as it was

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kapitän
view post Posted on 7/9/2017, 00:17




zIvOBsw

„Halt’ den Finger Richtung Himmel, dreh’ die Zeit nochmal zurück.“
– Stereoact, Bis ans Ende dieser Welt

Seguo con la coda dell’occhio un fringuello che, senza trovare il coraggio di avvicinarsi troppo, becca le briciole dal plateatico. Seduto ad un tavolino tondo in ferro battuto di fronte ad uno dei locali più in voga di Hogsmeade mi concedo una piccola, golosa colazione. L’uccellino, sotto al mio sguardo, rimbalza sulle esili zampe e prende il volo, alzandosi sopra ai tetti del villaggio. Il sole del mattino, riflesso sulle facciate in legno e intonaco, mi ferisce gli occhi e una sottile ruga compare sulla mia fronte quando aggrotto le sopracciglia. In fondo alla via le casette si disperdono nel bosco e, su una collina in lontananza, stagliato sulla vegetazione, si vede il Castello.
Con un singolo sorso finisco il mio caffè amaro, prendo fiato con un lento sospiro, assaporando il retrogusto legnoso che dura solo un istante sulle papille, infine mi alzo e comincio a camminare.

La pietra delle alte mura riluce nell’aria tersa come la pagina bianca di un libro quando attraverso con passo sicuro i cancelli di accesso al parco di Hogwarts. Affronto il sentiero sterrato che sale verso l’ingresso principale in lunghe falcate, ma senza fretta, spostando distrattamente i sassi più grossi con il lato del piede. Ho la mente libera da qualunque pensiero per l’incredulità e la nostalgia. In un attimo mi trovo di fronte ai massicci battenti del portone d’accesso.

Non ho mai utilizzato una Giratempo, ma deve essere questa la sensazione che si prova a ripercorrere i propri passi. Le suole rigide degli scarponcini bassi in cuoio che indosso cozzano sui pavimenti in pietra producendo echi che si propagano nei corridoi e nella memoria.
Non sono passati troppi mesi dal mio ultimo ritorno ad Hogwarts, al ballo di fine anno. Ma si sa, le eleganti scenografie delle feste creano un luogo fuori dallo spazio e dal tempo, in cui è impossibile essere stati o ritornare. Oggi, invece, il Castello è guarnito degli ornamenti semplici della quotidianità: risplende di luce propria e sembra dipinto a immagine dei miei ricordi. Ogni statua, ogni armatura seminascosta in un angolo, potrebbe rivelare un segreto della mia giovane vita; i pochi anni della mia assenza non hanno cambiato nulla dell’edificio vecchio di secoli, tutto è rimasto esattamente com’era.
E tutto potrebbe tornare com’era.
Mi sembra impossibile anche solo essere stato preso in considerazione come candidato. Ho compilato la richiesta di assunzione quasi per scherzo, seppure mosso dai più sinceri sentimenti. La risposta è giunta tempestiva e mi ha lasciato sbalordito. Positivamente, s’intende. Ancora più grande è stata la sorpresa quando ho scoperto chi avrebbe condotto il mio colloquio di assunzione: il Professor Ignotus Albus Edward Peverell, luminare nel campo della Storia della Magia e guru spirituale di ogni studente perduto sulla via della discolaggine, maestro di aristocratiche eleganze ed eminenza grigia del consiglio didattico, padre – nonno? – dell’universalità del mondo magico, guida fidata della Scuola di Atene, membro del Wizengamot, Vicepreside della scuola, e, ultimo ma non meno importante, boss indiscusso nello spaccio di tè.
Lo ricordo con affetto dai tempi andati e sono certo che a sua volta avrà conservato una cartella col mio nome nel suo infallibile archivio mentale.

Poggiando con naturalezza il palmo sul corrimano lucido della scala, che con un rombo sommesso ruota su un fulcro puntando al primo piano, penso a come potrei trovarmi a vivere ad Hogwarts con Dorian, com’era un tempo. Cosa penserebbero di me gli studenti che ho conosciuto ai loro primi anni di scuola? E quelli che ho conosciuto al ballo di fine anno o in altre situazioni? È sempre difficile cambiare il paradigma di una relazione.
Questi pensieri mi guidano fin davanti all’uscio dell’ufficio del Vicepreside, in perfetto orario. Accomodo la camicia bianca che ho scelto per l’occasione dentro ai pantaloni che mi fasciano perfettamente le cosce toniche, in modo che non ci siano antiestetici sbuffi di tessuto sui fianchi. Poi busso alla porta con decisione… che si sa, le orecchie non sono più quelle di un tempo.



