| «Hide away, they say 'Cause we don't want your broken parts» Quelli erano frammenti preziosi come diamanti.
Killian stava condividendo qualcosa di così intimo che perfino Amber aveva quasi rinunciato ad aspettarsi di non trovare la solita corazza d'ironia. Non aveva mai condiviso qualcosa del suo privato con lei che non fosse la notizia della morte della madre o l'esistenza in sé di una sorella. Entrare nei dettagli di quel rapporto tanto intenso era per Amber un evento più unico che raro. Ci aveva provato ed aveva sperato di essere riuscita ad ammorbidire le proprie domande, perché queste non potessero aggiungere ferite laddove era evidente che già ve ne fossero. Ferirlo era fuori discussione, e la chiarezza con cui quella consapevolezza era emersa proprio in quei momenti era stata massima. Come uno scudo tra le parole dure che alcune volte avrebbe voluto rivolgergli, quell'idea aveva preso piede, rendendo fragile ogni altra intenzione. Con quelle iridi chiare e limpide l'aveva guardato senza mostrare la minima esitazione. Oh in lei in realtà ancora si davano battaglia idee di ogni sorta, ma tutto quel rumore di fondo era stato improvvisamente spento, silenziato dal desiderio di far parte di qualcosa di più grande in quello strano binomio. Si, sarebbero sempre stati l'Auror e la ragazzina in cerca di giustizia, ma dopo quel giorno lei non avrebbe più mentito a se stessa ignorando quanto invece agitava la sua anima. Il lieve rossore che si era impossessato vigliaccamente delle sue guance non era che la punta di un iceberg. Non aveva un nome per quella sensazione e quello esistente non sembrava abbastanza. Ma c'era, sbucava fuori a volte anche nei momenti meno opportuni, rischiando di sfuggire totalmente al suo controllo. Poteva farla sentire debole quando osservava il cielo notturno prima di iniziare una ronda, e poteva farla sentire forte quando aveva davanti Killian e sapeva con certezza di non voler perdere un solo attimo di un incontro. E quando poi quei due si ritrovavano tanto vicini da poter contare in "secondi" lo spazio che li separava, i freni si allentavano ancora di più. Allora cos'era? Debolezza? Forza? Certamente non aveva troppo a che vedere con il racconto di Eveline, ma se avesse cercato bene alcune similitudini anche lì, avrebbe potuto trovarle. In quell'anno passato tra alti e bassi, tra sguardi inappropriati ma tanto desiderati, tra lettere imparate a memoria e regole da rispettare, aveva iniziato a considerare la presenza di Killian una costante. Un punto - quasi - fermo nel suo cielo notturno. Ma mai aveva osato sperare di poter avere lo stesso peso per lui, o di valere al punto tale da meritare l'ingresso in quel mondo che con un distintivo aveva poco a che fare, tanto che spesso limitava ogni eccesso di entusiasmo perché, per quanto tentasse, nemmeno lui voleva trovarsi al centro dell'attenzione. E lei lo capiva.
Non aveva mai invidiato il rapporto unico che si instaura tra fratelli, sapeva che Eveline e John avrebbero voluto avere altri figli ma questo non aveva creato in lei alcuna aspettativa. Condividere era da sempre un suo problema, e forse era proprio il suo essere figlia unica ad avere decretato parte del suo carattere. Quello di cui era sempre stata certa era che non avrebbe desiderato avere alcun fratello o sorella. Vedere però quei lampi d'orgoglio che riempivano lo sguardo di Killian quando parlava di Persephone, non poteva lasciarla totalmente indifferente. Esistevano rapporti che lei non avrebbe mai capito, e sicuramente non avrebbe voluto che lui avesse lo stesso sguardo se mai si fosse trovato a parlare di lei, perché sentiva di poter dire quasi con certezza di fare parte di una diversa "classe di appartenenza" per il ragazzo... ma l'idea infantile che qualcuno, un giorno, potesse essere fiero di lei per qualcosa non l'aveva mai abbandonata del tutto. Nonostante quegli scambi apparentemente ordinari, sarebbe stato impossibile non notare il filo conduttore che li portava ad agire su due livelli paralleli, sincronizzati alla perfezione. Lei si fidava, lui lo sapeva ma la libertà di parola sembrava non piacere troppo a nessuno dei due, più avvezzi ormai a parlare attraverso metafore e terzi. Più Killian raccontava di Persephone, anche attraverso il dettaglio dei biscotti al cacao, e più il senso si mortificazione dato dal nodo creatosi poco prima nel filo del loro destino si palesava. Sapeva di non doversi sentire così tanto in colpa per le scelte del nonno, ma non poteva e non voleva mantenere una maschera di indifferenza, soprattutto dopo che Killian si era tolto la propria. Quando poi, superando ogni previsione della Tassorosso, lui iniziò ad aprire la lettere senza nessuna remora, proprio davanti a lei, il tuffo al cuore fu inevitabile. Il sorriso dolce che fino a poco prima aveva accompagnato le varie dichiarazioni, si allargò. Le mani ferme si rilassarono di più, dimentiche perfino della figura disegnata che stava sotto i loro palmi. Quel mucchio di fogli e carte aveva perso consistenza nell'esatto momento in cui un nuovo foglio era stato introdotto. Camminavano su una corda sottile, sospesi sul caso di Eveline, ma davanti a loro avevano solo Persephone. Qualunque informazione Killian avesse scelto di rivelare, sarebbe stata accolta da Amber senza timore - o almeno così credeva la ragazza -. Aveva finalmente la possibilità di conoscerlo e sentirsi in parte anche meno in difetto. Perché desiderare da sola di poter sapere tutto su di lui non era appagante quanto ricevere vere informazioni dalla fonte primaria. Era ingiusto, in parte, perché il mago stava rendendo vane tutte quelle micro imposizioni che avevano costretto lei a non sentirsi in dovere di divulgare anche i più banali avvenimenti nel corso dei mesi ad Hogwarts. Eppure in quel momento Amber riusciva solo a pensare a quanto avrebbe voluto poter rendere quei momenti una nuova "normalità", magari accompagnando quei racconti con un buon infuso, seduti sul divano, pronti a parlare a cuore aperto. Ma stava ancora correndo troppo.
