ancora letto la lettera ma l'idea che gliel'avesse spedita con *Un falco* non riusciva a non divertirla. No, Killian non si sarebbe mai piegato alle convenzioni di quel mondo ed era forse uno dei motivi per cui le si scaldava il cuore a ripensare che, in quella mente così complessa e stravagante (in un modo del tutto benevolo), vi fosse posto anche per lei. Qualcosa però andò storto nel suo piano perché il silenzio non venne mantenuto ed un colpo alla porta spaventò tutti e tre gli abitanti della stanza: Amber, Fergus e la falchetta che, per contro, piegò la testa e volò via. *Oh... si, sei decisamente di Killian* constatò prima di nascondere in fretta la lettera sotto il cuscino, giusto in tempo per vedere John, forse più assonnato di lei, aprire la porta della camera. « Ehi, che succede? Devi andare da qualche parte?» sia lei che Fergus lo guardarono con tutta l'aria di volergli palesemente nascondere qualcosa ma lui sembrò non farvi troppo caso. Nonostante il tono serio, l'uomo non sembrava essere in grado di scuotersi dal torpore. Con un pigiama blu scuro ed i capelli ancora più sconvolti di quelli della figlia, mostrò il tipico sorriso storto di chi non ha ben chiara la situazione. « N-no.. è che, è stato Fergus. Mi ha svegliata.» La bionda indicò il pennuto che non sembrò per nulla allegro di vedersi incolpare impunemente per qualcosa che aveva fatto la strana pennuta scura! Apostrofando Amber con il suo bubolio più accusatorio, si allungò sul trespolo alla ricerca della scia lasciata da Amigdala, quasi sperasse di vederla già di ritorno. Sicuramente, in condizioni normali, John non si sarebbe accontentato di quella risposta palesemente falsa, ma ragionare di prima mattina non era il suo forte: Amber doveva pur aver preso da qualcuno. « Mmh, te l'ho già detto Amber, è un gufo e non sei ad Hogwarts, fallo dormire fuori dalla tua stanza.» nonostante si trattasse di un rimprovero, il tono di John le fece comprendere che c'era ancora un buon margine per la coppia Amber-Fergus. « Hai ragione, scusa se ti ho svegliato.» « Non fa nulla, torna a dormire.» concluse lui, borbottando qualcosa di incomprensibile che poteva tradursi con: "..ed è una cosa che dovremmo fare tutti a quest'ora." richiudendosi poi la porta alle spalle. La bionda sospirò portando una mano al petto, ci era mancato poco. Infilando l'altra mano sotto il cuscino si dedicò finalmente alla lettera. Per prima cosa cercò l'inconfondibile firma di Killian e la trovò : "Il ladro di scarpette". Scosse il capo in preda ad un'altra genuina risata che rimase poi sospesa in un dolce sorriso. Poche semplici parole e lei già sentiva il peso di quell'estate sollevarsi dalle spalle. Solo dopo aver svuotato la mente, si sedette allo scrittoio. Passare ad una seduta più rigida, sebbene comunque comoda, le permise di perdere ancora un po' del torpore residuo. Distese per benino la pergamena e la lesse parola per parola. Sul suo volto comparvero in successione diverse espressioni. La prima fu totalmente interrogativa : c'erano novità sul caso? Stavano per compiere un passo avanti? Aveva scoperto qualcosa?... oppure le stava chiedendo un appuntamento?*No, impossibile. Non può farlo, non sarebbe corretto e non devo nemmeno pensarci. No, assolutamente no.