Edited by kapitän - 7/9/2017, 01:39
 
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view post Posted on 7/9/2017, 18:07
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Catastrofe.
Crisi diplomatica.
Sul piede di guerra.
Il mondo sull'orlo del baratro.
Il Caos alle porte, e il Governo dorme.
Non si poteva certo affermare che la giornata fosse iniziata nel migliore dei modi, anzi. Tutt'altro. Non era ancora iniziato l'anno, era ancora agosto, e sembrava potessero ancora godere del bel tempo, tiepidi raggi di sole, di un astro mattutino, brillante, fresco di letto, quasi appena svegliato. Sembrava quasi di poter sentire l'affrettato pigolare degli uccellini, mancava solo il fluire delle acque di un ruscello alpino tra i ciottoli del greto. Eppure, nulla stava andando come previsto. Se il buon giorno si vede dal mattino, sarebbe stata una giornata più che tetra, nefasta. Gli auspici erano stati tratti, difficilmente sarebbe andata diversamente.
Un Vecchio sedeva in poltrona davanti le antiche finestre, dietro l'imponente scrivania, di sbieco, gambe accavallate, con un mocassino purpureo che faceva capolino da una lunga veste verde pisello. Le enormi pagine di un giornale spiegate in grembo, tenute alte in gesto di sfida, e inondate di quella luce onesta e gentile, solare. Leggeva, il naso immerso nel giornale, tra foto che non sembravano avere proprio nulla di magico, cristallizzate com'erano. Che trattenessero il fiato? Il volto corrucciato, l'aria spazientita, le braccia alte e marmoree, una tensione latente, la stanza inondata dei baluginii dell'arcobaleno, di un solingo raggio di luce riflesso e scomposto dal cristallo delle lenti. Qualcosa l'aveva turbato? Per la verità, sembrava solo spazientito. Ma in fondo, a una certa età, poteva anche starci che non tutte le giornate iniziassero sotto la miglior stella.
Poco distante, sulla grande scrivania, sul lato opposto, una piramide irregolare di granelli di quella che in apparenza sembrava essere sabbia. Piccoli granelli, tra il bianco e il rosato, bagnati dai raggi del sole, come fossero corallo su una spiaggia caraibica. Una spiaggia che proseguiva oltre il lucido piano della scrivania, al di sotto, dove copiosi ricadevano sempre nuovi granelli, offuscando gli arabeschi e i mitici abitanti del tappeto persiano che copriva il pavimento. Una piramide, e una quantità di granelli in costante ed esponenziale crescita, prive di alcun freno com'erano. La causa? La follia di un pezzo di porcellana. Una zuccheriera, bianca e celeste, antica e cinese, armata di un cucchiaino d'argento, dalla stramba foggia, nascosta e forse naufraga in quel mare di quello che a quel punto sarebbe potuto anche essere riconosciuto come zucchero, sembrava risoluta nel continuare quella follia. Mulinando l'argento, proseguiva in quella perservante opera d'estrazione, ammucchiandone ai lati il contenuto. Mai si sarebbe potuto affermare, o pensare, che un contenitore così piccolo, avrebbe potuto offrire e vantare un contenuto così grande, che in cotali circostanze risultava essere tutt'altro che un bene. Da quando andava avanti? Per quanto ancora avrebbe proseguito? Nessuno sembrava saperlo, o poterlo indovinare, ed era forse quello alla base del problema? Cos'altro si celava sotto quella montagna di zucchero?
L'aria spazientita del Mago, non sembrava nulla rispetto all'irritazione che trasudava dai gesti stizziti della zuccheriera, e dalla schiva quiete della sbuffante teiera. L'allegra costante compagnia dello scoppiettante caminetto non sembrava in grado di contrastare il lugubre clima da quiete immediatamente antecedente o conseguente una tempesta tropicale. Per quanto un urugano potesse essersi anche appena abbattuto, sugli sventurati convitati colà riuniti, era nell'aria l'eventualità che in fondo ciò potesse ripetersi, e che a tale nuovo incidente di percorso non mancasse molto era convinzione dei più. Fortunatamente era agosto, ci si poteva anche ancora permettere che non tutte le giornate sorgessero e tramontassero nel migliori dei modi possibili. Presto non avrebbero più avuto quel privilegio. Presto sarebbe ripresa la normale routine. Presto tutto sarebbe tornato alla normalità, ma non era ancora tempo. L'autunno stava arrivando? Non lo si sarebbe affermato guardando fuori da quelle finestre, guardando quel parco quel giorno, eppure era così. Ringraziando il cielo anche quell'estate stava finendo, e con essa...
E poi l'inaspettato.
Qualcuno alla porta.
Che fosse un elfo?
Che fossero infine venuti a pulire?
Che fosse la Neurodeliri, di ritorno dalle ferie?


Avanti!

Chi era?
L'interesse scemò prima ancora di formulare il pensiero.
Girò di forza, quasi strappandola, una nuova pagina.
Quel giornale sembrava infinito. Quando l'aveva iniziato?
E ancor più importante: quando l'avrebbe finito?
In fondo, un tranquillo (non troppo) giorno di agosto.
Era confidente che fossero venuti a farlo sparire.
Quella Storia era durata anche troppo.
Che doveva farsene di sale?
Buzzurri, e coloni, ecco.
Incompetenti.
Puah!

 
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kapitän
view post Posted on 9/9/2017, 22:56




zIvOBsw

„Halt’ den Finger Richtung Himmel, dreh’ die Zeit nochmal zurück.“
– Stereoact, Bis ans Ende dieser Welt

Il tempo è una cosa curiosa. Da millenni filosofi e fisici cercano di comprenderne la natura, di spiegarne il funzionamento, eppure rimane un mistero. L’unica verità che sembra inoppugnabile è che per noi scorre solo in avanti. Quel che è stato non ritorna più. Eppure a volte le pieghe della nostra vita sembrano riavvolgersi su sé stesse, i fatti sembrano ripetersi e il procedere inesorabile delle lancette dell’orologio sembra farsi più veloce, più lento, a volte addirittura fermarsi. È così che i pochi istanti che intercorrono tra i colpi delle mie nocche sulla superficie in legno della porta e la risposta del Vicepreside paiono protrarsi attraverso le ere, come se nell’ufficio ci fosse un buco nero supermassiccio che deforma lo spazio-tempo.
Un’unica parola pronunciata da una voce nota interrompe quel silenzio, o forse è la nota che fa ripartire il tempo.
«Avanti!»
Prima di appoggiare la mano sulla maniglia, raddrizzo la piccola spilla di Tassorosso appuntata ad un lembo della camicia, a sinistra. Perché, si sa, anche alle migliori menti talvolta giova rinfrescare la memoria. Poi apro con discrezione il battente, rivelando l’Ufficio.
Si tratta di un salone spazioso, arioso grazie agli alti archi gotici nonostante l’enorme quantità di suppellettili e ornamenti accatastati sui ripiani, appesi alle pareti, sul pavimento. I protagonisti di questo spazio orientaleggiante sono indiscutibilmente i libri: non c’è direzione in cui si possa gettare uno sguardo senza che l’occhio cada sulle rilegature eleganti dei volumi ordinatamente disposti sui ripiani. Taluni sono aperti e disposti su un leggio, il che crea quasi un’atmosfera sacrale. La luce del mattino che inonda la stanza dalle vetrate variopinte pare l’ultima definizione, specificatamente cromatica, di uno spazio concepito come entità luminosa. Ad assorbire e bilanciare questa inondazione solare sono preziosi arazzi e tappeti persiani che occupano l’intera area del pavimento. La pesante scrivania è il baricentro di questa geometria artistica, la stella polare in un cielo di riflessi policromi che volvono con il trascorrere delle ore.
Ora davanti ai miei occhi in questa ordinatissima cornice, come in un taumatropio, prende atto un siparietto che ha dell’incredibile: una zuccheriera, apparentemente in fine porcellana cinese, come animata da un demone diabetico, mulinando il cucchiaino d’argento “si svuota” sulla scrivania, rovesciando una cascata di granelli di zucchero che rotolano sul pavimento, infilandosi nelle trame dei tappeti e formando montagne instabili che franano, divenendo sempre più alte e larghe. Continua inarrestabilmente a estrarre cucchiaiate dalla pancia apparentemente poco capiente, come… come una chicchera supermassiccia.
Ignorando questa scena, muovo due o tre passi verso la scrivania e il mago seduto dietro di essa, ma comincio a parlare prima di raggiungerlo.
«Buongiorno Professore. È un piacere rivederla».
L’uomo è accomodato sulla poltrona e indossa una lunga tunica verde pisello. Legge un enorme giornale, tenendolo alto di fronte a sé, ma per quanto riesco a vedere del suo volto seminascosto, non sembra ambiato di una virgola. Nasce soppiatto nella mia mente il pensiero che quello che vale per il castello, vale anche per Ignotus Albus Peverell: “i pochi anni della mia assenza non hanno cambiato nulla del mago vecchio di secoli, in tutto è rimasto esattamente com’era”. Lo accantono sorridendo interiormente. Dunque, poiché stranamente non sembrava attendere ospiti, cerco di chiarificare il motivo della mia visita.
«La ringrazio di avermi ricevuto così rapidamente, onestamente non pensavo nemmeno di essere preso in considerazione per la cattedra di Trasfigurazione».

