| «All the promises we made...» Possibile che bastassero semplicemente un occhiolino ed un sorriso ben piazzato per far agitare Amber al punto da annebbiarle la mente? Situazione momentanea, si, ma presente e... pericolosa. Killian poteva portarle via quel che rimaneva della sua compostezza in un battito di ciglia. La spaventava e l'affascinava ogni volta di più, trascinandola così in un inevitabile mulinello e poi giù fino all'abisso più profondo. Avrebbe dovuto aggrapparsi a tutte le liane possibili, alle corde ancorate a riva, perché tutta quella situazione non le sfuggisse realmente di mano. Se però lei per prima non legava saldamente le sue convinzioni e non ancorava il suo animo ad un terreno stabile, allora aveva tutto il diritto di incolpare se stessa per quelle fondamentali mancanze. Senza però prestare attenzione a quei piccoli avvertimenti, la ragazza si beò di quell'espressione tipica che seguì l'annuncio che quel progetto d'incursione, nonostante avesse subito una variazione, non avrebbe cambiato nome. Ricambiò lo sguardo grigio dell'Auror, riflettendone le sfumature, evidenziando anche involontariamente quanto potessero avere in comune. Ignorò perfino la sua coscienza che, allarmata, sembrava volerle imporre di rimanere seria, di non sorridere di rimando e di non sfidare eccessivamente la sorte mostrandosi felice di quegli attimi appena più semplici e sereni. *Non dureranno* si diceva, *Non è questa la normalità per noi* eppure continuava al contempo ad ignorare i suoi stessi pensieri e proseguire su quei sentieri impervi. « Mi sta bene, ormai mi sono già abituata al nome.» Accordò quella decisione annuendo, fingendo al meglio di aver appena concesso un onore più grande della villa stessa. Non riuscì però a non chiedersi come potesse essere lavorare davvero con Killian, al Quartier Generale. Inventava dei nomi anche per le missioni che gli assegnavano? Era così volenteroso di impegnarsi in ognuno dei casi che affrontava? Com'era entrare davvero in azione con lui ed affiancarlo su un piano più... reale? Se l'era chiesto cos' tante volte da aver perso il conto. Ma se le prime domande si limitavano ad indagare un tema generale in maniera quasi innocente, quelle che seguivano diventavano più tenebrose ed in qualche modo anche sbagliate: Killian stringeva rapporti simili anche con le altre vittime? Trattava gli altri come aveva trattato lei fino ad allora? E le altre? Era affiatato con i colleghi o... con le colleghe? Erano queste ultime, più adulte e più "alla portata", ogni tanto, ad impensierirla, ma riusciva sempre a spingere quelle strane preoccupazioni in angoli remoti della propria mente, etichettandole come "premature" benché in parte sentisse di soffrire l'assenza di risposte in tal senso. Ma se, in qualche modo, venivano a galla di tanto in tanto, una base dovevano averla anche loro, che a lei piacesse o meno ammetterlo. Era gelosa?
