Illeggibile, Concorso a Tema: Ottobre 2017

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view post Posted on 24/10/2017, 13:42
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Maybe some moments weren't so perfect
Maybe some memories not so sweet

Due figure si affrontano, mute, al centro della stanza. Il salotto è illuminato dai raggi caldi di un tramonto autunnale, ed il silenzio regna ancora sovrano. Troppe parole sono state spese sulla decisione appena presa dalla ragazza, ma un punto fermo non è ancora stato raggiunto. Lei indossa il suo mantello e protende la mano verso l'uscio, lui si avvicina nella speranza di bloccare quel gesto, ma con dolcezza. Lo sguardo limpido ed azzurro di John trova di nuovo un contrasto con quello verde chiaro di Amber ed invisibili filamenti di intenzioni si intrecciano in una primordiale battaglia.

«Ti accompagno» sussurra John. Il suo desiderio è lampante, evidente a chiunque. Spera che lei accetti, spera che non gli neghi la possibilità di aiutarla e sopperire alle proprie mancanze. Ogni speranza è però vana di fronte al lieve scuotersi della chioma bionda di sua figlia. Inevitabilmente quell'ennesimo rifiuto lo porta a chiedersi perché con Amber sia sempre tutto così complicato. Un tempo aveva sperato, e non poteva negarlo a se stesso, che avere una figlia educata gli avrebbe reso più facile l'accompagnarla nelle tappe fondamentali della crescita. Ora non poteva che constatare l'entità del suo fondamentale errore di calcolo. Era buffo, a volte, vedere come quel cucciolo arruffato provava ad imporsi su di lui, altre volte era tremendamente spaventoso, perché più cresceva più le veniva naturale. Immobile come una statua di marmo, composta di un'algida bellezza, lei non lascia scampo a nessuno, demolisce le speranze del padre con la stessa facilità con cui si calpesta un castello di sabbia. Non immagina il tempo che è stato impiegato a costruirlo, ed in quel momento non le importa. Si appropria di una scomoda libertà. «Torno per cena»

Sicura di aver fatto la scelta giusta e priva di qualsiasi ripensamento dell'ultimo secondo, Amber lascia l'appartamento di Londra per dirigersi verso il triste luogo di un impossibile appuntamento. Si congeda in silenzio dallo sguardo preoccupato di John, tenendo per sé il dispiacere per la durezza con cui ha scelto di affrontarlo. Ogni volta che si scopre così rigida e crudele, ne soffre. Non vuole essere capace di ferire in modo così profondo, ma lo è, e quella ruga che le solca la fronte dimostra quanto ancora si celi dietro quegli atteggiamenti. Quello che deve fare, però, è importante al punto tale da dover rimanere un segreto. Una parte di lei vorrebbe poter condividere quegli attimi con un padre che potrebbe perfino capirla, ma l'altra parte sa quanto pericoloso potrebbe essere svelarsi in quel modo. Se alla fine non fosse più in grado di smettere? E se un abbraccio di John facesse crollare anche le ultime difese che le sono rimaste?Quei timori la tormentano da tempo. Sospira, la mano si chiude attorno al mantello e stringe al punto che le nocche sbiancano gradualmente. No, non può rischiare che accada nulla di tutto ciò, non ancora. Prosegue sulla strada senza compiere nessuna deviazione, ignora un passante curioso ed uno sgarbato e non si ferma. Non è la prima volta che compie quel tragitto e non sarà nemmeno l'ultima. Solo quando l'ombra del grande cancello in ferro battuto incontra i suoi piedi, arresta i passi e solleva il capo sulla grande scritta:

"West Norwood Cemetery and Crematorium"

Con un macigno sul cuore ed una dolorosa determinazione negli occhi, varca la soglia poco invitante di quell'appezzamento di terreno. L'atmosfera è lugubre, ma lei non si aspetta niente di diverso, è partita da casa preparata. Nonostante l'autunno si sforzi di mitigare il grigiore delle lapidi con un caldo arancione, ogni passo è accompagnato da sensazioni via via più spiacevoli. Lo sguardo sofferente indugia qua e là, tra un angelo in decadimento ed una lastra tanto anonima da spaventare il più impavido degli uomini. Non poteva credere che qualcuno potesse desiderare di non essere ricordato nemmeno in parte. Un crescente senso d'angoscia le chiude lo stomaco e le annoda la gola. Intorno a lei sono molti i parenti che cercano conforto in oggetti inanimati ma simbolici, tanti tengono in mano mazzi di fiori di grandezze differenti, ed a lei sembra facciano quasi a gara per chi porta quello più bello e più grande. Proseguendo sul sentiero che ha davanti, si affianca involontariamente ad una donna dall'aspetto curato. Rallenta per osservarla meglio e nota l'eleganza che la contraddistingue, sembra eterea. In nero, rigorosamente in nero e con una retina leggera a coprire il volto, singhiozza sommessamente di fronte alla lapide di un uomo. Quando si accorge di lei, i due sguardi si incrociano per un istante ed Amber viene colta da una strana sensazione alla bocca dello stomaco, ma dura talmente poco e viene presto sormontata dalla vergogna di essere stata colta in flagrante, da passare in secondo piano. Velocemente il passo della Tassorosso aumenta e lo sguardo torna rivolto al suolo, ed alla lettera che tiene ancora saldamente in mano. Non vede il sorriso che incurva le labbra della sconosciuta e nemmeno nota quella strana cicatrice che le contorna lo zigomo. Il respiro si fa greve quando raggiunge finalmente la collina più alta del cimitero, è vicina e lo sa bene. Le iridi tristi e spente, si inumidiscono irrimediabilmente quando lo sguardo si posa sul nome della madre, inciso con un carattere elegante e leggibile. Soffre solo a leggere la data di quell'addio forzato che non avrebbe mai voluto pronunciare. Percependo il respiro tremare e la forza venirle meno, si appoggia al solido albero affianco alla lapide. Le dita scavano nella corteccia alla disperata ricerca di sostegno. L'ha già fatto, sa come riuscirci, ma questo non rende il processo meno difficoltoso. Solo quando sente, dopo aver chiuso gli occhi qualche istante, di essere finalmente pronta, si rimette in piedi.
«Ciao, mamma.»