 
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view post Posted on 12/9/2017, 18:49
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La foresta cristallizzata.
Era bastato quel distinto bussare.
Quella inaspettata richiesta d'attenzione.
Quel nemmeno troppo leggero colpire il legno stagionato dell'antica porta, per arrestare aoristicamente il tramestio che ormai da tempo andava affliggendo quello che in circostanze decisamente più normali poteva essere considerato un paradiso di pace, dove si trascorreva il tempo nella riflessione, e nel silenzio. Erano stati colti di sorpresa, dal primo all'ultimo. Quell'insopportabile zuccheriera aveva interrotto per un solo lunghissimo, dal sapore quasi eterno, istante la sua demoniaca infernale opera. Che ci fosse lo zampino del demonio in tutto quello? Che avessero fatto il malocchio alla sventurata e innocente ceramica in sua assenza? Si rifiutava di crederlo, era semplicemente fatta così. Fosse successo, con ogni probabilità si sarebbe comportata meglio. Che avesse inavvertitamente trovato la soluzione? Era quella la soluzione? O anche soltanto era quella una delle soluzioni percorribili?
Poi effettivamente tutto era tornato a cambiare. Un ragazzo era entrato, e tutto era ripreso. Come altro avrebbe potuto definirlo? Persino Winston aveva più anni di quel giovanotto, dall'aria allegra quanto meno, un mortorio e una lunga tediosa conversazione sarebbe stata di troppo persino ad agosto. Ma se l'aveva scambiato per un Elfo, evidentemente c'era un motivo. Che diamine ci faceva lì? L'Anno non era ancora iniziato, o inaugurato men che meno, ed aveva un'aria familiare indubbiamente. Una camicia non guastava mai, ma era evidente il messaggio che portava in dote: voleva qualcosa da lui. Aveva forse degli impegni per quella mattina? Richiuse cauto il giornale, iniziando quella che sarebbe stata un'epica opera di guadagnar tempo. Tempo per cosa? Che si sbilanciasse. In quel frangente qualunque indizio sarebbe stato utile. Ed era anche piuttosto probabile che tacendo, si sarebbe offerto da sè. Il più delle volte non era necessario fare domande, almeno non subito. Seguendo lo sguardo dell'ospite, risalì proprio dove avrebbe fatto a meno. La zuccheriera.
In effetti non doveva essere il massimo accogliere qualcuno, per quanto inaspettatamente, proprio nel mentre di quello che non era altro che un tragico, disdicevole, infausto incidente domestico. Eppure, tant'era. Anche per quella volta era andata così. Poi una prima rilevazione trascurabile, sapeva chi avesse di fronte, il che era già sufficientemente incoraggiante, seguita da una seconda, ben più interessante. Aveva appena trovato il candidato alla cattedra di Trasfigurazione. Diciamo non propriamente la migliore delle presentazioni possibili, ma tant'era anche quello. Il che, di conseguenza, se ne derivava che avesse di fronte un ormai stagionato Tassorosso. Si fronteggiavano alla stessa altezza ai due lati della scrivania, sorrise al giovane. In effetti si era dimenticato di lui, almeno temporaneamente. Poteva capitare? Massì, in fondo, chi avrebbe potuto dargli torto? Gli era quasi andato di traverso un The, aveva litigato con una zucchieriera, la scrivania sembrava una cava di sabbia, e il prezioso, antico tappeto persiano era coperto da uno strato di sale. Ed era estate. Cosa poteva andar peggio?
Eppure, buon viso, a cattivo gioco.
Come sempre, e per sempre.
Era appena iniziata.


Ah! Mr. Channing, prego, si accomodi.
Deve scusare il caos, ma qualche stupido deve aver confuso i sacchi dello zucchero, con quelli del sale. Ora mi ritrovo con una zuccheriera sul piede di guerra, e l'intero ufficio coperto di sale dell'Himalaya, il che non rientrava nei miei piani per questa mattina. Come forse rammenterà senza The non sono particolarmente produttivo, e sono ormai ore che lo sto aspettando. Insomma, un increscioso incidente domestico, ma che cessi questa farsa! Sei veramente insopportabile zuccheriera!


Il delicato pezzo del servizio, scomparve repentinamente in mezzo a quelle dune bianche, ancora prima che il mago concludesse l'invettiva. Che poi fosse veramente spazientito, furibondo, o semplicemente fingesse un'impropria disciplina quasi teutonica, non era di così semplice intellegibilità. Ma era servito. Così come era iniziata, così era anche finita. Restava il pregresso.
Si sedette, avvicinando la poltrona alla scrivania.
Aveva la sua attenzione.


Ottimo, si fa per dire naturalmente.
Prima d'iniziare, posso offrirle qualcosa da bere magari?
Eviterei per una volta il The, ma siamo comunque ben forniti, per ogni evenienza oserei dire. Dopo di che, con una certa calma, sono sicuro di non aver preso altri impegni, mi potrebbe anche spiegare perchè è qui. Certo, lei ha fatto domanda, ha ricevuto una mia risposta, immagino vorrà spiegarmi perchè l'abbia fatta, no?


Procedeva con un tono soave, e pacato, melodioso, tra un rotacismo e l'altro, trascinandosi in un gorgoglio di 'ro' stiracchiate, e accenti curiosi. Ma al netto del tono, la domanda rimaneva, lì, tra loro. Una spada di damocle? Tra un ampio gesto e uno svolazzo, era lì. Rimaneva.
Tutto era iniziato un'altra volta.
Qando sarebbe finito?
E come?

 
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kapitän
view post Posted on 15/9/2017, 18:17




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„Halt’ den Finger Richtung Himmel, dreh’ die Zeit nochmal zurück.“
– Stereoact, Bis ans Ende dieser Welt

Nel gesto lento e calibrato con cui il mago ripiega il giornale mi sembra quasi di intuire un tentativo di guadagnare tempo, e l’idea che si sia dimenticato della questione mi sfiora l’anticamera del cervello. Non ci penso troppo e non mi lascio scoraggiare dalla reazione piuttosto inintellegibile del vicepreside. Mi lascia parlare, aspettando cortesemente che io finisca di presentarmi. Poi prende parola a sua volta.
«Ah! Mr. Channing, prego, si accomodi.
Deve scusare il caos, ma qualche stupido deve aver confuso i sacchi dello zucchero, con quelli del sale. Ora mi ritrovo con una zuccheriera sul piede di guerra, e l’intero ufficio coperto di sale dell’Himalaya, il che non rientrava nei miei piani per questa mattina. Come forse rammenterà senza The non sono particolarmente produttivo, e sono ormai ore che lo sto aspettando. Insomma, un increscioso incidente domestico, ma che cessi questa farsa! Sei veramente insopportabile zuccheriera!»

