☾ She's always smiling ☽ ~ - Group:
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| Le corde sono oggetti robusti, formate da fili spessi che si intrecciano tra loro fino ad arrivare al capolinea: i nodi. Certe corde si lasciano andare per scelta, dopo averle tirate al punto tale da farsi del male, altre corde hanno dei nodi così stretti che sarebbe impossibile slegarli ed altri ancora, sono quelli allentati, quelli che nel tempo si lasciano andare ed allentano i due lembi, finché non si separano definitivamente, raggiungendo il punto di non ritorno. Il rintocco dell'orologio segnò la fine delle lezioni, animando gli animi più stanchi e quelli più iperattivi, facendoli smuovere dalle loro sedie, dai loro banchi, sui quali avevano poggiato il capo per ore intere. Tra tutte quelle persone vi era Danielle, intenta a seguire un percorso diverso dal solito. Le nicchie del quarto piano contenevano statue intente a muoversi ogni qual volta un movimento strano facesse la sua comparsa; la luce fioca proveniente dalle finestre, stava ad indicare che la sera sarebbe calata ben presto. I muri in pietra creavano un gioco di luce con le torce, mentre il buio prendeva forma, allungando sempre più l'ombra della Corvonero sul pavimento. Un altro rintocco aleggiò nell'aria, forte e deciso; la scarpa scura toccò la pietra fredda con più vigore, la gamba destra si piegò più del dovuto e lei iniziò a correre, fino ad arrivare ad una porta che pochi erano soliti aprire. Si fermò, stando ben attenta a non essere seguita, aveva bisogno di solitudine, di calma. La porta in legno di rovere era decorata ai lati con del ferro battuto, lo stesso ferro gelido che costituiva la maniglia sulla quale la mano venerea della Gilbert, si posò. La pressione esercitata dal palmo, permise l'apertura della porta, che venne varcata. Alle sue spalle, il rumore della chiusura del massiccio legno le fece capire che poteva rilassarsi, che poteva smettere di scappare. Il corridoio del quarto piano l'aveva portata alla Torre dell'Orologio; era un luogo che non aveva mai visitato, gliene avevano parlato i genitori l'estate precedente e così, aveva deciso che quello sarebbe stato il suo rifugio: a destra e a sinistra, due scale in legno portavano a due piani, uno intermedio ed uno nel quale si potevano osservare gli ingranaggi dell'orologio girare e il pendolo oscillare. Nessuno sarebbe stato tanto stupido da voler trovare il silenzio lassù, dove gli ingranaggi giravano, incastrandosi tra loro, mentre le lancette dei secondi e dei minuti emettevano suoni grevi. Salì le scale, il fiato corto che le rendeva irregolare il respiro, i battiti del cuore accelerarti per una corsa contro il tempo, il suo tempo. Una volta in cima, ci mise poco a percorrere le assi in legno, che collegavano lei e gli ingranaggi e li raggiunse, stando ben attenta ad osservare le cinque campane di diverse dimensioni. Avrebbe voluto suonarle tutte, nonostante il rame ossidato, ma sapeva che avrebbe solo attirato l'attenzione e non ne aveva bisogno. Poggiò lo zaino al suolo, osservando la polvere alzarsi, era bello essere lì senza nessuno, era bello aver trovato un luogo dove non avrebbe potuto incontrarlo. L'ultimo rintocco dell'orologio si elevò fragoroso, risuonando nella testa di Danielle. Sorrise amaramente, quanto poteva essere paradossale la sua presenza in quel luogo? Lei, lei che non si era data il tempo di andare avanti, lei che non aveva ancora accettato la decisione di Alexander; il tempo non era servito a lenire nessuna ferita, era servito solo ad abituarsi all'assenza di una persona che avrebbe voluto presente. Si sentiva presa in giro dallo scorrere delle lancette, si sentiva presa in giro dai granelli di sabbia che, inarrestabili, cadevano nel vuoto della clessidra di vetro. Quanto aveva dato di lei? Aveva passato quattro anni avvolta nella dolce idea di poter costruire un futuro con qualcuno, coccolata nella sicurezza che nessuno avrebbe spezzato quel legame e invece... lei aveva lasciato andare la corda, dopo che il palmo della mano si era bruciato per tener salda la presa di quei fili, che non avevano fatto altro che segarle la mano. La cicatrice che portava su quelle mani non era visibile, ma era tangibile. Poggiò la testa al muro, osservando le punte dei suoi capelli corti: una delle poche cose che aveva cambiato. Sospirò, poggiando le dita affusolate della mano sinistra sul muro, prima di lanciare uno sguardo al Cortile della Torre dell'Orologio; un tempo sarebbe scesa a passeggiare, aspettando con ansia la neve, aspettando il Natale per passarlo con il Serpeverde, ma quell'anno, il tempo era stato poco clemente, l'aveva stretta nella morsa del dolore e non l'aveva liberata più. Edited by Danielle Gilbert - 30/11/2017, 23:41
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