Forte di quella ritrovata tranquillità ed emozionata all'idea di vivere realmente quel momento, non si accorse di aver sfiorato il ginocchio di Killian con il proprio e nemmeno di essersi avvicinata ancora di più a lui. Si trattava di movimenti del tutto istintivi ma ancora sconosciuti a chi, come lei, del "condividere" non aveva fatto un'abitudine. « Accademia? Quindi non vive con...» avrebbe potuto proseguire, chiedendo se la giovane sorella non vivesse con il padre o direttamente con lui in quel quartiere babbano che sempre di più acquisiva un senso. In fin dei conti aveva già iniziato a dare per scontato - per nessuna ragione spiegabile - che lui avesse scelto di vivere tra i babbani proprio a causa della natura di Persephone, ma la premessa di Killian aveva creato un'aspettativa tale sul contenuto della busta bianca che lei stessa non considerò opportuno proseguire. Con lo sguardo attento e la mente pronta al cento per cento ad immagazzinare un nuovo ricordo, compì un errore da principiante. Se prima aveva potuto ignorare le fitte lievi alla testa, indice di una probabile emicrania in arrivo, dopo non poté più porre fine all'acuto fastidio che la colpì. Altri frammenti si susseguirono, pesanti come macigni. La foto, babbana, si frappose tra le loro mani ed il gelo calò negli occhi del mago, che si bloccò, immobilizzato da una visione che di certo non si aspettava. Ma se quella foto statica aveva reso di ghiaccio l'animo dell'Auror permettendo che un solo potente pensiero sfuggisse al suo controllo, per Amber fu l'opposto. Non pensò, non ebbe modo di frenare la sensazione che lo sguardo ancora freddo riuscì a trasmettere e senza più alcun desiderio di ispezionare la ragazza della foto, la strega accusò un duro colpo. L'ennesimo di una serie apparentemente infinita. Il sorriso sparì dal suo volto. Lo sguardo si spense, velato da un ricordo che non le apparteneva nemmeno un po', e la sensazione di una morsa serrata attorno allo sterno insorse incontrastata. Rapido come una freccia scoccata che fende l'aria, senza più una sola barriera a fare da confine di sicurezza, un nome riempì la stanza. Ma la voce che lo evocò, portandolo con il suo carico di dolore sul piano del reale, non fu quella di Killian. Lapidaria, fredda e scioccata forse più di lui, Amber si ritrovò ad identificare la sconosciuta nella foto. « Artemisia» Lo sguardo serioso era ancora fisso su Killian, mentre la potenza confusa di una serie di intenzioni vecchie e nuove esplodeva nella sua mente, rendendole impossibile distinguere l'una dall'altra. Fu tutto così improvviso ed intenso che in quei primi istanti non seppe distinguere la propria voce da quella del mago che involontariamente aveva assorbito. Non era sicura di aver parlato, ma era sicura di ciò che aveva sentito.
Così come il caos era arrivato, il caos se n'era andato, liberandola dalla sua presa. Il timore di aver commesso l'ultimo errore consentito, invece, era ancora lì, in quegli occhi verdi incerti se trasmettere paura, dispiacere o altre scuse. Chi era Artemisia? Perché Killian aveva reagito in quel modo? Perché era così certa che si trattasse proprio di lei? Oh, a quella domanda sapeva rispondere... ma la risposta non sarebbe piaciuta a nessuno dei due. Ancora ricordava chiaramente il pensiero del mago riguardo la legilimanzia, sebbene espresso in un momento non sospetto. Avrebbe meritato anche lei una stella rosso sangue accanto al proprio nome?●●●
Not Her Ogni riferimento per nulla casuale, è ovviamente concordato con la Socia ♥
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