La sua voce suona cortese, il tono pacato. Le sillabe scivolano melodiosamente sulla lingua, una dopo l’altra, ma non senza qualche segno sonoro che accenna all’età. Alla spiegazione che getta finalmente luce sulla curiosa scenetta a cui sto assistendo sorrido amabilmente, come a dire: “Non si preoccupi, sono cose che càpitano a tutti”. Nel frattempo controllo con la coda dell’occhio quelle montagne di sale che si estendono sulla scrivania e sul pavimento come un plastico in miniatura del deserto del Rajasthan. Il discorso si conclude con un’invettiva a cui la chicchera reagisce sotterrandosi tra quelle dune salate.
Quando l’uomo si accomoda avvicinando la sedia alla scrivania, lo imito, scegliendo una delle poltroncine rosse – un po’ troppo basse per i miei gusti – lasciandomi abbracciare dal morbido tessuto.
«Ottimo, si fa per dire naturalmente.
Prima d’iniziare, posso offrirle qualcosa da bere magari?
Eviterei per una volta il The, ma siamo comunque ben forniti, per ogni evenienza oserei dire. Dopo di che, con una certa calma, sono sicuro di non aver preso altri impegni, mi potrebbe anche spiegare perché è qui. Certo, lei ha fatto domanda, ha ricevuto una mia risposta, immagino vorrà spiegarmi perché l’abbia fatta, no?»

«La ringrazio, ma mi sono appena concesso un’abbondante colazione. Però accetterei volentieri un bicchiere d’acqua».
Rispondo con aria serena alla prima delle domande che ha posto, utilizzando una tattica non troppo dissimile per prendere tempo. Ma non lascio intercorrere più che qualche istante, quanto basta perché le parole si sedimentino e l’aria nella stanza cessi di vibrare. Sapendo, ormai, come si svolge questo genere di colloqui, mi ero preparato a rispondere a questo genere di quesiti.
«Sono interessato alla cattedra di Trasfigurazione per più di un motivo. Il primo è il gusto per la didattica e per la vita accademica, aspetti che mi sono mancati negli ultimi anni, in cui, come avrà letto sulla mia documentazione, mi sono dedicato all’addestramento, e successivamente al lavoro come Auror. Sono un animale sociale, pragmatico e propenso alle relazioni interpersonali e alla condivisione del sapere; più di una volta mi è stato detto che sono in grado di spiegare in maniera semplice anche argomenti complessi.
Secondo motivo è una scelta di opportunità: Trasfigurazione è sempre stata la mia disciplina preferita. Per questo, quando sono stato informato della disponibilità della cattedra, non ho potuto non propormi. In questo tempo non ho mai smesso di studiare, ma le necessità di un lavoro sul campo difficilmente si sposano con lunghi pomeriggi in biblioteca.
Non posso nascondere, poi, che soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti mi sono talvolta trovato a desiderare un po’ di tranquillità; qualora fosse possibile non vorrei rinunciare per intero al lavoro di Auror, ma le necessità della didattica mi costringerebbero certamente ad una maggiore sedentarietà»
.
Serro le labbra in trepidante attesa, mentre le mani, che durante il discorso accompagnavano con una gestualità equilibrata, si posano sui braccioli. Cerco nello sguardo dell’uomo l’indizio di un giudizio positivo o negativo sulle mie parole, sempre guardandolo con cortesia.

 
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view post Posted on 19/9/2017, 20:46
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Si trattava innanzitutto si riordinare le idee.
Chi aveva di fronte? Se anche avesse improvvisamente ricordato tutto, quanto di quello gli sarebbe tornato utile? Certo, era difficile per un professore mettere da parte quanto fosse stato ai tempi della scuola uno studente, tale era stato e tale sarebbe rimasto con ogni probabilità sino al termine dei giorni del giovane. Ma non era quello l'oggetto del contendere. Era diventato un Auror, il che di per sè avrebbe molto teoricamente voluto e dovuto dire qualcosa. Il resto era Storia? Non si poteva certo affermare si fosse coperto di Gloria, era un normale Auror, con tanto di vizi e virtù, con ogni probabilità un giovane uomo come moltissimi altri, ma non stavano cercando un eroe. Probabilmente avrebbero anche finito con lo sprecarlo, erano tramontati i tempi degli eroi, e degli epici scontri. Vivevano un pacifico e sonnacchioso armistizio, siglato in virtù di una non meglio mai definita necessità. Sorprendentemente ambo le parti avevano accettato l'accordo, ed esso reggeva di buon grado, perchè avrebbero dovuto metterlo in forse? Allo stesso tempo se avessero continuato e perseverato nello spillare goccia dopo goccia al Ministero, quando fosse suonata la campana, chi avrebbe risposto? Ancora uno? Solo uno? Accettandolo di chi avrebbe fatto l'interesse? Del Castello? Del Ministero? Del giovane? Di tutti loro? O di nessuno?
E si trattava di Trasfigurazione.
Non Divinazione, che in fondo pazienza...
E nemmeno di Astronomia, che si sa, insomma...
Quanto sarebbe stato saggio? Gli si richiedeva saggezza?
Erano arrivati al tentativo ennesimo, in non così tanti mesi. Era evidente che se qualcuno non avesse deciso di maledirli, riuscendoci soprendentemente, evidentemente qualcosa non stava propriamente filando liscia. Non faceva più in tempo a ricordare i nomi, senza consultare un sempre più lugubre elenco segnato di croci, che era già tempo dell'epifania di una nuova. Fortuna che non si occupava di epigrafi, insomma. In tutto quello un aspetto positivo c'era, le inserzioni erano state standardizzate dalla consuetudine, e non era più necessario nemmeno scriverle. Era sufficiente duplicarne le precedenti. Certo, non un bilancio particolarmente roseo, ma era pur sempre qualcosa.
Così com'era iniziata, si ritrovò nuovamente innanzi all'espressione soddisfatta, e allo stesso tempo curiosamente attendista del giovane aspirante. La questione era lì, loro erano lì, avrebbero trovato una qualche soluzione, in un modo o nell'altro. Così andavano le cose. Non un movimento, non una piega. Ma tornò a sorridere, come si conveniva, mentre un bicchier d'acqua appariva poco lontano.
Hic et nunc.


Capisco, immagino che il desiderio di tranquillità sia una legittima aspirazione di ognuno di noi. Dai più ai meno giovani, limitatamente al proprio essere, e ai propri desideri. Allo stesso tempo mi preoccupa questo più che significativo cambiamento, come crede di gestire questo repentino cambio di paradigma, dall'azione all'aula? Crede di poterlo fare con profitto? Ma tutto questo in realtà porta in dote una seconda domanda, si era sbagliato nello scegliere l'Auror in precedenza, o sta sbagliando ora nel voler cambiare? Perdonerà la domanda, ma ci sono in gioco gli interessi di molti, e non meno importante anche i suoi. Dal canto mio devo poter garantire continuità didattica ai nostri studenti, che vada anche oltre l'anno accademico, possibilimente. Con il passare degli anni sto riscoprendo i piaceri del domani, non più solo del presente o del passato, il che detto da uno storico ammetto possa suonare... singolare, se non del tutto anacronistico.
Ma si sa...