Sapeva che le informazioni che di getto aveva riversato sul tavolo erano state abbastanza confusionarie e mancavano del giusto approfondimento. A convincerla poi fu proprio il ragazzo, che propose una soluzione al problema dei domestici ma che in realtà non sapeva quanto il tutto potesse venire ulteriormente semplificato. Amber non aveva un grande rapporto con Constantine Hydra, il nonno paterno, ma se c'era una cosa che apprezzava era il suo ideale sulla "servitù" - anche se ormai solo lui li chiamava così -. Anche lei possedeva un mantello della disillusione, recuperato di recente da Sinister, ma probabilmente a nessuno dei due sarebbe servito. « Veramente... potrebbe non servire. Anzi, sono sicura che basti un Seocculto.» Riportò il proprio sguardo su Killian, quasi dispiacendosi di doverlo contraddire, sebbene realmente non lo stesse facendo. A quel capo d'abbigliamento era legato anche un pensiero per nulla positivo che l'aveva colta ancora quando si trovava in Messico con gli Ateniesi... ma lui non poteva saperlo e, forse, non lo avrebbe mai saputo. Era colpa sua, lei non aveva fornito ancora tutte le risposte alle domande che - s'immaginava - vagavano libere per la mente dell'Auror. « Da noi i domestici sono tutti Magonò.» Spiegò infine, rivelando con una certa noncuranza un'altra piccola parte di quello che era stato il suo passato in quella grande casa. Evitò di esprimere il disagio che il nonno provava in presenza degli Elfi Domestici ed il motivo per cui aveva scelto uomini con quella particolare natura, restia alla magia, per servire in villa. Sarebbe apparsa una stranezza? L'informazione di base era deducibile: nessuno li avrebbe visti se avessero usato un incantesimo d'illusione simile. Avrebbero però dovuto fare estrema attenzione a come muoversi, per non produrre alcun rumore, anche un solo mobile spostato avrebbe rivelato la loro presenza. Forse era ancora presto per pensare a quei dettagli, o forse no, ma si trattava di qualcosa di importante, che la convinse a mantenere il proprio sguardo sul suo interlocutore. E lui? Lui poteva saperne qualcosa di domestici e servitù e ville e quant'altro? La sensazione nota e fastidiosa di conoscere quella risposta, la portò ad attendere quasi con ansia di udire le parole di Killian proprio su quell'argomento... e sperare che lui non mentisse. Avrebbe percepito una menzogna? Forse no, forse si, non lo sapeva, quella sua abilità segreta la confondeva prima ancora di aiutarla, ma in cuor suo Amber sapeva che anche solo il suo sesto senso poteva esserle d'aiuto. Sapeva leggere i segnali, ma lui era un campione nel nascondere i propri. Quando, tracciando l'ultimo segmento, finì di disegnare i due rettangoli, la risposta giunse in tutta la sua sincerità, fortunatamente. Un altro immaginario segno venne apposto in una casellina di un altrettanto immaginario elenco di cose in comune: si, anche Killian aveva passato del tempo in luoghi simili a Villa Hydra, o almeno della stessa grandezza. D'improvviso ricordò la particolare sensazione che aveva provato al ballo di un anno prima - non quello passato da poche settimane e che l'aveva vista prigioniera del loro patto -, in quell'occasione non era riuscita a non immaginarsi un Killian più giovane intento a prendere lezioni di valzer da chissà quale parente. Qualcosa in lei esultò alla sola idea che vi fosse una nuova cosa ad accomunarli, nonostante per lui non fosse sembrato un granché. Nelle notti più solitarie, nelle ronde più silenziose, spesso si chiedeva se il fato non ci avesse messo lo zampino nel loro incontro a Diagon Alley, spingendola quasi tra le braccia di qualcuno abbastanza vicino alla sua esperienza da capirla più di altri.
