Charles Koskinen C.K. | Disoccupato | 25 years | ♪“There will always be a reason why you meet people” Un profumo di panni appena lavati e di detersivo all'aroma di rosa circondava l'alone un po' trasandato di Charles Koskinen. Il suo aspetto, infatti, appariva un po' più composto rispetto ai suoi abituali modi di stare e l'uomo pareva essere un filo più umano e presentabile per essere uno che viveva in una cuccia per cani dietro alla pattumiera. A primo impatto, un osservatore esterno avrebbe giurato che l'uomo si stesse preparando per un incontro romantico o per un importante colloquio di lavoro che gli avrebbe stravolto la vita. Che come minimo, quel metro e ottanta di capelli rossi e dilemmi psicologici si fosse dato una tale sistemata per qualcosa di grande portata. La triste e pura verità, però, era che, nonostante fosse maturo e vaccinato, Charlie aveva ancora la stessa dote di catturare guai a più non posso di un tempo. Quel giorno, per un nefasto caso, si era dovuto confrontare con la proprietaria di una lavanderia londinese. Era poi successo che il gatto parecchio scortese della donna lo aveva colto di sorpresa e il finlandese era finito per inciampare in una delle vasche della lavanderia immergendosi in un mix di acqua, sapone, candeggina e una serie di altre sostanze di cui - a dire il vero - Koskinen non voleva sapere nulla. Di tutta fretta, si era alzato andandosi a scusare con la proprietaria ma finendo per peggiorare la situazione; Louisa Blackway (la donna in questione), a causa della sua miopia, lo aveva scambiato per un ladro - nonostante qualche minuto prima si fossero pure parlati - e lo aveva mandato fuori dal locale a calci nel didietro. Così Charles si era trovato con i vestiti da lavare ancora pregni di sudore, il deretano addolorato e aroma di detersivo talmente forte da lasciare la scia dietro di sé. Le sue condizioni, insomma, non erano delle migliori e non lo furono per le successive ore fino al giungere del tardo pomeriggio. Al tramontare del sole, infatti, Charlie si aggirava ancora fra i vicoli della capitale. Sulle spalle portava la cesta con i mantelli e gli abiti da passare con l'acqua ma non aveva la più pallida idea di come sarebbe riuscito a compiere quella missione che, da quel che aveva potuto constatare, sembrava impossibile. Anche se, invero, erano molte le cose che, da quando nonna Amanda aveva lasciato quella terra, parevano altrettanto impossibili. Per primo il fatto che un giorno il rosso sarebbe potuto trasferirsi a Londra. Eppure alla fine ci era riuscito. O ancora il fatto che riuscisse a trovarsi un lavoro. Ma alla fine l'uomo era stato accettato per tentare di diventare docente di Astronomia. Insomma, ciò che un tempo era lontano e improbabile, era diventato realtà. La quotidianità di Charles era stata travolta da un'ondata di cose nuove e non. E l'idea di potersi ricostruire una vita non poteva far altro che renderlo immensamete di buon umore - anche se la sua apatia al mondo non riuscisse in alcun modo a scomparire. Con quei pensieri per la testa, il venticinquenne proseguì il suo vagabondaggio. Non aveva la minima idea di come fare a liberarsi di quei panni ma d'un tratto gli fu tutto più chiaro. Una lampadina si accese nel suo cervello. In lontananza intravide la sagoma di una donna dai capelli color mogano. Non riusciva a decifrarne i lineamenti del viso, siccome era posizionata di profilo ma, in lei, Charlie trovò una soluzione ai suoi problemi. A passi felpati si avvicinò alla fanciulla e con un tono quasi divertito la interpellò.
«Mi perdoni, sa per caso dove posso trovare una lavanderia che non appartenga a Louisa Blackway in questa zona? - il suo volto non mostrava alcun segno di cedimento o insicurezza. Era da tempo che il rosso aveva imparato a mascherare i suoi sentimenti di modo che i suoi interlocutori non potessero cogliere nulla nelle sue espressioni. E sapeva che era giusto così: era la legge di sopravvivenza necessaria in un mondo come quello - pieno di finzioni e malizie. -... o, meglio, lei sa lavare i panni sporchi? Mi servirebbe una mano.-
Charles Koskinen C.K. | Disoccupato | 25 years | ♪“Is it so far from madness to wisdom?” Il pomeriggio londinese era da sempre stato uno spettacolo da vivere, per il vecchio Charles, soprattutto quando la città non era soggetta a ondate di pioggia. Durante alcune vacanze estive della sua gioventù, quando talvolta decideva di non trascorrere quei mesi di pausa in Finlandia, amava passare il tempo contemplando il paesaggio della Capitale. E ogni volta constatava la medesima situazione: Londra era sempre un luogo di benessere, splendore e magia. Dopo anni, non era cambiato nulla. Anche dalla prospettiva di un venticinquenne fresco di lavanderia e con una vita poco soddisfacente, quel posto non aveva perso il suo fascino. Sarebbe stato a contemplarlo più a lungo se non fosse stato occupato in quella esilarante situazione. Il viso che rispose alla sua chiamata era quello di una giovane donna, che - a occhio e croce - il Koskinen avrebbe giurato avesse la sua stessa età. Gli occhi marini del nordico si spostarono all’istante su quelli verdi di lei. Lo sguardo agghiacciante e le parole della donna lo penetrarono, quasi ad avvertirlo che era appena entrato nella tana della leonessa. Dalle sue frasi, Charlie comprese che - a malincuore - stava parlando con una strega, dotata dei suoi stessi poteri. In quel frangente l'idea di chiedere aiuto proprio a quella sconosciuta gli si palesò come la peggiore che gli fosse mai venuta in mente. Ma ormai aveva già fatto il primo passo e avrebbe dovuto tentare di uscire da quella situazione senza essere schiantato con uno Stupeficium nel bel mezzo della Londra babbana.
«Mi creda, non sono Confuso.» sentenziò quasi con tono di sfida, senza mai spostare le pupille da quelle di lei. La donna gli si era rivolta con un atteggiamento di superiorità e il finlandese non si seppe dire se fosse a causa della richiesta fuori luogo che le aveva avanzato o per un suo modo di fare personale. Ad ogni modo non era di certo quello il comportamento da tenere nei confronti di un pover’uomo in balia dello sconforto. «Vede, io non uso la magia da anni. Da tanti anni. Anzi, penso di non aver mai provato l'incantesimo di cui ha parlato - se non ai tempi di Hogwarts.»
Fece scivolare la cesta degli abiti lungo la spalla e la appoggiò a terra, osservandola. I suoi anni in Finlandia gli avevano insegnato che i babbani vivevano piuttosto bene anche senza magia. Che, con un po’ di impegno, si poteva contare soltanto sulle proprie forze. Ma a Londra tutto ciò cambiava e quella situazione dimostrava proprio che - se non si fosse riadattato alla vita da mago - non avrebbe potuto campare per molto. Dunque alzò di nuovo lo sguardo verso la giovane e questa volta le sorrise furbescamente.
«Be’, Signorina AncheIMiglioriPossonoSbagliare, temo che dovrà aiutarmi, non trova? Perché a quanto pare sbaglio spesso. Riesce a castare questo presunto incantesimo su questi panni? Se mi fa vedere come si fa, sono sicuro che in futuro non importunerò più donzelle come lei.» Sul suo volto si dipinse un’espressione da finto angelo, sostenuta da uno sguardo di altrettanta finta impotenza. «Ah, e se le va, può darmi del tu. La terza persona non fa per me.»
Ancora una volta le sorrise, quasi sfidandola a provare a contraddirlo.