Tornò a sorridere.
Auror a tempo parziale.
Che non sapesse cosa l'attendeva?
Era quello il punto dell'intera faccenda?
Era tutta solamente una questione burocratica?
Carte bollate, e pomeriggi di lettura in biblioteca?
Beata gioventù, e beata ignoranza!
Come fargliene colpa?

 
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kapitän
view post Posted on 25/9/2017, 13:26




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«Capisco, immagino che il desiderio di tranquillità sia una legittima aspirazione di ognuno di noi. Dai più ai meno giovani, limitatamente al proprio essere, e ai propri desideri. Allo stesso tempo mi preoccupa questo più che significativo cambiamento, come crede di gestire questo repentino cambio di paradigma, dall'azione all'aula? Crede di poterlo fare con profitto? Ma tutto questo in realtà porta in dote una seconda domanda, si era sbagliato nello scegliere l'Auror in precedenza, o sta sbagliando ora nel voler cambiare? Perdonerà la domanda, ma ci sono in gioco gli interessi di molti, e non meno importante anche i suoi. Dal canto mio devo poter garantire continuità didattica ai nostri studenti, che vada anche oltre l'anno accademico, possibilmente. Con il passare degli anni sto riscoprendo i piaceri del domani, non più solo del presente o del passato, il che detto da uno storico ammetto possa suonare... singolare, se non del tutto anacronistico.
Ma si sa…»
Mentre il canuto professore esplica i suoi numerosi dubbi riguardo alle mie scelte, io distendo il braccio con nonchalance, senza distogliere l’attenzione dal suo volto, per raggiungere il bicchiere d’acqua comparso di fronte a me. Lo porto alle labbra con un gesto lento, prendendo un unico lungo sorso. Poi, quando il suo discorso si interrompe, lo poso su un angolo della scrivania quasi libero dalle colline di sale che quasi fagocitano il piano. Prima di parlare osservo per un istante l’impronta lasciata dai miei polpastrelli sul vetro coperto di condensa.
«Il cambiamento è l’essenza della vita. Come ho già accennato, però, mi farebbe piacere continuare a collaborare con il Quartier Generale Auror come altri prima di me hanno fatto e continuano a fare con successo. Non pretendo che al mio caso siano applicate le medesime condizioni, ma il fatto che esista un solco da percorrere immagino possa semplificare le cose. Resta il fatto, e mi sento in dovere di sottolinearlo, che l’insegnamento diverrebbe la mia assoluta priorità, e ove fossi chiamato a scegliere…» mi soffermo per un attimo sulla parola, lasciandola rotolare sulla lingua, esaltandone il significato e facendo risaltare la mia convinzione «sarei disposto ad accantonare temporaneamente o definitivamente la mia carriera di Auror».
Proprio così. Nemmeno io sono in grado di spiegare come possa essere disposto ad accantonare quello che era, o sembrava il sogno di una vita. Ma sono decisamente convinto della mia scelta.
«Credo di poter gestire bene questo cambiamento, come dice lei, dall’azione all’aula sia dal punto di vista personale ed emotivo, sia - cosa per lei ben più importante - dal punto di vista professionale. Non è passato molto tempo da quando ho abbandonato l’aula come studente, credo di essere pronto a ritornare dall’altro lato della cattedra. Ho sempre avuto una certa sopita inclinazione pedagogica e una propensione a spiegare in modo semplice argomenti complessi, ma non voglio negare i fatti. Il mio curriculum parla chiaro: non ho consistenti esperienze nel campo dell'insegnamento.
Se credessi di fare un errore chiedendo questa cattedra, sicuramente non mi troverei di fronte a lei. Quanto alla mia scelta di diventare Auror, chissà, se avessi saputo di una cattedra di Trasfigurazione vacante un paio di anni fa, forse la mia vita avrebbe preso una piega differente. Però lei sa meglio di me che la storia non si costruisce con i se e con i ma. Quello che è stato è stato e non lo rimpiango minimamente, ogni avventura che ho vissuto mi ha aiutato a crescere professionalmente e maturare umanamente e forse - dico forse - se non avessi questo bagaglio di esperienze oggi non sarei qui»
.
Prendo fiato e riprendo in mano il bicchiere sul cui bordo ora cominciano a colare goccioline di umidità. Inizio il gesto di portarlo alla bocca, ripercorrendo le tappe del discorso del Vicepreside. A pochi centimetri dalle labbra, però, mi interrompo e abbasso nuovamente la mano, inumidendomi impercettibilmente le labbra.
«Per quanto riguarda la sua necessità di garantire la continuità didattica, è più che comprensibile. Non posso che dirle che sono una persona che non ama eccessivamente prendere impegni, ma quando lo fa, vi tiene fede immancabilmente. E da questo punto di vista sono perfettamente convinto: sono tornato con l’intenzione di restare. Anche se mi fosse richiesto di rinunciare ad altri aspetti importanti della mia vita».
Finalmente porto il bicchiere alle labbra e lascio che l’acqua sazi la mia sete. Sembra che alla secchezza della mia gola non possa essere rimedio, ma probabilmente, più che una conseguenza fisiologica della fonazione, si tratta di una conseguenza psicologica dell’emozione di parlare del proprio futuro.

 
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view post Posted on 8/10/2017, 12:03
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Era vero.
Prenderci al primo colpo era difficile.
Era e forse poteva esserlo quello il punto?
Avrebbe dovuto già fiutare marcio nell'aria, e darsela a gambe?
Era comprensibile che potesse essere andata così, no? Aveva tentato, non era andata come preventivato, game over, e di nuovo al punto di inizio la scelta era ricaduta su qualcosa di relativamente famigliare, vicina, che sembrasse qualcosa in apparenza molto prossima a casa. Per quanto le cose in fin dei conti non stessero propriamente così, anche volendo come avrebbe potuto fargliene un peccato? Non lo era, o almeno non sarebbe dovuto esserlo. Poteva essere il contrario? Sarebbe anche potuto esserlo, certo. Ma sino a che punto si sarebbe potuto spingere in tale direzione? Era un territorio minato, e in fin dei conti non stavano trattando per l'acquisto di una manciata di arachidi. Era la persona giusta? Faceva al caso loro? A quale categoria di Auror faceva testo? Ormai tra l'infrenabile decadenza dei costumi, e mediocrità generale cosa sarebbe stato lecito attendersi? I giorni gloriosi dell'impero erano alle spalle, di quello che sembrava essere almeno un secolo. Ci sarebbe stato un riscatto? Una qualche forma di rinascita? O era ormai un mondo destinato lentamente ma inesorabilmente a spegnersi? Sarebbe infine accaduto l'inevitabile? Potevano fare qualcosa per opporsi? La Storia era già scritta, con un esito infausto? Se il cambiamento fosse anche stato l'essenza stessa della vita, come ci si sarebbe dovuti rapportare ad esso? Subirlo? Opporsi pur inutilmente? Scontrarsi stoicamente con l'inevitabile naufragare degli eventi? Prenderne atto, come in una Storia il cui finale fosse già scritto e noto? Che tipo di sacrificio sarebbe stato accantonare qualcosa, che di fatto stava già lasciando? Qual era il livello di commitment di tutta quella vicenda?
Annuì alle parole del giovane, come se in fondo avesse scelta.
Quanto di tutto quello era inevitabile? Quanto no?