* Si impose fin troppe negazioni per crederci davvero, ma qualcosa in lei mantenne comunque accesa la fiammella infida della speranza. Era davvero dura a morire, per fortuna, perché avrebbe dovuto tenerla viva e sotto controllo fino al momento "giusto". La seconda espressione fu invece di puro stupore, condita da una consapevolezza tremenda: casa di Killian?? Lui la stava invitando a casa sua quel venerdì!? Lo stesso venerdì che le sarebbe capitato tra capo e collo da lì a due giorni? Non sapeva se fosse più pericolosa la vicinanza con quel giorno o il luogo dell'incontro o perfino quel cuoricino che aveva ripreso a farsi sentire non appena la sola immagine dell'appartamento in Rosegarden street era tornata vivida nella sua mente. Era stato lui a scegliere un posto sicuro, certamente doveva averlo fatto per ragioni di sicurezza ma era consapevole di quanto la casa fosse priva di... adeguati spazi aperti? Erano adulti, più o meno, ma quel giorno avrebbe messo ancora più a dura prova il patto che avevano stretto e lui non poteva non saperlo. Amber stessa era arrivata a quella conclusione subito. Impiegò ancora qualche minuto prima di riprendere il fiato e decidere se essere entusiasta per una serie di buone ragioni o emozionata per una serie di pessime ragioni. Quella volta non avrebbe potuto non scegliere, ma sarebbe stato stupido non accettare e, beh, poteva forse nascondere a se stessa il desiderio di rivederlo? Avrebbe fatto "la brava" lo aveva promesso ad entrambi, ma Killian giocava scorretto, sempre sul filo del rasoio. Eppure era dannatamente invitante, come sempre. Oh e sapeva che più si avvicinava a lui e più le sue resistenze cedevano, lo sapeva al punto che, per un secondo la parte più rigida e razionale la convinse a rifiutare l'invito, ma ebbe la meglio l'altro lato di Amber che aggiunse il carico da novanta ricordandole che se il caso fosse stato risolto, allora... « Sembra che Amigdala ci abbia abbandonati. Ti andrebbe di inseguirla ?» Disse una volta riscossa dalla matassa di sensazioni ed emozioni che aveva iniziato ad attorcigliarle lo stomaco. Sapeva che il gufo non avrebbe davvero potuto comprenderla, ma necessitava un cambio almeno mentale di argomento. Non aveva dimenticato il suo lavoro di copertura per la McCramble e decise proprio di puntare su quel significante dettaglio per rispondere all'Auror. Forse avrebbe dovuto mostrare più entusiasmo, ma in realtà scelse con cura le parole da usare. Era convinta che lui vi avrebbe trovato da sé tutti i sottintesi che contenevano: la copertura, l'ironia, la segretezza, il ricordo e la risposta all'invito. Se avesse avuto uno specchio davanti allo scrittoio avrebbe potuto notare quel sorriso vagamente sarcastico che era spuntato nel momento esatto in cui quelle poche parole erano apparse nitide nella sua mente. Le scrisse con cura e consegnò il pezzo di carta a Fergus. Il volatile non sembrava gradire l'idea di diversi muovere a quell'ora, non dopo aver assaporato il dolce accenno di pisolino che gli era stato negato.« Fergus» iniziò a dire mentre gli legava la missiva ermetica alla zampa e gli rivolgeva uno sguardo estremamente serio.« Qualcosa mi dice che tu non sia stato proprio educato con Killian. Sappi che potresti davvero finire a dormire sui tetti se non ti comporti bene. Ora vai e stai attento a dove metti gli artigli.» lo ammonì infine, osservandolo volare lungo il percorso tracciato dalla falchetta. Le iridi chiare indugiarono sul letto con incertezza. Dormire? Non se ne parlava proprio, ormai era sveglia. Con il mento poggiato sul dorso delle mani ed i gomiti ancorati allo scrittoio, la ragazza si fermò a pensare come fosse divertente sotto alcuni aspetti avere dei segreti condivisi con Killian. Non tutti, certo, alcune cose difficilmente sarebbero uscite spontaneamente dalle sue labbra. Aveva trovato un complice quando nemmeno pensava di averne bisogno. E, proprio quel complice, avrebbe poi trovato Fergus fuori dalla propria finestra, arruffato e forse ancora più indispettito del solito, con un piccolo biglietto e tre semplici parole vergate in inchiostro nero.Per Killian Resween Rosegarden St, n.9 Londra Edited by ˜Serenitÿ - 30/8/2017, 09:54
|