Le parole inizialmente tremano come i pensieri, ma quello non è che l'inizio. Apre la busta lentamente, cercando il più possibile di contenere il tremolio emotivo che si è impossessato delle sue mani. L'aria fredda le sposta i capelli e la costringe a rimettere una ciocca liscia al proprio posto. La pergamena trova la propria libertà dall'involucro e le parole contenute vengono rese vivide dalla voce di Amber. Ha impiegato giorni a scriverla, ha impiegato mesi a credere di poterlo fare ed a dare un senso a quei gesti. Mentre le labbra seguono un ritmo costante e lieve, sfruttando un tono intimo e triste la ragazza legge tutto quanto scritto. Racconta di Killian, racconta dell'ultimo litigio con John e di come non capisca il perché la tratti in quel modo. Non chiede niente ad Eveline Snow, sa che non potrà mai avere alcuna risposta, si limita a raccontare. Le dita scorrono mentre tiene il segno in quelle tre pagine di sfogo. Non si fa disturbare da chi le passa accanto e non interrompe la narrazione fino a che le lacrime non le impediscono di proseguire come vorrebbe. Chiude le palpebre e lascia che in quei lievi singhiozzi silenziosi fuoriesca il dolore di un addio mai dato. Sulla scia di un primo fiumiciattolo salato, altre lacrime scorrono incontrastate lungo le sue guance, seguono la linea semplice degli zigomi e cadono a terra bagnando un terreno arido. Le labbra serrate non accennano a volersi schiudere di nuovo, eppure mancano poche righe, mancano i momenti salienti, quelli in cui le parla di lei, di Amber Hydra, di quello che accade dentro le mura del Castello e dei cambiamenti che crede di aver affrontato. "Sto bene, non ti preoccupare", ha scritto, ma una lacrima ha sbavato l'inchiostro su quella menzogna. Il dolore, quel maledetto demone, è ancora lì, descritto nelle righe strette in una mano tremante. Non può pensare che se ne vada in fretta, ma non può sperare che senza far nulla scompaia nel tempo. Piegata sotto il peso di un'assenza che ora è ancora più reale, si sforza di proseguire, di portare a termine quella missione. Le parole cambiano e smettono di seguire la linea del testo scritto; ora è il suo cuore a parlare. Non ci sono lettere di intenti che reggano. Non sa di avere una spettatrice, ma sa di aver concluso non appena anche l'ultima lacrima termina il suo percorso. Deglutisce un boccone amaro come l'assenza di una madre, ed estrae la bacchetta. Niente fiamme, non può pretendere che il dolore bruci senza lasciare cicatrici, ma può nasconderlo dentro di sé fingendo che Eveline sia lì a sopportarlo con lei, almeno fino a che non si dirà pronta a condividerlo. La punta di Sorbo scorre lungo le linee vergate con irregolarità. *Illegibilùs*, e lentamente ogni parola scompare, il foglio torna bianco. Non ha cancellato quello che ha scritto, il dolore non può essere rimosso in quel modo, no, l'ha solo nascosto. Ha dato vita ad un nuovo segreto.

Guarda un'ultima volta la lapide chiara illuminarsi sotto i raggi dell'ultimo sole. Gli occhi arrossati dal pianto ed il volto triste saranno un problema di cui dovrà occuparsi lungo il tragitto per casa. La sua sagoma composta si staglia per chi la guarda dal basso, nera contro l'arancione ed il blu della sera. Abbassa il capo per salutare il fantasma di sua madre ed incatena di nuovo il suo animo, silenziando l'urlo che esplode in lei non appena ripiega la lettera candida e la posa tra l'incavo della lapide, nel punto in cui incontra il terreno. Lì il foglio di carta incontra un suo gemello, altrettanto illeggibile, reduce di una visita di alcuni mesi prima. Un amaro sorriso accompagna la discesa dalla collina, ed una sensazione di sollievo le scalda il cuore. Sente di essersi liberata di un piccolo peso, percepisce i polmoni riempirsi di aria pulita, alleggeriti da un pianto purificatore. In tanti, negli anni, le hanno intimato di trovare un modo per elaborare il lutto. Forse l'ha trovato, forse ha capito.

Raggiunge il cancello e ne varca i confini senza più voltarsi indietro.


But we have to know some bad times
Or our lives are incomplete



Edited by ˜Serenitÿ - 24/10/2017, 23:08
 
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