Ai nostri professori non viene imposto di rinunciare a nulla, purchè non sia sconveniente. Il mio era più che altro un sincero... monito, per così dire. Quando si è giovani si è sempre convinti di poter cambiare il mondo, di averne i mezzi e le forze, con il passare degli anni ci si ritrova spesso confrontati con altro, con quanto ci abbia riservato il tempo, si iniziano ad apprezzare anche le piccole cose. Postille e dettagli che forse un tempo non avremmo nemmeno preso in considerazione. Quali ritiene che siano i vari uffizi di un professore di questo Castello? Crede di poter far fronte a tutti? E in caso contrario?

Sorrise, scrutando il volto del giovane.
Aveva davvero senso prenderla da quel punto?
In fondo uno dei risultati più evidenti era che semplicemente oltre un secolo si frapponesse tra loro? Quanto era utile, o indicativo quello? A cosa sarebbe servito del resto? Non era già sufficientemente evidente, che essendo stato un suo docente, il problema che a ben vedere non era poi un problema rimanesse? Quali altre questioni in sospeso restavano? Avevano compiuto passi in avanti sostanziali in una direzione, o nell'altra? Sembrava che lanciato il sasso nello stagno, di fatto poi non fosse seguito nulla. Era così? Se qualcosa era stato fatto, da che punto di vista lo si sarebbe potuto affermare? Il nocciolo della questione restava, irrisolto, sospeso, tra i due, immobile, in attesa. Era Trasfigurazione.
E riprese.


Vede, Mr. Channing, non le negherò un certo timore a fronte del tema che abbiamo deciso di affrontare, e qualche riserva. Trasfigurazione è indubbiamente una delle discipline più complesse, e delicate con cui la nostra scuola, e i suoi studenti con essa, siano chiamati a confrontarsi. Perdonerà la franchezza, ma pensare di affidare tale uffizio a un pur valente mago, ma terribilmente giovane, lascia una certa titubanza a una cariatide della mia età. Ciò nonostante, non si può certo negare che in fin dei conti il più delle volte l'età non voglia dire molto. La Trasfigurazione, nel momento in cui smetta di essere un trucco da saltinbanchi, cela in realtà da un lato la profonda comprensione della più intima natura delle cose, dall'altro il saper cogliere il giusto attimo e il vero equilibrio che abbiano portato al verificarsi degli eventi. O vuole forse trovare una migliore definizione? Ora le chiedo, a fronte di questo increscioso incidente domestico che ci ha visti partecipi, di trovarvi una soluzione. Capisce bene che trascorrere la giornata con lo studio 'salinizzato' continui a non rientrare nei miei progetti per l'immediato futuro. Può prendersi il tempo necessario, ovviamente, come le ho già detto non ho altri impegni oggi.

Tornò in attesa, osservandolo.
Questa volta di qualcosa che non fossero parole.
Cosa avrebbe fatto? C'era un'unica soluzione?

 
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kapitän
view post Posted on 21/10/2017, 18:13




zIvOBsw

„Halt’ den Finger Richtung Himmel, dreh’ die Zeit nochmal zurück.“
– Stereoact, Bis ans Ende dieser Welt


Il mio sguardo è puntato con cortesia verso l'anziano professore e la mia mente segue con attenzione i suoi discorsi, ma la coda dell'occhio esplora l'ambiente, indaga gli spazi, guidata attraverso le geometrie squisitamente policrome della tappezzeria orientale. La trama tessuta da mani abili e segnata dalle imperfezioni del tempo sembra conformarsi, accogliendo e indirizzando la luce radente, in motivi che rompendo le simmetrie narrano un vissuto vecchio di centinaia di anni. Ciò avviene in maniera non dissimile sul volto dell'uomo, la cui pelle si piega in rughe che ne rimarcano l'austerità.

«Ai nostri professori non viene imposto di rinunciare a nulla, purché non sia sconveniente. Il mio era più che altro un sincero... monito, per così dire. Quando si è giovani si è sempre convinti di poter cambiare il mondo, di averne i mezzi e le forze, con il passare degli anni ci si ritrova spesso confrontati con altro, con quanto ci abbia riservato il tempo, si iniziano ad apprezzare anche le piccole cose. Postille e dettagli che forse un tempo non avremmo nemmeno preso in considerazione. Quali ritiene che siano i vari uffizi di un professore di questo Castello? Crede di poter far fronte a tutti? E in caso contrario?»
«La ringrazio per le sagge parole, professore».
Porto il bicchiere alla bocca per bere l'ultimo sorso, poi lo poso sul bordo della scrivania. Le gocce residue scendono lentamente dalla parete di vetro raccogliendosi sul fondo.
«Credo che sia difficile esaurire l'argomento in pochi minuti» comincio «il primo dovere di un insegnante è certamente trasmettere qualcosa agli studenti; in termini di contenuti, ovviamente, ma anche a livello umano. Tramandare la conoscenza, nessuno può comprenderlo meglio di uno storico come lei, è un'attività che richiede, e crea, una profonda connessione tra individui. Ma questo potrebbe essere vero anche per l'autore di un corso per corrispondenza. A un insegnante di questo Castello è richiesto molto di più. La struttura organizzativa della scuola, in cui gli studenti risiedono per la maggior parte dell'anno, impone ai professori di diventare figure di riferimento nella vita dei ragazzi, e ciascun membro del corpo docenti assolve al compito in modo diverso, chi con paternalistica severità, chi con l'informalità di un fratello maggiore. Suppongo che non ci sia un metodo migliore, ma che ogni studente abbia bisogno di relazionarsi in modo diverso per esprimere al massimo le proprie potenzialità, e che il compito del docente, in questo senso, sia interpretarne i bisogni.
Lavorare qui richiede dunque una certa propensione alla convivialità, sia con gli alunni, sia con i colleghi ed i superiori, nel rispetto delle posizioni gerarchiche guadagnate con l'esperienza. Intrattenersi in relazioni amichevoli crea sempre l'ambiente migliore per favorire lo sviluppo culturale personale e collettivo.
Infine penso che un professore abbia un debito morale nei confronti della scienza e di se stesso: lo studio, inteso come continua ricerca di miglioramenti non limitata solamente al proprio campo di studi specifico, oltre, dunque, al mero aggiornamento dei contenuti didattici previsto dal contratto. Prendo molto sul serio un impegno, e non sarei qui se non pensassi di poter adempiere all'incarico. Per quanto possano valere le mie parole in questo frangente»
.
Mentre parlo muovo pacatamente le mani appena sopra al piano del tavolo, talvolta intrecciando le dita per indicare un collegamento, talvolta aprendo i palmi come a formare un contenitore per evidenziare un concetto o una parola.