Convinta che la breve informazione sulla famiglia di musicisti fosse passata indenne tra le grinfie dell'Auror, dovette piacevolmente constatare l'esatto contrario. Poggiò la penna a lato del foglio ed abbassò appena lo sguardo sui disegni che si erano fatti più complessi man mano che proseguiva, e si ritrovò a sorridere alla domanda che - finalmente - lui le pose. Doveva ammettere di essersela aspettava quasi un anno prima, quando aveva dovuto imbastire la sua copertura con la Signora McCramble, ma era ragionevole pensare che quel giorno i loro problemi fossero stati altri. Amber non si era mai vantata delle proprie conoscenze, né prima di entrare ad Hogwarts, né dopo, ma era orgogliosa dei risultati raggiunti con nonna Cordelia e della velocità con cui, ora, poteva apprendere uno spartito e farlo proprio. Le dita magre e svelte pattinavano sui tasti compiendo evoluzioni complesse e lo facevano con una naturalezza invidiabile. La rigidità imposta dallo studio che, per anni, non sembrava potesse essere utile, d'improvviso era diventata la perfetta base per quel talento. Un'altra cosa che lei non faceva, era suonare davanti ad altri, ed era l'altro motivo per cui non divulgava in giro quell'informazione o non sfruttava la possibilità di renderla nota. Ma lui era così vicino alla soluzione, che tanto valeva rivelare in parte un altro tassello della sua vita. Ammaliata dalla possibilità di mantenere ancora un po' di mistero, rispose alla domanda ripagando Killian con la sua stessa moneta.« Si » Niente più e niente meno, nessuna specifica su quale fosse lo strumento in questione, solo il sorriso scaltro di chi sapeva di essere rimasta volutamente vaga. Non mostrò indignazione per la domanda e nemmeno impose uno sguardo rigido o che non permettesse replica, fu semplicemente sincera al punto da sperare di richiamare su di sé ancora un po' di mistero. « ... se escludiamo la cornamusa, ovviam-» Tentò di sfruttare ancora una volta un po' di sana ironia, ma non ebbe modo di concludere la frase che, invece, le morì in gola. Attimi. Il loro rapporto era sempre scandito da singoli attimi, che avevano il potere di rimanere indelebili nel cuore di Amber, e forse non solo nel suo. La mano dell'Auror era corsa rapida fino a posarsi sulla schiena della ragazza. L'intento era quello di salvaguardarla dagli artigli tremendi di Amigdala, ma lei non lo capì nell'immediato, impossibilitata a vedere subito la falchetta. Se il casuale sfiorarsi di poco prima aveva smosso la fiammella che sobbalzava per ogni pensiero che riguardava Killian, quel tocco più sicuro e forte fece di peggio. Per la ragazza fu semplice - anche troppo - fare il paragone con il salvataggio in extremis di qualche mese prima, che li aveva portati per vie traverse a rischiare il crollo. Una scarica elettrica le attraversò la schiena ma, nonostante non riuscì ad impedirsi di rivolgere un'occhiata stranita al ragazzo, non si oppose e, docilmente, seguì il movimento imposto, percependo solo dopo il battito d'ali del volatile. Durò un attimo, si, ma in quell'attimo altri battiti andarono persi, e lei trattenne il respiro. Sentì il volto bruciare al contatto della mano con la sua schiena, e l'idea che quella mossa potesse in qualche modo ripetersi in occasioni differenti, fu devastante. Non vide la busta portata da Amigdala, la sentì solo cadere su un fruscio di fogli sollevati dalla spinta della postina d'eccezione, prima che questa potesse sparire di nuovo. « N-non fa nulla, non ti preoccupare...» farfugliò risollevandosi. Tornando con lo sguardo limpido su Killian, si rese conto di essere ancora involontariamente in contatto con lui che, forse per un assurdo gioco della sua mente, le sembrò perfino più vicino. Se solo quell'aggancio l'avesse avvicinata ancora un po', se solo la presa non avesse ceduto al controllo della ragione. Quanto poteva apparire semplice dimenticarsi dell'angolo di quel tavolo ed avvicinarsi ancora di più? Troppo. Sapeva di non doverci pensare ma era più forte di lei. Abbassò lo sguardo sui fogli quando lui ritrasse la mano definitivamente, e per poco non parve perfino incolparsi per quei pensieri che mai avrebbe espresso. Ispezionò a vuoto il proprio disegno per sfuggire allo sguardo di Killian, e per paura di non poter celare tanto a lungo quegli assurdi pensieri. Un amaro sorriso fece la sua comparsa poco dopo. « Spero che Fergus ti tratti meglio, non riesco a capire se ha un debole per te... o se ti odia.» Disse, infine, dopo aver indugiato un secondo sulla busta immersa in altra carta. Le iridi acquamarina tornarono in cerca delle loro compagne.●●●
Not again
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