«Vede, Mr. Channing, non le negherò un certo timore a fronte del tema che abbiamo deciso di affrontare, e qualche riserva. Trasfigurazione è indubbiamente una delle discipline più complesse, e delicate con cui la nostra scuola, e i suoi studenti con essa, siano chiamati a confrontarsi. Perdonerà la franchezza, ma pensare di affidare tale uffizio a un pur valente mago, ma terribilmente giovane, lascia una certa titubanza a una cariatide della mia età. Ciò nonostante, non si può certo negare che in fin dei conti il più delle volte l'età non voglia dire molto. La Trasfigurazione, nel momento in cui smetta di essere un trucco da saltinbanchi, cela in realtà da un lato la profonda comprensione della più intima natura delle cose, dall'altro il saper cogliere il giusto attimo e il vero equilibrio che abbiano portato al verificarsi degli eventi. O vuole forse trovare una migliore definizione? Ora le chiedo, a fronte di questo increscioso incidente domestico che ci ha visti partecipi, di trovarvi una soluzione. Capisce bene che trascorrere la giornata con lo studio 'salinizzato' continui a non rientrare nei miei progetti per l'immediato futuro. Può prendersi il tempo necessario, ovviamente, come le ho già detto non ho altri impegni oggi».
Resto per un momento immobile, intimamente sbigottito di fronte alla richiesta di ripulire l'ufficio. Soppeso le ultime parole del Vicepreside e concludo che non ci sono dubbi: la domanda è lapalissiana. Dunque mi alzo in piedi, senza dire una parola, e sfodero la bacchetta pensando al da farsi.
Avrei potuto inventare qualcosa di stupefacente. Trasfigurare i granelli di sale in cristalli di luce e vorticare la bacchetta, facendoli girare e scomparire come in un caleidoscopio. Oppure trasformare ciascun grano di sale in un innocuo moscerino bianco - sifonino delle pomacee, sui libri di entomologia - e lasciarli volare fuori dalla finestra come una nuvola di bambagia, guidandoli con i gesti delle mani in eleganti coreografie.
Ma sono un tipo pragmatico, lontano dai barocchismi e dall'asianesimo; non ho mai amato il protagonismo accademico... al contrario di altre forme di esibizionismo che trovo opportuno lasciare fuori dall'ufficio. Del less is more ho fatto in molti frangenti quasi una filosofia di vita, in termini meno commerciali, ho adottato la tecnica del Rasoio di Occam.
Dunque alzo la bacchetta, puntandola verso le montagne di sale e muovendola in un gesto circolare continuo. Figuro nella mia mente l'effetto dell'incantesimo: i granelli, a milioni, che si sollevano, levitando e mulinando lentamente, come risalendo al contrario in una grande clessidra immaginaria. Poi scompaiono.
Per un istante mi sovviene il ricordo della mia prima lezione di Trasfigurazione, circa dieci anni fa. L'angolo del labbro si piega in un accennato sorriso. Senza proferire parola, nel momento di massima concentrazione, penso la formula: "E-va-nesco".
Poi mi riaccomodo sulla poltrona.
«Sicuramente la Trasfigurazione richiede comprensione dell'intima natura delle cose e saper cogliere gli equilibri che abbiano portato al verificarsi degli eventi» annuisco con sguardo vagamente impensierito, riprendendo le parole del Professore. «Ma è anche consapevolezza della fluidità dell'essere, concetto Eracliteo, se vogliamo. Trasfigurazione, come viene insegnata nelle scuole anglosassoni, è una materia prettamente scientifica, basti pensare ai testi di Emeric Switch su cui tutti abbiamo studiato». Mi interrompo per un istante, chiedendomi se Guida Pratica alla Trasfigurazione per Principianti fosse in uso ad Hogwarts un secolo e mezzo fa. Be', non è verosimile che il Professore non sia famigliare con il manuale. «Non è così in tutto il mondo: in un breve soggiorno di studio a Uagadou ho scoperto un approccio del tutto diverso alla disciplina: artistico, creativo, talvolta addirittura senza l'uso della bacchetta. Ci tengo a precisare che la mia formazione è, per così dire, tradizionale, ma spererei che questo contatto mi permetta di portare un poco di novità, come valore aggiunto, s'intende, non sostituito».

Una nota. Per correttezza formale ho ruolato l'incantesimo senza descriverne l'effetto, ma immaginandolo, come in una quest. Ne ho dato comunque quasi per scontata la buona riuscita, essendo di seconda classe. Ho altresì sfruttato la Postilla agli Incantesimi di tutte le classi prevista dal regolamento, modificandone un poco l'esecuzione.
Quanto al riferimento a Uagadou, ho chiesto il permesso allo Staff. Per dettagli sulla scuola di magia africana, magia senza bacchette, etc., rimando a Pottermore.

 
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view post Posted on 29/10/2017, 14:18
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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Non mancò di sorridere.
Non senza un certo compiacimento alle parole del giovane Auror.
Aveva davvero compreso tutte le implicazioni di una scelta così drastica, e profonda? Quanto profondamente avrebbe inciso sulla sua stessa stessa vita nei mesi, se non negli anni a venire? Per quanto fosse stato messo in guardia, sarebbe stato impossibile farlo davvero. Tutto era destinato a cambiare, tutto era differente. Cambiava da caso a caso, così come non era affatto scontato l'esito finale. Sarebbe rimasto? Per quanto tempo? Avrebbe trovato l'insieme un compromesso accettabile con quanto aveva perso in quello stesso momento? E se così non fosse stato? Quale sarebbe stata la decisione conseguente? Sacrificio, servizio, fatalità, destino. Cosa avrebbe prevalso? E come sarebbe andato evolvendosi lo scenario? Cosa sarebbe accaduto al Castello durante tutta la sua permanenza tra quelle aule? Non erano giorni felici, il meglio era alle loro spalle. Le probabilità di una nuova età dell'oro in un futuro quanto mai prossimo erano sempre più scarse, in che modo sarebbero potute migliorare le loro prospettive? Erano in ogni caso destinati al fallimento? Sarebbe mai tornata a divampare la speranza? C'era mai stata? Se n'era andata? Perchè e come avevano potuto permetterlo?
Eppure, non era forse quello il momento migliore per chiederselo.
Aveva altro di ben più urgente tra le mani, e ormai erano arrivati alle ultime note.
In fondo, una decisione era già stata presa. Perchè tergiversare? Avevano esaurito i punti in agenda. Assistette tranquillo all'Evanesco, accogliendo lieto la dipartita dei granelli.Preparandosi a quello che infine sarebbe stato il responso di un'intensa ma cordiale conversazione. E un monito giunse infine? Era quello il momento più giusto? Inutile attendere a che fosse troppo tardi. A riparare errori si era sempre in tempo, ma rimaneva indiscutibilmente meglio evitare che capitassero. Nonostante la loro funzione educativa, un errore era difficilmente totalmente riparabile. E il disequilibrio pur temporaneo che era in grado di generare creava instabilità difficilmente prevedibili.


Ha perfettamente ragione, sono anch'io dell'avviso che la Trasfigurazione sia più un'arte che una scienza. La Storia della Trasfigurazione è una disciplina altrettanto interessante, è cambiato così tanto anche solo nel corso degli ultimi cento anni. Credo sia un processo inevitabile, addirittura ineluttabile per una lunga serie di ragioni, non da ultimo una teoria che ho elaborato negli ultimi trent'anni, ma temo non sia il momento più adatto per discuterne. Le dirò un'ultima cosa Mr. Channing, e le offrirò un aiuto, poi potremo considerare concluso il colloquio.
Quello che lei riceve oggi è un uffizio ingrato, ma anche pieno di soddisfazioni. Agisca con saggezza, il futuro del nostro mondo passa dalle nostre aule, e con umiltà a volte il migliore di noi trova comunque di che imparare dall'ultimo dei nostri studenti, e non sono circostanze così rare. Non sia geloso delle sue conoscenze, ma prodigo nei momenti e con i candidati più adatti. Nessuno è uguale a un altro, starà al suo buon senso soddisfare le richieste di uno studente, sia questi del I o del VII Anno. Confido saprà trovare il giusto equilibrio tra i sì, e i no, ma non agisca con leggerezza. Una decisione affrettata presa oggi, potrebbe causare danni a non finire domani. Da ultimo, la ringrazio delle pulizie pasquali anticipate, e le offro il mio aiuto. Ad Hogwarts chi chiede aiuto, lo trova sempre, non lo scordi.


Sollevato, che un'altra cosa fosse infine sistemata, si alzò.
Lasciando scivolare indietro la comoda seduta, non senza qualche impedimento.
Dannati tappeti, era sempre la stessa storia! Eppure, una soluzione doveva esserci!


Venga, se non ha domande, le mostro il suo ufficio.
Nei prossimi giorni potrà sistemarsi in tutta tranquillità.


E così, era finita.
Era finita?

 
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kapitän
view post Posted on 6/11/2017, 22:47




zIvOBsw

„Halt’ den Finger Richtung Himmel, dreh’ die Zeit nochmal zurück.“
– Stereoact, Bis ans Ende dieser Welt


Ignotus Albus Peverell non manca di mostrarmi un sorriso compiaciuto. Ma è un’espressione che cela mille domande, mille quesiti, mille incertezze tipiche di chi non si ferma all’apparenza superficiale delle cose, ma scava la propria strada nei loro segreti, proiettando uno sguardo indagatore verso il futuro forte della propria conoscenza del passato.
«Ha perfettamente ragione, sono anch’io dell’avviso che la Trasfigurazione sia più un’arte che una scienza. La Storia della Trasfigurazione è una disciplina altrettanto interessante, è cambiato così tanto anche solo nel corso degli ultimi cento anni. Credo sia un processo inevitabile, addirittura ineluttabile per una lunga serie di ragioni, non da ultimo una teoria che ho elaborato negli ultimi trent’anni, ma temo non sia il momento più adatto per discuterne. Le dirò un’ultima cosa Mr. Channing, e le offrirò un aiuto, poi potremo considerare concluso il colloquio».
Seguo il discorso dell’anziano Professore con il fiato sospeso. In che direzione si sta muovendo il colloquio? A tratti ho l’impressione che spenda così tante parole perché è effettivamente determinato a darmi una possibilità. A tratti, però, mi chiedo: Possibile che non abbiano trovato qualcuno più qualificato di me?
Mi fa sempre piacere discutere di scienza, ascoltare le teorie elaborate da persone più colte di me, e mi appunto mentalmente di riaffrontare l’argomento in una seconda occasione. Interrompere il vicepreside in questo momento sembra inappropriato e non farebbe che prolungare la mia agonia.
Il tutto si conclude con un brivido che mi corre lungo la schiena alle ultime parole del mago. Il momento della verità.
«Quello che lei riceve oggi è un uffizio ingrato, ma anche pieno di soddisfazioni. Agisca con saggezza, il futuro del nostro mondo passa dalle nostre aule, e con umiltà a volte il migliore di noi trova comunque di che imparare dall’ultimo dei nostri studenti, e non sono circostanze così rare. Non sia geloso delle sue conoscenze, ma prodigo nei momenti e con i candidati più adatti. Nessuno è uguale a un altro, starà al suo buon senso soddisfare le richieste di uno studente, sia questi del I o del VII Anno. Confido saprà trovare il giusto equilibrio tra i sì, e i no, ma non agisca con leggerezza. Una decisione affrettata presa oggi, potrebbe causare danni a non finire domani. Da ultimo, la ringrazio delle pulizie pasquali anticipate, e le offro il mio aiuto. Ad Hogwarts chi chiede aiuto, lo trova sempre, non lo scordi».
Le parole mi scivolano addosso come musica durante la scena più cruciale di un film, ne prendo atto, ma la mia mente vola altrove. Come se potessi osservare la scena al di fuori del mio corpo, mi vedo immobile di fronte al succedersi degli eventi, stella polare nel caleidoscopico girare dei riflessi di luce, delle sfumature degli arazzi, delle pieghe dei tappeti. O forse il mondo è fermo e il moto è solo nella mia testa?
È solo il gesto del Professore, che con flemma, spingendo indietro la poltrona puntando le gambe fragili per vincere la resistenza dei tappeti, che mi fa sovvenire. Lo imito balzando in piedi e finalmente un sorriso compare sul mio viso. Lo stesso sorriso che le statue, i gargoyle, e le armature negli angoli, se potessero parlare, ricondurrebbero ad uno studente che si aggirava per i corridoi, di notte, in cerca di guai.
«La ringrazio». Non ho molto altro da dire, e ho come la sensazione che qualunque orazione, ufficiale od ufficiosa, suonerebbe vuota innanzi alla necessaria prova dei fatti.
«Venga, se non ha domande, le mostro il suo ufficio.
Nei prossimi giorni potrà sistemarsi in tutta tranquillità»
.
Con un cenno del capo mi accodo all’uomo mentre l’ultima falda della sua palandrana verde pisello sparisce dietro allo stipite della porta.
L’ufficio rimane vuoto, solo il rimbombo dello scrocco della serratura vibra nell’aria.
Sfiorando la pietra umida e ruvida delle pareti mentre salgo le scale, mi domando se sia una partenza oppure un ritorno. Una fine o un inizio.

 
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10 replies since 7/9/2017, 00:17   284 views
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